giovedì 5 giugno 2008

Il territorio

Ieri l'altro su la Repubblica una bella intervista di Riccardo Staglianò al sociologo tedesco Ulrich Beck.

Si chiacchiera amenamente di localismi, di rinascita del particulare (beh, in effetti dirlo in Italia, che c'è una rinascita del particulare in corso, mi sembra una cosa un po' così: tanto per sapere, ma quando cazzo sarebbe passato a miglior vita, il particulare, in Italia? Mi son perso qualcosa?) e di quel famoso territorio su cui la destra sarebbe radicatissima e la sinistra (lontana dal popolo, elitaria e snobbina assai, proprio come il padrone di questo disgraziatissimo blog), invece, manco per niente.
Chiedono a Ulrich Beck di commentare i motivi che starebbero dietro alle recenti tensioni italiane anti-immigrati (come il pogrom contro i Rom di Ponticelli, per capirci) e al richiamo, sempre più frequente nel nostro discorso pubblico, alla diade noi/gli altri o, se volete, noi (noi che dovremmo essere, come dice la Lega, padroni in casa nostra)/gli intrusi.

Beck sostiene che, su quel territorio da cui io che appartengo alla sinistra snob e salottiera sono ormai del tutto sradicato, ci sono quelli “che hanno la percezione di essere minacciati dall'invasione di questo spazio, anche ideale. Sono costoro quelli che più facilmente elaborano nuove forme di nazionalismo, un localismo che degenera spesso in razzismo e xenofobia. Questa faglia, sempre più profonda, è la linea dei prossimi conflitti culturali in Europa”.
Eh, beh... Il paesello in cui risiedo si affaccia proprio sulla faglia di cui sopra.
Proprio ieri il quotidiano locale ha inviato una delle sue croniste di punta (prossimo premio Pulitzer: ma garantito!) ad intervistare alcuni miei concittadini che, ostia, si sentono un bel po' insicuri. La domanda posta agli interpellati dev'essere stata, più o meno, la seguente: “Di recente il capataz locale della Lega Nord, neoconsigliere regionale, ha proposto di dotare i vigili urbani di bastoni distanziatori (manganelli, via...) e spray antiaggressione: lei, povero cittadino impaurito e minacciato sul suo beneamato territorio da tutta 'sta gente che viene da fuori e che non parla nemmeno il nostro bellissimo dialetto, cosa ne pensa?”.
E cosa vuoi che ne pensino, cara?
Visto che hanno tanta, tanta, ma tanta paura, tutti in coro dicono sì, sì, sì: ideona!!!
“Specialmente la sera, qua in centro, è una disperazione” (a me non pare proprio, ma io son di sinistra e quindi lontanissimo da quello che sente il popolo e da come vive il popolo. Si sa), “credo che lo sfollagente potrebbe servire. Purtroppo oggi il mondo è pieno di gentaglia: credo che potrebbe servire dare un mezzo di difesa in più ai vigili urbani” (che nel mio paesello non sono mai stati aggrediti da nessuno, a mia memoria, se non da qualche zanzara, qua e là. Però è il popolo che sta parlando, e al popolo non si deve mai, mai, dare torto. Mai dichiarare guerra al popolo, come dice un povero disgraziato che conosco), “io manderei la polizia municipale sulle strade di modo che sia più presente sul territorio (eccolo! Eccolo! Questo è il famosissimo territorio di cui si parlava prima!) specialmente la sera (...). Ho conosciuto diverse donne che hanno rinunciato alla stagione teatrale perché non si sentono sicure a camminare in centro dopo una certa ora. Si tratta di sensazioni, per carità, ma perché non far vivere tranquilli i cittadini?”. Ma certo: tu chiamale, se vuoi, sensazioni...
Solo una voce in controtendenza, il signor E.B., ultraottantenne, che dice: “Ho visto la guerra e pertanto non mi spaventa nulla: io mi sento sicuro”. Il solito bastian contrario. E magari sarà pure di sinistra, questo scassamaroni. Un altro di quegli snob di sinistra che ha dichiarato da tempo guerra al popolo?

E insomma, Ulrich Beck.
Che parla dei migranti e dice che loro, pur trovandosi nella posizione sociale più bassa, “sono diversi dalla working class locale perché, per attitudine, coraggio e legami famigliari, hanno fatto e fanno l'esperienza di vivere in maniera transnazionale”. Vero. Verissimo.
Oddio: credo che i più, tra loro, farebbero volentieri a meno di tale esperienza di vita transnazionale, ma insomma, tant'è. Gli autoctoni non hanno, dice Beck, la “competenza” dei migranti, e questo aumenta il loro coefficiente di minacciosità. I migranti, che affrontano il mare aperto con audacia, son visti malissimo dagli indigeni, che dal contatto (e dal confronto...) con questi figoni cosmopoliti hanno solo che da perderci.
Come si esce da questo bordello?
Innanzitutto, evitando di drammatizzare (e figuriamoci. Con noi non attacca. Degli italiani che evitano di drammatizzare, seee, come no...): “Una quota di xenofobia fa parte della normale dialettica politica, è sempre esistita e sempre esisterà. Ma le cronache recenti cominciano a farci dubitare che questa consapevolezza basterà a evitare escalation. Ciò che si deve scongiurare, in Italia e altrove, è una reazione ambigua da parte della politica. Perché se questo localismo xenofobico si sentisse anche indirettamente legittimato dalle istituzioni allora diverrebbe davvero un grosso problema. In Germania, sinora, le risposte politiche ai vari fatti di violenza contro gli immigrati sono state molto nette e molto forti”.
In Germania...
In Italia col cazzo, naturalmente. Da noi ogni campagna elettorale, ormai, è un rodeo. E come li sanno cavalcare bene, la xenofobia e il razzismo, quelli di destra! Il localismo xenofobico, poi, noi italiani ce l'abbiamo già da mooolto tempo dentro le istituzioni. Profondamente incistato.

A Ulrich Beck chiedono pure di Giulio Tremonti, che nel suo bestseller propone di usare tradizione e religione come argini all'invasione dei nuovi barbari. Concorda, il nostro sociologo? “Usare la religione come amuleto anti-globalizzazione mi sembra assai contraddittorio. Tanto più se a farlo sono politici di formazione cattolica, com'è probabilmente il caso del vostro ministro. Credere in Cristo è aprirsi alla comunità dei credenti ben oltre i confini nazionali. L'evangelizzazione del mondo è stata una delle utopie chiave del cristianesimo. I cristiani – ma anche gli islamici con la loro ummah – sono stati tra i primi globalizzatori della storia. Gesù arrivò a dire ai suoi discepoli che i legami con la famiglia non avrebbero mai dovuto ostacolare la loro fede. Quello delle origini era un chiaro messaggio di inclusione. Oggi invece l'uso che certi pensatori neoliberali fanno della religione è di tipo esclusivo: mette ostacoli, introduce l'opposizione tra credenti e non credenti (o credenti di un'altra religione)”.
Aprirsi ben oltre i confini nazionali? Ma dai, su... Siamo italiani, noi. Italiani, understand? Non ce ne è mai importato un cazzo, a noi italiani (parlando in generale...), di quello che sta oltre i nostri confini nazionali. E siamo pur sopravvissuti benissimo, nei secoli dei secoli, no?
Sentite un po' come si esprime, un politico cattolico italiano di quelli veraci.
“Io sono cattolico, apostolico e romano, battezzato in San Pietro, e in tutta la mia attività politica tengo conto della mia posizione di cattolico. Non ritengo che sia incompatibile con la religione cattolica una posizione di severità”.


Maurizio Gasparri dixit, amen e così sia.
Perché l'ha detto? Perché l'Alto Commissario dell'ONU sui diritti umani, la giurista canadese Louise Arbour, ha avuto di recente l'incredibile ardire di affermare che “in Europa sono fattore di enorme preoccupazione le politiche repressive, così come gli atteggiamenti xenofobi e intolleranti nei confronti dell'immigrazione clandestina e delle minoranze neglette”. E fin qui... Ma sentite poi che carico da dieci ci ha messo, la Arbour: “esempio di queste politiche e di questi atteggiamenti sono la recente decisione del governo italiano di rendere reato l'immigrazione clandestina e i recenti attacchi contro i campi rom a Milano e Napoli”.
Come reagisce, la Destra al governo, a questo ignobile, proditorio attacco? Ma che domande! Reagisce proprio come Gasparri, che ha fatto presente a tutti noi di essere cattolico, apostolico e romano. E pure battezzato in San Pietro. (qui sopra, la Madonna a cui Maurizio Gasparri è devotissimo: era venerata a Monteleone Calabro, che dal 1928 si chiama Vibo Valentia. La statua, opera dell'artista leccese Giuseppe Malecore, scomparve alla caduta del Fascismo. Chissà dove sarà finita...).

Oppure reagisce come ha fatto il ministro per le Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, anche lui cattolico, apostolico e romano, che dice: “Le emergenze si battono rompendo gli schemi di una minoranza di sinistra salottiera e sconfitta che ormai non ha più niente da dire”. E qui Ronchi si riferiva a me, ovvio. Faccio notare, en passant, i verbi usati da 'sto bel campione del genio italico: “si battono” e “rompendo”. Ma certo... Come faceva, quel delizioso stornello di tanti anni fa?

O tu santo Manganello
tu patrono saggio e austero
più che bomba e che coltello
coi nemici sei severo.
Di nodosa quercia figlio
ver miracolo opri ognor,
se nell'ora del periglio
batti i vili e gli impostor.
Manganello, Manganello
che rischiari ogni cervello
sempre tu sarai sol quello
che il fascista adorerà.

Al ministro Ronchi qualcuno ha fatto opportunamente notare che non si capisce bene cosa caspita c'entri in questo caso la sinistra, visto che le critiche all'Italia sono arrivate dall'ONU. Lo sventurato ha risposto: “Vengano in Italia, parlino col tabaccaio rapinato, con le donne violentate e umiliate. E si ricordino della signora Reggiani e delle tante vittime della violenza criminale”.
E se verranno in Italia, quelli dell'ONU, io spero trovino un po' di tempo per parlare pure con quei miei concittadini che sostengono che lo sfollagente (il manganello, via...) potrebbe servire eccome, visto che il mondo, oggi, è pieno di gentaglia.
Perché no? Non sono mica i figli della serva.
E perciò, ne sono più che convinto, come italiani sapranno fare la loro porca figura.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Bel post, Tic. Anche se con un piccolo errore di stompa.
Se il mio parere può valere qualcosa, credo che il fatto sia che abbiamo paura. Solo che avere la paura fra di noi fa troppa paura. Meglio scaricarla su altri. Due esempi? Uno: Il Signore delle Mosche. Sposta la paura su qualcosa altro, che sia anche un teschio rinsecchito.
Due: una storica puntata dei Simpson in cui i cittadini chiedevano le ronde anti orso (non ricordo perchè assurdo motivo) e poi si lamentavano del costo. Idea geniale del sindaco: dire che le tasse alte erano colpa degli immigrati.
'Anvedi che formazzzione culturale ccc'ho.

Anonimo ha detto...

Sorry, scheletro rinsecchito, non teschio.

tic. ha detto...

Trovato il refuso, trovato.
'Agrrediti" con due 'r'.
Ma, a parte la 'g' che andava raddoppiata, non stava mica male. Aggrrrrrrrrrrrrrrediti.
Grrrrrrrr!!!!

Zimisce ha detto...

Che dire di più? L'Italietta lo tiene ben fisso, il suo piede nel ventennio... quanto provincialismo.

tic. ha detto...

Soprattutto il provincialismo. E l'ignoranza: bestiale!