lunedì 16 giugno 2008

Charlie Chaplin come lo vide Nanni Loy



Monsieur Verdoux è forse (forse...) il film più bello di quel genio della settima arte che fu Charlie Chaplin.
La conoscete, la storia?
Henri Verdoux è un cassiere di banca che, dopo aver perso il suo posto di lavoro, decide di darsi all'omicidio per assicurare alla sua famiglia (una moglie gravemente ammalata e un figlio piccolo) un futuro di serenità economica.
L'affascinante ed elegante signore francese si metterà perciò a corteggiare, e conquistare, donne ricche e sole, vedove o nubili, allo scopo di derubarle e ucciderle dopo essersele sposate.
Se qualcuno, a questo punto, ha pensato alla fosca vicenda di Henri Désiré Landru, sappia che non si è sbagliato: l'idea di Monsieur Verdoux fu in qualche modo suggerita a Chaplin da Orson Welles (come dire? Tra geni...), che un giorno venne a proporgli proprio il ruolo del protagonista in un film sulla vita di Landru a cui stava pensando. Chaplin non accettò, ma lo spunto fornitogli da Welles (che nei credits di Monsieur Verdoux è perciò doverosamente citato) gli rimase attaccato addosso.
Il signor Verdoux è un paradosso: tenero, premuroso padre di famiglia e cinico, spietato affarista che persegue i suoi fini senza tentennamenti e senza il minimo cruccio morale. Le persone, per lui, sono solamente un mezzo, non un fine e possono quindi essere usate e abusate, e poi distrutte: se è utile si può fare, perché no?
In una nota precedente all'uscita del film, lo stesso Chaplin scrisse che se per Von Clausewitz la guerra era solo la continuazione della politica e della diplomazia con altri mezzi, secondo Verdoux l'omicidio era un'estensione logica dell'economia e degli affari.
Nel film il signor Verdoux dirà che è proprio l'omicidio “l'impresa grazie alla quale il nostro sistema continua a prosperare”. Perciò la società che condanna Verdoux persegue, più o meno consapevolmente, gli stessi scopi dell'assassino. E' solo il numero a cambiare le cose, nel mondo che produce le bombe atomiche.
Si, perché una società come la nostra può benissimo premiarlo, decorarlo, celebrarlo, adorarlo, un assassino da grandi numeri, un mass murderer: “chi uccide un solo uomo è considerato un criminale, chi ne uccide milioni, un eroe”.
E, già che ci siamo, l'omicidio di massa "non è forse il mondo ad incoraggiarlo? Non si costruiscono forse armi con l'unico scopo di perpetrare l'omicidio di massa?".


Perché vi ho parlato, con i poverissimi mezzi a mia disposizione, di una delle opere più straordinarie della storia del cinema?
Solo perché oggi ho rinvenuto tra le mie carte, in un cassetto che non veniva aperto da tempo, il ritaglio di una vecchissima intervista a Nanni Loy in cui il regista sardo ricordava una conferenza stampa di Chaplin, una volta che era venuto in Italia a ritirare un premio. Sentite un po' cosa accadde...

Un giornalista si alzò e gli chiese quale era stata la sua 'fonte di ispirazione' per Monsieur Verdoux. Lui rispose più o meno così: “Ero negli studios per realizzare una scena e vidi un set con una cella. Pensai. Dev'essere molto economico girare un film in una cella. Così feci Verdoux”. Ci rimasero malissimo. Gli aveva demolito quella bella teoria idealistico-crociana dell'artista solitario sul quale scende la musa ispiratrice, come si vede in quelle stampe popolari tardo Ottocento.

Nessun commento: