giovedì 30 settembre 2010

Al calduccio sotto le mie copertine (n.24)

Nick Drake, Bryter Layter, 1970

Please give me a second grace.
Please give me a second face.
I've fallen far down,
the first time around,
now I just sit on the ground in your way.

mercoledì 29 settembre 2010

Un impegno etico


Gustosissimo il siparietto riportato oggi da la Repubblica, con Veltroni che incrocia Massimo Calearo nel Transatlantico di Montecitorio e gli dice: “Massimo, non fare scherzi” datosi che Calearo, eletto alla Camera col Pd (da capolista!), minaccia di votare la fiducia a Silvio Berlusconi e al suo governo.
Veltroni ha ricordato a Calearo “l'impegno assunto prima e dopo il voto a sostegno del centrosinistra e in opposizione al centrodestra. Un impegno che è etico, perché comporta il rispetto degli elettori e della volontà espressa con il loro voto. Sono certo che sarà coerente con se stesso...” e altre amenità.
Peccato solo che nella Costituzione repubblicana ci sia l'articolo 67 a stabilire che “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Eh, sì: Calearo sta in Parlamento a rappresentare la Nazione, non il partito politico a cui appartiene Veltroni.
Non lo sa, il povero Walter?
Eppure lui (e molti, molti altri, nel Partito democratico) ci si riempiono la bocca un giorno sì e l'altro pure, con “la difesa della nostra Costituzione repubblicana, una delle costituzioni più avanzate al mondo”.
Negli ultimi mesi, poi, l'articolo 67 della Costituzione è stato impugnato un sacco di volte, da diversi esponenti del Pd e da molti commentatori 'democratici', per darlo in testa volentieri a Silvio Berlusconi, reo di aver accusato Gianfranco Fini di aver tradito “un impegno che è etico, perché comporta il rispetto degli elettori e della volontà espressa con il loro voto”: io ho buona memoria e spero altrettanto dell'elettore medio del Pd (per l'elettore medio del Pdl, si sa, non nutro speranze di sorta).
Incazzarsi perché Massimo Calearo in Parlamento potrebbe votare con la Destra è veramente patetico.
L'errore del Pd è stato di averlo candidato (da capolista!).
Ignoro se sia stato un errore commesso dal solo Veltroni: propendo per il no, anzi spero francamente di no perché mi consolerebbe alquanto pensare che prima della candidatura nelle liste democratiche di quello che era considerato un falco, in Federmeccanica, ci sia stata almeno uno straccetto di discussione tra qualche persona, a Roma e in Veneto.
Che so? Magari da ciucchi, davanti a qualche bella bottiglia di Amarone della Valpolicella.

domenica 26 settembre 2010

Papale papale


Inesorabile - come l'ennesimo giallista svedese che sta per essere tradotto e pubblicato in Italia a beneficio dei numerosissimi amanti italiani dei giallisti svedesi - mi prende l'impulso di scrivere qualcosa sul deragliamento della politica italiana dai binari del senso morale e della decenza.
Ma mi passa subito.
Ormai va così sempre più spesso. Mi metto lì, con l'indignazione che trabocca e...
Zero. Penso subito ad altro.
Per esempio al deragliamento della società italiana dai binari del senso morale e della decenza.
Per dirvi, ieri ho applaudito platealmente una stronza che, con la sua cazzo di monovolume lanciata ad almeno settanta orari in centro città, non si è fermata alle strisce pedonali mentre io mi accingevo ad attraversare la strada spingendo il passeggino di mia figlia.
“Brava! Bra-va!!!”.
Valeva la pena di applaudirla, quella cagna. Perché in Italia, oggi come oggi, ha vinto lei. E le è bastato correre a settanta orari.
Dopo di che, magari domani, un papa straniero verrà a salvarci e allora vinceremo noi.
Ma solo se non abbandoneremo lo spirito del maggioritario, eh....
Altrimenti, nisba!

domenica 19 settembre 2010

Parole celebri dalle mie parti (n.88)


"Oggi c'è un ingorgo, sulla via di Damasco."

(Stefano Levi Della Torre)

sabato 18 settembre 2010

2035


“Bella roba, il Pd, eh?”, mi interroga un collega in sala insegnanti.
“Non me ne frega niente, del Pd...”, gli rispondo, in un impeto di sincerità davvero prorompente.
“Siamo proprio rovinati!”, fa lui.
“Siamo chi, scusa?”, replico.
E via incomunicando.
Ad un certo punto, però, il mio stimato collega se n'è uscito così: ”Ma chi si ricorderà, di Veltroni, fra venticinque anni?”.
E qui l'uomo mi ha dato da pensare.
In questi ultimi giorni, sapete, mi è persino capitato di leggere, da qualche parte, delle lodi sperticate a Meno di zero di Bret Easton Ellis (che sarebbe un “romanzo generazionale”, nientemeno).

Su quella incommensurabile merdata, uscita appunto venticinque anni fa, credevo che la parola definitiva l'avesse detta Stefano Benni nel lontano 1987 (qualche anno prima, cioè, che Benni imparasse a suonare il trombone e ne diventasse un incredibile virtuoso).
Non so se qualcuno di voi ha presente un racconto che si intitola Californian crawl...

È morto il padre di Hank. Stava giocando a golf e la pallina gli è finita nel bosco. È entrato dentro a cercarla. Dopo un'ora il caddy preoccupato è andato a vedere ed era lì, morto.
Aveva i pantaloni sbottonati. Sembra si stesse masturbando quando è morto. Forse il golf non lo divertiva abbastanza.
Adesso Hank è qui, sul bordo della mia piscina. Ha una camicia azzurra con un disegno a rombi uguale a quella di Percy Sledge nella copertina di un vecchio disco, non sono sicuro però che sia Percy Sledge, forse è un altro ma Hank è proprio Hank, siamo stati bambini insieme l'anno scorso, e ora non sembra turbato dalla morte del vecchio, si è comprato un paio di occhiali neri con la montatura rosa e la madre gli ha detto, ti sembrano occhiali adatti per un funerale? Hank non ha risposto, aveva il walkman.
La madre di hank beve perché ha un cancro al fegato, oppure ha un cancro al fegato perché beve, non lo so, comunque beve come un pellerossa e adesso con un'eredità di mezzo milione di dollari potrà bere anche di più.
Dunque Hank sta seduto sul bordo della mia piscina con la camicia azzurra col disegno a rombi come il disco di Percy Sledge, tira fuori dalle tasche della coca e fa una riga sul bordo della mia piscina. Appena la vede Lisa nuota verso il bordo della piscina un braccio dopo l'altro e poi ancora l'altro verso l'alto e così procede nell'acqua azzurra con i capelli biondi nella cuffia viola mentre il sole della California entra dalla parete di vetro e abete svedese e fa brillare gli spruzzi di Lisa e gli occhiali rosa di Hank poggiati su una sedia a sdraio e la riga immacolata di coca sul bordo della mia piscina.
- Non dovresti tirare tanto Hank – dice Lisa, e fa sparire la riga di coca dentro il suo bel nasino di bostoniana.
- Potevi lasciarmene un po', cazzo – dice Hank. Si prepara un'altra riga e la aspira con la cannuccia della mia Ginger Ale, così devo andare a prenderne un'altra in casa e mentre sono lì che cerco nel mobile bar vedo mia madre sbronza, con un kimono a disegni come l'insegna del ristorante giapponese di Palos Altos.
- Mi stai sgocciolando tutta la casa, Peter – mi dice.
- È morto il padre di Hank - dico io – e non ci sono più cannucce.
Mia madre mi guarda. È invecchiata, dall'ultima volta che l'ho vista. Mi accarezza i capelli in quel suo modo californiano che non so se amare o detestare.
- Quanti anni hai Peter? - mi chiede
- Ventuno, mamma – le rispondo. Mi mordo le labbra. Non riesco mai a dirle la verità.
- Ventun anni – ripete meccanicamente come se non ci credesse.
- Ventun anni – ripete meccanicamente come se non ci credesse.
- Ventun anni – ripete meccanicamente come se non ci credesse.

E via cazzeggiando.
Una recensione feroce e assai divertente, se vi piace ridere delle disgrazie del mondo. Ma se, beati voi, non conoscete la merdosissima prosa (“generazionale”, sapete?) di Bret Easton Ellis, non potrete apprezzare.
E insomma, dopo venticinque anni c'è ancora qualcuno che si ricorda di Meno di zero, e non per farci sopra una grassa risata: perché, dunque, nel 2035 Walter Veltroni dovrebbe essere dimenticato?
In fondo, in questo nostro tempo storto, ci si è ricordati pure di Franchi e Ingrassia. Dite la verità: ve lo sareste mai aspettato? Se sì, o siete dei completi idioti o, beati voi, non avete mai visto un loro film.

E dunque, Veltroni. Con la sua pappagorgia. Con le sue primarie. Con il suo partito light. Con le sue candidature immaginifiche tipo Calearo. Con i suoi loft del cazzo.
Ce ne ricorderemo senz'altro, di Veltroni, come no...

venerdì 17 settembre 2010

Mila e il suo vecchio

Oggi.

domenica 12 settembre 2010

Limerick del senso perso


C'era un cooperatore di Follonica
che aveva un portafoglio a fisarmonica.
“Il mercato è il mercato”,
ripeteva sconsolato
lo strano cooperatore di Follonica.

C'era un sindacalista pensionato
che non voleva essere dimenticato.
Detestava esser quiescente,
ora al padrone fa da consulente,
quel povero sindacalista pensionato.

C'era un marziano un po' arrivista
che mai era stato comunista.
“Fui kennediano, per la precisione”,
affermava con solenne intonazione
quel buffissimo marziano un po' arrivista.

lunedì 6 settembre 2010

Chi comanda qui?


'STO CAZZO!!!
(un intramontabile classico dell'avanspettacolo)

sabato 4 settembre 2010

Al calduccio sotto le mie copertine (n.23)

Neil Young, Zuma, 1975

And I know she's living there
And she loves me to this day
I still can't remember when
Or how I lost my way.

He came dancing across the water
Cortez, Cortez
What a killer.

venerdì 3 settembre 2010

Di plagi e finzioni

Fabio Filipuzzi, ingegnere e scrittore udinese, ha pubblicato tra il 2006 e il 2010 ben sei libri - tra romanzi e saggi di estetica, filosofia, architettura - per i tipi di Campanotto e Mimesis.
“Peccato – ha scritto su Il Piccolo Pietro Spirito – che almeno due dei suoi romanzi siano interamente copiati – si intende in modo integrale, dalla prima all'ultima pagina, da altri autori, peraltro di fama”.

Nel romanzo La parola smarrita, del 2008, Filipuzzi avrebbe vampirizzato, parola per parola, Pomeriggio di uno scrittore, di Peter Handke nella traduzione di Giovanna Agabio per Guanda. Invece L'ipotesi della bellezza, opera filipuzziana del 2009 (che “fra l'altro riporta in esergo una frase che Filipuzzi attribuisce a se stesso e invece è presa di peso da L'animale morente di Philip Roth”) uscita anch'essa per l'editore Campanotto, sarebbe integralmente copiata da Aurore di Jean-Paul Enthoven nella traduzione di Vincenzo Vega per Bompiani. Sempre nel 2009 è uscito per Mimesis un altro romanzo di Filipuzzi, La donna di velluto: qui il nostro avrebbe rubato a man bassa da diverse opere: L'Invenzione della solitudine di Auster, Un uomo solo di Isherwood, Il danno della Hart.
È stato un libraio italo-tedesco che vive a Trieste, Jean-Pierre Bouerdick, a smascherare 'sto plagiator cortese. Come, lo ha raccontato ieri lui stesso a Il Piccolo.
Una vicenda sconcertante e forse pure emblematica la sua parte: se non altro, di una presunzione di impunità a prescindere (con un di più di beata incoscienza che non si può definire altrimenti che infantile) diventata in questi ultimi anni forma mentis per troppi italiani. Per capirci meglio, “un ministro non può sospettare di abitare in una casa pagata in parte da altri. Se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l'interesse, i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per l'annullamento del contratto di compravendita”.

In Finzioni, di Jorge Luis Borges, c'è un racconto che ha per titolo Pierre Menard, autore del «Chisciotte».
Vi si racconta dell'opera visibile e di quella invisibile, perché incompiuta, di un romanziere, Pierre Menard appunto. Vi risparmio la parte in chiaro, e mi concentro sull'altra: “la sotterranea, l'infinitamente eroica, l'impareggiabile”, un'opera che “consta dei capitoli IX e XXXVIII della prima parte del Don Chisciotte, e di un frammento del capitolo XXII”.
Pierre Menard, scrive Borges, “non volle comporre un altro Chisciotte – ciò che è facile - ma il Chisciotte. Inutile specificare che non pensò mai a una trascrizione meccanica dell'originale; il suo proposito non era di copiarlo. La sua ambizione mirabile era di produrre alcune pagine che coincidessero – parola per parola e riga per riga – con quelle di Miguel De Cervantes”.
Fossi in Filipuzzi e mi mancasse il coraggio di spararmi un colpo di pistola alla tempia, imposterei la mia difesa in tribunale (perché qualcuno ce lo trascinerà, in tribunale, l'uomo: e giustamente, dico io) sul Menard di Borges.
Signor giudice, ha presente Finzioni di Jorge Luis Borges? Ecco, vede, in Finzioni c'è un racconto che ha per titolo...




P.S.
Spero tanto che Filipuzzi sia orfano e che non abbia un amico che sia uno. Lo spero per lui.