Visto l'altra sera al cinema The Hunting Party (I cacciatori). Non ho ancora deciso se trattasi di una mezza ciofeca o di un buon film di serie B.
Ma stabilirlo, alla fine, non è poi così importante.
Perché The Hunting Party è una pellicola che mi ha fatto pensare. O meglio, che mi ha fatto ricordare qualcosa.
Intanto, based on a true story, quella di Scott Anderson, un giornalista americano che, assieme ad alcuni colleghi coraggiosi come lui, si mise sulle tracce di Radovan Karadzic (mass murderer, direbbero gli anglosassoni), in Bosnia, nell'estate del 2000: a cinque anni, cioè, dalla fine del conflitto che vide l'ex psichiatra (e poeta...) dalla folta chioma alla guida della repubblica dei serbi di Bosnia e dell'esercito serbo-bosniaco. Karadžić è ricercato dal Tribunale Penale dell'Aja: contro di lui è stato spiccato un mandato di cattura per crimini contro l'umanità, la vita e la salute pubblica, genocidio, violazioni delle convenzioni di Ginevra del 1949, delle norme e delle convenzioni di guerra e omicidio.
Anderson ci arrivò molto vicino, a quel bastardo di un serbo che nessuno è ancora riuscito ad arrestare. Troppo vicino per non farsi ( e fare...) qualche domanda un po' scomoda.
Ad esempio, questa: come mai è stato così facile, per un semplice cronista, rintracciare un criminale di guerra super ricercato? Sarà mica perché che quel criminale non è poi così tanto ricercato?
Sembra assurdo? Beh, il regista Richard Shepard , in esergo al film, ha tenuto a puntualizzare che "solo i particolari più assurdi di questa storia sono veri".
Richard Gere interpreta la figura di un reporter a cui il conflitto nella ex Yugoslavia ha distrutto la vita e che spera di rimettersi in sesto con un colpaccio d'effetto: la cattura (non l'intervista, no: la cattura... Cinque milioni di dollari, la taglia) di un comandante serbo-bosniaco dalla folta chioma soprannominato la Volpe.
Ad infastidire nel film (e non poco, per quanto mi riguarda) è la rappresentazione del terribile rancore che il protagonista prova nei confronti della sua preda serba: era proprio necessario raccontare la storia della dolcissima ragazza musulmana, teneramente amata dal giornalista americano (e che aspetta pure il bimbo del giornalista americano, tanto per non farci mancare nulla), che viene assassinata proprio dagli uomini della Volpe?
Secondo me si poteva sorvolare, dai, evitando così di schiantarsi tanto malamente su certi picchi di banalità. Non bastava seguire la battuta di caccia? Non bastava seguire Gere e i suoi compagni d'avventura, così spregiudicati, incoscienti e caparbi?
Perché in The Hunting Party la guerra di Bosnia c'è. E non solo per il fatto che Shepard ha girato in quei luoghi bellissimi, con la collaborazione di maestranze locali. Di quel carnaio (e di quel mondo...) è infatti restituita tutta, ma proprio tutta, l'assurdità senza remissioni, la violenza belluina, l'atroce insensatezza. Non chiedetemi come accade (son stupito anch'io: è di Richard Shepard che si sta parlando, mica di Stanley Kubrick), ma vi assicuro che in qualche modo accade.
L'assedio di Sarajevo per me è stato un punto di non ritorno, qualcosa che ha cambiato per sempre il mio modo di vedere le cose.
Ricordate?
E' durato dall'aprile del 1992 al febbraio 1996: il più lungo assedio nella storia bellica moderna.
Si stima che le vittime siano state più di 12.000 e i feriti più di 50.000, l'85% dei quali furono civili. A causa delle uccisioni e della migrazione forzata degli abitanti, nel 1995 la popolazione della città era arrivata a 334.664 unità, il 64% di quanti ci vivevano prima della guerra.
Ricordate?
Il 2 maggio 1992 fu attuato sulla città un blocco completo, stabilito dalle forze militari serbe. Le principali strade che conducevano a Sarajevo furono bloccate, e così i rifornimenti di cibo e di medicine. Acqua, elettricità, riscaldamento furono tagliati.
Poi arrivarono i bombardamenti. Continui. Una media di 329 al giorno durante il corso dell'assedio.
Il 22 luglio 1993 si dice siano state sganciate 3.777 bombe.
Ricordate?
Io mi ricordo. Ricordo il viale dei cecchini, ricordo le persone uccise mentre facevano la fila per l'acqua, ricordo il massacro di Markale del 5 febbraio 1994, 68 civili morti e 200 feriti.
Ricordo.
Solo nel 1995, a fine agosto, dopo una seconda mattanza a Markale (i morti furono 37, allora, i feriti 90), la NATO decise di intervenire attaccando obiettivi militari serbi sul monte Igman, sulla Jahorina e sulla Bjelasnica, quelle montagne attorno alla città che nel 1984 furono teatro delle Olimpiadi invernali (nel film di Shepard si vedono gli impianti sportivi che vennero costruiti al tempo)
Pian piano i combattimenti diminuirono. Fino a fermarsi. L'accordo per il cessate il fuoco venne poi raggiunto nell'ottobre di quell'anno.
Quattro anni ci vollero, per intervenire e fermare il massacro. Quattro anni in cui si capiva benissimo chi fosse l'aggressore e chi l'aggredito. Quattro anni in cui la popolazione di Sarajevo non smise mai di chiedere aiuto. Quattro anni in cui, ogni sera, dai tiggi, ci veniva scodellata la nostra minestra quotidiana di sangue e orrori.
Io l'ho imparato ai tempi dell'assedio di Sarajevo, che il pacifismo può essere solo uno dei tanti 'ismi' del cazzo.
Un grande regista cinematografico americano che si chiamava John Huston disse, una volta, che di fronte ad un disgraziato che sta affogando si incontrano, di solito, uomini che appartengono a due categorie ben precise: quelli che si buttano in acqua per salvarlo e quelli che si mettono a fare della filosofia sulla brevità della vita umana.
Io ricordo, ricordo molto bene, le parole luride di certi filosofi nostrani, corifei del pacifismo senza se e senza ma, dal culo perennemente a paratia (purtroppo...), ai tempi dell'assedio di Sarajevo.
E ricordo che quando finalmente la NATO iniziò a bombardare le postazioni dei carnefici, come era giusto fare (perchè non c'era altro che si poteva fare per liberare Sarajevo e far cessare la mattanza: non c'era), ci fu chi andò a protestare, senza vergognarsi nemmeno un pochino, davanti ai cancelli della base americana di Aviano, il luogo da cui partivano i bombardieri.
Cominciò in quel momento a montare dentro di me il disprezzo feroce (non sto esagerando, sapete?) che provo per certi miserabili sinistri arcobaleni. Un disprezzo che non è mai cessato, e che può solo aumentare in maniera esponenziale, per quanto mi riguarda. Capite? A Sarajevo da quattro anni si moriva scannati come in una tonnara e nel momento in cui si stava mettendo fine alla strage (e alla iattanza dei serbi) certe MERDINE andavano ad Aviano a scasinare.
Furono molti i pacifisti che fecero un saltino a Sarajevo, durante l'assedio. Un nobilissimo saltino. Si facevano le loro (nobilissime) manifestazioni di solidarietà con i poveri assediati, sventolavano le loro (nobilissime) bandierine arcobaleno e poi (nobilissimi) a casa. Scortati.
I serbi ridevano. Per quattro lunghi anni, hanno riso e hanno continuato a scannare indisturbati.
Per quattro anni, ogni sera, mi è stata servita la minestra da loro cucinata.
7 commenti:
vedi Tic, io nemmeno non penso più.. condivido così intimamente cio' che pensi e scrivi che da molto tempo leggo e basta.. per favore ogni tanto scrivi anche qualcosa di cui io possa essere in disaccordo. grazie
the Grinch
Dovendo usare un'etichetta, io sono pacifico, non pacifista. Perciò se dovesse servire (e se ne avessi il coraggio) il mitra lo prenderei: nelle Langhe del '43 contro i nazi-fascisti, in Algeria contro i terroristi islamici, nella Spagna della guerra civile contro il golpe franchista, nella Cecoslovacchia invasa dai sovietici, in Israele contro i kamikaze, in Palestina contro i fanatici di Hamas, in Bosnia contro i servi di Mladic, sulla Mussa-Dagh con gli armeni contro i turchi...
Se fossi stato là e se ne avessi avuto il coraggio avrei preso il mitra, non solo la bandiera arcobaleno. http://lucianoidefix.typepad.com/
Mentre stavo leggendo questo post mi si è bloccato il computer. Mi mazo, mi taio gola
Ti adoro, Luciano.
Condivido appieno il commento di Luciano. Il pacifismo "senza se e senza ma" non mi ha mai convinto. Questo non mi ha impedito di manifestare contro delle guerre: 1998, 2001, 2003.
Nel caso di Sarajevo era necessario FARE qualcosa: lo imponeva il diritto internazionale, la razionalità, l'etica, cazzo.
Ma sul perché non si sia intervenuti prima per fermare il massacro, beh si potrebbe discutere un bel po'.
Quello che mi turba è vedere che davanti alla possibilità di un nuovo carnaio in Kosovo la nostra beneamata EU si spiaccica letteralmente sulle posizioni degli USA. I quali, mi dispiace, con i Balcani proprio non ci sanno fare. Ahiahiahi.
Poco petrolio nei Balcani?
Heh! Non c'avevo pensato.
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