mercoledì 12 dicembre 2007

Elogio della ghigliottina (Piero Gobetti)

Ho deciso di pubblicare su talk is cheap questo testo semplicemente perché ogni volta che lo rileggo mi vengono i brividi. Ho deciso di evidenziare alcune parti.
Il fascismo vuole guarire gli Italiani dalla lotta politica, giungere a un punto in cui, fatto l'appello nominale, tutti i cittadini abbiano dichiarato di credere nella patria, come se col professare delle convinzioni si esaurisse tutta la praxis sociale. Insegnare a costoro la superiorità dell'anarchia sulle dottrine democratiche sarebbe un troppo lungo discorso, e poi, per certi elogi, nessun migliore panegirista della pratica. L'attualismo, il garibaldinismo, il fascismo sono espedienti attraverso cui l'inguaribile fiducia ottimistica dell'infanzia ama contemplare il mondo semplificato secondo le proprie misure.
La nostra polemica contro gli italiani non muove da nessuna adesione a supposte maturità straniere; né da fiducia in atteggiamenti protestanti o liberisti. Il nostro antifascismo prima che un'ideologia, è un istinto.
Se il nuovo si può riportare utilmente a schemi e ad approssimazioni antichi, il nostro vorrebbe essere un pessimismo sul serio, un pessimismo da Vecchio Testamento senza palingenesi, non il pessimismo letterario dei cristiani delusione di ottimisti. La lotta tra serietà e dannunzianesimo è antica e senza rimedio. Bisogna diffidare delle conversioni, e credere più alla storia che al progresso, concepire il nostro lavoro come un esercizio spirituale, che ha la sua necessità in sé, non nel suo divulgarsi. C'è un valore incrollabile al mondo: l'intransigenza e noi ne saremmo, per un certo senso, in questo momento, i disperati sacerdoti.
Temiamo che pochi siano così coraggiosamente radicali da sospettare che con queste metafisiche ci si possa incontrare nel problema politico. Ma la nostra ingenuità è più esperta di talune corruzioni e in certe teorie autobiografiche ha già sottinteso un insolente realismo obbiettivo.
Noi vediamo diffondersi con preoccupazione una paura dell'imprevisto che seguiteremo ad indicare come provinciale per non ricorrere a più allarmanti definizioni. Ma di certi difetti sostanziali anche in un popolo "nipote" di Machiavelli non sapremmo capacitarci, se venisse l'ora dei conti. Il fascismo in Italia è un'indicazione di infanzia perché segna il trionfo della facilità, della fiducia, dell'entusiasmo. Si può ragionare del ministero Mussolini come di un fatto d'ordinaria amministrazione. Ma il fascismo è stato qualcosa di più; è stato l'autobiografia della nazione. Una nazione che crede alla collaborazione delle classi, che rinuncia per pigrizia alla lotta politica, dovrebbe essere guardata e guidata con qualche precauzione. Confessiamo di avere sperato che la lotta tra fascisti e social-comunisti dovesse continuare senza posa: e pensammo nel settembre del 1920 e pubblicammo nel febbraio del 1922 La Rivoluzione Liberale con fiducia verso la lotta politica che attraverso tante corruzioni, corrotta essa stessa, tuttavia sorgeva. In Italia c'era della gente che si faceva ammazzare per un'idea, per un interesse, per una malattia di retorica! Ma già scorgevamo i segni della stanchezza, i sospiri alla pace. E' difficile capire che la vita è tragica, che il suicidio è più una pratica quotidiana che una misura di eccezione. In Italia non ci sono proletari e borghesi: ci sono soltanto classi medie. Lo sapevamo: e se non lo avessimo saputo ce lo avrebbe insegnato Giolitti. Mussolini non è dunque nulla di nuovo: ma con Mussolini ci si offre la prova sperimentale dell'unanimità, ci si attesta l'inesistenza di minoranze eroiche, la fine provvisoria delle eresie. Certe ore di ebbrezza valgono per confessioni e la palingenesi fascista ci ha attestato inesorabilmente l'impudenza della nostra impotenza. A un popolo di dannunziani non si può chiedere spirito di sacrificio. Noi pensiamo anche a ciò che non si vede: ma se ci si attenesse a quello che si vede bisognerebbe confessare che la guerra è stata invano. Privi di interessi reali, distinti, necessari gli Italiani chiedono una disciplina e uno Stato forte. Ma è difficile pensare Cesare senza Pompeo, Roma forte senza guerra civile. Si può credere all'utilità dei tutori e giustificare Giolitti e Nitti, ma i padroni servono soltanto per farci ripensare a La Congiura dei Pazzi ossia ci riportano a costumi politici sorpassati. Né Mussolini né Vittorio Emanuele hanno virtù di padroni, ma gli Italiani hanno bene animo di schiavi. E' doloroso dover pensare con nostalgia all'illuminismo libertario e alle congiure. Eppure, siamo sinceri fino in fondo, c'è chi ha atteso ansiosamente che venissero le persecuzioni personali perché dalle sofferenze rinascesse uno spirito, perché nel sacrificio dei suoi sacerdoti questo popolo riconoscesse se stesso. C'è stato in noi, nel nostro opporsi fermo, qualcosa di donchisciottesco. Ma ci si sentiva pure una disperata religiosità. Non possiamo illuderci di aver salvato la lotta politica: ne abbiamo custodito il simbolo e bisogna sperare (ahimè, con quanto scetticismo) che i tiranni siano tiranni, che la reazione sia reazione, che ci sia chi avrà il coraggio di levare la ghigliottina, che si mantengano le posizioni sino in fondo. Si può valorizzare il regime; si può cercare di ottenerne tutti i frutti: chiediamo le frustate perché qualcuno si svegli, chiediamo il boia perché si possa veder chiaro. Mussolini può essere un eccellente Ignazio di Loyola; dove c'è un De Maistre che sappia dare una dottrina, un'intransigenza alla sua spada?



Da Elogio della ghigliottina, in "La Rivoluzione Liberale", anno I, n. 34, 23 novembre 1922, p. 130, senza il passo iniziale e con numerosi ritocchi.

28 commenti:

Anonimo ha detto...

ok rompo il ghiaccio.. il punto è che in Italia non c'è nulla per cui morire e non solo oggi..proprio mai! Perchè? perchè abbiamo una così esagerata opinione di noi stessi (solo in parte resa dal detto italiani brava gente) che non abbiamo paura (mai)degli altri (italiani) Mussolini, Berlusconi, Fini, m Anche i Prodi gli O. diliberto ecc ecc. perchè in fondo pensiamo di loro quello che pensiame di noi ..brava gente in fondo ..italiani..quanto male (m a occhio anche quanto bene) possono fare in fondo? e poi quando qualche italiano fa male veremanete mussolini, stragismo nero, brigate rosse ..bè allora l'atteggiamento è a volte auto assolutorio ( noi eravamo contro ..non ho mai visto piazza venezia vuota quando c'era lui) oppure perdonismo (vedi br) o addirittura giustificazionismo ed esaltazione mediatica (vedi il trattamento exstra lusso di quel merdaiolo di Sofri) ma mai mai nessuna reazione seria. Non c'è nulla di serio per cui morire in questo paese .. e so già cosa pensi diogene..però io ne sento la mancanza!

Anonimo ha detto...

Piero Gobetti, i fratelli Rosselli, Antonio Gramsci, tanti partigiani, i soldati di Cefalonia, e potrei continuare. Come vedi, caro Ale, di gente che si è fatta ammazzare per questo paese ce ne sono stati parecchi.
Sono finiti male perchè erano rigorosi e onesti.

Infatti gli italiani, la ggente, gli italioti, ti perdonano tutto, meno una cosa, l'essere seri.

In un paese da operetta, chi recita una parte seria non viene tollerato.

Fabio Montale ha detto...

14 giorni di distanza. 17 maggio - 31 maggio. Un clima politico in cui tutto e' indimostrabile e tutto ricostruibile a piacimento. E tu hai tutte queste certezze. Cos'e' che te le da? il crocifisso? Per un Cicuttini espatriato un Sofri in galera senza mai abbassare la testa. Certo, era comunista, di quelli giovani, non quelli anni 50 delle campagne. Quindi contro dio. quindi sicuramente un merdaiolo. il difetto del monocolore di cui hai nostalgia. qualche dubbio in piu' ed ecco che spunta un po' di democrazia in piu'. cmq tranquilli, le repliche fatevele fra di voi

tic. ha detto...

Cosa significano i "14 giorni di distanza. 17 maggio - 31 maggio"?
Non ho capito...

Anonimo ha detto...

se era per me ..e credo di si ..nessuna nostalgia di un monocolore. Solo una grande nostalgia.. ho nostalgia di una PATRIA..cazzo solo di quella ..antiquato, retorico..si si tutto vero, me ne ho nostalgia.. ed è una strada nostalgia perchè una PATRIA qui non c'è mai stata, mai! ma io ne ho nostalgia, la voglio, come i francesi, gli inglesi, e si .. anche gli amaricani. Infantile, ipocrita, quello che vuoi accetto tutto..ma voglio in cambio una PATRIA, basta taranettella e trallucci e vino, basta! ho la nausea di questa operetta! basta eroi che non muoino e che non chinano la testa certo che non lo fanno perchè in tv viene male..in prigione ? si in prigione e a porta a porta e al tg la7 .. voglio eroi veri, una PATRIA vera..oppure comincio a capire chi ne sogna una piccola.. ma sua!

Fabio Montale ha detto...

Arrivare alla 5a riga poteva essere utile. Peteano arriva 14gg dopo Calabresi. A Peteano il tentativo di far cadere tutto su Lotta Continua di Tn fallisce. C'e' qualcuno che ha certezze su tentativi analoghi per Calabresi? Forse non c'entra un cazzo. Ma perche' avere certezze? La mia intelligenza (fanculo la modestia) mi impedisce questa certezza. d'altronde anche quand'ero depresso e in preda a psicofarmaci desideravo una minor intelligenza

Fabio Montale ha detto...

In quanto alla patria, non so che dirti, non ne ho bisogno. non ho mai capito cosa sia. quando vedo l'adriatico mi sento a casa. e' questo? allora e' per questo che quando sono a trieste mi sento a casa ma mi commuovo perche' non c'e' piu' il confine con la slovenia? e respiro bene anche a postumia e a montona? non so cosa sia la patria, so cos'e' avere a che fare con le persone, ci vivo. e piu' persone hanno in comune con me lo stesso senso per la vita, piu' mi sento a casa. dovunque. ma contestavo le certezze. e non e' vomitando sentenze che si riempiono i vuoti di patria. non in democrazia

Fabio Montale ha detto...

p.s.: non provateci! so dov'e' montona, e mi commuovero' anche quando cadra' quel confine, il piu' assurdo. ma discutere di questo sarebbe fuori tema (OT)

tic. ha detto...

Ah, ecco che significa...
Un collegamento Calabresi-Peteano.

Molto poco comunicativo, in any case.
Perché IO lo so che il caso Calabresi e il caso Peteano sono avvenuti nel 1972. Ma chi, se non Montale che l'ha scritto (ed eventualmente i familiari di Calabresi e quelli dei carabinieri morti a Peteano) poteva mai immaginare non tanto che si stava parlando dell'omicidio Calabresi e della strage di Peteano, quanto che si stava parlando del 17 maggio e del 31 maggio del 1972?
Uno canta (è Francesco De Gregori): "Viva l'Italia, quella del 12 dicembre", e c'è chi pensa immediatamente (IO, ad esempio) al 12 dicembre del 1969 e alla bomba di Piazza Fontana.
Ma se ti dicono 17 maggio e 31 maggio senza dirti di che anno, hai voglia tu ad andare alla quinta riga. e c'è poco da incazzarsi...

Quanto alle certezze, che dire? Che ogni ordine è sempre precario? E' vero. Ma non tutti, a questo mondo, son pronti a prenderne atto.
Non tutti son disposti a rinunciare a FARE ORDINE attorno a se.
Dorothy Allison, che era più intelligente di me, lo diceva così.
"C'è un luogo nel quale siamo sempre soli con la nostra mortalità, nel quale dobbiamo semplicemente avere qualcosa di più grande di noi stessi cui restare aggrappati - Dio o la Storia o la politica o la letteratura o una fede in una redentiva forza d'animo, o anche una legittima rabbia. Talvolta penso che siano tutti la stessa cosa. Una ragione per credere, un modo di prendere il mondo per la gola e affermare fermamente che in questa vita vi sono più cose di quante non abbiamo mai immaginato".

Una ragione per credere: e "Reason to believe" è anche una canzone di Bruce Springsteen, una delle più belle che ha scritto, e parla proprio delle stesse cose di cui diceva la Allison.

Quanto alla democrazia, sorry ma... Può vivere solo di certezze. Magari provvisorie e precarie, ma certezze.
La nostra democrazia è molto malata proprio perché di certezze ce ne sono poche.
Comincerei dicendo dell'incertezza, ormai insostenibile, del diritto. E dovrebbe bastare.

Essere felici contemplando il mare Adriatico è un sentimento rispettabile, ma è un sentimento del tutto privato.
Mi sta benissimo. Sul serio. Adesso poi che son lontano milioni di milioni di miglia dalla politica (e con l'intenzione di rimanerci MOOOOLTO a lungo)capisco meglio il valore del privato. E quanto è bello chiudere la merda FUORI dalla porta.
Solo che il privato è privato e Gobetti (o Carlo Rosselli) si occupava di spazio pubblico. E, come si è visto, rischiava un sacco ad occuparsene.

Non facciamo confusione, allora (dico io...).
Uno dei problemi della povera Patria (che significa terra dei patres, tra l'altro e - massimo rispetto per gli Sloveni- i miei patres NON sono Sloveni. Non è irrilevante, credo. E va bene così...), uno dei problemi della nostra povera Patria, dicevo, è che opinioni, convinzioni, affari della vita PRIVATA di tantissimi cittadini da qualche tempo PRETENDONO di avere, chissà mai perché, una qualche rilevanza pubblica.
Beh, a volte ce l'hanno, ma troppo spesso NON ce l'hanno.

Quanto a Sofri, dopo le accuse che l'hanno colpito si è comportato con grande dignità.
E la galera l'ha fatta per davvero, lui.
Ho cominciato da un po' a detestare i suoi amici.
Qualcuno ha parlato di una lobby di Lotta Continua. Non sono d'accordo. In Lotta Continua c'erano tnte persone che, a quarant'anni dalla loro militanza, son degli sfigati qualsiasi.
Però se qualcuno dicesse, in maniera giusto un po' meno tranchant, di una lobby di quelli che quarant'anni fa erano DIRIGENTI di Lotta Continua (gente abituata a sedersi, nelle assemblee, non davanti al tavolo della presidenza, ma DIETRO. E che l'arte di tenere la sedia ben incollata al culo l'ha appresa proprio allora e ha saputo ben metterla a frutto: in tv - pure Mediaset - nei giornali, nell'università), beh, sarei già più d'accordo.
Ce ne sono, di Sofri, nelle patrie galere.
Lui, grazie agli amici sua, è stato più Sofri degli altri.

Fabio Montale ha detto...

trovo che su molte cose abbia ragione, altre cose le vedo in modo diverso. altre ancora non sono pertinenti. contestualizzi il concetto di 'certezza', l'intervento di ale ed il mio. mi sta dicendo che una democrazia ha bisogno di leggi che vadano rispettate con pene che vadano inflitte. Giusto. Io pero' mi riferivo, e contestualizzo, alle certezze costruite per risolvere il proprio disagio di vivere nel dubbio. E' il bisogno italiota, che mia nonna mi ricorda sempre, che abbiamo bisogno di uno che ci comandi, altrimenti non sappiamo che strada prendere. E' la certezza di chi sentenzia ad capocchiam perche' sembra sempre che un'opinione bisogna averla, che contesto.
per quanto concerne pubblico o privato, sono d'accordo con lei, salvo il fatto che non esiste organizzazione senza esperienza del singolo. Ergo l'unica cosa che oggi e' eccessiva e' l'esposizione del privato, che spesso eccede nell'imposizione del privato altrui.
Per ultimo la Patria. I suoi Padri. I miei Padri. Circoscriviamo un bacino, come per i fiumi: 25% Taranto, 25% Canfanaro (Istria), 25% Trieste/Capodistria (incerto), 25% Momiano (che pero' ha derivazioni bellunesi e carniche) (si sa che l'Istria e' stata ripopolata dopo un'epidemia da contadini della Carnia. Di la' c'erano i contadini, di qua le terre fertili): non ci siamo, bacino troppo esteso. Quindi? Diciamo allora che i miei padri siano coloro che hanno lavorato questa terra: comincio a vedere slovenita' (roiano era un borgo sloveno, servola idem, coloncovec idem, san giovanni idem: trieste italianvenetgrecaustriaca era intorno al porto), a muggia fino all'inizio ottocento si parlava dialetto veneto e a trieste si parlava un dialetto molto diverso, ho serie difficolta'. mi sono perso. oddio ho bisogno di certezze. ODDIO HO BISOGNO DI CERTEZZE! DITEMI QUAL E' LA MIA PATRIA!!! VOGLIO UNA PATRIAAAAA!!!
...o anche no.

Fabio Montale ha detto...

...o volevate solo un motivo per cantare 'siam pronti alla morte'? Io continuero' a toccarmi ogni volta che lo sento!

Anonimo ha detto...

Boh io non mi commuovo quando vado a Montona. Però mi viene da piangere quando me lo propongono, questo sì.

Anonimo ha detto...

Perche'?

tic. ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
tic. ha detto...

Che le devo dire?
Per me Patria è la muttersprache, ovvero la lingua in cui ti insegnano a dire le prime parole.
E poi (meglio, più giusto) la lingua in cui uno pensa.

Per lei patria è blut und boden.

E' una posizione. Massimo rispetto.
Nel senso che il mio blog è aperto a tutti: pure all'estrema destra, quindi.

Quanto alle certezze, non tutti son pronti a far senza.
E non è la solo la storia della copertina di Linus Van Pelt.

Bravo comunque lei che ce la fa.

Anonimo ha detto...

Martire addolorata, risponderti sarebbe fare facile ironia...E credo che tu lo sappia bene...

Fabio Montale ha detto...

>Non so se qualcuno abbia a noia la discussione. Una precisazione. La nazione in quanto lingua, oltre ad essere oggetto di studi da un bel po' (v. Hobsbawm, Arendt, Gaus: che cosa resta? resta la lingua materna) ha difficile applicazione in alcune parti del mondo dove nella stessa nazione si parlano dalle 6 alle 16 e piu' lingue. Premesso cio' penso invece che lei si sia avvicinato al mio concetto di terra madre. Penso di essere tanto sloveno quanto abruzzese o sardo o di rigolato. Pero' quando mia nonna (avendo 90 anni e una discreta intelligenza e' il mio libro di storia preferito) mi parlava dell'invasione titina a ts che lei osservava dalle finestre, mi diceva: no iera gente nostra, sa, iera gente de zo. Intendeva che non erano sloveni del carso, quelli che lei conosceva perche' portavano latte in citta'. Per fugare ogni dubbio mia nonna si chiama Italia, figlia di Italo disertore dell'esercito austriaco e volontario in quello italiano nella grande guerra.
Sara' perche' le mie prime parole le ho dette in una lingua che annovera voci come sine (i binari del treno, da 'schiene', ted.) o spavar (dormire, dallo sloveno) o clonz (pantano, dallo sloveno) o visavi' (dal francese, c'era anche Napoleone qui).E' questa la mia muttersprache.
E quindi, la vediamo allo stesso modo? o sono un ultra nazionalista di destra? (gia' nella definizione mi intirizzisco) Vede che devo convivere con i miei 'tuto pol esser'? La normalita' fatta di diversita' ha costruito Trieste, non per niente San Giovanni era piena di matti senza una certezza che fosse una. Segatori un giorno mi disse: chissa' perche' qua (al Centro di Salute Mentale, ndr) xe solo gente che xe tutto o bianco o nero...

tic. ha detto...

Una cosa è lo stato, una cosa è la nazione.
Non andrebbero confusi.
All'interno di un'entità statuale (che è essenzialmente una costruzione giuridica) possono convivere più nazionalità.
In Europa capita da diverse parti.
Ovvero, in uno stato si possono parlare più lingue (vedi l'Italia, dove si parla pure lo sloveno: ci sono quindi cittadini dello stato italiano di nazionalità slovena, come sappiamo).

Per il resto, che dire?
Viste le mie (vastissime) letture e il mio immaginario, penso di sapere più cose degli americani, degli inglesi e dei francesi che degli Sloveni (ma cambia poco se parliamo di Croati, o di Serbi: la gente di laggiù...). Non dico di condividere più cose con americani, inglesi, francesi, ma solo di sapere più cose, IN GENERALE, di americani, inglesi e francesi.

IN PARTICOLARE, poi, conosco diversi Sloveni. Persone molto attente alla loro particolarità nazionale, in genere. E c'è da capirli: con tutti i calci in culo che si son presi - principalmente dagli italiani, ma in Carinzia anche dagli austriaci - stanno molto attenti alla salvaguardia della loro particolarità (ci sono più italiani solo nella città di Roma che Sloveni in Slovenia, quindi io e lei dovremmo capirci, nevvero?). Pochi tra loro sarebbero disposti a condividere il suo irenismo. Il suo simpatico (e italianissimo!!!) 'volemose bene e scurdammoce o'passato'. Magari sono disposti pure a volerci tanto bene, ma non si scordano di nulla. Perché sanno che l'ALTRO resta sempre l'ALTRO. Ed è bene che sia così, secondo me.
E che destra e sinistra, in tutto ciò, non c'entrino punto.

tic. ha detto...

Ah, si...

Le percolazioni dello sloveno nella sua muttersprache... Io non me ne meraviglierei troppo, fossi in lei: questa è zona di confine. E i confini sono solo dei segni sulla carta. Segni. Ovvero, niente che riesca ad impermeabilizzare completamente le lingue umane.

Nel vocabolario della lingua italiana ci sono un sacco di parole che ci vengono dal francese, qualcuna dall'inglese, altre dal giapponese, una dall'ungherese (cocchio). Io so che ci sono e le uso, talvolta. Embé?

Fabio Montale ha detto...

Posto che sto ancora arieggiando casa grazie alla sua querida presencia di ieri sera, noto con stupore che lei dal suo ruolo di custode del santo sepolcro della conoscenza non si schioda. Il non detto NON e' il non saputo. Grazie per le precisazioni, facevano parte delle ipotesi non delle tesi. Ma lei sa sgusciare. Le sovviene il concetto di implicito o glielo rinfresco a scoregge?
Avessi voluto parlare di stato lo avrei fatto. ma ho parlato di nazione.
Non avessi contestualizzato la mia collocazione geografica non avrei parlato delle peculiarita' della mia citta'. Se lei e' bisiaco (nel senso che sta tra il canale di sardegna e il canal di leme) non puo' comprendere. A meno che non sia gia' stato detto da qualcun altro visto che secondo lei l'opinione ha valenza solo se puo' essere suffragata da una citazione.
Spero di averle rallegrato la domenica.
A proposito: le definizioni in tedesco esistono solo perche' i concetti moderni di nazione e di patria nascono dopo le sconfitte germaniche contro Napoleone. Il pangermanesimo si pose la questione se essere agglomerato di popoli o unica entita'. Quindi abbastanza recenti per la storia del mondo. quindi relativi. Alla facciaccia di Ratzinger e di chi come lei cerca certezze, se non nella religione, nelle citazioni.
Buona domenica! (le foto arrivano)

tic. ha detto...

Che, niente niente l'ho urtata in qualche modo? Touché?

Lei parla di nazione confondendo il concetto con quello di stato. Confermo...
(e grazie per la lezione di storia, saccente nasuto. Tra l'altro, per esser uomo di poche certezze - e di tanto relativismo - lei mi sembra un sacco assertivo)

Fabio Montale ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Fabio Montale ha detto...

Le foto sono arrivate. Le guardi, anche lei mi sembra un sacco.

Anonimo ha detto...

Non mi sento di dare una definizione "scientifica" di patria. Per me è il luogo di nascita e nel quale mi sento a casa, il luogo che mi ha dato per primio storia, cultura e lingua e per il quale sono disposto a fare qualcosa.
Certo, non esclusivo, eppure lo sento mio più di altri. Del resto, leggo libri, ascolto musica, vedo film e mangio piatti (perfino) provenienti da tutto il mondo. Mi sento a casa in tanti luoghi, invidio il modo d'essere di tante nazioni, eppure mi sento italiano. Senza che ciò escluda si sentirmi europeo, biasiaco, di razza umana (some scrisse Einstein all'ufficio immigrazione statunitense) e il prodotto dei più diversi accopiamenti di razze diverse.

Ma non mi sorprende che quando si parla di patria in Italia a molti venga l'orticaria. Le culture politiche che hanno segnato la nostra storia non hanno mai avuto senso della patria e dello stato.
I cattolici pensano all'altromondo e comunque prima dello stato vengono gli ordini del Vaticano, i comunisti pensavano all'altromondo sulla terra e all'Unione Sovietica e i fascisti hanno assimilato l'idea di patria a nazionalismo, razzismo e violenza.

Ecco un bel tema per chi si cimenta nel fare il partito democratico: riusciamo a dare all'Italia, o meglio agli italiani, un idea di patria e, quindi, anche senso civico e dello stato.
Mah?

"Right or wrong is my country" dicono gli americani. Quanto gli invidio.

Anonimo ha detto...

Eh no caro Diogene! La prendo in castagna! Qualche post fa lei non disse di non amare il cous cous a casa nostra? E come, adesso mi rimpiange i piatti etnici? "Più polenta meno cous cous" recitava, qualche tempo fa, un adesivo della Lega Nord.
La patria forse la sente chi vede al di là dei suoi confini "de paese"? Oppure no? Forse rendersi conto che c'è altro oltre la propria provincia ti faccia pensare in altro modo rispetto al paese natio?
Mi è venuto questo pensiero ma non so se abbia rilevanza o meno.. Sarò imbriaca...

Anonimo ha detto...

Ha ragione gentilissima. Usavo il cibo come esempio. in verità anch'io, talvolta, cado vittima, con grandi sensi di colpa, di cibi lontani dalla mia cultura e dal mio stomaco.

Ciò cha ha detto: sono d'accordo.
Credo. Ma il linguaggio è un po' criptico. Si spieghi, si spieghi meglio. Magari da sobria.

Anonimo ha detto...

Stavo riflettendo su come possa influenzare il concetto di 'patria' il fatto di aver avuto contatti con altri popoli, culture e territori fuori dal proprio paesello. Alcune diagnosi stile dottor House:
1) Più una persona viaggia, vive, entrao in contatto, più sente i suoi legami con la sua terra;
2) Più una persona viaggia, vive, entra in contatto,meno sente che la sua terra è una;
3) Una persona più viaggiare ed entrare in contatto ma sempre la stessa rimane.
Dunque: uscire dai propri recinti ha qualche influenza sul nostro concetto di patria? perchè in tal caso, si potrebbe agire di conseguenza sull'italico popolo...
(scusi caro filosofo il lungo intervallo, quattro giorni per tornare sobria.

Anonimo ha detto...

Trovo perfetta questa sintesi che tu sottolinei: "In Italia non ci sono proletari e borghesi: ci sono soltanto classi medie." C'e` poco da aggiungere...