lunedì 30 giugno 2008

Cicale

Ieri sera ho ripreso in mano un libriccino che uscì nel 1996 per l'editore Donzelli.
Si intitolava Liberista? Liberale ed era firmato da Mario Deaglio.

Cercavo una citazione e alla fine l'ho trovata.
Ad un certo punto l'autore riflette sulle cause dell'enorme debito pubblico italiano (ce l'avete ben presente, la famosa Montagna del Debito Pubblico, nevvero?) e non fa sconti a nessuno: né ai politici né al famoso popolo.
Qualche esempio.
Per quarant'anni i nostri politici furbissimi hanno venduto e gli elettori (furbissimi pure loro, va detto) "entusiasticamente" (entusiasticamente...) comprato "non solo posti e redditi immediati ma anche promesse di scatti di carriera e di redditi pensionistici in anni e decenni a venire, creando un vero e proprio debito occulto dello Stato". Il nostro sistema è divenuto "la favola d'Europa", ad esempio con quelle pensioni baby che consentivano ai dipendenti dell'amministrazione pubblica di "godere, fin da un'età molto giovane, di un'autentica rendita vitalizia, di rilevante ammontare, con pochissimi anni di lavoro effettivo". La "situazione attuale" (quella del 1996, anno di uscita del libro di Deaglio, ma pure quella di oggi, ahinoi...) può (deve?) essere considerata "come il risultato di una sorta di gigantesca distribuzione nazionale delle spoglie della crescita economica presente e futura, sotto la regia della classe politica". I meccanismi di distribuzione "hanno però continuato ad operare anche quando la crescita si è arrestata senza che i politici, e tanto meno l'opinione pubblica, ne prendessero coscienza".
E tic a questo punto si domanda: ma che cos'è l'opinione pubblica, nel nostro Paese? Meglio: si può parlare, seriamente, dell'esistenza di un'opinione pubblica in Italia?
Ma proseguiamo con Mario Deaglio.
Dal deterioramento della finanza pubblica "la generalità degli italiani ha tratto privatamente beneficio e proprio alla generalità degli italiani, e non già a qualche elemento esterno, ne deve esser fatta risalire la causa principale".
Privato contro pubblico, porci comodi e cazzi propri (il particulare di Guicciardini nella vulgata un po' vulgaris di tic) contro l'interesse generale: è la nostra storia nazionale, siamo noi, vero?


"La grande attenzione rivolta a Tangentopoli (...), intesa come una grande saga di politici concussori e corrotti, con un contorno di "faccendieri" e imprenditori corruttori e concussi" ha solo rafforzato negli italiani, secondo Deaglio, la convinzione che "i guai di finanza pubblica siano da attribuire a una causa esterna ai normali cittadini, i quali sarebbero semplicemente vittime del dissesto, e quindi parti lese". In questo senso, Tangentopoli ha non solo ritardato ma addirittura rimosso "la presa di coscienza della realtà dello scambio politico del Paese" e "ha costituito una sorta di alibi nazionale: nell'esplosione del debito pubblico, in realtà, non è scritta solo la storia di una classe politica", ma quella di tutti gli italiani i quali, "direttamente o indirettamente, ne hanno beneficiato".
L'elevatissimo tasso di risparmio delle famiglie italiane è andato molto volentieri ad impiegarsi in titoli del debito pubblico "coprendo, per lungo tempo e senza troppa difficoltà, il crescente fabbisogno del Tesoro. Si è risolto così per decenni il problema del disavanzo mediante l'accumulazione di un debito pubblico di proporzioni enormi, in quanto si contraevano debiti nuovi per pagare gli interessi sui debiti vecchi".
Perché la classe politica ha tollerato e alimentato questo stato di cose?
Un po' per incompetenza, un po' "per un'errata lettura dell'evoluzione economica e cioè nella speranza che tornassero le condizioni di rapido sviluppo che avevano caratterizzato il sistema fino al 1973 e che avevano consentito - insieme a un rapidissimo incremento della produttività - di recuperare con l'aumento del gettito le maggiori spese effettuate".

Ci fu chi, come Guido Carli, seppe misurare "tutta la portata del baratro", ma non si oppose, o non riuscì ad opporsi a sufficienza elaborando proposte per la riduzione del nostro debito pubblico. Nel suo Cinquant'anni di vita italiana, citato da Deaglio, Carli scrisse: "Quando nel corso degli anni ottanta discutevamo di questi argomenti in Senato, era impossibile non avere una sensazione di frustrazione per il disinteresse e poi per l'ostilità che tali proposte incontravano".
Altri, scrive ancora Mario Deaglio, "accettarono la situazione con rassegnato fatalismo. Altri ancora (ed è questa la citazione che mi girava in testa ieri sera e che sono andato a recuperare per buttar giù questo post, n.d.r.) furono semplicemente miopi: di fronte all'osservazione che la pensione alle casalinghe avrebbe dissestato il sistema entro il 2023, si dice che il relatore della legge abbia esclamato: "Ci penserà il legislatore del 2023!". Questa risposta, vera o falsa che sia, sintetizza un atteggiamento generalizzato tra i politici non solo della maggioranza ma anche dell'opposizione, diffusissimo inoltre nel mondo sindacale e nell'opinione pubblica (qualunque cosa essa sia, n.d.r.). La scarsa conoscenza dei meccanismi economico-finanziari si accompagnava alla convinzione che "queste cose si aggiustano sempre" e che l'aggiustamento sarebbe stato senz'altro indolore".

Per non dimenticare mai.
E, a proposito: viva l'Italia!

sabato 28 giugno 2008

Prima lo supponevo e basta. Adesso lo so.


"Non solo mi piace la musica di Bruce, mi piace proprio lui come persona. E' un uomo che non ha mai perso la traccia delle sue radici, che sa esattamente chi è, ed è sempre stato sincero."

venerdì 27 giugno 2008

Ma non si era detto che...

Ieri il sottosegretario agli interni, Nitto Palma, era in missione (massì, usiamola pure, 'sta parola! Mi pare decisamente il caso...) in Friuli-Venezia Giulia.Ha incontrato i prefetti delle quattro province, il presidente Renzo Tondo e l'assessore regionale alla Sicurezza Federica Seganti.
E poi ha detto: "La norma contenuta nel decreto sicurezza (quello di Maroni, n.d.r.) parla della possibilità di autorizzare l'esercito per specifiche e urgenti esigenze. Stando alle notizie e al dossier in mio possesso, non credo che ci sia la necessità dell'impiego di militari in questa realtà. La previsione è stata pensata per altri contesti dove la criminalità è molto più diffusa e grave, in particolare nelle regioni meridionali".
Palma ha spiegato di aver trovato nel FVG, sul piano della sicurezza, "un panorama sostanzialmente soddisfacente. Rispetto ad altre realtà, pur non essendo nel paradiso terrestre, qui la vita scorre serenamente".
Il quotidiano Il Piccolo ha perciò chiesto - e giustamente, a mio parere - all'assessore leghista alla Sicurezza, signora Seganti, come si concilino, secondo lei, le affermazioni del sottosegretario Palma su una regione considerata "sicura" con il pacchetto sicurezza appena varato dalla giunta regionale.



La sventurata ha risposto: "Non commento le affermazioni del sottosegretario ma avrà i suoi dati". Eh, si: forse ce li avrà pure, dei dati... Ma la Seganti, cazzarola, se ne impipa: "Come avevo avuto modo di dire già durante la presentazione del pacchetto, le due cose non sono legate".
E ha ragione, la Seganti. Perché a lei interessa l'ormai leggendario percepito e della realtà che in qualche modo emerge dal dossier di Nitto Palma se ne frega proprio alla grande, scusate! Lo ha detto chiaramente, qualche giorno fa: "Abbiamo previsto significativi stanziamenti per incrementare la percezione di sicurezza nei cittadini del Friuli-Venezia Giulia". La percezione di sicurezza, capito? Non altro. Ricordate, si, come si è espressa qualche giorno fa la signora Seganti? "Lo stato di apprensione che attanaglia i cittadini è ormai acclarato e spetta alla politica dare risposte concrete per lenire questo disagio e restituire alle nostre città un'atmosfera serena e tranquilla".
Cosa poi abbia prodotto (e continui a produrre) questo stato di apprensione che attanaglia i cittadini, alla Seganti non deve importare granché.
Qui di seguito trovate l'opinione in proposito di Giancarlo Bosetti, direttore della rivista Reset (una di quelle cose noiosissime che leggono quelli di sinistra, sempre così salottieri e lontani dal popolo) ed editorialista del quotidiano La Repubblica.



In tema di sicurezza, giustizia, ordine pubblico e lotta al crimine l'opinione pubblica ha subito una corrosione sistematica delle sue facoltà di giudizio anche a causa della trasformazione dei telegiornali in tabloids pieni di sangue, stupri e massacri. Maggiore l'esposizione al video, maggiore l'insicurezza, come ha ben documentato Ilvo Diamanti. La "tabloidizzazione" è un fenomeno mondiale che è stato introdotto dalla tendenza commerciale delle tv (una domanda per la Seganti, che è tanto preoccupata dallo stato di apprensione che attanaglia i cittadini: CHI E', in Italia, il boss dei boss della televisione commerciale? Ci pensi bene, prima di rispondere! n.d.r.). Hanno resistito la Bbc e qualche altra televisione pubblica come quella tedesca (dimostrando che resistere si può). Non certamente quella italiana: tra Rai e Mediaset non c'è traccia di scrupoli nella corsa ai cadaveri trovati nei campi, ai delitti a sfondo sessuale, agli abusi pedofili. Non disponiamo in Italia di misurazioni accurate nel tempo degli equilibri tematici nell'informazione televisiva, come accade in America, dove in dieci anni è raddoppiato lo spazio dei tg dedicato a intrattenimento, disastri, incidenti e crimini ai danni delle informazioni sulla politica, gli esteri e l'ambiente (non che io lo ami granché, ma vi ricordate di Michael Moore quando paragonava l'informazione del suo Paese a quella canadese? Ecco... n.d.r.). Le uniche ricerche disponibili sono quelle realizzate dall'Isimm per l'Authority delle Comunicazioni e si sono preoccupate soprattutto degli equilibri tra i partiti. Ma dalle statistiche curate da Stefano Gorelli emerge che nei telegiornali la cronaca nera giganteggia. Nel 2007 il caso di Perugia (l'assassinio di Meredith), avvenuto il 2 novembre, ha occupato 44 giorni del Tg1 su 58 (47 nel Tg5), il caso Cogne, vecchio già di sei anni ha occupato 22 giorni del Tg1 (19 nel Tg5), il caso di Garlasco 60 giorni (76 nel Tg5). Sui casi minori non ci sono numeri, ma basta accendere la Tv verso sera e disporsi agli annunci di rapina e morti sgozzati. Nessuno stupore che la percezione diffusa della violenza sia molto alta. La stampa non è in grado di rovesciare il flusso principale del lavorìo sull'opinione che è nelle mani dei tg (ma non solo, mi permetto di osservare, n.d.r.), che continuano ad accrescere il peso della cronaca nera sia per ragioni commerciali che per ragioni politiche.
(da La Repubblica, mercoledì 18 giugno)



E il Sindaco della città di M. (un bell'uomo, va detto) che fa?
Dichiara alla stampa locale che le nuove normative nazionali in materia di sicurezza saranno applicate senza resistenze, ma anche senza abbandonare la linea che la sua amministrazione ha sempre seguito in questi anni.
Nell'ultimo consiglio comunale poi, rispondendo ad un'interrogazione di un consigliere d'opposizione, tal Giorgio P. di Forza Italia, ha affermato: "Il sindaco ha il dovere di applicare le norme, ma farò in modo che un tanto rientri il più possibile in un'azione interistituzionale, al di là dell'esistenza del protocollo di legalità di cui M. già dispone". Quindi, innanzitutto, sinergia con le forze dell'ordine presenti sul territorio del Comune. E poi estensione della videosorveglianza dove necessario, vigili di quartiere e amenità varie.
Bene, signor Sindaco. A me pare più che sufficiente. In fondo, Lei non amministra mica Cabot Cove...

Conosce? Dovremmo essere non troppo distanti da Portland, Maine.
A Cabot Cove vive Jessica Fletcher, la giallista-detective protagonista de La signora in giallo. Secondo i riferimenti presenti nella serie televisiva stessa, trattasi di un villaggio di 3.680 abitanti che si affaccia sull'Oceano Atlantico.
E' stato notato che, politicamente e socialmente parlando, Cabot Cove è una cittadina molto stabile e coesa: ha il suo bravo sindaco (Sam Blooth), lo sceriffo (prima Amos Tupper poi Mort Metzger), il medico legale e poi, beh... Poi c'è la signora Fletcher, vanto della comunità, celeberrima scrittrice: di più, una delle protagoniste assolute della letteratura gialla americana.
Basandosi sui fatti raccontati nei telefilm, in particolar modo sull'esagerato numero di omicidi che vengono compiuti, di cui la maggior parte proprio a Cabot Cove (deve sapere, signor Sindaco, che da contratto la produzione de La signora in giallo era obbligata a realizzare almeno cinque episodi all'anno ambientati nella cittadina del Maine), il New York Times (quotidiano generalmente piuttosto autorevole) ha stimato che circa il 2% della popolazione del ridente paesello sia stato assassinato nel corso dell'intera serie.
Immagini che rogne per il suo collega di Cabot Cove, signor Sindaco.
E sorrida alla vita.

giovedì 26 giugno 2008

Ammazza, che zozzi!!!

Hanno deciso di prendere le impronte digitali ai bambini che vivono nei campi rom.
Dicono che lo fanno per poter dare un nome e un cognome a tutti i rom che vivono in Italia, compresi i più piccoli.
Lo chiamano “censimento” e non vogliono che si parli di schedatura etnica.
Si comincerà da Roma, Milano e Napoli, le tre città dove ai prefetti sono stati attribuiti poteri straordinari per gestire “l'emergenza rom”.

In questi giorni Amos Luzzatto - chirurgo per passione (così dice lui), intellettuale raffinato (è un profondo conoscitore della Bibbia e della letteratura rabbinica), uomo politico (nel PCI) e presidente per otto anni dell'UCEI, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – sta girando l'Italia per presentare il suo ultimo libro, Conta e racconta. Memorie di un ebreo di sinistra (pubblicato dall'editore Mursia).
Gli chiedono che cosa ne pensa della meravigliosa iniziativa del governo Berlusconi.
Risponde così.
Sono stato bambino e non potevo andare a scuola con gli altri. Ricordo che mi indicavano con il dito: “Mamma, guarda, quello è un giudeo!”. Sono cose successe 70 anni fa, cose che mi hanno segnato la carne e la memoria. Cose che non dimenticherò mai per quel che ancora mi resta da vivere. Prendere le impronte ai bimbi rom, come vorrebbe Maroni, significa compiere una schedatura etnica, e questo è totalmente inaccettabile.
Amos Luzzatto è uno abituato a chiamare le cose col loro nome.
C'è un razzismo latente nella cultura italiana, dovuto purtroppo ad un'insufficienza culturale. Ciclicamente si manifesta.
E continua.
Prendere i polpastrelli dei piccoli di un certo gruppo etnico significa considerarli ladri congeniti, prevedere che diventeranno dei delinquenti e commetteranno dei reati. E' evidente e inaccettabile il segno razziale di questa iniziativa.
Amos Luzzatto ricorda poi il suo essere bambino, bollato, timbrato, come giudeo di cui non fidarsi. Dice che si comincia così e poi si va avanti con l'allontanamento dalle scuole, le classi differenziate, le discriminazioni diffuse. Questo pesa terribilmente sul vissuto di un bambino che si sente trattato diversamente dai suoi coetanei, vive come un appestato, carico di ossessioni e nevrosi. E' una ferita che dura una vita.

Com'è questa Italia? gli chiedono infine.
Un Paese che ha perso la memoria.

P.S.
Cosa facciamo? Stiamo a guardare?

Parole celebri dalle mie parti (n.23)




"Chi ci priva della libertà in nome della sicurezza, non si merita nessuna delle due cose, né la libertà, né la sicurezza."

(Henry Adams)

mercoledì 25 giugno 2008

L'estremismo politico è di scena in talkischeap

"Militarizzare le città serve solo ad aumentare il senso di smarrimento e la paura. Perché la paura non passa per decreto legge".
Lo ha detto, in una recente intervista, l'arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi.
Che ha poi aggiunto: "E' la solitudine, causata soprattutto dalla privatizzazione dei tempi e degli spazi e dal conseguente calo della qualità della socializzazione, ad aver generato le paure della gente. Sono soli tanti anziani. Soli troppi giovani. Soli molti adulti, anche con posizioni sociali prestigiose. La solitudine causa ulteriore sfiducia verso l'altro e genera la paura dell'incontro".
Sapete, mi sarebbe tanto piaciuto sentirle pronunciare da qualcuno del PD, queste parole.
Ma i dirigenti nazionali del mio partito di riferimento (ah ah ah!!!) si stanno occupando d'altro, in questo momento.
Perciò io vado avanti con il cardinale Tettamanzi: "Barricarsi in casa, criminalizzare alcune categorie di persone, presidiare militarmente le città, sono gesti che aumentano il senso di smarrimento e la solitudine". Forte, eh?
Ad certo punto gli chiedono: "Lei pensa che i blitz all'alba nei campi rom, le schedature, i controlli a tappeto sui mezzi pubblici, gli slogan "zero campi rom", la carcerazione dei clandestini abbiano effetti positivi e siano compatibili con il rispetto della dignità delle persone?". La risposta: "Che beneficio portano certi metodi? Servono veramente a risolvere il problema, a rassicurare adeguatamente la gente contro la paura, oppure corrono il rischio di rivelarsi tentativi effimeri? Ho la sensazione che causino l'effetto contrario a quello sperato...".
(vi ricordo che Tettamanzi aveva duramente polemizzato con il sindaco di Milano, signora Letizia Moratti, in occasione dello sgombero del campo rom della Bovisasca dove, secondo lui, si era agito "sotto i livelli minimi di rispetto della dignità umana". Non vi dico qual è stata la posizione in merito del presidente dell'amministrazione provinciale di Milano, Filippo Penati, uno del PD. Indovinatela un po' voi...)





P.S.
Ma ditemi, ditemi orsù: nel Parlamento Europeo, in quale gruppo politico finirà il Partito Democratico? In quello liberale o in quello socialista?

martedì 24 giugno 2008

La dolce ala della sicurezza

Allora, dovete sapere che la Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia ha stanziato 16,3 milioni di euro per la sicurezza.
“Abbiamo previsto significativi stanziamenti per incrementare la percezione di sicurezza nei cittadini del Friuli-Venezia Giulia”, ha affermato l'assessore (della Lega Nord) Federica Seganti, che appena qualche giorno fa aveva dichiarato: "Lo stato di apprensione che attanaglia i cittadini è ormai acclarato e spetta alla politica dare risposte concrete per lenire questo disagio e restituire alle nostre città un'atmosfera serena e tranquilla".


Nel dettaglio.

6 milioni di euro andranno ai comuni, singoli o associati, per l'acquisto e l'installazione nelle zone considerate a rischio (da chi? Dai comuni, pare di capire. E poi mi chiedo e chiedo: ma se, come dicono quelli di destra, tutti i cittadini si sentono poco sicuri - anzi, meglio: sono attanagliati dall'apprensione - come si potranno scegliere le zone considerate a rischio? Se tutti si sentono poco sicuri, ogni luogo deve essere considerato a rischio. Ahi, ahi, ahi: prevedo guai...) di telecamere e colonnine di soccorso collegate con le sale operative delle polizie municipali.

Per le amministrazioni municipali con più di 20 mila abitanti (in pratica i quattro capoluoghi più la città di M., dove risiede tic) sono previsti 4 milioni di euro per il potenziamento dell'illuminazione pubblica nelle zone considerate a rischio (come sopra).

500 mila euro andranno ai comuni per finanziare piani di prevenzione, nelle aree più soggette ad episodi criminosi, con l'utilizzo di personale volontario (in pratica, le ronde di privati cittadini tanto care alla Lega).

1 milione di euro è stato previsto per la copertura di contributi da erogare a cittadini ed imprese che vogliano dotare di sistemi di allarme antifurto la propria casa o i propri esercizi.

Saranno invece destinati alle amministrazioni provinciali 2 milioni di euro per apparecchi di videosorveglianza da sistemare nelle scuole superiori “come strumento di prevenzione di deturpamento degli edifici – ha spiegato la Seganti – o di episodi di bullismo, come peraltro previsto anche nel pacchetto Maroni”.


Altri 860 mila euro saranno destinati, sempre tramite le province, all'acquisto di telecamere destinate al controllo ambientale: questa azione potrebbe vedere, in futuro, anche l'apporto delle guardie forestali.

Andranno poi all'interconnessione delle sale operative delle polizie locali e delle forze dell'ordine dello Stato altri 2 milioni di euro: “Intendiamo mettere in rete con le forze locali Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza ma prevediamo di fare altrettanto anche con la Polizia Stradale e con quella Ferroviaria, soprattutto per le aree di confine” (quale confine? Non c'è più il confine, nella regione Friuli-Venezia Giulia. L'Austria e la Slovenia sono Stati che fanno parte dell'Unione Europea. Mah...).

Per dire del clima, a Gorizia, città da sempre tranquilla come un convento (e pure un tantino soporifera), il vicesindaco e assessore comunale alla polizia municipale, Fabio G. (AN, un tempo. Ora PdL, immagino), domenica scorsa se n'è uscito così: “Solo leggendo i titoli dei quotidiani locali nelle località più piccole come Pieris, Ronchi, Romans si richiede maggiore sicurezza e presenza di forze dell'ordine nelle loro zone. Non siamo ai livelli di Milano o Napoli, questo è ovvio, ma colpisce l'ostinata malsopportazione della divisa, qualunque essa sia, da parte degli esponenti della sinistra locale. Non è una novità. Anche vederle passeggiare a piedi di notte per loro è un fastidio e rievoca regimi autoritari che, si badi bene e ricordino, esistono ancora solo in Paesi con regimi comunisti e realsocialisti. Il decreto sicurezza approvato dal Senato concede più poteri ai sindaci, richiesti a gran voce anche da sindaci di sinistra, e la possibilità ai militari di intervenire a sostegno delle forze dell'ordine sotto la loro supervisione. Nemmeno gli inusuali atti di vandalismo perpetrati in città (allagamenti, danneggiamenti e incendi dolosi) preoccupano la sinistra goriziana. Insopportabile, quasi come la croce cristiana per i vampiri, un qualsiasi colore di divisa, tantomeno possibile parlare di aumentare la videosorveglianza, senza da loro evocare il “grande fratello”. Meglio chiudersi in casa, disarmati ovviamente, ed attendere che il delinquente di turno entri indisturbato per indicargli l'argenteria”. Grandioso, nevvero? Altro che sicurezza! Il vicesindaco di Gorizia ne fa quasi una questione di estetica: quanto son belle, le divise! Mi ricorda una mia zia che andava in brodo di giuggiole quando le capitava di incrociare quelle degli ufficiali della marina: "Dio, come sono belli, vestiti così! Come sono belli...".

Ma della straordinaria performance della Giunta regionale, che si è mossa con molta decisione, ostia, per incrementare la percezione di sicurezza dei cittadini del Friuli-Venezia Giulia, cosa dice il Partito Democratico?

Gianfranco Moretton, uno splendido esemplare di democristianon, capogruppo in consiglio regionale, sostiene che “l'iniziativa sulla sicurezza è positiva, ma non va dimenticata la famiglia”. Una piccola (piccola, suvvia!) critica a dire il vero si può fare: riguarda i 500 mila euro previsti per finanziare piani di prevenzione (chissà come lo si redigerà, poi, un piano di prevenzione... E chi lo dovrà redigere. Mistero...), nelle aree più soggette ad episodi criminosi, con l'utilizzo di personale volontario: “Quell'investimento avrebbe bisogno di maggiore chiarezza”. Secondo Moretton (il moderaton tanto simpaticon che c'ha pure dei bei baffon), insomma, il pacchetto sicurezza "è un disegno valido, sempre che non vada a togliere fondi prioritari, soprattutto per la famiglia, capitolo su cui, invece, si dovrebbe pensare di implementare i finanziamenti” . Vi faccio una domanda: sembra anche a voi che il signor Moretton abbia particolarmente a cuore la famiglia?
Infine. E' di ieri la visita nella città di M. del Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, Renzo Tondo.

Il sindaco di M. lo ha accolto presentando la sua città: “Questa è una città con molti problemi e anche con molto dinamismo e a cent'anni dalla fondazione del cantiere navale stiamo riflettendo sulle imprese e le conquiste realizzate, ma anche sulle difficoltà che ne sono nate. M. è in una situazione particolare perché, a fronte dei movimenti migratori di questi ultimi anni, rischiamo di non sapere quanti siamo e chi siamo. Ci sono nuove esigenze rispetto alla sicurezza, anche a fronte dei nuovi decreti in materia”. Insomma, siamo pure noi attanagliati, signor Presidente.
Tondo ha colto il punto immediatamente, e come avrebbe potuto non coglierlo: “Abbiamo posto la sicurezza al centro del nostro programma. L'assessorato affidato a Federica Seganti ha già posto in essere delle variazioni di bilancio utili a realizzare degli interventi di adeguamento in questo ambito”. Il Presidente ha poi aggiunto che la giunta regionale ha intenzione di finanziare una serie di azioni nelle aree che sono considerate più esposte sul piano della sicurezza.

Ignoro se il Sindaco della città di M. (un bell'uomo, va detto) abbia fatto sapere pure al suo nuovo amico Renzo Tondo di essere seriamente intenzionato ad istituire una delega assessorile alla sicurezza (perché, orpodibacco, bisogna pur dare delle risposte alla percezione di insicurezza che attanaglia i poveri cittadini di M. I quali rischiano anche, per soprammercato, di non sapere nemmeno più quanti sono né chi sono, pensate un po'...) ma so per certo che il maschio alfa della Lega Nord della città di M. non vede l'ora di poter dare addosso al futuro assessore alla sicurezza del Comune di M.: basterà solo dir di no a qualcuna delle sue mirabolanti richieste (un mesetto fa, forse ve ne ricorderete, il nostro chiedeva “il finanziamento, con copertura delle relative spese, a tutti i gruppi qualificati e alle associazioni di privati cittadini che vogliono intervenire a supporto della sicurezza dei cittadini": si trattava insomma di "istituire sul territorio i cosiddetti volontari civici per la sicurezza: persone che, assistendo a dei fatti sospetti o a situazioni negative per la collettività durante i giri in città, le segnalano a chi di dovere”. E poi proponeva di dotare i vigili urbani di strumenti "come il distanziatore e lo spray anti-aggressione") basterà dir di no (ovvero, ad esempio, non richiedere alla Regione di finanziare le ronde dei volontari per la sicurezza: io dò per scontato che a M. qualche imbecille disposto a far la ronda lo si troverà e dò altresì per scontato che una Giunta comunale di centrosinistra non appoggerà mai simili coglionerie. Vero?) e apriti cielo.
Già me lo vedo e me lo sento: "Maroni fa. Tondo fa. Voi no. Perché siete di sinistra quindi lontanissimi dalla gente comune. Voi ve ne state a girarvi i pollici nei vostri salotti e non capite quello che la gente vuole. Il vostro snobismo, unito ad un buonismo ipocrita, ha stufato tutti eccetera eccetera eccetera...".
Vedo, prevedo e a questo punto avrei un piccolo suggerimento per il Sindaco di M.
Visto che pare ormai intenzionato ad inseguire la destra in quelli che sono i suoi territori di caccia, perché non prova ad inventarsi qualcosa di imperiale (sto pensando all'imperatore Adriano...), qualcosa che possa stupire gli avversari e nel contempo rassicurare gli attanagliati di M.?
Ora, dico io, siccome la nostra è una città di mare, perché non farsi finanziare dalla Giunta regionale dell'amico Renzo Tondo un progetto che preveda la costruzione di un sistema di fortificazioni immediatamente a ridosso della battigia?
Non ci saremo mica dimenticati, nevvero, della terribile minaccia rappresentata da

Godzilla?!?

lunedì 23 giugno 2008

Parole celebri dalle mie parti (n.22)


"Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e le guerre come se fossero partite di calcio."

(Winston Churchill)

domenica 22 giugno 2008

Uno sfregio

Mia moglie E. mi ha raccontato questa storia (sempre per parlare di maturandi. E di grandi poeti).
Qualche anno fa il terribile esame di maturità incombeva su sua sorella, la perfida A., che un giorno, fuori di sé dalla preoccupazione per l'evento imminente, si rivolse ad E. in questo modo: "E se mi chiedono le tematiche di Leopardi?".
"Le tematiche di Leopardi?", fece E. "Che problema c'è?".
E cominciò ad enumerare: "La tristezza. La gobba...".


La battuta di mia moglie, che io trovo empia ma divertente, mi ha portato a ricordare una certa poesia di Angelo Manna.
L'ho sentita per la prima volta da Vittorio Gassman, che la recitò da par suo in un programma televisivo di molti anni fa. Rammento che mi vennero le lacrime agli occhi, per il gran ridere.
Ocio: è in dialetto napoletano...



A GIACOMO LEOPARDI


Na tanfa 'e 'nchiuso, n'aria 'e campusanto
spannette tuorno tuorno, addo' 'a jettaste,
sta rimma toja, muféteca e ammurbanta
chiena 'e patenze, tutta mierche e gnaste.

Avisse scritto maje: « stono in salute,
oggi mi sento il cuorio in allecrìa... »
Niente: na mutria eterna, nu tavùto,
na morta 'ncuollo a ogne passo 'e via.

L'ommo fuj' fatto ca nu surzo doce
sott' 'o cantaro 'e fele pure 'o trova:
à vita nun è maj' tutta na croce:
e pure tu n'avist 'a 'vé na prova.

E invece no! Chissà che te custava
d'ausà pure 'a panella assiem' 'a mazza!
E mo vulisse ca scrivesse « Bravo! »?
Ma va fa nculo! Nun ce scassà 'o cazzo.



Avete bisogno della traduzione, nevvero?
Provo a fornirvela, con l'avvertenza che potrebbe non essere proprio perfetta perfetta. Sappiate quindi che rischiate di perderci qualcosa, ecco...
D'altra parte, tradurre poesie è sempre un casino: si sa. Come diceva Robert Frost? "Poetry is what get lost in translation", nevvero?



A GIACOMO LEOPARDI


Odore di chiuso, aria da camposanto
si sparsero tutt'intorno, dove gettasti
questa tua rima, mefitica e pestilenziale
piena di patimenti, tutta macchie e butteri.
Mai che tu abbia scritto: “Sono in salute,
oggi mi sento il cuore in allegria”
Niente: un lamento eterno, una bara,
una morte addosso ad ogni passo della via.
L’uomo fu fatto in modo che un sorso dolce
lo può trovare anche sotto un vaso di fiele:
la vita non è mai tutta una croce:
e anche tu dovesti averne prova.
E invece no! Chissà che ti costava
usare la carota assieme al bastone! (più o meno, n.d.r.)
E ora vorresti che scrivessi: “Bravo!”?
Ma vaffanculo! Non ci rompere il cazzo.



P.S.
Angelo Manna (1935-2001) fu giornalista e, ehm, politico (nel 1983 fu eletto in parlamento per il MSI. Secondo degli eletti a Napoli dopo Giorgio Almirante). Ma sembra si appiccicasse pochino con i suoi camerati, almeno con alcuni: era di idee neoborboniche, disprezzava il Risorgimento (uno dei suoi libri si intitolò Quegli assassini dei fratelli d'Italia, per dire...) e pure la bandiera dai tre colori che è sempre stata la più bella. Un leghista ante litteram, insomma. Solo che era meridionale. A Montecitorio avanzò unicamente proposte da suddito dei Borboni: insegnamento obbligatorio del dialetto napoletano nelle scuole pubbliche, preclusione degli appalti campani alle imprese del Nord, fondazione di un Ente di tutela e valorizzazione della canzone napoletana (propose anche che ‘O Sole Mio venisse dichiarata bene popolare e che alla città di Napoli venissero destinati i diritti d’autore). Se ne sentono, in talkischeap, eh?

A Giacomo Leopardi è tratta da L'Inferno della poesia napoletana, testo che raccoglie poesie (di Manna e di molti altri) scabrose per argomento o per linguaggio. O per entrambi.
Ancora a proposito della traduzione: se qualcuno (soprattutto se parte nopeo e parte napoletano) ci trovasse qualcosa di sbagliato, me lo comunichi. Please...

sabato 21 giugno 2008

Il correlativo oggettivo

Ci son stati casini alla Maturità, lo sapete.
Ai candidati è stato proposto di analizzare ed interpretare una poesia di Eugenio Montale, Ripenso il tuo sorriso, tratta da Ossi di seppia (la cui prima edizione è del 1925): si chiedeva loro di sviluppare il tema del ruolo salvifico e consolatorio della figura femminile. Secondo la traccia ministeriale, “il ricordo della donna” (della donna...) sarebbe “condensato nel suo viso e nel suo sorriso”.

In realtà Ripenso il tuo sorriso, ehm, è dedicata ad un uomo, il ballerino russo Boris Kniaseff.
Su Il Piccolo di ieri, venerdì 20 giugno, la professoressa Marina Sbisà (che insegna Filosofia del linguaggio alla facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Trieste) si è detta scioccata dalla svista. E sentite un po' cosa ha scritto.
“E' stato un po' uno choc venire a conoscenza della traccia di Analisi del testo per il tema d'italiano della maturità. La persona di cui parla la poesia “Ripenso il tuo sorriso” di Montale è di genere maschile anziché femminile. Come invece la traccia presupponeva. Questo non è un dettaglio fattuale da scoprire nella biografia del poeta o di cui chiedere conferma a chi l'ha conosciuto bene in vita; è una semplice questione di grammatica italiana”.
E bastava saper leggere (o aver letto attentamente...) il testo.
Continua la professoressa Sbisà: “Recita la seconda strofa: “Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano, / se dal tuo volto s'esprime libera un'anima ingenua... “: ragioniamo un attimo, “o lontano” può essere solo un vocativo, perché “o” chiaramente in questo contesto non può (unica alternativa!) voler dire “oppure”; ma se è un vocativo, il poeta si rivolge a un essere di genere maschile. Non dovrebbero esserci su questo dubbi o illazioni di sorta. Fa parte del millantato “contenuto informativo” del testo che pure la traccia chiede ai ragazzi di riassumere. Il destinatario dell'appello è maschile”.
Eh, già... Ma la professoressa ci è arrivata, come ha scritto lei stessa, perché si è fermata a ragionare un attimo. Chi ha scelto il testo, col cacchio che l'ha fatto.
“I lettori d'oggi sono frettolosi, frettolosi assai, compresi quelli ministeriali. Si comprende, o crede di comprendere, per assonanze, per associazioni mentali. Per stereotipi. Tipo: solo le donne sorridono (?). Oppure: se qualcuno è paragonato a una palma è una ragazza. Nossignori, non è così che funziona. C'è la grammatica, e pure la logica. Senza quelle, niente comprensione”.
La professoressa Sbisà si è perciò sentita presa in giro, e pure io (nel mio piccolo. Nel mio infimo).
“Le conseguenze da trarre da questo episodio incredibile, che non è questione di responsabilità individuale bensì portato di un diffuso malcostume, sono molteplici. Alle commissioni le conseguenze pratiche nella valutazione dei temi. A noi tutti, giovani e adulti, fermarci un attimo a meditare quali danni, quali arbitrii possa generare l'incapacità di lettura. E imparare a leggere. Davvero.”
Chapeau
alla Sbisà. E comunque, a proposito di responsabilità individuale, già ieri l'altro è stata rimossa, dalla titolare del Ministero dell'Istruzione Mariastella Gelmini, la coordinatrice dell'équipe di selezione delle prove d'esame, professoressa Caterina Petruzzi.
Che si difende come può dalle accuse di incompetenza che le son piovute addosso e a me non pare il caso di infierire. La Petruzzi è un epifenomeno. Perché Marina Sbisà ha ragione: il problema è che leggere è una cosa molto difficile (molto più difficile che scrivere...) e i lettori d'oggi van molto di fretta. Si crede di comprendere per associazioni mentali, per stereotipi. Ma non è così che funziona.
Avete mai sentito parlare del correlativo oggettivo?
Secondo T. S. Eliot, ”l'unico modo per esprimere un'emozione in forma d'arte consiste nel trovare un correlativo oggettivo; in altre parole, una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi che costituiranno la formula di quella particolare emozione, cosicché, quando siano dati i fatti esterni che devono concludersi in un'esperienza sensibile, l'emozione ne risulti immediatamente evocata" (da un saggio del 1919, Amleto e i suoi problemi).
Capito? Il correlativo oggettivo è un procedimento stilistico che un poeta decide di utilizzare per poter esprimere anche i concetti e i sentimenti più astratti, quelli che sono difficili da raccontare. Concetti e sentimenti che vengono dunque messi in relazione con degli oggetti concreti, precisi e ben definiti.
Quella di Eliot è una poetica analoga a quella del Montale de Le Occasioni (la sua seconda raccolta di poesie, edita per la prima volta – altre edizioni seguiranno e mò non vi sto a dire – nel 1939). Nell'Intervista immaginaria del 1946 Eugenio Montale così definì tale poetica: “Ammesso che in arte esista una bilancia tra il di fuori e il di dentro, tra l'occasione e l'opera-oggetto bisognava esprimere l'oggetto e tacere l'occasione-spinta. Un modo nuovo (...) di immergere il lettore in medias res (nel mezzo dell'argomento), un totale assorbimento delle intenzioni nei risultati oggettivi”. Meno chiaro, adesso? Ma no, dai.
Il poeta ligure conobbe la poesia di Eliot probabilmente tra il 1929 e il 1930 (Eliot, quindi, aveva già pubblicato The Waste Land, che è del 1922): in quel periodo tradusse A Song for Simeon (Canto di Simeone) e La figlia che piange, e certi critici letterari si sono spinti a parlare di queste traduzioni montaliane come dell'inizio di “una lunga convivenza” ideale tra i due poeti.

Il correlativo oggettivo, però, secondo qualcuno, si può trovare già in Ossi di seppia (prima edizione, 1925), raccolta poetica che trabocca di oggetti e di fenomeni del paesaggio ligure (quello di Monterosso, nelle Cinque Terre, in particolare): e quindi ecco i limoni, gli scogli, le scaglie di mare viste da lontano, i pruni, gli sterpi, le alghe, le petraie, il sole che abbaglia. E naturalmente gli ossi di seppia, simbolo di una poesia scabra ed essenziale.

Provate un po' a pensare a come in Montale trovi espressione il “male di vivere” e vedrete che la capirete bene, 'sta cosa del correlativo oggettivo.
Conoscete, nevvero? “Spesso il male di vivere ho incontrato:/ era il rivo strozzato che gorgoglia, /era l'accartocciarsi della foglia/ riarsa, era il cavallo stramazzato.”
E in Meriggiare pallido e assorto (dai, che conoscete pure questa: è molto famosa) la vita e il suo travaglio trovano il loro correlativo in quella muraglia “che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”.
Tutti oggetti-simbolo che Montale spiega. Letteralmente.


Ne Le Occasioni, secondo Cesare Segre (e io a 'sto punto mi inchino, sapete?), “Montale cerca qualcosa di nuovo”: ad una lirica pura non pensava, “ma piuttosto a un frutto che dovesse contenere i suoi motivi senza rivelarli, o meglio senza spiattellarli”. Esprimere l'oggetto e tacere l'occasione-spinta, si era detto. Per Segre, la poetica degli oggetti, del correlativo oggettivo si ritrova perciò di più nella seconda raccolta di poesie di Montale che nella prima. E vabbé. Montale (però) nell'Intervista immaginaria prima citata affermò di non credere che la teoria eliotiana “del “correlativo obiettivo” (sic) “esistesse ancora, nel '28, quando il mio Arsenio fu pubblicato”. In realtà Eliot enunciò la sua teoria, lo abbiamo visto, nel 1919, ma comunque Arsenio, poesia composta nel 1927 e pubblicata nello stesso anno su Solaria, entrò nella seconda edizione degli Ossi di seppia (1928). Nella poesia in questione l'arrivo di un temporale che sconvolge improvvisamente la natura costituisce il correlativo oggettivo della possibilità di rompere la catena delle ore uguali che lega il protagonista ad un'esistenza che si trascina nel vuoto e nell'abitudine.
Ora, perché vi ho raccontato tutto ciò? Perché sono un pedante rompicoglioni?
Beh, si: è vero, lo confesso... Sono un pedante rompicoglioni.
Però voglio farvi notare che per scrivere quello che ho scritto sul correlativo oggettivo (e non ho scritto cazzate, vi assicuro) non ci ho messo più di un'oretta. Il tempo di tirar fuori qualche libro dalla mia biblioteca per verificare qualche data (quella dell'Intervista immaginaria, quella del passo di T.S. Eliot, quella dell'anno in cui fu composta Arsenio), di controllare bene (bene) le citazioni e poi mi son buttato a scrivere.
Un'oretta.
Non ce l'avevano un'oretta, quelli del Ministero, per leggersi con attenzione Ripenso il tuo sorriso e per buttare un occhio a qualche testo critico?
Ma cazzarola di una cazzarola! Stavano preparando, i signori, una prova d'esame nazionale...
E termino. Cazzeggiando. Come al solito.
Qual è, secondo voi, il correlativo oggettivo dell'avverbio “pressappoco”? (vedi anche “Il Paese del pressappoco” di Raffele Simone: mi sembra cada decisamente a fagiolo)

E il correlativo oggettivo del sostantivo "incompetenza"?
E il correlativo oggettivo di quell'incapacità di lettura ormai sempre più diffusa di cui parlava Marina Sbisà?






P.S.
Già che ci siamo, e viste le ultime splendide uscite del nostro premier (anzi, del premier de noantri), questo qui sotto, secondo me, è il correlativo oggettivo del signor Silvio Berlusconi.

venerdì 20 giugno 2008

Un beso a Yoani

Fidel Castro è riapparso in tv dopo cinque mesi e ha trovato pure l'energia, da qualche parte, per parlar male di Yoani Sanchez, del suo bellissimo (e necessario. Mica come il mio...) blog Generaciòn Y (http://www.desdecuba.com/generaciony/) e del portale da lei fondato, http://www.desdecuba.com/.
El Comandante en Jefe de la Revoluciòn deve aver digerito molto ma molto male il fatto che quest'anno in Spagna il premio Ortega Y Gasset per il giornalismo sia stato attribuito proprio alla signora Sanchez.
“Stampa neo-colonialista”, ha sentenziato Castro, che già nel suo ultimo libro, Fidel, Bolivia y algo màs, riferendosi proprio a Generaciòn Y, aveva scritto del dovere (per chi?) di “smascherare i modi perfidi e cinici dell'Impero. Un nemico molto vigliacco perché si approfitta degli istinti, delle ambizioni e della vanità di coloro i quali non possiedono neppure un'etica elementare”.
Là!
Yoani Sanchez è una che racconta la vita di tutti i giorni a L'Avana.
Non fa nient'altro.
Racconta quello che vede e basta. Scrive di lei Omero Ciai: "Non attacca il regime (...). Non insulta, non si agita, non risponde alle critiche. Raramente nei suoi post si parla di politica. Piuttosto c'è la vita normale, quella di tutti i giorni dove le angherie e i divieti del regime colpiscono direttamente nella carne: individui concreti, non idee astratte”.
Yoani ha lasciato a suo marito, il giornalista Reinaldo Escobar, il compito di rispondere a Castro.


In questo Centro Avana di guappi e risse dove sono nata, ho imparato che esistono alcuni limiti che una donna non deve mai trasgredire. Ho passato la vita infrangendo queste risibili regole del machismo, però oggi – ma solo per questa volta – voglio aggrapparmi a una di esse. Precisamente ad una che mi ripugna. Quella che avverte: “Una donna ha bisogno di un uomo che la difenda e che si faccia avanti al suo posto quando un altro la aggredisce o la calunni”. Al sentirmi attaccata da una persona con un potere infinitamente superiore al mio, con il doppio della mia età e inoltre – come direbbero le mie amiche d'infanzia – da un “uomo forte, virile, mascolino”, ho deciso che sia mio marito, il giornalista Reinaldo Escobar, a rispondere.
(da la Repubblica di oggi, traduzione di Gordiano Lupi)

giovedì 19 giugno 2008

Democratici




Chissà se Obama...
Chissà.
Se vincerà forse...
Forse.
Trovo che poche battute siano state, su un piano politico, più sceme (e pericolose) di quella, purtroppo famosissima e quindi citatissima, di Margaret Thatcher per cui la società non esiste, esistono solo gli individui.
Beh, per quanto io voglia un sacco di bene all'individuo, insisto a pensare che la società esiste eccome.
Il pensiero liberale arriva a giustificare le diseguaglianze in quanto prodotto dei meriti di ciascuno, delle capacità e dell'impegno individuale: e tutto ciò a me sta bene, lo sapete.
Però gli altri esistono, ostia, e io credo dipenda solo da noi, da una nostra libera scelta, riconoscerli.
E magari provare (provare...) ad immaginare la loro esistenza.
Thomas Mann sosteneva che l'etica nasce, semplicemente, dal “presentimento del tu” e dunque ha bisogno di un esercizio immaginativo.
La signora Thatcher si fermava all'individuo perché, evidentemente, non aveva voglia di immaginarsi proprio niente e nessuno.
Se Obama vincerà, chissà...
I legami che noi europei abbiamo con gli Stati Uniti d'America, piaccia o non piaccia (e a me piace, pure questo sapete), non li abbiamo con nessun altro Paese al mondo. Nel bene come nel male.
Se Obama vincerà, forse...
Forse andrà fuori corso, negli States, la moneta cattiva che ha scacciato quella buona. E pian pianino magari pure dalle nostre parti, in Europa e soprattutto nell'Italietta, dove assorbiamo, assorbiamo, assorbiamo sempre tutto quello che proviene da oltreoceano...
Per moneta cattiva intendo l'ultraliberismo, le teorie di Milton Friedman, la meravigliosa scoperta della supply side economics, i tagli alle tasse per distruggere il settore pubblico e colpire a morte quelle politiche che venivano definite da qualcuno, simpaticamente, "collettiviste” nonché, dulcis in fundo, quella cazzo di curva di Laffer in base alla quale alla riduzione del peso fiscale corrisponderebbe (magia, magia!) un incremento del gettito.

E la cosa terribile (terribile soprattutto perché paradossale) è che l'egemonia culturale di questa barbarie è stata raggiunta dalla destra americana conquistando il consenso di elettori le cui vite venivano in realtà messe fortemente a rischio dalla sua azione politica: Ronald Reagan riuscì a convincere quote consistenti della piccola e media borghesia bianca ad abbandonare il proprio tradizionale voto per i democratici investendo politicamente sulla guerra fra poveri, cioè lasciando intendere che il welfare state serviva soprattutto ad aiutare fasce sociali (i neri, gli immigrati) che erano in diretta concorrenza con le classi bianche meno ricche.
Se Obama vincerà, magari...
Magari tornerà egemonica, negli Stati Uniti d'America (e da noi, di conseguenza), l'idea che ci sono grandi bisogni pubblici (come l'educazione e la salute) che non dovrebbero mai essere trascurati e depauperati in nome del mercato (di un mercato a cui i suoi corifei più ispirati attribuiscono quasi una sorta di potenza magica), pena l'abbruttimento e la decadenza, etica prima che economica, dell'intera società.
E a questo punto mi rendo conto che devo un po' alleggerire, sennò chi mi regge?
Perciò cercherò di finire in gloria...

Scrivendo, mi è venuto in mente quel liberal di straordinaria caratura che fu John Kenneth Galbraith. Conoscete, spero. Un grandissimo economista che operò da consigliere di Franklin Delano Roosevelt, di John Fitzgerald Kennedy e, se non ricordo male, pure del vispo presidente Clinton.
Galbraith era uno a cui piaceva un sacco tirare sassi in piccionaia e demolire miti.

Una delle sue bestie nere era il mito della sovranità del consumatore: sapeva benissimo, il nostro, che quando i bisogni più naturali e urgenti sono soddisfatti, i consumatori tendono a perdere del tutto il controllo della loro domanda per mettersi, senza timori di sorta, nelle mani dei produttori. E sapeva pure che i produttori sono sempre in grado di manipolarla alla grande, la domanda, ad esempio attraverso la pubblicità: perciò, ed era questo che lo faceva imbufalire di più, molto spesso (troppo spesso...) la ricchezza di una società viene trattenuta nella sfera di bisogni privati assai futili e fatui, con il rischio che quanto è pubblico sia invece trascurato e lasciato andare a ramengo.
John Kenneth Galbraith considerava particolarmente disdicevole che tra le classi dirigenti del suo Paese d'elezione (lui era canadese, ma naturalizzato statunitense) avesse corso legale certa retorica manageriale d'accatto: è rimasta proverbiale la sua allergia per l'uso e l'abuso, nel discorso politico, di quell'espressione, “Azienda America” (vi suona qualcosa?), che on his opinion serviva solamente a mettere in circolo nella società la tossina dell'equivalenza tra il business e la democrazia.
Non si faceva particolari problemi, il nostro: era sempre molto duro ed aggressivo con quell'establishment U.S.A. di cui in ogni caso faceva parte a pieno titolo.
E l'establishment lo ricambiava. Con tutto il cuore.
Si racconta che, durante un ricevimento, una signora cui Galbraith fu presentato finse di non capire il suo nome, se lo fece ripetere un paio di volte e poi disse: “John Kenneth Galbraith... Deve essere imbarazzante per Lei andare in giro con quel nome. Somiglia a quello di quel gran figlio di puttana che lavora per Kennedy”.


mercoledì 18 giugno 2008

Ciao, Mario

Un italiano molto anomalo.



Un italiano molto tipico.

martedì 17 giugno 2008

The magnificent Windsors' winds

Ieri il Giornale riportava, sotto il titolo Lo sgradito regalo di Harry a nonna Elisabetta (sommario: "Puzzetta" del principe durante il compleanno della regina. Come Filippo due anni fa), la seguente notizia.


Dopo Harry lo «scapestrato» ecco Harry il «ventoso». Non c'è che dire, gli uomini di casa Windsor fanno fatica a trattenere alcune urgenze fisiche soprattutto se si trovano nel bel mezzo di una cerimonia ufficiale. Se poi si tratta della parata in onore del compleanno della Regina l'incidente è praticamente garantito. Chissà, dipenderà dal menu del pranzo, vallo a capire. Fatto è che, come suo nonno il principe Filippo due anni fa, anche il nipotino della Regina, si è lasciato sfuggire una puzzetta mentre assisteva impettito alla tradizionale parata Trooping the Colour che ogni anno festeggia la nascita dei monarchi inglesi. I paparazzi, con l'obiettivo puntato sull'intera famiglia reale, non devono aver creduto ai loro occhi quando sono riusciti ad immortalare, per la seconda volta, lo stesso esilarante e molto poco regale episodio. A cambiare sono stati soltanto i protagonisti e figuriamoci se i tabloid britannici si sono lasciati scappare la scenetta. Ieri sulla stampa scandalistica era tutto uno spumeggiare di battute e doppi sensi.«Dev'esserci qualcosa nell'aria», sogghignava il tabloid News of the World riferendosi al regalino di compleanno inatteso e olezzoso che Henry ha offerto alla nonna. Il giornale lo ha immortalato sghignazzante nella sua uniforme tirata a lucido mentre la Regina e sua zia, la principessa Anna, mostrano delle facce disgustate. Non ha nemmeno tentato di nascondere il proprio ribrezzo il fratello maggiore William, sorpreso a turarsi il naso. Sorride invece il nonno, divertito almeno quanto era apparso nel 2006, quando nella medesima occasione fu sospettato della stessa identica malefatta ariosa. Allora Elisabetta fu l'unica a rimanere impassibile, ieri invece non ce l'ha fatta a far finta di nulla.


Qui sotto, le foto dell'increscioso episodio occorso al principe Filippo d'Edimburgo due anni fa.


P.S.
Vi prego, non dite a mia madre che faccio il giornalista! Ditele che suono il piano in un casino...

lunedì 16 giugno 2008

Charlie Chaplin come lo vide Nanni Loy



Monsieur Verdoux è forse (forse...) il film più bello di quel genio della settima arte che fu Charlie Chaplin.
La conoscete, la storia?
Henri Verdoux è un cassiere di banca che, dopo aver perso il suo posto di lavoro, decide di darsi all'omicidio per assicurare alla sua famiglia (una moglie gravemente ammalata e un figlio piccolo) un futuro di serenità economica.
L'affascinante ed elegante signore francese si metterà perciò a corteggiare, e conquistare, donne ricche e sole, vedove o nubili, allo scopo di derubarle e ucciderle dopo essersele sposate.
Se qualcuno, a questo punto, ha pensato alla fosca vicenda di Henri Désiré Landru, sappia che non si è sbagliato: l'idea di Monsieur Verdoux fu in qualche modo suggerita a Chaplin da Orson Welles (come dire? Tra geni...), che un giorno venne a proporgli proprio il ruolo del protagonista in un film sulla vita di Landru a cui stava pensando. Chaplin non accettò, ma lo spunto fornitogli da Welles (che nei credits di Monsieur Verdoux è perciò doverosamente citato) gli rimase attaccato addosso.
Il signor Verdoux è un paradosso: tenero, premuroso padre di famiglia e cinico, spietato affarista che persegue i suoi fini senza tentennamenti e senza il minimo cruccio morale. Le persone, per lui, sono solamente un mezzo, non un fine e possono quindi essere usate e abusate, e poi distrutte: se è utile si può fare, perché no?
In una nota precedente all'uscita del film, lo stesso Chaplin scrisse che se per Von Clausewitz la guerra era solo la continuazione della politica e della diplomazia con altri mezzi, secondo Verdoux l'omicidio era un'estensione logica dell'economia e degli affari.
Nel film il signor Verdoux dirà che è proprio l'omicidio “l'impresa grazie alla quale il nostro sistema continua a prosperare”. Perciò la società che condanna Verdoux persegue, più o meno consapevolmente, gli stessi scopi dell'assassino. E' solo il numero a cambiare le cose, nel mondo che produce le bombe atomiche.
Si, perché una società come la nostra può benissimo premiarlo, decorarlo, celebrarlo, adorarlo, un assassino da grandi numeri, un mass murderer: “chi uccide un solo uomo è considerato un criminale, chi ne uccide milioni, un eroe”.
E, già che ci siamo, l'omicidio di massa "non è forse il mondo ad incoraggiarlo? Non si costruiscono forse armi con l'unico scopo di perpetrare l'omicidio di massa?".


Perché vi ho parlato, con i poverissimi mezzi a mia disposizione, di una delle opere più straordinarie della storia del cinema?
Solo perché oggi ho rinvenuto tra le mie carte, in un cassetto che non veniva aperto da tempo, il ritaglio di una vecchissima intervista a Nanni Loy in cui il regista sardo ricordava una conferenza stampa di Chaplin, una volta che era venuto in Italia a ritirare un premio. Sentite un po' cosa accadde...

Un giornalista si alzò e gli chiese quale era stata la sua 'fonte di ispirazione' per Monsieur Verdoux. Lui rispose più o meno così: “Ero negli studios per realizzare una scena e vidi un set con una cella. Pensai. Dev'essere molto economico girare un film in una cella. Così feci Verdoux”. Ci rimasero malissimo. Gli aveva demolito quella bella teoria idealistico-crociana dell'artista solitario sul quale scende la musa ispiratrice, come si vede in quelle stampe popolari tardo Ottocento.

sabato 14 giugno 2008

Parole celebri dalle mie parti (n.21)


"La necessità è il pretesto per ogni violazione della libertà umana."

(William Pitt il giovane)

Il percepito

I militari saranno di pattuglia nelle grandi città italiane "per tutelare meglio la sicurezza dei cittadini", ha detto Ignazio La Russa, ministro della Difesa del governo Berlusconi.
Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni potrà disporre di 2500 soldati "per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità".
Il sindaco di Torino, uno dei sindaci di centrosinistra più sensibili al tema sicurezza, parla di provvedimento demagogico: "Io i militari li ho visti solo a Bogotà, ma lì la situazione è ben diversa, hanno i terroristi alle porte della città".
Secondo Chiamparino, "si butta benzina sul fuoco con una mossa populista e demagogica. Far intervenire i militari è un'iniziativa sbagliata. E' un messaggio che fa crescere la spirale di paura e la preoccupazione dei cittadini. Alla fine è tutta propaganda, ma non mi sembra un comportamento responsabile".



Intanto, nella città di M., il sindaco di centrosinistra (un bell'uomo, va detto) sembra seriamente intenzionato ad istituire una delega assessorile alla Sicurezza.
Perché?
Ma perché bisogna dare risposte ai cittadini, perdiana: al loro percepito (a questo ci si appella, giuro: a ciò che i cittadini percepiscono).
E cosa percepiscono, i miei cari concittadini?
Ma che domanda! L'insicurezza, percepiscono.
E allora, via: istituiamo immantinente la delega alla Sicurezza ed assegniamola ad uno degli assessori in carica.
Domandina facile facile: se mai capitasse qualche casino, nella città di M. (città che io ritengo tutto sommato tranquilla, ma voi siate saggi e non fidatevi: lo sapete, no, che sono un pochino di sinistra e quindi salottiero, lontano dal popolo e sradicato dal territorio?), l'opposizione di centrodestra nel consiglio comunale con chi finirebbe per prendersela? Col nostro meraviglioso governo centrale? Con le forze dell'ordine presenti sul territorio (più di duecento persone tra carabinieri, poliziotti e finanzieri)?
Ma no, che caspita, no!
La colpa dei casini sarà tutta, ma proprio tutta, dell'assessore alla Sicurezza del comune di M.
Se poi ci mettiamo anche i titoli urlati del quotidiano locale (urlati perché il giornale bisogna pur venderglielo, ostia, alla nostra gente impaurita...) che dire?
Povero quello a cui tocca la delega.


Perciò, secondo me, se proprio si vuole che la città di M. ce l'abbia, alla fine, il suo ricco assessore alla Sicurezza, si chiami al cimento uno che sia difficile da attaccare. Uno duro da cuocere. Uno specialista, intendo.
Maurizio Merli purtroppo è passato a miglior vita...
E anche il Generale Custer (che peccato! Con tutti gli indiani che ci sono, a M., immaginatevi un po' il contributo di esperienza che avrebbe potuto portarci in dote...).
Però Bud Spencer è vivo e vegeto e sarebbe un gran bell'assessore, io credo. E se (vedi mai) si trovasse nelle peste, beh, potrebbe sempre fare un fischio a Terence Hill che è amico suo. Paghi uno, prendi due, signor Sindaco. E sai che sganassoni... Tremate, criminali!!!
Un'altra bella operazione la si potrebbe fare con Axel Foley. Agilissimo e molto deciso. Conosce?
E che ne dice di Chuck Norris? Troppo sputtanato, ultimamente?
E del Punitore?
Troppo costosi tutti quanti?
Provi allora con il tenente Frank Drebin. E' libero da impegni, a quanto ne so, e probabilmente il suo ingaggio risulterà abbastanza economico.
Se nemmeno Drebin Le sarà possibile avere, beh...
Ci sarebbe Kermit, il ranocchio del Muppet Show.
A lui ci arriviamo?