domenica 31 gennaio 2010

Parole celebri dalle mie parti (n.79)



"Il passato è il prologo."

(William Shakespeare, da La Tempesta, atto secondo, scena prima)

venerdì 29 gennaio 2010

He's dead and all


Non avesse scritto altro, in vita sua, che Un giorno ideale per i pesci banana, per me sarebbe comunque tra i più grandi di sempre.
Gli sia lieve la terra e tutto quanto.


P.S.
Un pensiero anche ad Adriana Motti, eccelsa traduttrice: perché The Catcher in the Rye l'avrà anche scritto Salinger, ma Il Giovane Holden, ostia, l'ha scritto lei. È mancata lo scorso anno, più o meno in questi giorni.
Come dice Luca Conti - gran traduttore di grandissimi scrittori che qualche volta mi fa l'onore di passare da queste parti - i libri mica si traducono da soli, sapete?

giovedì 28 gennaio 2010

Rivelazioni!

"Ma chi comanda nel Pd?", chiede Romano Prodi.
Bene: tic lo sa!!!
Nel Pd comanda Radames Salizzoni, gommista di San Giovanni in Persiceto!
Tra l'altro, sua zia Cesira gioca a ramino, ogni mercoledì sera, con la moglie di Arturo Parisi.

(nella foto, il luogo di lavoro del Salizzoni)

domenica 24 gennaio 2010

Riformisti vs. azionisti (a futura memoria)

Qualche tempo fa Massimo D'Alema ha sostenuto (magari lo ricorderete, nel mio piccolo ne ho scritto pure io, il 19 dicembre scorso) che “a volte l'inciucio serve”, che “per i comunisti italiani c'è sempre stato” e guai se non ci fosse stato: certi inciuci hanno costruito la convivenza in Italia. Al giorno d'oggi è tutto più complicato e “invece sarebbero utili anche adesso”. Purtroppo, però, l'azionismo radicale, una cultura politica “che non ha mai fatto bene al Paese”, lo impedisce. E questa è Storia, cari miei: “c'è sempre stato qualcuno più a sinistra, una cultura azionista che ha sempre contestato...”.
Cosa?
Ma per esempio l'articolo 7 della Costituzione repubblicana, definito dal nostro “il primo grande inciucio”. L'articolo 7, avete presente? Quello che recepiva nella legge fondamentale della Repubblica i Patti Lateranensi firmati nel 1929 dalla Chiesa cattolica e da Benito Mussolini.
Insomma, nella storia della politica italiana, gli azionisti hanno sempre lavorato ai fianchi i realisti di sinistra à la D'Alema, e sapeste che due palle, compagni... 'sti azionisti: sempre a ronzare, stanno. Sempre a mozzicare, come si direbbe dalle parti di Roma.

Mercoledì scorso è uscito su la Repubblica un editoriale firmato da Gustavo Zagrebelsky (titolo: Il sospetto) che sembra prendere molto sul serio (tremendamente sul serio) i presupposti del sopracitato ragionamento politico del Massimo dei minimi.
«Il veleno del sospetto non circola solo tra le forze politiche, ma anche tra i cittadini e i partiti che li rappresentano. Nell'opposizione, che subisce l'iniziativa della maggioranza, si fronteggiano per ora sordamente, due atteggiamenti dalle radici profonde. L'uno è considerato troppo “politico”, cioè troppo incline all'accordo, purchessia; l'altro, troppo poco, cioè pregiudizialmente contrario. Sullo sfondo c'è l'idea, per gli uni, che in materia costituzionale l'imperativo è di evitare l'isolamento, compromettendosi anche, quando necessario; per gli altri, l'imperativo è, al contrario, difendere principi irrinunciabili senza compromessi, disposti anche a stare per conto proprio. La divisione, nella sua profondità, è stata spiegata ricorrendo alla storia della sinistra: da un lato la duttilità togliattiana (che permise il compromesso tra Partito Comunista e Democrazia Cristiana sui Patti Lateranensi), dall'altro l'intransigenza azionista (che condusse il Partito d'azione all'isolamento).
Tali paragoni, indipendentemente dalla temerarietà, sono significativi. Corrispondono a due paradigmi politici, rispettivamente, la convenienza e la coerenza: una riedizione del perenne contrasto tra l'etica delle conseguenze e l'etica delle convinzioni. L'uomo politico degno della sua professione – colui che rifugge tanto dall'opportunismo quanto dal fanatismo e cerca di conciliare responsabilmente realtà e idealità – conosce questo conflitto e sa che esistono i momenti delle decisioni difficili. Sono i momenti della grande politica. Ma da noi ora non è così. Ciò che è nobile nei concetti, è spregevole nella realtà. La buona convenienza appare cattiva connivenza. Il sospetto è che, dietro un gioco delle parti, sia in atto la coscientemente perseguita assimilazione in un “giro” di potere unico e autoreferenziale, una sorta di nuovo blocco o “arco costituzionale”, desiderando appartenere al quale si guarda ai propri elettori, che non ci stanno, come pericolo da neutralizzare e non come risorsa da mobilitare. Vaghezza, silenzi e reticenze sono gl'ingredienti di questo rapporto sbagliato, basato sulla sfiducia reciproca. È banale dirlo, ma spesso le cose ovvie sono quelle che sfuggono agli strateghi delle battaglie perdute: in democrazia occorrono i voti e la fiducia li fa crescere; la sfiducia, svanire. Il sospetto si dissipa in un solo modo: con la chiarezza delle posizioni e la risolutezza nel difenderle. La chiarezza si fa distinguendo, secondo un ordine logico e pratico, le cose su cui l'accordo c'è, quelle su cui potrebbe esserci a determinate condizioni e quelle su cui non c'è e non ci potrà mai essere. La risolutezza si dimostra nella convinzione con cui si difendono le proprie ragioni. Manca l'una e l'altra. Manca soprattutto l'idea generale che darebbe un senso al confronto costituzionale che si preannuncia. Così si procede nell'ordine sparso delle idee, preludio di sfaldamento e sconfitta.
Per esempio, sulla difesa del sistema parlamentare contro i propositi presidenzialisti, la posizione è ferma? Sulle istituzioni di garanzia, magistratura e Corte costituzionale, fino a dove ci si vuol spingere? Sul ripristino dell'immunità parlamentare c'è una posizione, o ci sono ammiccamenti?».

Citazione lunghissima, ma ne valeva la pena, secondo me.
Ieri Luciano Violante, il famoso participio presente del verbo 'violare', ha respinto al mittente ogni insinuazione: lo ha fatto a nome del Pd? Forse: in fondo Violante è il responsabile Riforme dello Stato per il Pd. Lo ha fatto a nome di D'Alema? Mmmm... Lo ha fatto a titolo personale? E chi lo sa? Col Pd non si può mai dire: perché è un guscio vuoto, il Pd, o un partito senza fissa dimora, come ha scritto oggi Ilvo Diamanti.

Fatto sta che Violante ha rigettato ogni addebito e ha detto che i punti fermi (del Pd? Di D'Alema? Suoi? Vedremo, magari persino capiremo) sono i seguenti: «Repubblica parlamentare, separazione e bilanciamento dei poteri, indipendenza della magistratura». E fin qui, siamo ai fondamentali della liberaldemocrazia. Violante ha poi aggiunto: «Intendiamo confrontarci in Parlamento con i nostri avversari, perché in questo consiste la democrazia. Siamo consapevoli dei rischi politici e istituzionali (...). E questo richiederà, oltre ad una dura battaglia parlamentare contro le leggi-privilegio, un supplemento di attenzione da parte nostra alle parole di chi, come il professor Zagrebelsky, ci invita alla prudenza e ci segnala i pericoli».
Gustavo Zagrebelsky ha risposto a stretto giro di posta: secondo lui, le parole di Violante tradiscono un desiderio alquanto velleitario.
«In chiaro: la fonte della degenerazione costituzionale sta nell'anomala e straordinaria concentrazione di potere economico-mediatico-politico nella stessa persona e nel sistema di potere che attorno a questa persona è venuto a costruirsi. Non è una fisima, questa preoccupazione. L'ubbidienza si ottiene facendo leva sui bisogni materiali (economia), sull'appagamento intellettuale (cultura), e sul potere di comando (politica). L'unione di questi tre poteri è un intruglio micidiale, nemico della libertà e della democrazia. Quelli che sottovalutano o non vogliono vedere il pericolo di questa concentrazione non sono nelle condizioni di affrontare con la dovuta responsabilità le questioni costituzionali del momento».
E a questo punto Zagrebelsky interroga il Pd (non Violante: il Pd): che fine ha fatto il conflitto di interessi, «espressione edulcorata per indicare quella abnorme concentrazione di potere»? Sta a cuore, al Pd, il conflitto di interessi? Una domanda pregiudiziale, questa. Senza risposta, non può esserci confronto con chicchessia.
«Prenderà il Pd una posizione chiara e impegnativa nelle sedi proprie?».
Io questo non lo so. Ma non sono ottimista: perché lo si troverà sempre, nel Pd, il realista che ti dice che alla gente - come dimostrano inoppugnabilmente gli ultimi sondaggi - del conflitto di interessi non importa un fico secco. Alla gente importano ben altre questioni... Ben altre! Con questo conflitto di interessi avete stancato, voi azionisti radicali: stan-ca-to!!! Ed è già tantissimo, guardate, che il famoso participio presente del verbo 'violare' si sia abbassato a rispondere qualcosa a quel rompicoglioni di Zagrebelsky.
Perché, poi? Per sentirsi rispondere “non mi fido mica tanto, io, di voi? E chissenefrega, se non ti fidi: cazzi tuoi. Quante divisioni hai, professor Zagrebelsky? Eh? Parliamo d'altro, va... Anzi, di ben altro.






P.S.
In questi giorni di celebrazioni craxiane mi è capitato di leggere un articolo su Riccardo Lombardi, socialista e fondatore del Partito d'Azione: è uscito un libro, firmato dal giornalista dell'agenzia Agi Carlo Patrignani, che ne ricorda la figura: si intitola Lombardi e il fenicottero.
Scrive Patrignani che l'ingegnere di Regalbuto, nel suo ultimo discorso ad un'assise del Psi, poco prima di morire, fu molto critico con quel «perverso sentimento che prende molti socialisti, quasi soddisfatti ogni volta che i comunisti rallentano il cammino della loro evoluzione in senso occidentale, nel timore che ciò danneggi il Psi. Dobbiamo invece aiutarli ad avere prospettive di governo».
Capito, l'azionista Lombardi? Immagino con che spirito avrà accolto al tempo le sue parole Bettino Craxi, segretario del Psi, fervente anticomunista e politico realista...
Domandina finale: secondo voi cosa ne pensa, Massimo D'Alema, dei politici à la Lombardi?

giovedì 21 gennaio 2010

Una bella notizia


Una squadra di archeologi ha scoperto, ad Alessandria, un tempio dedicato a Bastet, la dea gatto degli antichi egiziani.
Il tempio risale all'epoca di Tolomeo III Evergete, signore dell'Egitto dal 246 al 221 avanti Cristo, e sembra appartenesse a sua moglie, la regina Berenice dalla famosissima chioma.
Non era grandissimo: le rovine occupano una superficie di 60 metri per 15.
Nel sito sono state rinvenute circa 600 statue di epoca tolemaica, molte delle quali raffiguranti proprio Bastet, dea che i greci identificarono con Artemide.
È una scoperta importante: pare si tratti del primo tempio dedicato alla dea gatto che viene scoperto ad Alessandria, dimostrerebbe che il suo culto era praticato in Egitto ancora in epoca ellenistica.
Ve ne parlo solo perché, se mai in futuro dovessi credere in un dio (chi può escluderlo?), il mio dio sarà un gatto.
Volete mettere?

(nella foto, la mia Bastet)

mercoledì 20 gennaio 2010

In buona compagnia



Non sarai mai solo con la schizofrenia.
Aderisci al PD.

lunedì 18 gennaio 2010

Married by the King



«Io e mia moglie ci siamo sposati sia civilmente che in chiesa ma, dopo trent'anni, le ho chiesto: “Andiamo a Las Vegas e sposiamoci per la terza volta”».
Così Francesco Rutelli ieri, a Domenica 5, su Canale 5.
E io lo capisco, 'sto zero sociale, che credete?
Anche a me e a mia moglie piacerebbe un sacco risposarci a Las Vegas: con una di quelle cerimonie officiate da un sosia di Elvis, avete presente?

O dal comandante dell'Enterprise.

Beh? Che c'è?

sabato 16 gennaio 2010

Grandi riformisti

Oggi ho fatto molta fatica, in classe, a spiegare la differenza che passa tra una repubblica presidenziale (si parlava della Francia, quindi non di un Paese ma di una Civiltà) e una repubblica parlamentare.
Bene: mi sono arenato sul concetto della “centralità del Parlamento” nel nostro sistema, precisamente quando mi sono lasciato scappare che “così dovrebbe essere, in teoria”.
Alla domanda, puntualissima, “e in pratica com'è che va?”, mi sono sentito perduto.
Ci sono dei momenti, voi capite, in cui fare l'insegnante è sul serio un lavoro da cani.
Epperò a ricreazione apro il giornale (La Stampa) e che ti trovo, a confortarmi?

Uno splendido scritto del ministro Brunetta. Titolo: Si governa solo coi decreti legge.
Il simpatico omarino, ve ne sarete senz'altro accorti, scrive moltissime lettere ai giornali, specialmente a quelli che si permettono di fargli le pulci (non sono poi molti) e dove egli trovi il tempo non si sa. Ieri, tra le altre cose, abbiamo appreso che quasi sicuramente il nostro sarà il candidato sindaco della Destra alle comunali di Venezia, «forte anche dell'ultimo sondaggio» secondo cui sarebbe «il ministro più amato dagli italiani», che sono notoriamente il popolo più fesso dell'universo e non perdono mai l'occasione di dimostrarlo.
Un vero scherz... ehm, una vera forza della Natura, il nostro Renato, no? Ma veniamo alla lettera pubblicata in data odierna da La Stampa.
Sostiene Brunetta che la centralità del Parlamento non sarebbe nient'altro che una conclamata presa per i fondelli al colto e all'inclita. I decreti legge, invece «sono stati e sono la nostra salvezza». Di più, essi sono «da sempre l'unico strumento per governare questo Paese». Brunetta, come al solito, ci richiama tutti. Anzi, ci precetta tutti: «E dunque, senza ipocrisia, dobbiamo dirci onestamente come stanno le cose». Ma onestamente, eh? Ocio! «L'uso eccessivo dei decreti-legge è una conseguenza, non una causa. La conseguenza di istituzioni parlamentari antiquate e di una cultura politica assemblearista che continua a resistere» e a cui il nostro Brunetta vuole spezzare le reni, si sa. Si potrebbe rinunziarvi? «Certo. Se insieme si rinunziasse alla cultura della codecisione e della malintesa centralità del Parlamento e del misticismo del potere di emendamento».

Colpisce l'uso dell'avverbio “insieme”. Brunetta intende forse “insieme all'opposizione parlamentare”? Io voglio credere di sì e a questo punto non posso far altro che apprezzare di molto il suo senso delle istituzioni! Capisco di meno, devo dire, la sua simpatica battuta sul “misticismo del potere di emendamento”: la più forte maggioranza parlamentare della storia della Repubblica non credo si trovi nella posizione di chi debba querelarsi del “potere di emendamento” di chicchessia. A meno che il problema di Renat, l'ami du peuple, non sia il potere di emendamento dei deputati amici suoi e allora, come dire... Cioè, come dire...
Come dire?!?
Ma come dire un cazzo!
Altro che come dire... Diciamola tutta, va, e pure onestamente, come piace al gigante della Laguna: Brunetta e suoi amici governano a colpi di decreti legge e di voti di fiducia perché hanno dei problemi con la loro schiacciante maggioranza, mica con l'opposizione più scalcagnata di sempre.
Capite, miei cari? Ma brutto nanerottolo importuno, non ti ci mando io solo perché immagino tu sappia andarci da solo!



P.S.
Nei prossimi giorni, coerentemente, Brunetta sarà ad Hammamet, a celebrare il Grande Statista che voleva la Grande Riforma perché aveva intuìto (ah, il suo proverbiale intùito... come ci manca!) che una Grande Riforma (anzi Grandissima) era proprio quello che ci voleva, ostia. D'altra parte, il Grande Statista era un tipo volitivo: ce ne ricordiamo tutti.

venerdì 15 gennaio 2010

Parole celebri dalle mie parti (n.78)


"Gli italiani non vogliono un dittatore: attendono un impresario."

(Leo Longanesi)

martedì 12 gennaio 2010

Al calduccio sotto le mie copertine (n.17)

Bruce Springsteen, The Ghost of Tom Joad, 1995

Men walkin' 'long the railroad tracks
Goin' someplace there's no goin' back
Highway patrol choppers comin' up over the ridge
Hot soup on a campfire under the bridge
Shelter line stretchin' 'round the corner
Welcome to the new world order
Families sleepin' in their cars in the Southwest
No home no job no peace no rest
The highway is alive tonight
But nobody's kiddin' nobody about where it goes
I'm sittin' down here in the campfire light
Searchin' for the ghost of Tom Joad

lunedì 11 gennaio 2010

Deportees




Some of us are illegal, and some are not wanted
Our work contract's out and we have to move on
Six hundred miles to that Mexican border
They chase us like outlaws, like rustlers, like thieves.


We died in your hills, we died in your deserts
We died in your valleys and died on your plains
We died 'neath your trees and we died in your bushes
Both sides of the river, we died just the same.


Woody Guthrie scrisse Plane Wreck at Los Gatos (Deportee) nei primi mesi del 1948, dopo aver letto la notizia di un incidente aereo in cui furono coinvolti dei lavoratori stagionali che venivano rimpatriati in Messico dagli Stati Uniti.
Secondo il suo biografo, Joe Klein, fu «l'ultima grande canzone scritta da Woody Guthrie, un monumento a quei lavoratori stagionali senza nome e rimasti “tutti accartocciati come foglie secche” lassù, sul Canyon di Los Gatos dove l'aereo precipitò (...) La canzone fu scritta virtualmente senza musica – Woody ne canticchiava le parole – e non fu mai eseguita in pubblico, fino a quando, dieci anni più tardi, un maestro di scuola di nome Martin Hoffman aggiunse una bella melodia a quel testo, e Pete Seeger prese a cantarla nei suoi concerti».


Alcuni di noi sono illegali, altri indesiderati/ Il contratto di lavoro è scaduto e ci tocca andar via/ Siamo a seicento miglia dal confine messicano/ Ci danno la caccia come ai fuorilegge, agli imbroglioni, ai ladri.
Siamo morti sulle vostre colline, siamo morti nei vostri deserti/ Siamo morti nelle vostre valli e nelle vostre pianure/ Siamo morti sotto i vostri alberi e nascosti dai vostri cespugli/ Su quella o su questa riva del fiume siamo morti comunque.


Sarà futile, senz'altro, ma è tutto il giorno che rimugino questa canzone. Che canto questa canzone. Che bestemmio con questa canzone. Che amo con questa canzone. Che odio con questa canzone. In culo a Maroni.

domenica 10 gennaio 2010

Le arance di Rosarno


Oggi, a pranzo a casa dei miei, ho buttato l'occhio al Tg2 delle ore 13. A un certo punto c'è un servizio sul pogrom di Rosarno. Le immagini mostrano degli aranceti. Gli alberi sono stracarichi di frutta. E anche ai piedi degli alberi, arance a chili.
Qualcuno si chiede: “E adesso che a Rosarno non ci sono più gli immigrati, chi le raccoglierà, le arance?”.
Bé, io una risposta ce l'avrei. L'unica che i cittadini di Rosarno – quelli che «noi non siamo razzisti, ma quelli sono bestie»; quelli che «Bossi che chiama la Calabria Africa del Nord ora ci dovrà ringraziare, perché avrà capito che solo noi facciamo sul serio: lo Stato non ha fatto e non ha voluto fare niente, abbiamo fatto tutto noi, lo Stato preferiva proteggere loro e non noi»; quelli che «Bossi ha ragione lui, sugli extracomunitari: chi non ha un lavoro, qui in Italia non dovrebbe entrare mai»; quelli che «io abitavo a Nizza con la mia famiglia, moglie e due bimbe. Non ne potevo più, non volevo far crescere le mie figlie in quella città piena di immigrati. Il mio desiderio era quello di farle vivere in un ambiente sano come quello di Rosarno. Sono tornato, sono tornato e poi anche qui ho trovato quelli»; quelli che «qui non c'è la mafia perché la mafia è a Roma»: quelli – l'unica risposta, dicevo, che i subumani di Rosarno si meritino: un vecchio classico dell'avanspettacolo, in realtà.
Le arance, a Rosarno, le raccoglierà 'sto cazzo!!!
Che possa sprofondare, Rosarno. Con tutte le sue arance di merda.
E sprofondando, già che c'è, si porti dietro pure Bossi con tutta la sua bava.
Sono proprio stufo di vergognarmi del mio Paese, sapete? Stufo marcio.


P.S.
La migliore, in ogni caso, l'ha detta quello che un tempo abitava a Nizza con la sua bella famigliola di merda ma, sopraffatto dalla nostalgia di casa, ha voluto tornarsene al suo bel paesello calabrese del cazzo, e immagino quanto i francesi abbiano rimpianto la sua partenza...
«Non ne potevo più, non volevo far crescere le mie figlie in quella città piena di immigrati. Il mio desiderio era quello di farle vivere in un ambiente sano come quello di Rosarno. Sono tornato, sono tornato e poi anche qui ho trovato quelli».
Eh, già: dev'essere un ambientino davvero bello, Rosarno, per farci crescere dei figli, se è vero che il comune è stato sciolto nel gennaio del 2008 per infiltrazioni mafiose.
Brutta gentaglia schifosa.

giovedì 7 gennaio 2010

I had a dream!


Vieni anche tu nei Rinco Boys.
Aderisci al PD.

martedì 5 gennaio 2010

Mala tempora currunt

Allora, sembra che The road, il film di John Hillcoat tratto dal romanzo omonimo del grandissimo Cormac McCarthy, non verrà distribuito nel nostro paese.
Pare - cito da la Repubblica - che a bloccare il film non sia “la scarsa qualità, quanto la preoccupazione per una vicenda ritenuta troppo cupa e deprimente per suscitare l'interesse del pubblico”.

Io sono affranto. Sto infatti lavorando da tempo a una sceneggiatura cinematografica sulla fine della sinistra italiana – per farvi capire il genere, una roba tra un Citto Maselli in acido e Roger Corman, titolo provvisorio Attack of the Demochristian Monsters – e se quella raccontata in The road (un mondo post apocalittico in cui la civiltà è stata distrutta da un cataclisma e in cui pochi esseri umani sopravvivono in condizioni di estremo abbrutimento) viene considerata dalle nostre parti “una vicenda troppo cupa e deprimente”, figuriamoci che mercato potranno mai avere le mie fatiche...
Ma porcaccia puttana!

sabato 2 gennaio 2010

Things to Do in Denver When You're Dead (di Gary Fleder)


I am Godzilla, You are Japan!!!