venerdì 12 settembre 2008

Però, quel Italo lì, anca lù un inscì bravo fioeu...


Berlusconi ad Atreju '08, festa di Azione Giovani, raccontando del suo recente incontro con Gheddafi, se n'è uscito in questo modo: “Il Colonnello si lamentava con me del periodo della colonizzazione, pensate che loro festeggiavano il Giorno della Vendetta” (già, pensate un po', n.d.r.) “e noi non abbiamo contezza degli eccidi degli anni della colonizzazione.” (eh, no: noi non ce l'abbiamo, la contezza, n.d.r.) “Ma io gli ho detto che Italo Balbo in Libia ha fatto cose egregie, cose buone. Lui mi ha risposto che Balbo ha costruito caserme e opere pubbliche sempre per i colonizzatori e questo non andava bene”.
Italo Balbo...


Il più bel ritratto di Italo Balbo di cui io sia a conoscenza lo potete trovare in Mussolini e le donne, di Gian Carlo Fusco. Un libro, uscito per la prima volta in volume nel 1973 (in realtà in un'antologia dal titolo, alquanto curioso, di Playdux, pubblicata per i tipi di Tattilo Editore), che raccoglie materiali la cui origine si può far risalire agli inizi - tra la fine degli anni Quaranta e la metà dei Cinquanta - della carriera giornalistica e letteraria di un autore che, a parte la qualità sopraffina della sua scrittura, è stato, a giudizio di molti, il più grande narratore orale dell'Italia del dopoguerra: ripubblicato da Sellerio nel 2006, caldamente consigliato dal vostro affezionatissimo. Io ve ne regalo un assaggio, voi poi correte in libreria, intesi?


Si sapeva, infatti, che il duce aveva nominato Balbo governatore della Libia, nel '34, dopo le sue imprese transatlantiche, per levarselo dai piedi fingendo di premiarlo. Allarmato da una popolarità internazionale (specialmente fra gli italiani d'America) che minacciava di oscurare la sua. E i meglio informati non ignoravano neppure che il maresciallo-governatore era decisamente contrario all'entrata in guerra «a fianco dell'alleato germanico ». La sera del fatale 10 giugno, in un salone della sua fastosa residenza tripolina, trovandosi fra amici, aveva dichiarato: «E' il principio della fine! Mussolini ha perso la trebisonda. L'Italia verrà travolta dal crollo dei tedeschi!».
Balbo non era certo uno sprovveduto. Sapeva perfettamente che due o tre degli «amici » fra i quali si trovava quella sera erano agenti dell'OVRA, ad alto livello, incaricati di riferire a Mussolini ogni sua parola. Uno, in particolare, che gli era stato sinceramente fedele per quasi vent'anni, a partire dalle feroci scorribande squadristiche nella bassa ferrarese, ma che nel '38 era passato fra gli «ovrini» di lusso, stipendiato per spiarlo. Balbo era talmente al corrente dell'attività svolta, alle sue spalle, dal personaggio in questione, che più di una volta aveva detto: «Poveraccio! Non è mica cattivo. Solo che gli ci vogliono almeno quattro o cinque grammi di coca al giorno, e le diecimila lire al mese che gli occorrono per comprarla, in qualche modo deve pure procurarsele!». Ma nonostante la matematica sicurezza che le sue «gigionate disfattistiche» (il duce le definiva così) sarebbero arrivate, puntualmente, alle orecchie del dittatore, se ne fregava e rincarava la dose. Con crescente strafottenza. Non si faceva illusioni. Se il «carnevale mussoliniano» (parole sue) si stava avvicinando alla fine, sarebbe stata la fine anche per lui. Ma voleva, perlomeno, finire in bellezza. Da perfetto
playboy. Perché la sua vera natura, sotto la crosta del potere politico e della gloria aviatoria, era rimasta quella di un playboy. Passato, col trionfo del fascismo, dallo squallore velleitario della provincia ai fasti nazionali. E lo dimostra il fatto che quando, nella primavera del '40, la principessa A.d.F, sua «favorita» del momento, gli chiese: «Di' un po', Titì, qual è il personaggio dell'antica Roma che ammiri di più? Cesare?».
«No!” rispose.
«Marc'Aurelio?».
«Nemmeno!».
«Ho capito! Forse è Costantino. Perché nel '33, quando sei tornato dalla trasvolata, sei passato, in trionfo, sotto il suo arco» .
«Me ne fotto di Costantino e del suo arco, amica mia! Se ci tieni proprio a saperlo, l'unico personaggio della romanità per il quale provo ammirazione e simpatia è Petronio Arbitro!».
E cos'era stato Petronio, se non uno splendido
playboy, che aveva pagato con la morte il lusso di sfottere Nerone? Così come lui, ora, rischiava forse la vita, sfottendo Mussolini.
Balbo morì a 44 anni. Li aveva compiuti 22 giorni prima, il 6 giugno. Aveva fatto la grande guerra negli alpini e alla fine del '18, a 22 anni, era stato smobilitato col grado di capitano. A differenza di tanti altri reduci, aveva subito ripreso gli studi. Nel '20, a Firenze, si laureò in scienze politiche. Era laico, mazziniano, professava idee liberali ad oltranza. Con quel ciuffo ribelle sulla fronte e quel pizzetto aggressivo, aveva qualcosa di ottocentesco, di romantico. Tant'è vero che «madama» Saffo, proprietaria del miglior casino di Firenze, tutto specchi e velluti, lo chiamava «il mi' bel Mameli». Ma lui, a dire il vero, dalla Saffo ci andava molto di rado (anche se la signora era disposta a fargli credito di qualche marchetta) perché era sempre a corto di lire. E forse fu proprio per la micragna, più che per un'improvvisa conversione politica, che accettò, nel 1921, l'offerta dei grossi terrieri padani, diventando segretario del fascio per Ferrara e provincia. Duemila lire, a quei tempi, erano lo stipendio di un generale. Se le guadagnò. Capitanando, quasi ogni giorno, cialtronesche spedizioni contro le leghe contadine e le cooperative, rosse e bianche, nella pianura nebbiosa che si stende fra il Po e Ravenna. I «play-teppisti» ai suoi ordini si chiamavano Olao Gaggioli (detto «Sciagura»), Arturo Breviglieri, Lorenzo Gambi, Franco Gozzi, Umberto Pedriali.... Il fior fiore dello squadrismo ferrarese, raccolto nel cosiddetto «Celibano». Un circolo riservato ai fascisti provatamente capaci di tutto, i cui iscritti avevano in tasca una tessera di pelle impressa a fuoco. Pelle di porco. Che, però, simboleggiava quella dei «porci sovversivi». Inutile dire che i «celibanisti», fra una spedizione e l'altra, tenevano le loro assemblee sociali nel distinto casino gestito da «madama» Marion. L'unica donna che avesse ricevuto,
ad honorem, la famosa tessera di pelle.
Dopo la marcia su Roma, il quadrumviro Balbo, in continua ascesa, cominciò ad incontrare sempre meno e sempre meno volentieri gli scagnozzi che gli avevano dato manforte negli anni della «vigilia». Nel settembre del '29, quando festeggiò, da vero «playras», la sua nomina a ministro dell'aeronautica, riunendo a Forte dei Marmi circa duecento amici (belle amiche, soprattutto), per un movimentato fine settimana «a porte chiuse», non un solo esponente della vecchia guardia ferrarese fu della partita. E nel 1933, allorché, reduce dalla seconda trasvolata atlantica, incontrò, in un salotto romano, la giovane attrice che poi doveva diventare la sua amica, sentendo che parlava con lievissimo accento emiliano, le chiese, in tono palesemente allarmato: «Dica un po'! Lei non sarà mica, per caso, di Ferrara o dei dintorni!».
«Ma no! Sono di Modena!».
«Meno male!».


Avrete notato, immagino, quante baldracche compaiano in questo brillante resoconto. I fascisti, si sa, quando non sono dei tragici omosessuali repressi, sono animali da casino. Gente tosta, virilissima: gente che è abituata a pagarle, le donne, eccheccazzo!
Un po' come il nostro Maschio Dominante, cav. Berlusconi Silvio, dite voi? Mah...
Balbo fu mandato da Mussolini, infastidito dalla sua popolarità, a «fare le sabbiature» (si espresse proprio così, quel Maschio Dominante degli italiani di tanti anni fa) in Libia, venendo in questo modo relegato ai margini del PNF.
Gli giravano i coglioni, parlando del suo vecchio capo banda. Una sera, nel 1938, durante uno dei suoi splendidi ricevimenti, disse: «Nel 1911, i socialisti, contrari alla guerra italo-turca, definirono la Libia “uno scatolone di sabbia”. Fra quei socialisti c'era anche Mussolini. Il quale mi ha mandato qui proprio per inscatolarmi. Ma ha sbagliato! Perché stando a Roma, potevo rompergli, al massimo, le scatole. Mentre qua posso rompergli addirittura lo scatolone!».
Spendeva e spandeva alla grande: fu lui il primo ad essere soprannominato “Sciupone l'Africano” (poi toccò ad Emilio Fede quando faceva l'inviato RAI nel continente nero, alle falde del Kilimanjaro). Ci rideva su, «orientando il pizzo, come l'ago di una bussola, in direzione di Roma».
Un giorno, scherzando con Orio Vergani su Allegria di naufragi di Ungaretti, disse: «Anch'io mi preparo a naufragare allegramente!».
Italo Balbo morì alla fine del giugno 1940, quando il suo “S61” venne centrato per errore dalle nostre batterie antiaeree nel cielo di Tobruk. Conclude Gian Carlo Fusco che «forse, il suo naufragio personale, (...) fu assai meno allegro di quanto avesse sperato. Ma gli evitò, perlomeno, la tragedia convulsa e insensata del naufragio collettivo nell'aprile del '45. Un vero playboy finire nella death-fair di piazzale Loreto? Giammai!».


Per un approfondimento sul periodo ferrarese di Italo Balbo, vi rimando a Mimmo Franzinelli e al suo bellissimo (e utilissimo...) Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922
Vi si racconta, tra le altre cose, anche di Tommaso Beltrani, promotore del fascismo ravennate, chiamato a Ferrara da Balbo, di cui divenne luogotenente per attuarne “le inflessibili direttive”. Ovvero, botte, botte, botte e sempre botte; botte, botte, botte in quantità.
Nel giugno del 1923 “Balbo lo designa segretario della federazione di Ferrara, carica dalla quale è estromesso il 30 aprile 1924, essendosi trovato in minoranza nelle lotte di corrente”. Emarginato da ruoli direttivi, si vendica consegnando ai Repubblicani, in cambio di 7000 lire, “un corposo dossier, assai compromettente per Balbo (...) che ventilava sue corresponsabilità nelle violenze culminate nell'assassinio di don Minzoni”.
Gli eredi Balbo, va detto, si incazzano sempre molto se qualcuno adombra delle responsabilità dirette da parte del loro congiunto nel delitto Minzoni.
A me piacerebbe un sacco, però, se qualcuno (magari proprio un prete) spiegasse pubblicamente a Silvio Berlusconi chi era Giovanni Minzoni. Così, tanto per vedere l'effetto che fa.


P.S.
Di Gian Carlo Fusco, grandissimi anche Guerra d'Albania e Le rose del ventennio, entrambi Sellerio, e il formidabile Duri a Marsiglia, Einaudi.
Se poi, come prevedo, per Fusco impazzirete, leggetevi anche L'incantatore. Storia di Gian Carlo Fusco, firmato dal bravissimo Dario Biagi e pubblicato da Avagliano Editore: una biografia che è un romanzo. E di quelli avvincenti.
Soddisfatti o rimborsati, eh!

15 commenti:

tic. ha detto...

P.P.S.
Naturalmente lo so benissimo, che a Berlusconi non gliene frega un cazzo di Giovanni Minzoni.
E nemmeno di Italo Balbo, a dirla tutta.
A Silvio Berlusconi, infatti, importa solo di Silvio Berlusconi.
Si faceva per dire, quindi.
Tanto, talkischeap...

Zimisce ha detto...

Ma tanto ormai si fa tutto per parlare. Il mimetico ministro della difesa straparla a destra e a manca (soprattutto a destra) anche di cose che esulano il suo incarico, e non si esime di insegnarci che i bravi ragazzi della Decima van onorati perché credevano in un ideale.

Ah-ha. Come Baffone, insomma.

Anonimo ha detto...

Atreju era il nome del protagonista della Storia Infinita!
Mumble mumble... Storia Infinita... che ci sia un rimbalzo di magia in tutto ciò? Fate attenzione ai segni...

Zimisce ha detto...

I fasci vanno matti per il fantasy. E' bello rifugiarsi in un mondo immaginario in cui le principesse te la danno quando nella realtà sei uno sfigato. Scusate la prosaicità da terza media.

Anonimo ha detto...

Per Zimisce: L'Infanta Imperatrice NON la dava in giro. Non se che genere di principesse frequentavi tu nella tua fantasy...

tic. ha detto...

Detesto la fantasy.
Con tutta l'anima.
Sarà per questo che disprezzo i fasci?

Anonimo ha detto...

Lo so ben io!
Riguardo all'invisione di tic per il fantasy, si, ne ho un ricordo bello chiaro: un cinema di qualche anno fa, presenti 4 degli scriventi di questo blog. Tre gradirono la visione, non il padrone di casa, che si mangiò durante il film, per noia credo, un sacchetto di minimars preciso preciso, commentò quanto basta il suo disappunto durante tutta la durata dello stesso e si alzò alla fine lasciando un cesso di cartine di minimars sotto la sua poltrona.
VA DETTO che il finale del film in questione fu UN PELO tirato per le lunghe motivo per cui gli furono date le attuananti generiche.

Anonimo ha detto...

Attenuanti generiche 'sta gran cippa!

Ar patibbolo, ar patibbolo!

Anonimo ha detto...

Sì, guardare il Signore degli Anelli con sottofondo di bestemmie non fu grande esperienza...

tic. ha detto...

IL SIGNORE DEGLI ANELLI di Peter Jackson?
Mamma mia.
Piuttosto che rivederlo, preferirei partecipare ad una delle sardanapalesche feste tripoline di Italo Balbo.
E preferirei pure essere bastonato senza pietà da una delle squadracce di Italo Balbo, ras di Ferrara.
Mamma mia. Mamma mia.

Anonimo ha detto...

Mamma mia deli Abba?
C'è il film in uscita. Ti porterò a vederlo.

Anonimo ha detto...

Sorry, "degli Abba" nel commento precedente.

tic. ha detto...

Col cacchio che ci vengo!

giulio garufi ha detto...

certo che almeno l' aereo su cui volava Balbo il 28 giugno potevi azzeccarlo, Savoia Marchetti SM.79

Bellarmino ha detto...

Gozzi morì nel 1920, come faceva nel '21 a fare le scorribande con Balbo?