mercoledì 3 ottobre 2007

Luzzati a Venezia




Lele Luzzati è morto nella sua città, Genova, nel “Giorno della Memoria”. Un infarto in casa, a 86 anni.
“La mia passione – ebbe a dire una volta – la metto nelle scene, nelle ceramiche, nei costumi, in tutte le cose che faccio”.
Al suo mestiere c'era arrivato per caso. Appena diplomato, dovette fare i conti con le leggi razziali del Fascismo. Si trasferì perciò a Losanna, dove frequentò l'Ecole des Beaux Arts. Fu lì che mise in scena “Lea Leibowitz”, dramma ispirato ad una leggenda ebraica scritto e diretto da Alessandro Fersen. “C'erano pochissimi soldi, mi dissero di arrangiarmi: le mie scenografie povere, fatte di ritagli, specchietti e pezzi di stoffa, sono nate così”.
In Italia ritornò alla fine della guerra. Alternava l'attività di illustratore, quella di decoratore e ceramista e quella di scenografo e costumista. Negli anni Cinquanta con Elsa Albani, Ferruccio De Ceresa e Alberto Lupo formò il nucleo attorno a cui nascerà il Teatro Stabile di Genova.
Restò a vivere a Genova anche quando venne chiamato a realizzare le scenografie alla Scala (e posso capire. Se avete visto Genova, e anche solo immaginato Milano, potrete capire anche voi).
Con Aldo Trionfo inventò la “Borsa d'Arlecchino”, un locale aperto nei sotterranei della Borsa genovese dove, ai loro inizi, passarono ragazzi che si chiamavano Carmelo Bene e Paolo Poli (non ho scritto “inizi di carriera” per rispetto innanzitutto alla memoria di Bene. Che non credo abbia mai neppure pronunciato la parola “carriera”).
Del 1960 è il sodalizio di Luzzati con Giulio Gianini, e pure il loro primo cartone animato dal titolo “I paladini di Francia”. Nei primi anni Sessanta nacque anche la “Compagnia dei quattro”: Luzzati era uno, gli altri tre si chiamavano Franco Enriquez, Valeria Moriconi e Glauco Mauri. Una ventina le scenografie a sua firma.
Lunghissimo fu poi il sodalizio con Tonino Conte, al “Teatro della tosse”. Teatro instabile, “volutamente instabile”. E prima e durante un sacco di illustrazioni, su centinaia di libri. Pensando a Lele Luzzati a me vengono in mente i titoli di testa de “L'armata Brancaleone”. E quelli di “Sorgente di vita – Rubrica di vita e cultura ebraica”, una delle poche cose che seguivo volentieri alla televisione (la programmava la RAI, ad ore antelucane).
Li conoscete i suoi Pulcinella (con i gendarmi a marcarli stretto), i suoi cavalieri, i Papageno e Papagena, si?
Io ho due litografie di Luzzati, a casa mia. La prima (“La scuola rabbinica”) l'ho acquistata il 20 gennaio di quest'anno, dunque pochi giorni prima che il Maestro morisse, a “La Stamperia del Ghetto” del signor Enzo Aboaf. A Cannaregio. Ghetto di Venezia, per capirci. Se amate anche voi Lele Luzzati, fateci un salto. Magari di domenica. Gli ebrei, almeno quelli osservanti, non chiudono bottega, di domenica. E il signor Aboaf è un uomo molto simpatico.

2 commenti:

Anonimo ha detto...
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barone von furz ha detto...

tu compravi luzzati ed i monfalconesi decidevano del loro futuro e delle scovasse...vergogna!!!...un brindisi da barone von furz