sabato 12 aprile 2008

Di taumaturgia ed altre meraviglie


“Il 16 giugno 1944 ventisette francesi, ventisette patrioti, estratti dalle celle di Montluc, venivano condotti in un campo, in località detta Les-Roussilles, sulla via fra Trévoux e Saint-Didier-de-Formans, a venticinque chilometri circa a nord di Lione. C'era fra loro un uomo anziano, con i capelli grigi, dallo sguardo vivo e penetrante. Vicino a lui – scrive Georges Altman, in un articolo commovente apparso sui Cahiers Politiques – vicino a lui cammina un ragazzetto di sedici anni, che tremava: “Mi farà male...” Marc Bloch gli strinse affettuosamente un braccio e gli disse: “Ma no, figliolo, non farà male...” Cadde gridando per primo: “Viva la Francia!”.
Così fu annientato da pallottole tedesche uno dei più grandi spiriti di quell'Europa che non era, per lui, un'etichetta, ma una realtà vivente. Così morì un grande francese”.
Parole di Lucien Febvre. Ho voluto pubblicarle in talkischeap, e mi scusino, se possono, eventuali lettori di destra: sono parole che, mi rendo conto, grondano retorica resistenziale (in salsa francese, ma tant'è) come se piovesse. Proprio quell'orribile retorica resistenziale da cui i libri di storia in uso nella Scuola italiana dovrebbero essere purgati secondo l'opinione di Marcello Dell'Utri, raffinato intellettuale della Magna Graecia.
Marc Bloch è stato uno storico straordinario, uno dei più grandi del XX secolo: cofondatore, nel 1929, e condirettore, proprio assieme a Lucien Febvre, della rivista Annales, che rinnovò i metodi dell'indagine storica. La sua fama è legata soprattutto al suo primo vero libro, il cui titolo in francese suona così: Les rois thaumaturges. Etude sur le caractère surnaturel attribué à la puissance royale, particulièrement en France et en Angleterre (1924). In italiano, I re taumaturghi.
Va detto (ed è forse stato detto poco) che lo storico lionese è stato autore di altri libri importantissimi, come La società feudale, I caratteri originali della storia rurale francese, Apologia della storia o Mestiere di storico (pubblicato postumo, a cura di Febvre, nel 1949).
Jacques Le Goff considera I re taumaturghi l'opera che fonda l'antropologia storica: “Quello che Marc Bloch ha voluto fare è, insieme, la storia di un miracolo e della credenza in questo miracolo. D'altra parte, i due temi, in misura maggiore o minore sono mescolati tra loro. Marc Bloch ha dimostrato che il miracolo esiste a partire dal momento in cui si può (non c'è determinismo in Marc Bloch ma correlazioni razionali tra i fenomeni storici, senza identificazioni hegeliane tra il razionale e il reale) crederci e tramonta e poi sparisce da quando non ci si può più credere”.
Il miracolo di cui racconta Bloch è quello del re, il rito del tocco, “nato in Francia intorno all'anno 1000, in Inghilterra circa un secolo più tardi” e scomparso prima in Inghilterra, nel secondo decennio del Settecento (ovvero nel momento in cui si insediò sul trono britannico la dinastia tedesca degli Hannover), poi in Francia il 31 maggio 1825, quando Carlo X, dopo la sua consacrazione, fu l'ultimo re di Francia a toccare gli scrofolosi.
Con il termine di écrouelles, o più spesso con quello di scrofule (forma dotta del primo. Le due denominazioni, la popolare come la dotta, provengono dal latino scrofula) i medici designano l'adenite tubercolare, ossia le infiammazioni delle linfoghiandole causate dai bacilli della tubercolosi. Scriveva Bloch: “le linfoghiandole più facilmente intaccate dalla tubercolosi sono quelle del collo, ma quando il male si sviluppa inesorabilmente e si producono suppurazioni, può benissimo sembrare colpito il viso: di qui la confusione , che appare in molti testi, fra le scrofole e le varie affezioni del viso o anche degli occhi. Le adeniti tubercolari sono ancora oggi molto diffuse; quanto lo erano dunque un tempo, in condizioni igieniche nettamente inferiori alle nostre?”.
Le scrofole erano un male raramente mortale, ma molto fastidioso: perché potevano sfigurare chi ne era colpito. Inoltre, le suppurazioni dovevano essere particolarmente ripugnanti: le piaghe, infatti, di solito spargevano un odore fetido.
I malati, possiamo immaginarlo, desideravano ardentemente di poter guarire e spesso si affidavano ai rimedi che la vox populi indicava loro: “ecco lo sfondo del quadro che lo storico del miracolo regio deve tener sotto gli occhi”.
Bene.
I re di Francia e di Inghilterra per secoli pretesero di guarire gli scrofolosi mediante il semplice tocco delle loro mani: non a caso le scrofole nell'antica Francia erano correntemente chiamate il mal le roi, in Inghilterra King's Evil. E i malati ci credevano sul serio, al fatto di poter guarire, perchè, molto spesso, guarivano davvero: le malattie che passavano sotto il nome di scrofole, dice Le Goff, "talvolta guarivano spontaneamente, benché spesso in modo incompleto o temporaneo. La natura compiva il miracolo". E se la guarigione avveniva in un momento lontano dall'esecuzione del rito, "la gente del tempo credeva con facilità alla realtà di un miracolo a scoppio ritardato".
Ne I re taumaturghi Marc Bloch, storico razionalista, erede dei Lumi, “ebreo ateo che”, sono ancora parole di Le Goff, “più di chiunque altro ha creduto ai grandi valori laici nati dalla tradizione” si pose una serie di domande: come mai si è creduto tanto a lungo al miracolo dei re? Quando i sovrani cominciarono ad esercitare il loro potere taumaturgico? E (soprattutto) come furono indotti, i loro popoli, a riconoscere tale potere? Ovvero: quale fu la forza politica del miracolo del tocco (e intendo la politica dei re verso la Chiesa, ma anche la politica dei re inglesi e francesi all'interno dei loro rispettivi regni: la conquista del potere di guarire, infatti, andò di pari passo con l'affermazione del potere monarchico nei confronti dei grandi signori feudali, dei baroni, sia in Francia che oltre Manica)? E a tutte queste domande provò a dare risposta, ça va sans dire.
Il risultato? Una meraviglia, trust in tic: l'introduzione migliore che possiate immaginare al problema della regalità meravigliosa e sacra nell'Occidente medievale (poi potete proseguire con il Kantorowicz de I due corpi del re. Se della storia medievale vi importa qualcosa, beninteso).
Ora, voi vi starete certamente chiedendo: ma perché quel panzone del verro ci racconta tutto ciò? Solo per far sfoggio della sua notevole cultura?
Ma no, ma no: che andate a pensare?
Gli è che, sul quotidiano triestino Il Piccolo di venerdì 11 aprile, a pagina 2, è comparsa questa breve che qui riporto nella sua interezza:

ROMA Al termine del comizio nell'area dell'Arco di Costantino, Silvio Berlusconi si intrattiene con tantissimi fan, militanti a cui concede strette di mano, fotografie e autografi. Tra loro una famiglia con un neonato di sei mesi. Il papà lo porge al candidato premier del PdL per fargli una foto: “Che bel bambino, non piange e non si lamenta. E' chiaro – commenta scherzosamente Berlusconi – che da grande non voterà UdC”. Dopo aver ridato il bimbo alla famiglia, Berlusconi si allontana. Il papà, guardando il bambino, commenta raggiante: “Da grande sarai un uomo ricchissimo”.

Allora, io per onestà vi devo avvertire: in Venezia Giulia molti lettori de Il Piccolo (soprattutto quelli più anziani) lo chiamano il bugiardello, volendo con questo simpatico nomignolo significare che, ehm, il giornale, quanto ad autorevolezza, non è che sia proprio il massimo disponibile sul mercato.
E però...
E' troppo bella, 'sta storia. Illustra splendidamente in che modo una parte del nostro Paese viva la modernità: in ginocchio, ad aspettare il tocco del re taumaturgo.
Ma chi è l'incompetente che ha scelto lo slogan della campagna elettorale di Silvio Berlusconi, Rialzati Italia?
E' puro autolesionismo: c'è un pezzo di Italia che, in tutta evidenza, non ha proprio nessuna voglia di rialzarsi.
Ed è proprio la parte di Italia che da quattordici anni segue fedelmente le mirabolanti avventure dell'unto del Signore, il provvidenziale uomo dei miracoli.
Quanto al bimbo di cui sopra, gli auguro anch'io di diventare un uomo ricchissimo, quando sarà grande. E come no...
Ma gli auguro pure, e con tutto il cuore, che nel suo destino ci sia il parricidio.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Hai ragione: una parte degli italiani preferisce starsene inginocchiata.
O de Franza o de Spagna purchè se magna.
In queste settimane leggo gli articoli di Luciano Bianciardi, raccolti nel secondo Antimeridiano (costa sui settanta euro, dedicato alla sua formidabile opera omnia). Corrosivo, esilarante, gustoso. Quello che trovi di lui, prendi.
Se ti piacciono gli uomini alla Flaiano, ti piacerà anche lui.
http://lucianoidefix.typepad.com/

tic. ha detto...

Di Luciano Bianciardi, nella mia biblioteca, ci sono LA VITA AGRA e L'INTEGRAZIONE.
Grazie del consiglio, comunque.
Io invece ti consiglio il libro che su Bianciardi scrisse Pino Corrias, VITA AGRA DI UN ANARCHICO - Luciano Bianciardi a Milano.
Notevolissimo.

Anonimo ha detto...

corrias è un grandissimo.
en passant:
abbiamo preso tutti i voti a sinistra ma non è sevito a granchè.
non avremo più diliberto, ci toccherà matteo salvini.

tic. ha detto...

Che culo, vero?

Povera la Sinistra Arcobaleno (anzi, La Sinistra l'arcobaleno): aver fatto tutta la campagna elettorale contro il PD non le è servito a un cazzo.
E pure, a quanto pare, stare al governo e manifestare in piazza contro il governo.

Ma ci pensate? Fuori dal Parlamento... Qualcuno dovrà pure cercarsi un lavoro vero.
Una tragedia.