venerdì 21 dicembre 2007

La casa dell'orrore

La Hammer Film Productions... Un mito.


Sentite un po' come venne accolto da alcuni critici britannici The Curse of Frankenstein, primo film a colori della Hammer Productions. Il Sunday Times: “Non ho voglia di parlare di un film semplicemente disgustoso”. Il Daily Telegraph: ”Una pellicola SO, Sadists Only”. The Observer: “Fra i diecimila film che ho visto, questo è uno dei dodici peggiori”. Il commento di The Tribune, infine, lo lascio in inglese, perché suona che è una meraviglia: “Depressing, degrading”. Manca solo un bel “disgusting”, nevvero?
Il pubblico, invece, accorse numeroso e decretò il successo di una pellicola che vedeva affiancati tre talenti - un regista e due attori - che da quel momento sono entrati nell'immaginario di almeno tre generazioni di cinefili.
Il regista si chiamava Terence Fisher, gli attori, beh... Gli attori erano Peter Cushing e Cristopher Lee.

Secondo quel grande esperto di horror che è David J. Skal, benché Psycho di Alfred Hitchcock (uscito nel 1960) sia generalmente considerato “l'inizio della violenza esplicita sui media” (sebbene la sua scena più celebre, quella di Vivien Leigh sotto la doccia, fosse in fondo solamente “il prodotto di virtuosismi al montaggio e di una spruzzatina di cioccolata liquida”), l'esplicita truculenza su celluloide “deve probabilmente più all'opera in Eastmancolor zuppo di sangue della Hammer Films inglese, cominciata con un netto colpo di falce rosso sulla retina del pubblico in La maschera di Frankenstein (appunto The Curse of Frankenstein, 1957, n.d.r.) e Dracula il vampiro (Horror of Dracula, 1958), per la regia di Terence Fisher e l'interpretazione di Cristopher Lee, che nella parte di entrambi i mostri aveva lanciato la propria carriera e forgiato un altro legame di comunanza tra le icone gemelle” della creatura del dottor Frankenstein e del conte transilvano (lunga citazione, questa, tratta dal capolavoro di Skal, The Monster Show, libro del 1993 pubblicato nel nostro Paese nel 1998 da Baldini&Castoldi. Credo che in giro lo si trovi ancora, e lo consiglio caldamente a chi fosse interessato al tema dell'horror, tra cinema – principalmente - pittura, letteratura e fumetto. Però vi si parla molto poco della Hammer, in effetti).
La vita della Hammer cominciò negli anni Trenta con il nome di Exclusive, quando Enrique Carreras, che era proprietario di una catena di cinema, e Will Hinds (impresario di vaudeville, nome d'arte Will Hammer) decisero di mettere in piedi una compagnia di distribuzione specializzata nell'acquisto e nel lancio sul mercato britannico di pellicole americane. L'attività fu coronata da un certo successo e perciò i due decisero di darsi alla produzione. Il nome Hammer comparve per la prima volta per “The Mistery of the Marie Celeste”, del 1937. A scompaginare i piani dei nostri arrivò la Seconda Guerra Mondiale.
Fu solo a conflitto terminato che i progetti di Carrera e Hinds si rimisero in moto. I due soci ripresero a lavorare affiancati dai figli, James Carreras e Anthony Hinds. Del 1948 il primo lavoro, River Patrol. Tra il '50 e il '55 la Hammer realizzò qualcosa come 44 film, tutti rigorosamente di serie B. Undici regie erano, massì, di Terence Fisher.
La svolta arrivò nel 1955. Credo che almeno qualcuno, tra quelli che mi leggono di solito, abbia sentito parlare, in qualche occasione, di un certo dottor Quatermass...
Il titolo originale era The Quatermass Experiment (in Italy, L'astronave atomica del dottor Quatermass), la regia di Val Guest. Pensate che la pellicola uscì con il divieto ai minori di 18 anni (era, insomma, direbbero gli anglosassoni, X-rated) e a me viene da ridere. Gli incassi furono veramente clamorosi.

Tornando a The Curse of Frankenstein, era dagli anni Trenta – ovvero dai tempi di James Whale e Boris Karloff – che non si parlava del dottor Frankenstein nel mondo del cinema. Il ruolo dello scienziato che non si fa particolari problemi a rubare il mestiere a Dio venne affidato a quello che era stato proclamato “miglior attore televisivo inglese del 1956”, Peter Cushing; la sua disgraziata creatura fu interpretata da un attore che fino ad allora aveva avuto qualche problema a trovare delle parti per la sua statura (metri 1,93) un po' fuori dell'ordinario: Christopher Lee.



Una curiosità: Terence Fisher, per realizzare il film, ritenne opportuno non leggere il romanzo di Mary Shelley, e lo sceneggiatore, Jimmy Sangster, ci diede appena un'occhiata veloce... E, chissà come, il film riesce a non tradire troppo il libro. Meno, comunque, del Frankestein anni Trenta della Universal.
Nel film colpiva il colore, l'Eastmancolor di cui scriveva Skal, “che Jack Asher riuscì ad elaborare - ha scritto Marco Zatterin - in mille sfumature cromatiche dal marcato sapore autunnale”. Il colore sarà la cifra distintiva di quello “stile Hammer” che raggiungerà uno dei suoi apici proprio nel Dracula del '58, in cui Asher lavorerà sul predominio del rosso, tendente al profondo porpora, e dell'azzurro tendente al turchese. Un uso del colore a cui, ad esempio (un esempio rappresentativo, ma non certo l'unico possibile), il Neil Jordan de “In compagnia dei lupi”, del 1984 (tratto dalla grandissima Angela Carter), renderà (affettuoso ed) esplicito omaggio.
Fisher in Dracula cercò di evitare campi e controcampi e si affidò ad inquadrature uniche sul bene (il Van Helsing interpretato da Cushing) e sul male (Lee/Dracula).
Amo perdutamente (quindi perversamente) questo film perché è stato il MIO primo Dracula, oltre ad esser stato il primo Dracula della Hammer. Seguirono (per me oltre che per) la Hammer una valanga di Dracula, e dunque ettolitri di sangue. In Brides of Dracula, il conte non sarà Lee, ma David Peel, decisamente un'altra cosa. Immagino lo pensassero pure Fisher ed i boss della Hammer, perché ad un certo punto l'altissimo, imponente, signor Cristopher tornò ad interpretare il malefico succhiasangue dei Carpazi in Dracula Prince of Darkness, del 1966. Lee riuscirà a rendersi inquietante pur non apparendo per metà del film. All'inizio, infatti, è solo una presenza evocata: la polvere in cui è stato trasformato da Van Helsing nel 1958.


Tanti Dracula e pure tanti Frankenstein (da The Revenge of F., del '58 a The Evil of F., del '64; da F. created woman, del '66 a F. must be destroyed, del '69; da Horror of F., del '70 a un F. and Monster from hell, del 1972, inedito da noi). E poi lo Yeti (The Abominable Snowman del 1957) la mummia (The Mummy, 1959), l'uomo lupo (The Curse of the Werewolf, 1960), il fantasma dell'opera (The Phantom of the Opera, 1962). E cosa manca alle paure che da piccoli vi facevano chiedere alla mamma di NON chiudere la porta della vostra cameretta dopo che vi aveva messi a letto la sera? Eh?
Tra parentesi: chi si ricorda di The Hound of Baskervilles, del 1959, con Peter Cushing che interpreta Sherlock Holmes?
Se mai qualcuno vi dicesse che “negli anni Sessanta la Hammer fu un po' il contraltare britannico della Factory di Roger Corman” (una Factory che, ma non saprei dire perché, a me è sempre stata molto più simpatica della Factory di Warhol), quel Roger Corman che fu “produttore a autore di mitici B-movies con Vincent Price a dare volto e corpo agli incubi nati dalla mente di Edgar Allan Poe”, beh... Mi troverebbe d'accordo.
Ma perché ho parlato tanto diffusamente di quella che venne denominata la House of Horror?
Beh, sentite un po' qua: il brand Hammer è stato acquistato da un consorzio guidato dalla holding olandese capitanata da John De Mol, che si è aggiudicato anche i 295 film prodotti in decenni di lavoro.


John De Mol, alias l'Anticristo: fondatore con Joppe Van Der Ende - che di suo è stato l'inventore (e sticazzi...) di Holiday on ice – di quella Endemol a cui è legato Il Grande Fratello, che è come dire il babbo di tutti i reality show, ovvero quel CRIMINE CONTRO L'UMANITA' perpetrato nell'ormai lontano settembre del 1997 e che da allora è stato replicato nei konzentrationslager televisivi di molti Paesi del mondo con, com'è che si dice? Ah, si: con share vertiginosi.
La prima cosa che ho pensato (ma sono sicuro che non l'avrò pensata solo io) è che è come se si fosse chiuso un cerchio: John De Mol (un grandissimo esperto di zombies: roba che Romero, al confronto, è un dilettante) si è comprato la casa degli orrori.

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