Mi son parecchio divertito, negli ultimi giorni, con le Novelle da un minuto di István Örkény, scrittore ungherese (1912 - 1979) che doveva essere decisamente un bel tipo. Mi permetto di consigliarvene la lettura, se siete di quelli a cui piace guardare il mondo a testa in giù (“Le gambe degli uomini si agitano nell'aria, i calzoni scivolano giù e le ragazze, oh le ragazze, come si danno da fare per tener ferme le gonne! Là c'è un auto: con le quattro ruote all'insù sembra un cane che voglia farsi grattare la pancia. Un crisantemo: pare un misirizzi, lo stelo sottile oscilla nel cielo mentre si tiene in equilibrio sulla corolla. Un treno rapido fila rombando sul suo fumaiolo”).
Secondo il loro autore, le novelle da un minuto offrono al lettore il vantaggio di fargli risparmiare del tempo “perché non pretendono un'attenzione che si prolunghi per settimane e mesi”. Possono esser lette nei tempi morti tra un'attività e un'altra, anzi meglio: sembrano quasi richiederla espressamente, una lettura disimpegnata, erratica, piluccante, “mentre l'uovo cuoce, mentre aspettiamo che il numero chiamato si liberi (se è occupato)... Possiamo leggerle stando seduti, in piedi, al vento e sotto la pioggia, o mentre viaggiamo su un autobus sovraffollato. Quasi tutte si possono leggere con piacere anche camminando!”. Un po' d'olio di macchina spruzzato sugli ingranaggi della vita di ogni giorno, insomma: utile a far scorrere meglio le sue parti meccaniche (che sono davvero tantissime) e a dare un qualche senso ai suoi molti (troppi...) automatismi. Tutto qua? Ma certo che no: come ha scritto Gianpiero Cavaglià, “le Novelle da un minuto, pur con il loro titolo nel segno dell'understatement, di fatto non sono soltanto storielle divertenti, buone a farci passare il tempo mentre aspettiamo il tram o cuoce il nostro uovo (come ci consiglia l'autore nelle Istruzioni per l'uso). Esse sono anche delle prospettive asimmetriche e inconsuete dischiuse su di una realtà quotidiana che, sebbene «molto ungherese», è immediatamente vicina alla nostra esperienza, grazie al registro stilistico di cui Örkény si serve: quello del comico, esasperato spesso fino al grottesco”.
Dei raccontini fulminanti (a me hanno ricordato qualcosa del grandissimo Peter Altenberg: conoscete?) capaci di farti ridere di gusto e giusto un attimo dopo di prenderti a calci negli stinchi, o magari nei denti. “E a questo punto - è ancora Cavaglià – non possiamo dimenticare che gli antenati di Örkény erano ebrei austriaci (sotto Giuseppe II presero il nome di Österreicher): per loro tramite egli appartiene quindi all'illustre famiglia dell'ebraismo assimilato ungherese e le Novelle da un minuto sono, anche, stranamente imparentate al motto di spirito...”.
Giusto per darvi un idea...
Secondo il loro autore, le novelle da un minuto offrono al lettore il vantaggio di fargli risparmiare del tempo “perché non pretendono un'attenzione che si prolunghi per settimane e mesi”. Possono esser lette nei tempi morti tra un'attività e un'altra, anzi meglio: sembrano quasi richiederla espressamente, una lettura disimpegnata, erratica, piluccante, “mentre l'uovo cuoce, mentre aspettiamo che il numero chiamato si liberi (se è occupato)... Possiamo leggerle stando seduti, in piedi, al vento e sotto la pioggia, o mentre viaggiamo su un autobus sovraffollato. Quasi tutte si possono leggere con piacere anche camminando!”. Un po' d'olio di macchina spruzzato sugli ingranaggi della vita di ogni giorno, insomma: utile a far scorrere meglio le sue parti meccaniche (che sono davvero tantissime) e a dare un qualche senso ai suoi molti (troppi...) automatismi. Tutto qua? Ma certo che no: come ha scritto Gianpiero Cavaglià, “le Novelle da un minuto, pur con il loro titolo nel segno dell'understatement, di fatto non sono soltanto storielle divertenti, buone a farci passare il tempo mentre aspettiamo il tram o cuoce il nostro uovo (come ci consiglia l'autore nelle Istruzioni per l'uso). Esse sono anche delle prospettive asimmetriche e inconsuete dischiuse su di una realtà quotidiana che, sebbene «molto ungherese», è immediatamente vicina alla nostra esperienza, grazie al registro stilistico di cui Örkény si serve: quello del comico, esasperato spesso fino al grottesco”.
Dei raccontini fulminanti (a me hanno ricordato qualcosa del grandissimo Peter Altenberg: conoscete?) capaci di farti ridere di gusto e giusto un attimo dopo di prenderti a calci negli stinchi, o magari nei denti. “E a questo punto - è ancora Cavaglià – non possiamo dimenticare che gli antenati di Örkény erano ebrei austriaci (sotto Giuseppe II presero il nome di Österreicher): per loro tramite egli appartiene quindi all'illustre famiglia dell'ebraismo assimilato ungherese e le Novelle da un minuto sono, anche, stranamente imparentate al motto di spirito...”.
Giusto per darvi un idea...
Pensieri in cantina
La palla, attraverso una finestra rotta, cadde nel corridoio di uno scantinato.
Una ragazzina, la figlia quattordicenne della portinaia, la raggiunse zoppicando. Il tram le aveva portato via una gamba, poverina, e lei era contenta quando poteva andare a raccogliere la palla per gli altri.
Nello scantinato regnava una semioscurità, lei tuttavia si accorse che in un angolo qualcosa si muoveva.
«Micetto!» disse la figlia dei portinai che aveva una gamba di legno. «Come sei capitato qui, micettino?».
Raccolse la palla e, come poté, si allontanò veloce.
Il vecchio sorcio, brutto e puzzolente – lui che era stato scambiato per un micino – rimase interdetto. Nessuno gli aveva mai parlato in quel modo.
Prima di allora l'avevano sempre disprezzato, gli gettavano addosso del carbone oppure scappavano via spaventati.
In quel momento e per la prima volta gli venne di pensare a come sarebbe stato tutto diverso se il destino l'avesse fatto nascere gatto.
Anzi dato che siamo degli inguaribili scontenti – continuò a procedere nelle sue fantasticherie. E se fosse nato figlia della portinaia con una gamba di legno?
Ma quella era ormai una cosa troppo bella. Non riusciva neanche a immaginarsela.
Una ragazzina, la figlia quattordicenne della portinaia, la raggiunse zoppicando. Il tram le aveva portato via una gamba, poverina, e lei era contenta quando poteva andare a raccogliere la palla per gli altri.
Nello scantinato regnava una semioscurità, lei tuttavia si accorse che in un angolo qualcosa si muoveva.
«Micetto!» disse la figlia dei portinai che aveva una gamba di legno. «Come sei capitato qui, micettino?».
Raccolse la palla e, come poté, si allontanò veloce.
Il vecchio sorcio, brutto e puzzolente – lui che era stato scambiato per un micino – rimase interdetto. Nessuno gli aveva mai parlato in quel modo.
Prima di allora l'avevano sempre disprezzato, gli gettavano addosso del carbone oppure scappavano via spaventati.
In quel momento e per la prima volta gli venne di pensare a come sarebbe stato tutto diverso se il destino l'avesse fatto nascere gatto.
Anzi dato che siamo degli inguaribili scontenti – continuò a procedere nelle sue fantasticherie. E se fosse nato figlia della portinaia con una gamba di legno?
Ma quella era ormai una cosa troppo bella. Non riusciva neanche a immaginarsela.
In memoria del dottor G.H.K.
«Hölderlin ist Ihnen unbekannt? (non conosce Hölderlin?)» chiese il dottor G.H.K. mentre stava scavando la fossa per la carogna del cavallo.
«Chi era?» chiese la guardia tedesca.
«Colui che ha scritto l'Iperione» spiegò il dottor G.H.K. Gli piaceva molto dare spiegazioni. «La più grande figura del romanticismo tedesco. E Heine, per esempio?».
«Chi sono costoro?» chiese la guardia.
«Poeti» disse il dottor G.H.K. «Non conosce il nome di Schiller?».
«Sì che lo conosco» disse la guardia tedesca.
«E Rilke?».
«Anche lui», disse la guardia e, diventando rosso come un peperone, abbatté con un colpo di pistola il dottor G.H.K.
«Chi era?» chiese la guardia tedesca.
«Colui che ha scritto l'Iperione» spiegò il dottor G.H.K. Gli piaceva molto dare spiegazioni. «La più grande figura del romanticismo tedesco. E Heine, per esempio?».
«Chi sono costoro?» chiese la guardia.
«Poeti» disse il dottor G.H.K. «Non conosce il nome di Schiller?».
«Sì che lo conosco» disse la guardia tedesca.
«E Rilke?».
«Anche lui», disse la guardia e, diventando rosso come un peperone, abbatté con un colpo di pistola il dottor G.H.K.
5 commenti:
Che belli, i due raccontini che hai trascritto.
Dopo me lo ordino: perchè mi sa che a Trieste non lo trovo.
I miniracconti in genere mi garbano molto. Penso alla fantascienza di Fredric Brown o ad altri testi fulminei di vari autori. Ti trascrivo un Brown (cito a memoria, ma posso sbagliare poco).
LA MACCHINA DEL TEMPO
Il professor Jackson aveva finalmente completato il prototipo di macchina del tempo. Permetteva di andare indietro, nel passato. Emozionato, premette il pulsante di accensione. enoisnecca id etnaslup li ettemerp, otanoizomE. otassap len
Ordinato ieri: arriva giovedì.
(E l'ho pure consigliato a una mia amica langarola, che è venuta qua sul tuo blog, ha letto il post e se l'è ordinato pure lei, a Cuneo)
bel libro, già. lo scoprii anni fa, quando beatamente trastullavo la mia fanciullezza in magyarorszag...
ps: quel de prima iero mi!
(che bruta frase 'iero mi', ah!)
luigi (n.)
Avevo letto distrattamente Giochi di gatti appena uscito. Lo ripeschero': ho scoperto (!!!) che il gradimento dei testi varia col variare dell'eta'. Un po' come il dato del colesterolo sulle analisi del sangue: a quindici anni lo leggi distrattamente...
Posta un commento