mercoledì 30 settembre 2009

Parole celebri dalle mie parti (n.71)


Date a Cesare quel che è di Cesare: ventitré pugnalate.

(Gino Patroni)

martedì 29 settembre 2009

Sapesse, contessa...

Non so se quelli che reggono di questi tempi le sorti della casa editrice Einaudi pensino che il libro sia una merce scadente.

Mi auguro di no e perciò fa un po' specie che L'oblio che saremo, di Héctor Abad, un'opera uscita da un paio di settimane e di cui si dice un gran bene, abbia la stessa copertina di I figli e i padri, la raccolta dei tre romanzi – Luce del Nord; Colpa di nessuno; L'amico di infanzia – che ci ha lasciato il povero Sandro Onofri, pubblicata da Baldini Castoldi Dalai editore qualche mese fa ma ancora in libreria.
In quella che frequento io, Abad e Onofri stavano sullo stesso scaffale, lo scorso venerdì pomeriggio: ad appena tre metri di distanza l'uno dall'altro.

Lo so, lo so che ci sono problemi più seri (ci sono sempre problemi più seri dei miei, in realtà) ma insomma... come dire... tutto ciò non mi suona granché bene, ecco.
Sarà solo una mia fisima e comunque, già che ci siamo, come mai tanti refusi nei libri, da un po' di tempo a questa parte? E non sto parlando di carneadi dell'editoria, ma di realtà con un pedigree tanto: da Donzelli a Bruno Mondadori, da Bollati Boringhieri a... no, Adelphi non potrei dire: non ne sono sicuro, in effetti. E insomma...
Provo un fastidio fisico, io, a veder trattati male i libri, sapete?
E mi capita troppo spesso, ultimamente, di assistere ad autentici scempi.

giovedì 24 settembre 2009

Anche tic come un parlamentare papista del piddì!

Ho un problema di coscienza.

Aiutatemi a uscirne, su...
Dovreste, per favore, impiccarvi alle mie idee.

martedì 22 settembre 2009

Il Circo Volante del Partito Democratico


E il Congresso del famoso Partito Democratico va, come la famosa nave di una volta.
Propulso da un dibattito veramente appassionante. Esaltante, a tratti.
Un dibattito che gira attorno a un unico argomento (due forse sarebbero stati troppo, per noi militanti: ci avrebbero probabilmente disorientato), ovvero il nostro buon partito.
Come dovrebbe essere, il nostro buon partito, per affrontare le sfide sempre più impegnative che questo nostro tempo liquido (noi, vedete, l'abbiamo letto, Zygmunt Bauman) ogni giorno ci lancia?
Dopo quanti appuntamenti sarà occhei lasciarsi un po' andare, con il nostro buon partito, così da non esser giudicati troppo leggeri?
Quand'è che lo presenteremo ai nostri genitori, il nostro buon partito?
Tant'è.
L'opposizione a Silvio Berlusconi, ormai si sarà capito, non è in cima ai nostri interessi: se ne possono tranquillamente occupare il quotidiano la Repubblica o il Presidente della Camera dei deputati, onorevole Gianfranco Fini.
Perché noi ci occupiamo - da molti mesi, ormai - del nostro buon partito e basta. Con infinita amorevolezza e profondissima dedizione.

Noi siamo le Florence Nightingale della nostra irrilevanza.


Il regolamento del Congresso del nostro buon partito credo sia stato scritto dai Monty Python.

Fino al 30 settembre voteranno i tesserati al PD.
Il giorno 11 ottobre si terrà la prima riunione congressuale per valutare “i requisiti dei candidati” (ovvero, se capisco bene, per valutare se i candidati alla segreteria del nostro buon partito non siano per caso iscritti, vedi mai, alla Lega Nord o alla Fiamma Tricolore invece che al PD) e la loro posizione ai nastri di partenza (ovvero, dei candidati, chi è arrivato primo, chi secondo e chi terzo tra i tesserati).

Il 25 ottobre avranno luogo le ormai leggendarie primarie, che potrebbero in teoria ribaltare il risultato ottenuto dai candidati nelle sezioni, ops: nei circoli del nostro buon partito. Sul serio, eh... E nel caso ciò avvenisse, vi starete senz'altro chiedendo? Se, ad esempio, la maggioranza assoluta dei tesserati dirà Bersani y el lindo pueblo de le primarie, invece, darà la maggioranza assoluta a Franceschini, che cosa accadrà? Semplice: accadrà che la maggioranza dei tesserati al nostro buon partito non potrà far altro che prendere la sua ricca tessera del PD, farla a pezzettini minuscoli, mescolarla con del trinciato forte e fumarsela nella pipa. Quella, precisamente quella, sarà infatti l'unica cosa che ci si potrà fare, con la suddetta tessera, nel caso che: fumarsela, e buonanotte ai suonatori. L'iscritto al partito non conta una fava, insomma, di fronte al lindo pueblo de le primarie: così vuole il regolamento dei Monty Python, che altro non è che una simpatica bomba a orologeria piazzata dai suddetti sotto il culo del PD.

Ma, attenzione, mica è finita qui: se nessuno dei tre candidati alla segreteria otterrà il 51%, infatti, si andrà al ballottaggio. Però solo nell'assemblea nazionale del nostro buon partito. Sceglieranno i notabili, per intenderci. Il famoso apparato.
Come dite, voi? Dio rende folli coloro che vuole perdere?
Ma no, ma no, suvvia: questa non è mica una cosa seria, dopotutto...

È solo il PD.

lunedì 21 settembre 2009

Al calduccio sotto le mie copertine (n.11)

John Prine, The Missing Years, 1991

Hamburgers, cheeseburgers
Wilbur and Orville Wright
John Garfield in the afternoon
Montgomery Clift at night
When the static hit the mouthpiece
Gave way to the sound below
James Dean went out to Hollywood
And put his picture in a picture show.

domenica 20 settembre 2009

XX settembre 1870


Si ringraziano sentitamente i papisti: senza il loro aiuto, infatti, noi relativisti etici non ci saremmo mai ricordati di celebrare l'anniversario della breccia di Porta Pia.
Ci hanno dato un po' di ossigeno, gli amici: diciàmocelo.
Bravi! Continuate così e magari, fra qualche anno, ci ricorderemo di celebrare degnamente pure il genetliaco dell'imperatore Diocleziano.
Ve lo ricordate Diocleziano, sì?

venerdì 18 settembre 2009

Apocalypse Now (di Francis Ford Coppola)


Noi addestriamo dei giovani a scaricare Napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere "cazzo" sui loro aerei perché è osceno.

mercoledì 16 settembre 2009

People who died

Ieri ho appreso la notizia della morte di Jim Carroll.
La prima volta che ne sentii parlare fu sul Mucchio Selvaggio (lo avreste mai detto?).
Era il 1982, il disco recensito si chiamava Dry Dreams: una bellissima copertina di letti sfatti in qualche camera newyorkese, un rock'n'roll duro e quadrato ma pure elegante la sua parte (il giro era quello di Patti Smith - grande amica di Carroll - e dei Blue Öyster Cult), un ragazzo cattolico in attesa della sua redenzione, una poesia da marciapiedi e vicoli bui, estrema propaggine della Beat Generation nell'epoca del punk rock e della new wave.
Ricordo che un paio di anni dopo chiesi al mio amico Lorenzo, che aveva la fortuna - beato lui - di potersene andare in vacanza a New York, di comprarmi The Basketball Diaries, il bildungsroman di Jim Carroll tra pallacanestro, droghe pesanti e marchette per procurarsele. Il libro venne tradotto in italiano solo molto più tardi.

Questo solo per dirvi che, tra ieri e oggi, ho pensato spesso al 1982, al mio primo anno di liceo, a Jim Carroll, a quel suo disco dal titolo inquietante – Dry Dreams, i sogni asciutti: ovvero la crisi d'astinenza – e a quella canzone meravigliosa che si chiamava Rooms (ricordo che Mauro Zambellini, sul Mucchio, ne parlò come della più bella drug song dai tempi dei Velvet Underground e aveva ragione, ostia se ce l'aveva) che, in quei tempi da vinile, ascoltai fino a consumarne i solchi.
Sia lieve la terra a Jim Carroll.

You're passing,
I hear your shadow through the door
It's outlined on my shade
Like a map of some foreign shore
If I could keep that shadow,
I could live forever in these

Rooms, the rooms inside my dreams . . .
And dreams have kept me in these rooms

I've never seen her face
But I've memorized each sound . . .
The way the wind meets grace
When its shadows pull her gown

But I could never hear the whispers,
Voices cannot reach my room

I live inside my dreams, and dreams
Have locked me in these rooms

I have no sense of time,
Or even night and day.
I left my body
Somewhere, somehow it
Just got in the way

I guess I always knew
These rooms would all lead back to you.

martedì 15 settembre 2009

Parole celebri dalle mie parti (n.70)


"Viviamo in un periodo di transizione. Come sempre, del resto."

(Ennio Flaiano)

domenica 13 settembre 2009

Contro la gente

La prematura dipartita del famoso presentatore televisivo Mike Bongiorno ha generato un'onda davvero impressionante (ma nient'affatto anomala, in questo Paese) di melassa, retorica e cazzate: un'onda che in un paio di giorni quasi tutti ci ha travolti.
Ieri, i funerali. Di Stato: come per il giudice Falcone. E dite, dite, su: poteva essere altrimenti, nel felice reame di Berlusconia?

In Piazza del Duomo, a Milano, il famosissimo presentatore televisivo è stato salutato da Fiorello (“Mike ci indicherà la strada”), Fabio Fazio (“Mike era un uomo autentico, onesto, una persona per bene”), Pippo Baudo (“l'idea che tu non ci sia più, Mike, non riesce a convincermi”) e Silvio Berlusconi (“in questi anni Mike mi ha sostenuto nella mia fatica al servizio degli italiani”). Peccato non fossero presenti materialmente in loco (in spirito c'erano senz'altro, lasciatevi servire) Adriano Celentano e Walter Veltroni: chissà le belle parole che ci siamo persi sul diritto degli ignoranti di restare ignoranti e sul senso della memoria in questo Paese “addolorato, sfortunato, e però straordinario”...
Io, per me, in tutto 'sto uragano di lacrime e profonde emozioni, mi sento di ringraziare Paolo Villaggio e Valerio Magrelli.

Il malvagio attore genovese ha avuto l'incredibile ardire di dichiarare, a salma del famosissimo presentatore televisivo ancora calda, che “le grandi perdite per l'Italia sono state altre: quelle di Pasolini, Fellini o Moravia, per esempio”.
Sulla stessa linea (alquanto impietosa, come no) il poeta (conosciuto solo da quattro gatti, proprio in quanto poeta: mica come il Mike, che lo conoscevano tutti) Magrelli: “Un giorno di lutto per la nostra decenza di cittadini: i valori più profondi della nostra società sono affidati alle soubrettes, piuttosto che agli studiosi”.

Grazie, grazie di cuore.
E non incazzatevi, o voi che leggete: ormai lo sapete, son fatto così...




P.S.
Intanto Alice, una ragazza che conosco, se ne va per tre anni all'Imperial College, a Londra, a far ricerca: questa cosa la chiamano, mi pare, “fuga dei cervelli”.
Dice: “ma da cosa staranno mai scappando, tutti 'sti cervelli in fuga?”.
Volete la mia?
Stanno scappando da 'sta merda di piazza, stanno scappando. Ecco da cosa.

venerdì 11 settembre 2009

Home of the Brave, Land of the Free

Barack Obama: “In nessun'altra democrazia moderna, in nessun'altra altra nazione sviluppata accadono cose simili”.
Quali cose?
Beh... per esempio... sono 46,3 milioni gli americani che non hanno alcun tipo di assistenza sanitaria.
Poi, vediamo... questa è carina: 8,1 milioni di bambini, negli U.S.A, non hanno diritto alle prestazioni sanitarie.
Infine... così, tanto per gradire... il 13,2% degli statunitensi vive sotto la soglia di povertà.
Il capogruppo dei Repubblicani alla Camera, John Boehmer, accusa il Presidente Obama: “È salito in cattedra per l'ennesima lezione” (a quelli di Destra, si sa, non piacciono per niente, i sapientoni).
Che dire?
Solo questo: negli Stati Uniti, in questo momento, è chiarissimo che cosa sia Destra e che cosa sia Sinistra – e adesso, lo so, mi arriveranno delle simpatiche reprimende da qualche caro compagno, del tipo: “I Democratici americani sarebbero SINISTRA? Ah ah ah: che buontempone!!! Stai bene, sì?”. E si capisce, come no: in Italia, noi di Sinistra, mica siamo di bocca buona! Abbiamo tutti quanti il palato fine, invece.
In compenso, dalle nostre parti, dove (volendo...) si può comprendere altrettanto bene che negli States cosa sia Destra, nessuno è in grado di dire che fine abbia fatto la Sinistra.
Magari è una domanda futile, per carità.
O forse l'Italia è un Paese di giusti e allora... sapete com'è... in un Paese di giusti a che serve, la Sinistra?


mercoledì 9 settembre 2009

Meni Sve - Vama Ništa

Dall'ultimo numero di Internazionale, pagina 13.
«Joško Risa è il nuovo sindaco della cittadina croata di Prolozac. Ha vinto le elezioni presentandosi con lo slogan: “Tutto per me. Niente per voi”.
“I politici ci fregano comunque”, ha dichiarato Ivan Vjisnic, 57 anni, “almeno Joško lo ammette"».

Ed eccolo qui, il nostro Joško, bello come un dio greco!

Da principio non ci volevo credere, ma egli esiste davvero: è bastata una banalissima ricerca in Internet, per appurarlo.
Non ho nessun commento da fare.
Mi limito a pubblicare la celebre foto di Benjamin Péret che offende gratuitamente un prete. Pare sia stata questa immagine a spingere Luis Buñuel a farsi Surrealista. Altri tempi...


domenica 6 settembre 2009

Al calduccio sotto le mie copertine (n.10)

The Who, Who's next, 1971

I'll tip my hat to the new constitution
Take a bow for the new revolution
Smile and grin at the change all around
Pick up my guitar and play
Just like yesterday
Then I'll get on my knees and pray
We don't get fooled again.

sabato 5 settembre 2009

Manu Larcenet, poeta

“I fatti, quando sono diventati irrimediabili, mi lasciano indifferente”.
Così il Duca di York nel Riccardo III di Shakespeare e ditemi voi se queste parole non potrebbero andar bene in esergo a qualche libro di storia dell'Italia contemporanea o magari sulla pietra tombale di una nazione che, nell'indifferenza dei più, ha smesso da tempo di esistere come nazione...
Una via d'uscita da 'sta palude di menzogne, chiacchiere, frasi fatte, luoghi comuni, futilità e cazzate non si riesce proprio a intravvederla. Per quanto mi riguarda, è inutile sperare nella politica in generale e nella politica della Sinistra in particolare: non dico che sia ormai inutile, dico che in questo momento è inutile. Forse, se e quando la serietà e l'umiltà torneranno ad essere considerate delle qualità, a sinistra, e non delle prove a carico, magari, ecco...


La vera disperazione pone questioni così cruciali che non riesce ad adattarsi a nessuna ideologia...
La truffa ideologica è quella di voler convincere la gente che esiste una verità. La realtà, allora, non conta più se non nella misura in cui può conformarsi a quella verità.
Eppure la povertà o le metastasi, per esempio, sono abissalmente indifferenti al Dow Jones o alla linea di un partito...
Qualcuno di certo obietterà che lo sono altrettanto alla poesia, e invece si sbaglia.
Svincolata da ogni logica, la poesia è l'unico modo libero che abbiamo per cogliere quello che davvero conta.
Depardon, Brassens, Miyazaki, Bonnard, Jarmusch, Sempé, Tom Waits, Cézanne, i Monthy Python, Monet...
...Brel, Desproges, Paul Klee, Cartier-Bresson, Bruce Springsteen, Céline, Harvey Keitel, Baudelaire, Van Gogh...
...la poesia ripaga di tutto.


Ho appena finito di leggere il secondo, e conclusivo, volume de Lo scontro quotidiano, di Manu Larcenet (Coconino Press), e mi permetto di consigliarvelo se siete tra coloro i quali pensano che la poesia sia l'unica bussola che abbiamo per orientarci in questo mondo di carogne e dementi.
Non lo so se ho amato così tanto questa storia perché (un po') assomiglio a Marco, il protagonista, o perché Marco - con le sue convinzioni e le sue contraddizioni, con le sue paure e le sue passioni, in una parola, con la sua umanità – assomiglia (più di un po') ad alcune persone che amo molto.
So però che Manu Larcenet – ex squatter a Parigi, ex skinhead ma di quelli rossi, attualmente disegnatore di fumetti al cui lavoro la psicanalisi è indispensabile, “perché disegnare è un processo spossante, che ti toglie energie e ti sottrae la vita stessa. Il dolore quotidiano che riaffiora sulla carta” - Manu Larcenet, dicevo, è un poeta di quelli veri.

Ma forse ho amato così tanto questa storia (in apparenza, ma solo in apparenza, molto francese) perché Marco è nato, come me, in una città che ospita un cantiere navale (o in un cantiere navale che ospita una città: dalle mie parti non si è mai capito bene, dalle sue non so), solo che il cantiere della città di Marco alla fine l'hanno chiuso e al suo posto, come dice l'operaio Pablo, “...di sicuro faranno una roba alla moda... ...una stazione balneare... un villaggio turistico... uno stadio olimpico... uno space mountain! Un Disneyland!! ...comunque sia, non una roba per noi”, poveri operai che votano per Le Pen perché la Sinistra non c'è più (“a me, trentacinque anni di militanza m'hanno ridotto in poltiglia le idee! Non è un bel paradosso?”) e se c'è fa proprio pena e allora finisce che “la verità è che il primo che passa e che mi dice che le cose possono cambiare, beh, io voto per lui”. Il primo che passa, povera Sinistra... poveri noi.
E insomma, Le combat ordinaire parla di un sacco di cose importanti che nella borsa valori di questo nostro tempo infame rappresentano poco o niente: la dignità del lavoro, la responsabilità di ognuno di noi per il modo in cui le cose vanno (o non vanno) nel mondo, la cultura, l'arte.
È un libro (due, via...) tanto serio da far ridere, tanto buffo da far male (questa non è mia, ma è come se lo fosse), sempre commovente e mai retorico.
Vi pare poco, per 34 miseri euri (17 + 17)?

giovedì 3 settembre 2009

Dino Boffo


Colpito, affondato.
Ora la domanda è: saran riusciti a educarli, quei famosi cento?

martedì 1 settembre 2009

The Night of the Hunter (di Charles Laughton)


- "Di che religione siete, pastore?"
- "Di quella che io e il buon Dio abbiamo arrangiato insieme".