martedì 24 agosto 2010

Moderatevi, moderatevi: qualche cosa resterà


Uno di questi giorni me ne esco di casa e vado a conquistare qualche voto moderato per il famoso Partito democratico - se i moderati mi faranno poco poco il favore di mostrarsi, naturalmente, invece di trincerarsi dietro la loro solita mutria.
Dovete sapere, infatti, che i moderati non le appalesano mica volentieri, le loro idee moderate - in Italia, almeno, è così: all'estero non so.
Qui da noi i moderati non parlano volentieri di politica - è una cosa che hanno imparato dal loro papà, impiegato al catasto: “Perché la gente deve sapere come la pensi? Fatti gli affari tuoi, che non si sa mai. Tu lascia cantare gli altri, lascia... Se han voglia di cantare, che cantino”.
Un moderato lo identifichi da quel lampo di spavento negli occhi che diventa subito diffidenza davanti al latinorum di parole come “politica”, “partito”, “giustizia” (o anche solo “equità”), “società”, “cittadinanza” “diritti” (ma solo quelli civili, in realtà: sono gli unici che lo insospettiscono veramente: dagli altri diritti, infatti, ci si può sempre guadagnare qualcosa) e “lotta” (la parola per lui più inquietante).

Un giorno, al bar, ho sentito un tizio che diceva a un altro: “Hai capito, com'è? Adesso ci comandano pure i senegalesi!”. Stava parlando di un mio amico senegalese che faceva l'assessore ai lavori pubblici a Monfalcone. Io, ricordo, rimasi stupefatto: la persona che aveva parlato era evidentemente un moderato! Sapete, è così raro coglierne uno nell'esercizio della sua proverbiale moderazione. E guardate che quel signore non era mica un razzista, eh! Manco per idea! Era un buon uomo, in realtà: uno che parlava con adorazione della figlia più grande, appena laureata in Economia col massimo dei voti; diceva che alla ragazza sarebbe tanto piaciuto lavorare in banca, dove si entra ormai solo per conoscenza, purtroppo, ma lui, ostia!, conosceva uno.
Quando siamo seduti in un luogo pubblico e mia moglie tira fuori la tetta per allattare Mila, ho sempre il timore che qualche moderato, seduto per accidente accanto a noi, si metta a sbraitare che quelle son cose che non si fanno, vergogna!, e che le tette, specie quelle belle grosse, vanno bene in tivvù o in fotografia su Chi, non certo nei luoghi pubblici dove potrebbero turbare qualche bimbo, figlio o nipote di moderati.


Insomma, avere a che fare coi moderati non è punto facile. Trattasi di gente riservata e imprevedibile.
E io che mi sono messo in testa di convincerne almeno un paio a votare per il Pd!
Sarà una fatica di Sisifo, dite voi? Può darsi, può darsi... Sempre meglio, però, che cercare di convincere certi ex elettori diesse che conosco io a votare per il partito di Beppe Fioroni.
“Il Pd non si capisce mai che cazzo propone!”, ti dicono. E si sbagliano, oh come si sbagliano: è il moderato Fioroni, il centrista Fioroni, lo scout Fioroni, la proposta del Pd.
Per dei rompicoglioni di sinistra non sarà certo sufficiente, ma ai moderati potrebbe pure bastare.
Devo solo identificarne un paio...

mercoledì 18 agosto 2010

Parole celebri dalle mie parti (n.87)


"La ragazza che non sa ballare dice che l'orchestra non sa suonare."

(Proverbio yiddish)

martedì 17 agosto 2010

Deu no mi scarèsciu



Francesco Cossiga non andrà all'inferno.
Egli era solito, infatti, confessarsi ogni giorno e i preti, immancabilmente, lo assolvevano.

domenica 15 agosto 2010

The future's so bright I gotta wear shades


E insomma arriva Montezemolo il quale, a brutto muso, da imprenditore - pensate un po', da imprenditore! - fa presente all'imprenditore Berlusconi che “in politica, come nell'imprenditoria, contano i risultati”: il Berlusconi, sedici anni or sono, non era sceso in campo spergiurando che la sua esperienza di imprenditore - pensate un po', di imprenditore! - sarebbe stata utilissima agli italiani? Bene: quali sono i risultati del cimento, a tutt'oggi? Eh? Zero. Nisba. Alcunché. Un vero fallimento, insomma, secondo l'imprenditore - pensate un po', un imprenditore! - Montezemolo.
E il Pd gli dice bravo, Montezemolo! Bravo! Siamo tutti d'accordo con te, ci mancherebbe altro.
Forse era troppo sperare di sentire dai dirigenti del famoso partito riformista (un partito che, pensate un po', ha finalmente messo assieme e fatto convivere sotto uno stesso tetto storie e culture le più diverse: la grande tradizione del cattolicesimo democratico con quella del socialismo democratico, Moro e Berlinguer, Batman e il Joker, Zio Paperone e Rockerduck, Ricky Albertosi e Comunardo Niccolai) uno straccio di riflessione (oserei dire culturale, ma non so se si può...) sulla natura giocoforza autocratica della figura dell'imprenditore e sul fatto che le regole di una democrazia e quelle di un'impresa non sono nemmeno lontane parenti.
Una cosa così, ma anche detta in maniera più semplice, come no...
Magari messa giù in forma dubitativa, tipo, che so? “Ma siamo sicuri che l'enorme prestigio sociale (starei per dire culturale) di cui ha goduto e gode, nel nostro Paese, la figura dell'imprenditore, diciamo da una ventina d'anni a questa parte, abbia fatto bene, alla società italiana?”. O, con un taglio giusto un po' più hardcore: “Ma siamo sicuri che lo spirito della libera intrapresa prestato alla politica, più che risolverli, non li abbia invece complicati di brutto, i problemi del nostro povero Paese?”.
Mi sarei accontentato volentieri, sapete? Sono un tipo tranquillo, io: non avrei preteso dal partito a cui sono iscritto niente di più.
Ma mi rendo conto: il partito a cui sono iscritto certe cose non può mica dirle. Eh.
Come la mettiamo, infatti, con i magnifici capitani d'impresa che, in omaggio allo Zeitgeist di questi anni terribili, abbiamo candidato pure noantri de (centro)sinistra?
E non sto pensando al figlio di Colaninno e a Massimo Calearo, che sono solo folklore veltroniano e non possono quindi esser presi seriamente in considerazione, ma ad un Riccardo Illy piccolo a piacere.
Ma lo sapete che tipino era, Illy? Lo sapete come si comportava con i suoi interlocutori, di quale disprezzo era capace nei confronti dei suoi compagni di strada rei tutti quanti di essere meno intelligenti, meno pratici, meno concreti, meno determinati, in una parola sola: meno imprenditori di lui? Lo sapete?
No, il Pd certe cose proprio non può dirle. I famosi moderati non capirebbero.


P.S.
“Ma siamo sicuri che passare da quello stronzo di Berlusconi, di professione imprenditore, a quel gagà di Montezemolo, di professione imprenditore, rappresenti un progresso, per l'Italia?”.
Troppo diretta, come domanda, vero?

martedì 10 agosto 2010

Tutti a Bodega Bay!

In un intervista il grandissimo Daniel Clowes (ho scritto qualcosa su Ice Haven, tre anni fa) dichiara il suo folle amore per il cinema di Alfred Hitchcock.

“Sono un ossesso del film Vertigo, visito regolarmente le location di San Francisco dove è stato girato. Starei ore a scrutare l'appartamento di Lombard Street dove abitava Jimmy Stewart, aspettando che lui esca per seguire Kim Novak al Golden Gate bridge”.
E quando gli chiedono “viaggi culturali?”, lui risponde: “Guardate cinque volte Gli uccelli di Hitchcock e poi andate a fare un weekend a Bodega Bay, California”.
Non male, eh?
Secondo Yves Bonnefoy, in ogni paesaggio, in ogni luogo, c'è qualcosa dietro, che ne fa parte ma che non è là. Non si vede ma c'è.
É un qualcosa che non ha a che fare con gli occhi, ma con la cultura.
Daniel Clowes lo sa bene. E, volendo, pure io.
Nel mio piccolo, eh...

giovedì 5 agosto 2010

Dell'intercettazione come genere letterario


- “Pronto, Giulio?”
- “Seee...”
- “Come stai?”
- “Un mal di capo tevvibile, Pievluigi. Tevvibile! Anzi, se adesso vuoi scusavmi...”
- “Non c'è problema, caro: ti richiamo fra un po'. Guarda che è importante!”
- “Come no, come no... Ci sentiamo, eh!”
- “Sì, sì... Vorrei...”
- “Pievluigi, non è il momento...”
- “Sì, scusami tanto, Giulio. Perdonami!”
- “Ecco.”
- “Allora, ciao, eh...”
- “Ciao.”
- “Ti richiamo, ok?”
- “Mmmm...”
- “Presto, va bene?”
- “Guavda, Pievluigi, io domani salgo in Cadove a favmi qualche giovno di passeggiate in alta quota. Pevciò, se non è pvopvio necessavio...”
- “Nonnò, ci mancherebbe. Posso aspettare. Con tuo comodo, con tuo comodo! Ripòsati, Giulio, ripòsati: sarai stanco.”
- “Eh, già. Son pavecchio stanco, infatti.”
- “Guarda, io adesso chiamo Umberto e magari parlo un po' con lui. Ma tu ripòsati, eh? Buone vacanze, caro. Ci sentiamo quando torni, va bene?”
- “Sissì, come no... Quando tovno son tutto tuo, sissì.”
- “Allora ciao, eh! Riguardati, Giulio. Oh, guarda che qui facciamo la Storia, eh!”
- “La che?”
- “La Storia!”
- “Mi sa che non ho capito...”
- “Massì, dai... Noi che siamo disposti ad appoggiarti come Presidente del Consiglio... Ti pare poco? No, dico: ti pare poco?”
- “Voi... Chi?”
- “Noi del Pd, naturalmente. Tu fai il Presidente del Consiglio, noi ti appoggiamo... Pensa che bello! Passeremo alla Storia!”
- “E tu, Pievluigi? Tu quando ci vai, in vacanza? Secondo me ne hai bisogno...”
- “Eh, no... Io non posso proprio, guarda! Io, quest'anno, nisba. Devo fare un sacco di telefonate, sai? Adesso chiamo Umberto, sperando che non mi risponda la badante, come al solito.”
- “La... Badante?”
- “Sì, la badante: quella che sta sempre con lui. La senatrice, dai... Rosy Mauro. Anzi, scusa se approfitto: siccome so che tu e lui siete molto in buona, ecco... Non potresti mettercela tu, una buona parola? Lo chiami e gli dici che lo sta cercando il segretario del Pd: così, quando telefono, non mi risponde quella! Ma cazzarola: e una volta Umberto sta facendo la fisioterapia, un'altra volta sta riposando, un'altra volta ancora c'è il dottore che lo sta visitando!!! Oh, non me lo passa mai, ostia! Mai!”

- “Guavda, Pievluigi, che il numevo per parlarci divettamente, con Umbevto, ce l'ha il tuo amico D'Alema. Pevché non lo chiedi a lui?”
- “Veramente Massimo mi ha assicurato che non ce l'ha...”
- “Ma davvevo?”
- “Sissì! Non ce l'ha!”
- “Ma non mi dive!”
- “Sissì... D'altra parte, se ce l'avesse, me lo darebbe... No?”
- “Te lo davebbe.”
- “Certo!”
- “Senti, Pievluigi, adesso devo pvopvio andave, sai? Ho un cevchio alla testa che non ti dico.”
- “Giusto, giusto... E insomma per Umberto?”
- “Per Umbevto... Cosa, per Umbevto?”
- “Che si faccia trovare. Oh, guarda che gli devo fare un offerta che non potrà rifiutare! Eh, eh, eh!!! Hai presente Il Padrino, no? Ah, ah, ah!!! L'hai visto, quel film, vero?”
- “Sì, sì... L'ho visto. Senti, Pievluigi...”
- “Va bene, va bene: tranquillo. Adesso metto giù. Ma gliela dici, quella cosina?”
- “A chi?”
- “Non so, a Umberto... O alla Rosy Mauro... Sai, la badante...”
- “Guavda che io non ce l'ho, il numevo della Vosy Mauvo: quello ce l'hai tu, l'hanno dato a te, io ho il numevo divetto di Umbevto. Quello che c'ha anche D'Alema...”
- “Ah! E non potresti... Cioè...”
- “No, non posso pvopvio, sai...”
- “No, no, aspetta, aspetta... Non hai capito... Magari tu potresti chiamare D'Alema...”
- “Pev...?”
- “Per dirgli se mi passa il numero di Umberto. Cioè, se è vero che Massimo ce l'ha e io no... Perché... Tu capisci... Non posso mica andare a chiederglielo io, a Massimo, il numero di Bossi. Non mi suona bene per niente: sono il segretario del partito, io. Ci parli tu?”

- “Non ti pvometto niente, Pievluigi...”
- “Grazie, Giulio: sei un amico!”
- “Pievluigi, ti pvego!”
- “Io a Umberto ho da offrire moltissimo, Giulio... Il federalismo, innanzitutto. Ma un federalismo serio, una cosina per benino.”
- “Immagino, immagino...”
- “Poi una legge elettorale che consentirà alla Lega di crescere libera e forte!”
- “Pevbacco.”
- “Credo che lui così potrà starci. Non credi anche tu? Eh? Cosa ne pensi, Giulio?”
- “Io non penso niente, Pievluigi. Io ho un mal di capo che lèvati!”
- “Sì, lo so: scusa. Ma capisci, qui si fa la Storia, Giulio...”
- “Pievluigi, abbi pietà! Io capisco tutto, evo mavxista anch'io, tanti anni fa, figuviamoci: ma lascia stave la stovia. Lasciala stave, ti pvego!”
- “Mandiamo a casa Berlusconi, Giulio. Mandiamolo a casa! Poi tu fai il Presidente in un governo di decantazione per un tot di tempo. Ti sosteniamo in Parlamento noi, la Lega, Casini, Rutelli, Fini, Lombardo...”
- “Cevto, cevto. Pevò ci devono stave anche La Malfa e Guzzanti, altvimenti non posso accettave l'incavico.”
- “Va bene, va bene: adesso telefono anche a loro!”
- “Pievluigi. Pievluigi. Eva una battuta.”
- “Ah, ah, ah!!! Buona, Giulio! Arguto come al solito! Ah, ah, ah!!! Mi viene in mente il barattolo di pomodori Cirio che tenevi sulla tua scrivania per ricordarti di Prodi...”
- “Sì, sì, cevto, il bavattolo della Civio... Ti devo pvopvio salutave, adesso...”
- “Allora ci parli tu...”
- “Con chi? Con Umbevto? Con la sua badante? Con D'Alema? Con La Malfa? Con chi devo pavlave, Pievluigi?”
- “Ma con chi vuoi, Giulio. Tu parli con chi vuoi. Poi ci sentiamo, no?”
- “Sì, sì, ecco, Pievluigi, ci sentiamo...”
- “Allora ciao, eh?”
- “Ciao, Pievluigi. Ciao.”
- “Grazie e scusa! Anzi: scusa, PRESIDENTE!”
- “Pievluigi...”
- “E dai, Giulio bello, che facciamo la Storia, facciamo!!!”
- “Come no, come no... La stovia...”

domenica 1 agosto 2010

Nel caso ve la foste persa...

La Recherche de la Gauche Perdue

P.S.
Massimo Bucchi ci guarda tutti da lassù...