sabato 30 luglio 2011

E dàteje er Nobbel!!!


Chiedono a Douglas Coupland: "Oggi cos'è tabù?".
Risposta: "Chiamare stupidi gli stupidi".

venerdì 22 luglio 2011

Capisaldi della cultura cattolica, pt. 4


“...mio zio Saverio, famoso epatologo. Era ateo. Poi per due anni analizzò le stimmate di padre Pio. A casa di mia madre conservo le bende, le prestiamo alla gente che sta per morire...”

(Alfonso Papa, parlamentare Pdl recentemente associato al carcere di Poggioreale, 20 luglio 2010)

martedì 19 luglio 2011

El Flaco Menotti


El Flaco Menotti ormai si sente “un marxista ormonale, senza più spiegazione ideologica”.
El Flaco Menotti non fuma nemmeno più, ed è dura: “La sigaretta è una compagna. Devo pensare che la compagna è morta”.
El Flaco Menotti allenava l'Argentina che vinse il mondiale del '78, quello giocato in casa, fortemente voluto dal macellaio Videla. Mi ricordo che qualche tempo dopo ebbe a dire: “Se non avessi vinto, chissà dove sarei, adesso...”.
El Flaco Menotti ama il calcio di Pep Guardiola e odia il calcio di Mourinho. Sostiene che in Argentina uno come Guardiola oggi non potrebbe esistere perché “se esistesse, lo assassinerebbero. Qui ci sono i Mourinho. Tipi come lui. Che pensano a vincere e quando perdono non è colpa loro”.
El Flaco Menotti, pensate, ha visto ben quattro re giocare a calcio: “Di Stefano, Pelé, Cruyff e Maradona. Stiamo aspettando il quinto, non è ancora apparso. Messi è il più vicino, ma la corona non gliela dò ancora. Dovrei vederlo fuori del Barcellona, e vincere quello che Maradona ha vinto a Napoli. Era una banda e l'ha trasformata in un'orchestra”.
El Flaco Menotti ne ha viste tante, anzi ne ha viste pure troppe: “Ho sperimentato il disastro del capitalismo in ciò che mi circonda, calcio compreso. Hanno rubato il calcio alla gente”.
Ecco, una roba del genere suonerebbe patetica, detta da un altro.
Ma qui si parla del Flaco Menotti, e dunque...

lunedì 18 luglio 2011

Ahimè


Fra le disgrazie tante
che mi son capitate,
ahi quella d'esser nato
nella «terra di Dante».

(Giorgio Caproni)



Volendo potrei pure spiegarvi come mai la «terra di Dante» di cui sopra se ne stia tranquilla e beata tra virgolette dette caporali. Eh, già: un motivo c'è.
Ma se ci arrivate da soli è meglio...

venerdì 8 luglio 2011

Capisaldi della cultura cattolica, pt. 3


"Ho appena scritto l'inno del mio movimento: pensiero fisso al crocifisso."

(Domenico Scilipoti, 7 luglio 2011)

giovedì 7 luglio 2011

Di regimi e regimetti


Il ministro Tremonti è stato davvero lapidario col suo collega di governo Renato Brunetta: «È un cretino».

E sarà stato pure un fuorionda, ma insomma... un cretino è un cretino.

Tutto ciò mi ha fatto pensare ad Achille Starace.
Sapete Starace, no?


L'inventore del "Camerati, saluto al Duce!" con la platea che doveva rispondere "A noi!".
Il fascistissimo sostenitore dell'orbace, del saluto romano contro la stretta di mano e del "voi" contro il "lei" (ritenuto troppo femmineo
).
Il nemico dei forestierismi che arrivò a tradurre "water closet" con "sciacquone", "ouverture" con "ouvertura", "Wanda Osiris" con "Vanda Osiride" e, se non ricordo male, pure "Renato Rascel" con "Renato Rascele".
Il gerarca più vulcanico di tutti, un misirizzi sempre entusiasta, talmente devoto a Mussolini da meritarsi il soprannome di "Claretto Petacci".


Perché, pensando a Brunetta, mi è venuto in mente Achille Starace?
Mah, non saprei dire...
Forse perché Italo Balbo amava definirlo, à la Tremonti, "un cretino" (e Galeazzo Ciano "un coglione che fa girare i coglioni")?
Forse perché - un po' come l'attivissimo, e sempre straordinariamente facondo, Brunetta - Starace era un personaggio involontariamente comico?
Forse perché Brunetta, come Starace (che rese l'anima gridando "Viva il Duce!"), mi sembra uno che giammai, per niente al mondo, rinnegherebbe il proprio amatissimo condottiero?
Boh, chissà...


lunedì 4 luglio 2011

Al calduccio sotto le mie copertine (n.29)

The Gun Club, Miami, 1982


Carry home
I have returned

Through so many highways

And so many tears.

venerdì 1 luglio 2011

La primavera italiana


«Allora, guardi, è semplice: la Casta è corrotta, la società civile invece è pura come acqua di fonte. Ha preso nota?»

«Sì, non era difficile...»

«Percepisco come una punta di ironia o sbaglio?»

«No, no, Maestro. Nessuna ironia. Si figuri.»

«Sono anni che dico queste cose.»

«Lo so, lo so.»

«Anni di lotte senza quartiere, senza respiro, contro tutto e tutti.»

«Destra e Sinistra.»

«Sì! Destra e Sinistra. In nome della legalità. Del diritto. Della decenza. Del vero liberalismo. In nome della parte migliore di questo Paese.»

«Vabbé.»

«Vabbé che?»

«No, dico, vabbé. Battaglie sacrosante, le sue, certo.»

«Senta, il suo tono mica mi piace, sa?»

«E adesso che cos'ha che non va, il mio tono?»

«Scusi, ma lei che ha fatto, negli anni in cui io, con Micromega, non davo quartiere al populismo al potere? Eh? Ha forse fatto politica?»

«Beh, insomma, politica... Sì. Un po'.»

«E... Con chi, se è lecito chiedere?»

«Eh, prima col Pds, poi con i Ds... Poi con il Pd, in qualche modo.»

«Ah, bene, bene: allora lei è un complice, sa? Uno dei tanti complici di Berlusconi.»

«Io? Scusi, come complice? In che senso, complice?»

«Lei stava con D'Alema. Anzi, lei sta ancora con D'Alema.»

«Io sto con... Senta, ma io Massimo D'Alema l'ho pure criticato quelle mille volte e...»

«L'ho inchiodata! L'ho inchiodata a D'Alema. Si vergogni!»

«Mi ha inchiod... Ma senta, io...»

«Non sento niente. È colpa di D'Alema se ci ritroviamo con Berlusconi ancora al governo, sa? E lei è complice. Lei ha collaborato.»

«Ma come, cioè, in che senso?»

«Io, a suo tempo, contro il suo caro amico D'Alema ho sostenuto Sergio Cofferati. Se lo ricorda, Cofferati? Lei dove stava, quella volta?»

«Io dove stavo? Nei Ds, stavo.»

«Non ha capito la mia domanda: con chi stava?»

«Io? Io stavo con il partito, stavo... »

«Ma sentilo: stava con il partito, lui! Il partito. Che conformismo! Che schifo!»

«Ma che conformismo e conformismo! Avevo scelto di iscrivermi al Pds, a suo tempo, cioè, mica ho fatto niente di male, no? Ero iscritto a un partito e...»

«E cosa ne pensava di quello che cercava di fare Cofferati?»

«Non mi piaceva.»

«Ah, non le piaceva...»

«No, lo trovavo destabilizz...»

«Destabilizzante per D'Alema, sì!»

«Il segretario dei Ds era Piero Fassino, veramente, non D'Alema.»

«Tsé! Fassino! Un prestanome di D'Alema, uno dei tanti: come quello che c'è adesso alla guida del Pd. D'altronde, il suo amico D'Alema ha bisogno di nascondersi dietro questi uomini di paglia perché la società civile, cioè noi, l'ha condannato da tempo!»

«Condannato. E, senta: di che cosa era imputato, D'Alema, di grazia? Di intelligenza con il nemico, se ho ben capito.»

«No. Di partitocrazia, era imputato. Di aver assassinato la speranza, era imputato. Di essere un politicante di bassissima lega, era imputato. E avete in comune gli stessi capi di imputazione, se ne rende conto?»

«Senta, guardi...»

«Insomma, Cofferati non le piaceva. E sentiamo, caro il nostro partitocratico: cosa non le piaceva, di Cofferati? Eh?»

«Cosa non mi... Ma niente: il fatto che bombardasse il partito un giorno sì e l'altro pure sui giornali. Mi sembrava che non si comportasse correttamente. Fassino era il segretario e...»

«E?»

«Tra l'altro, me lo ricordo, sa, quello che disse lei il giorno in cui Cofferati fece quella grande manifestazione al Circo Massimo...»

«Ah, sì? E cosa dissi?»

«Non se ne ricorda?»

«No. Me lo ricordi lei.»

«Beh, le fecero presente che Fassino era stato eletto da un regolare congresso e lei, ridacchiando, disse: “Un regolare congresso? Ma Cofferati, qui, è stato eletto da un congresso di due milioni di persone...”.»

«Embé?»

«Embé?!? Come, embé? Per essere lei uno che combatte il populismo, mi pare che mettersi a far la lode dei bagni di folla e delle piazze piene sia quantomeno...»

«E lei, un corifeo di quello schifo partitocratico che ci ha regalato quasi vent'anni di berlusconismo, lei si permette di fare le pulci a me, che il berlusconismo l'ho combattuto veramente supportando con ogni mezzo necessario prima i giudici di Mani Pulite, poi i girotondi, infine il popolo viola? Eh?!?»

«Senta...»

«No, senta lei: io non credo di dover prestare ascolto a uno che stava con D'Alema quando, con una miserabile manovra di palazzo, D'Alema fece cadere il primo governo Prodi!»

«Guardi che il primo governo Prodi cadde in Parlamento e tra quelli che gli votarono contro c'era pure quel Nichi Vendola che lei, di questi tempi, apprezza senz'altro più di D'Alema. D'Alema, in Parlamento, votò per Prodi, quella volta.»

«Faccia dei gargarismi con la soda caustica prima di parlare di Nichi Vendola, lei!!! Nichi Vendola è una speranza per milioni di uomini e donne che se non ci fosse stato lui se ne sarebbero rimasti lontani dalla politica per chissà quanto tempo ancora!»

«Sì, questo l'ho sentito dire tante di quelle volte... Ma non ho niente contro Vendola, io. Niente. Solo, accà nisciuno è vergine, mi capisce?»

«Cosa fa, adesso? Battute a sfondo sessuale? Battute omofobe, magari? »

«Ma no, ma quale omofobia! Volevo solo farle presente che in questo Paese è sempre un po' difficile tagliare le questioni politiche con l'accetta...»

«Mi suona molto andreottiana, questa sua affermazione. D'altra parte, voi dalemiani siete gli eredi degli andreottiani...»

«Senta, questa poteva risparmiarsela!»

«Risparmiarmela? Ma al contrario io rilancio, caro signore, rilancio: non solo degli andreottiani, anche dei craxiani!»

«Io veramente l'ho sempre detestato, Craxi.»

«Ma esponenti del suo partito lo hanno in più occasioni rivalutato, non lo sapeva?»

«Sì, ma io non sono mai stato d'accordo.»

«Ah, lei non era d'accordo? Comodo, caro signore: troppo comodo! Lei è un partitocratico conclamato: non se lo può proprio permettere, il lusso di chiamarsi fuori se l'andazzo non le garba... Lei è patetico, sa?»

«Che c'entra, scusi? Aderire a un partito, avere una tessera di partito in tasca, mica significa perdere la propria autonomia di pensiero!»

«Ma di quale pensiero va cianciando, signor Piredda? Di quale autonomia? Lasci perdere e si vergogni, va. Si vergogni di essere complice di Berlusconi!»

«Senta, Flores, non le pare di essere un tantinello apodittico, eh?»

«Ma io posso dimostrarglielo con una sola mossa, che lei è un complice di Berlusconi, sa?»

«Ah, sì?»

«Ma certo!»

«Beh, ci provi, allora!»

«Mi sfida? Lei mi sfida? Ohhh, povero signor Piredda...»

«Coraggio.»

«Bene. Lei compra i libri della Mondadori, qualche volta?»

«Senta...»

«No, no: risponda!»

«Ma certo che li compro, i libri della Mondadori! Anche ieri: se le interessa, ho comprato Il cacciatore di nazisti, di Alan Levy. Una biografia di Simon Wiesenthal. Dove vuole arrivare? Che significa?»

«Significa che lei, signor Piredda, non solo è un complice di Berlusconi, ma persino qualcosa di più: lei è un finanziatore di Berlusconi!»

«Senta, Flores, magari anche Nichi Vendola compra i libri della Mondadori e...»

«Faccia dei gargarismi con la soda caustica, prima di parlare di Vendola, gliel'ho già detto! E non si arrampichi sugli specchi. Tra l'altro, signor Piredda, spero proprio che a casa sua gli specchi siano coperti da pesanti drappi scuri: così potrà risparmiarsi la vista della sua faccia e la voglia, che immagino insopprimibile, di sputarsi addosso da solo, farabutto che non è altro!»