venerdì 20 marzo 2009

Il mio trasloco e Osvaldo Soriano

In questi giorni mi sono traslocato...
Sono riuscito a farcela senza troppi patemi d'animo, tutto sommato. Cioè, pensavo peggio. Sapete com'è, io sono un abitudinario (un conservatore della più bell'acqua, in realtà) e quindi ritenevo che spostare il mio culone da un posto familiare a un altro un po' meno familiare (nella prospettiva, per giunta, di doverlo spostare nuovamente, fra qualche mese) sarebbe stata per me una cosa poco meno che drammatica. Impacchettare tutti i miei libri, dividere tutti i miei cd tra la casa dei miei genitori e la mia nuova dimora, perdere il mio cesso così accogliente... Terribile!
Beata mia moglie, che non si affeziona mai alle cose. Beata lei, a cui una valigia basta e avanza.
E comunque, alla fine sono riuscito a farcela, via...
Nel maelstrom che mi circondava fino a ieri mi è pure capitata tra le mani una vecchia copia della rivista L'Eternauta (risalente al giugno del 1983).
Qualcuno se la ricorda? Il Direttore Letterario era il vecchio Oreste Del Buono...
Un numero notevole: un Toppi d'annata, una storia di Alberto Ongaro illustrata da Gustavo Trigo, il grandissimo Torpedo di Abuli e Bernet, Trillo e Altuna. E, dulcis in fundo, un magnifico testo di Osvaldo Soriano su Dashiell Hammett, Raymond Chandler e il romanzo nero americano.

A Chandler e al suo eroe, Philip Marlowe, Soriano dedicò quel capolavoro indimenticabile che si chiama Triste, solitario y final (non solo a Chandler, in realtà: anche a Stan Laurel e Oliver Hardy, lo dedicò): vero e proprio atto d'amore per generi letterari e cinematografici poveri ma belli (l'hard boiled novel, le comiche degli anni venti e trenta), genialmente reinterpretati da uno scrittore maiuscolo sul serio (Triste, solitario y final, tra le alte cose, è pure un'esilarante presa per i fondelli di miti del cinema tra i più amati e rispettati di ogni tempo e luogo: chi l'ha letto non potrà mai dimenticare la scazzottata di Marlowe con John Wayne e il rapimento di Charlie Chaplin).



E insomma, ho pescato Soriano su L'Eternauta e ho deciso di pubblicare in talkischeap una parte del testo da lui firmato (che si intitolava Non si muore di solo piombo). Spero che qualcuno possa apprezzare...





Dedico questo post, in particolare, a tutti i comunisti che mi leggono (son mica pochi) e alla mia amica Laura.



La testa fiera su un corpo alto e affaticato, i capelli bianchi ben pettinati, gli occhi semichiusi dietro le lenti sottili, la mano sinistra ammanettata a quella di un ufficiale di polizia di colore, Dashiell Hammett si dirige verso il carcere con orgoglio e superbia. In questo patetico istante, fissato in una foto del 1951, si può leggere tutta la storia del romanzo nero americano: ribellione, sovvertimento dei valori al di là del fatto letterario, la definitiva conferma del suo inquietante “realismo”.
L'accusato, già segnato dall'alcool, deve espiare il delitto di aver scritto, con la copertura di un genere sospetto, cinque romanzi e una cinquantina di racconti memorabili. Son già quasi vent'anni che non scrive più un rigo, rinnegato da quel genere che lui stesso ha creato e con il quale in tanti ora si guadagnano da vivere.
Lo aspettano sei mesi di un lavoro del quale resterà protervamente orgoglioso per il resto dei suoi giorni: pulire i bagni della prigione di West Virginia, nel cuore del paese. In realtà, ciò che Mc Carthy voleva era la lista dei sottoscrittori del Congresso dei diritti civili, che Hammett presiedeva e che si prefiggeva di pagare la difesa alle vittime della Commissione per le attività antiamericane. La notte precedente al processo Lillian Hellmann, la compagna di Hammett, aveva cercato di convincerlo a dichiarare di non conoscere i nomi dei sottoscrittori, cosa che era oltretutto vera! Bastava questo per evitargli la galera. “Non permetterò che siano poliziotti o giudici a spiegarmi cosa vuol dire democrazia!” rispose Hammett e se ne andò a dormire.
Il giorno dopo fu arrestato senza che uno solo dei suoi migliori amici aprisse bocca: non William Faulkner, da un anno premio Nobel, assiduo delle stesse bottiglie di Hammett, che lavorava per il dipartimento di stato ed era stato insignito in Francia della Legion d'onore; tanto meno risulta che Hemingway si sia battuto per lui con lo stesso entusiasmo con cui solitamente cacciava elefanti in Africa o affrontava tori a Pamplona.
Sono passati ormai più di cinquant'anni dall'apparizione di due romanzi scritti da Hammett, fondamentali per la letteratura contemporanea e decisivi per i suoi sviluppi negli anni a venire:
Red Harvest (Piombo e sangue) e The Dain Curse (Il bacio della violenza), pubblicati per la prima volta a puntate su Black Mask, una rivista popolare di gran tiratura diretta dal capitano Joseph Shaw e destinata a un pubblico avido di forti sensazioni. Fino ad allora la letteratura poliziesca era stato un innocuo passatempo nel quale un vanitoso gentiluomo, annoiato dal denaro e quasi sempre maniaco, risolveva gli enigmi più sofisticati con la sola arma dell'intelligenza.
Portatore dell'ideologia imperante, del razzismo, il romanzo poliziesco proponeva sempre la farsa di un enigma: perché il cameriere, o il cugino, o l'amante della cognata aveva assassinato la nonnetta con una ben calcolata dose di veleno nel tè del mattino?
Il mondo della letteratura poliziesca era un placido mondo senza storia: “La sola realtà che conoscevano gli autori dei polizieschi inglesi era quella del proprio ambiente piccolo borghese. Quando essi parlavano di duchesse e di calici di Murano non ne sapevano più di quanto ne potesse sapere un qualsiasi attorucolo di Hollywood da poco famoso sui pittori francesi moderni i cui quadri adornano i loro castelli stile rinascimento o di mobili chippendale sui quali si fanno servire il caffè”, scriveva qualche anno più tardi Chandler.
Dashiell Hammett mise per primo sulla carta la cruda verità: l'assassino uccide per denaro (o a causa di esso) e non si perde d'animo se qualcuno scopre il suo crimine. La polizia, o il detective privato, devono strappargli le unghie tappargli il naso e mozzargli le orecchie per ottenere la confessione e fargli coinvolgere il capo della banda che in ultima istanza sarà salvato dall'uomo politico corrotto per il quale lavora.
Sarà Raymond Chandler colui che meglio di ogni altro valorizzerà Hammett sul suo notevole saggio “La semplice arte del delitto”: “Hammett tirò fuori il delitto dal calice di Murano e lo gettò nel vicolo (...) affidò l'assassinio a gente che lo commetteva per solide ragioni e non per sciorinare un cadavere – più o meno eccellente - al lettore.”.
La scrittura di Hammett è simile alle secche, perentorie informative degli investigatori dell'Agenzia Pinkerton per la quale egli aveva lavorato per molti anni. Forse i detectives che vi aveva conosciuto furono da lui sintetizzati nella figura dell'anonimo investigatore della Continental che attraversa molti suoi racconti e il suo capolavoro:
Piombo e sangue.
(...)
Secondo Chandler non si deve vedere in Hammett - del quale ammira soprattutto Il Falcone Maltese – un artista consapevole: “Non credo che abbia avuto aspirazioni artistiche, ma piuttosto che cercasse di guadagnarsi da vivere affrontando temi su cui aveva informazioni di prima mano (...) ma tutto ciò che scriveva aveva un fondo di verità, una base reale”. Per Joe Gores, scrittore di romanzi polizieschi, ammiratore incondizionato del maestro, tutti i racconti relativi al detective della Continental erano stati scritti per pagare i suoi creditori e la bolletta della luce: “Confessalo, Hammett, hai scritto questo perché ti dovevi pagare l'affitto. Ti sei servito della Continental per guadagnarti il pane”, gli fa dire nel romanzo che gli dedicò nel 1975.
(...)
Dashiell Hammett era marxista e, secondo Lillian Hellmann, era entrato nel partito comunista americano fra il 1937 e il 1938, quando si guadagnava la vita scrivendo il testo del fumetto Agente Segreto X9 e, saltuariamente, copioni cinematografici che non sarebbero stati mai realizzati. Anche nel caso che la sua amica non avesse evocato l'ideologia di Hammett (che lui sosteneva dicendo: “forse cambierò idea il giorno che sarà scoperto qualcosa di meglio e di più giusto”), risulta evidente che la sua visione del mondo attraverso la letteratura consiste fondamentalmente in una minuziosa contestazione dell'ideologia capitalista, uno sguardo impietoso sull'ambizione, il denaro e il potere:
La Chiave di vetro ne è una prova lampante. Le opinioni letterarie di Hammett sono rimaste nell'ombra. Si sa che gli piacevano Faulkner e Scott Fitzgerald; che salutò l'apparizione di Niente Orchidee per Miss Blandish di J.H. Chase come un capolavoro (“L'ho letto dieci volte e ogni volta ho pianto come un bambino”, scrisse sul New York Times). Passava il tempo (dopo aver abbandonato la scrittura) fra sbornie e letture di Marx, o di opere come Vita e Linguaggio delle Api oppure I Fabbricanti Di Fucili nella Germania del Secolo XVIII.
Nel 1948 Lillian Hellmann assiste per tutta una notte agli incubi che il delirium tremens provoca ad Hammett e lo fa internare.
Il giorno seguente lo scrittore promette che non berrà mai più e mantiene la promessa. Comunque il crollo è vicino anche se resta ancora nascosto dietro la sua irriducibile solitudine: “In capo a pochi anni si trasformò in un eremita” racconta Lillian “e la sua casa già così disagevole diventò sempre più orribile, con tutti i libri accatastati sule sedie, senza che ci fosse un solo angolo per sedersi. Trenta centimetri di corrispondenza senza risposta erano ammucchiati sul tavolo. Si moltiplicavano intorno a lui i segni della malattia. Il giradischi era rotto, la macchina da scrivere inutilizzata, le piccole cose assurde di cui amava circondarsi si ammucchiavano dentro le scatole. Quando io andavo a fargli visita una volta alla settimana quasi non ci parlavamo e quando veniva lui da me arrivava sfinito da quel piccolo tratto di strada tra la sua casa e la mia. (...) Un giorno apparve improvvisamente turbato – appariva sempre così quando faceva una confidenza – e mi disse: “Non posso continuare a vivere solo; va sempre peggio e ho deciso di entrare in un ospedale per ex combattenti. Potremo vederci quando vorremo. No, non voglio vederti piangere, ma io mi misi a piangere ed egli accettò di venire a vivere da me”.
La sua morte, avvenuta il 10 gennaio 1961, quando Hammett aveva 67 anni, provocò commenti come questo di Louis Aragòn in Francia: “E' morto il più grande scrittore degli Stati Uniti”.
Era sopravvissuto due anni a Chandler, uno a David Goodis. Spariva così tutta la generazione che aveva creato un genere letterario marginale e disprezzato dalla maggioranza degli “intellettuali” del suo tempo.

19 commenti:

Unknown ha detto...

Hammett è uno degli scrittori che ammiro di più. E mi fa piacere che tu l'abbia ricordato, mettendo insieme Marlowe, Chandler, il bravissimo Soriano di TRISTE, SOLITARIO Y FINAL (che bel romanzo...). Mi permetto di citare il finale (non volevo...garantisco che l'assonanza col titolo di Soriano m'è sfuggita) di un racconto hammettiano (ATTACCO A COUFFIGNAL). Il protagonista abbatte un bandito spaccandogli in testa la gruccia di uno zoppo e la bella cattiva della storia scappa, sicura che il protagonista (Continental Op) la lascerà andare: "Me ne andrò, semplicemente. E lei non mi sparerà. Vorrebbe poterlo fare ma non ci riuscirà" E si mette a correre. Allora lui le spara alle spalle e la colpisce alla gamba, lei cade a terra, stupefatta. E Continental Opo commenta: "Doveva immaginare che l'avrei fatto. Non avevo forse rubato la gruccia a uno zoppo?"
L'ho letto tanti anni fa e non l'ho mai dimenticato.
Ma è tutta la narrativa di Hammett a essere impareggiabile, così come la sua vita in parte fallita (alcol, sconfitte e l'ombra della morte del sindacalista quando Dashiell lavorava per la Pinkerton) in parte trionfale (la scrittura, la dignità davanti al processo contro i comunisti, volontario in guerra).
AUGURISSIMI PER IL TRASLOCO

yodosky ha detto...

Oggi io e il sig. Luciano non andiamo d'accordo. Io ho detestato Triste Solitario e Final, e invece di Soriano ho adorato "Il rigore più lungo del mondo", uno dei più bei racconti su cui ho potuto mettere le mani.

"Bene, ragazzo - mi disse. - Un giorno andrai in giro da queste parti a raccontare che hai segnato un goal a Gato Dìaz, ma nessuno ti crederà".

Se il sig. Uccheddu passa di qui, se lo legga. Ha molto in comune con il nostro Angelo.

Unknown ha detto...

Avevo già sentito (a viva voce) il tuo non gradimento per questo romanzo. D'altro canto (per dire una banalità) il mondo è bello perchè i gusti delle persono sono variegati come i coni gelato. Pensa che a me non dice nulla (letto solo il primo volume) Harry Potter.
Così come (eppure il mio amico Walter, grandissimo fan di Svevo, mi stima lo stesso) non ho mai finito LA COSCIENZA DI ZENO. Oppure mia moglie (ma io la amo anche per questa sua differenza da me) non ama i Ramones e Mozart (lei è per Beethoveen).

barone von furz ha detto...

...sono d'accordo con yodosky, a cui va, tra l'altro tutta la mia ammirazione per aver condotto da sola il trasloco. Triste, solitario y final non m'è piaciuto affatto ed ho applicato una delle leggi del lettore di pennac. L'ho lasciato a metà. Va bene l'omaggio a Chandler di cui ho letto quasi tutto (sono un inguaribile giallista) ma questo romanzo l'ho trovato stanco. Molto più sentito e godibile ho trovato Fùtbol. Il centravanti argentino che vicino alla cassa di un supermercato mima il gol che fece nello stesso posto in cui anni prima c'era un'area di rigore, è da lacrime per chi ama la letteratura e questo sport, oggi in mano a disonesti scribacchini.

Anonimo ha detto...

Tutte queste vite troppo importanti, segnate da eventi troppo grandi... è soverchiante.
La cultura, alle volte, è davvero spaventosa.
Disegna affreschi sconfinati in cui noi stessi siamo ridotti a minuscole pulci sulla schiena di cani rognosi.
Un'idea insostenibile.
Forse, per molti, rifugiarsi nelle idiozie televisive è una forma di autodifesa di fronte a grandezze con cui non è possibile competere.

Anonimo ha detto...

Cioè, in estrema sintesi, TU ti sei letto il numero de "L'eternauta" e tua moglie si è sbobbata il trasloco..

barone von furz ha detto...

...non l'avrebbe mai detto eh, uomo tigre...:)

yodosky ha detto...

@ il Barone: io le devo assolutamente prestare l'Angelo calciatore. Appena lo ritrovo negli scotoloni, dannazione.

Adespoto ha detto...

Un pezzo grandioso.
E apprezzo la dedica.

P.S: Durante i traslochi riscopriamo gemme nella polvere che solleviamo, per poi smarrirle di nuovo. Epifanie memorabili.

Anonimo ha detto...

Essendo io la Laura della dedica, ringrazio, seppure frettolosamente, del pensiero. Su Chandler ci feci la tesi di laurea e ho il ricordo bello chiaro in mente della sera in cui se ne parlò con tic, il barone, l'uomo tigre, fabio montale e il fratello di fabio montale in una certa locanda gestita dal socialista Silvano (che si vergognava di Craxi) e dalla di lui madre Terrigia, rimasta poi negli annali di questa compagnia di bella gente per un certo panino ritardatario.
Di Soriano e di questi libro si parlò nel capitolo finale della mia tesi insiene ad altri ma l'amore mio rimase - rimane ancora - il Marlowe di Chandeler. Che forse, in qualcosa, ho riamato nel Fabio Montale di Izzo.
E ora torno al lavoro.
Non ho traslocato ma è stato bello ricordare.

yodosky ha detto...

Dio *** Terrigia, come xè col mio panin.

Anonimo ha detto...

Osvaldo Soriano è un grande! (scusate se sono stato prolisso).

yodosky ha detto...

E io che me lo immaginavo come una specie di Gad Lerner.
D'altra parte pensavo anche che Otis Redding fosse una donna.

barone von furz ha detto...

...adesso el riva...
Per completezza d'informazione... :)

Fabio Montale ha detto...

Non volevo mai intervenire su questo post. Ho cambiato idea. Non smettero' mai di ricordare che, per quanto suggestiva l'idea di questo libro, questo libro non e' Soriano. Se Tic si decidesse a leggere anche gli altri...(me lo aveva promesso). A casa mia li trova quasi tutti, e lo sa. Probabilmente e' affezionato all'idea e al parco argomenti che questo primo romanzo del Gordo gli ha concesso di costruirsi. Per me il vero Soriano lo si apprezza nelle sue raccolte di articoli e racconti ("Pirati Fantasmi e Dinosauri" su tutti) o in "Quartieri d'inverno" e con lui si sogna e sorride in tutti gli altri romanzi, compreso quel romanzo per bambini che parla di gatti ed esilio "Al di la' del mare" di cui vi allego recensione del Corsera del '99:

IL LIBRO DEL GIORNO Gatti e bambini in esilio. Una fiaba firmata Soriano Fra tante immagini di bambini del Kosovo espulsi dal loro Paese con ferocia, le facce in lacrime o allibite, chissa' se e' lecito segnalare una fiaba gioiosa sull' esilio di un bambino privilegiato e sul suo felice ritorno in patria. In ogni caso una spiegazione a questa scelta c' e' : la favola e' stata scritta per il proprio figlio da un grande e seducente autore per adulti, Osvaldo Soriano, scomparso due anni fa e amatissimo da tutti quelli che, tra i suoi vari libri, si sono lasciati incantare in particolare da "Triste, solitario y final". In questo "Al di la' del mare" affiora la sua storia personale, la fuga dall' Argentina durante la dittatura militare, gli amici diventati desaparecidos, gli anni trascorsi a Parigi e poi, finalmente, la possibilita' di tornare a Buenos Aires. Ma per suo figlio cresciuto in Francia si tratta di un rientro temuto e incomprensibile. Allora Soriano inventa per lui l' avventura di un bambino amico di un gatto di nome Nero che in un pomeriggio d' inverno lo induce a diventare gatto a sua volta. Entrambi agilissimi, con fantastici balzi salgono sulla cima della torre Eiffel e da lassu' , osservatorio magico, riescono a vedere nitidamente strade e persone di Buenos Aires, luogo fino a poco prima dimenticato e lontanissimo. Col gatto francese, che gli fa da guida fin dentro la casa in passato abbandonata in fretta e furia senza neppure il tempo di portar via ne' il triciclo ne' il treno elettrico, per intendersi bastano i gesti, qualche smorfia, pochi sguardi. "Solo di rado aggiungevamo una parola o un miagolio". Saltando di tetto in tetto nelle belle illustrazioni di Fabian Negrin il bambino riesce persino a sentire il profumo delle acacie e il sapore dei torroni. Gli piacciono, li riconosce e gli viene voglia di tornare nella sua vecchia citta' . E c' e' qualcosa di commovente nella tenerezza con cui Soriano tenta di rassicurare il figlio per poter condividere con lui la propria felicita' . Donata Righetti OSVALDO SORIANO, Al di la' del mare Mondadori, pagg. 70, lire 24 mila

Righetti Donata


Pagina 31
(25 aprile 1999) - Corriere della Sera

tic. ha detto...

Combineremo...

barone von furz ha detto...

e meno male che non voleva intervenire. Tic proporrei di tagliare i post sopra le dieci righe...

LC ha detto...

Magnifico post.

Comunque David Goodis è morto nel 1967, non nel 1960 come scriveva Soriano.

tic. ha detto...

Grazie, Luca.