giovedì 28 aprile 2011

Capisaldi della cultura cattolica, pt.2



Mercoledì 4 maggio esce Per sempre, il nuovo romanzo della Tamaro. Secondo le pagine della cultura de Il Piccolo, "Susanna Tamaro racconta in questo libro una storia di amore e morte". E fin qui niente di inedito, mi pare di poter dire: già William Butler Yeats sosteneva che la letteratura - tutta la letteratura, di ogni tempo e luogo - tratta, in fondo, di due cose soltanto: l'amore e la morte.
Più interessante mi pare invece la trama: "Quando Matteo perde, in un misterioso incidente stradale, la sua adorata Nora, per lui la vita si trasforma in un buco nero. L'alcol, il sesso senza amore, diventano suoi compagni di strada. Fino a quando capisce che solo l'onestà verso se stessi può dare un senso al dolore, al vuoto profondo. Sceglie di ritirarsi a vivere in solitudine, a contatto con la Natura, e inizia la sua ricerca. Come i santi di un tempo lontano".
La Tamaro dice che pensare tutto ciò le è costato molta fatica e io non stento crederle. Dev'essere stato davvero arduo, per lei, il cimento. Pensateci: un incidente stradale (misterioso...), un grave lutto in famiglia, litri su litri di Jack Daniels per dimenticare, i dischi dei Rolling Stones suonati ad altissimo volume, qualche puttantour after midnight, magari - che so? - pure un trans ogni tanto in compagnia di Marrazzo che li conosce proprio tutti e un bel giorno - ma attenzione: solo dopo aver toccato il fondo - la grazia! La grazia che ti si manifesta in un succedersi di epifanie così folgoranti che proprio non puoi fare a meno di chiederti: "Ma cosa sto facendo? Ma chi sono, io?". E allora parti, lasci Sodoma e Gomorra e vai a vivere in una baita d'alta montagna: in Carnia, se proprio vuoi espiare fino in fondo. Lì, poi, comincia la tua ricerca: funghi porcini, frutti di bosco, cose così... Notevole, no?
Le hanno chiesto perché, questa volta, i personaggi più forti del suo romanzo sono uomini e non donne. Ha risposto che "nella letteratura del nostro tempo, gli uomini sono solo mafiosi, stupratori o serial killer. Per questa mia storia di iniziazione all'assoluto ho scelto, proprio di proposito, il lato maschile. Volevo andare controcorrente. Per dimostrare che oggi ci sono uomini diversi da quelli dei romanzi".
Capito? Secondo la Tamaro tutta la letteratura contemporanea parla solo di mafiosi, stupratori o serial killer.
Il grande poeta Yeats, mi sa, era un tantino meno generico. Ma solo un tantino, eh... Appena un'idea.

giovedì 21 aprile 2011

Affinità (elettive?)





Oggi la Repubblica ha impaginato Karima al Mahroug (Ruby visita la famiglia in Sicilia) accanto a Fausto nostro (Bertinotti all'Osservatore "Imparai da Woytila").



Così, da una parte troviamo la scapestrata nipote di Hosni Mubarak che "atterra a Catania, affitta una macchina con autista e arriva a Letojanni per riabbracciare la madre e i fratelli"; dall'altra, "il capo dei comunisti italiani" (sic) - e padre nobile di Sinistra Ecologia e Libertà: lo ricordiamo volentieri! - che, intervistato da L'Osservatore Romano, dichiara di aver imparato moltissimo da Giovanni Paolo II.



Una scelta felicissima, quella di Repubblica, secondo me. Ruby e Fausto Bertinotti esercitano infatti la medesima professione.




Che poi sarebbe la politica, no?

martedì 19 aprile 2011

The Spanish Prisoner (di David Mamet)



"Fai sempre i tuoi affari come se la persona con cui stai facendo affari volesse fregarti. Perché è molto probabile che sia così. E se non è così, puoi avere una piacevole sorpresa."

lunedì 18 aprile 2011

Gli archetipi non dormono mai

Uscirà il 3 maggio, negli Stati Uniti, la biografia (autorizzatissima) di Robert Redford a firma Michael Feeney Callan per i tipi di Knopf, frutto di anni di lavoro e di interviste con l'attore (che, per l'occasione, pare abbia concesso davvero molto di sé). Ieri, su la Repubblica, alcune anticipazioni. Una, in particolare, mi ha colpito assai.

«...avevo perfezionato una forma di meditazione, quasi un auto-ipnosi, che mi permetteva di “estraniarmi” dal mondo e di trovare i miei punti di riferimento. A Gallup, mentre meditavo, accadde qualcosa di insolito: mi ero chiuso in me stesso e all'improvviso vidi un volto di indiano alla finestra. Quell'apparizione mi restò impressa, mi sferzò a procedere verso un'altra consapevolezza. Si può razionalizzare tutto ciò come si vuole: il cittadino che, logorato dal brusio di Manhattan, all'improvviso esplode nella vacuità del deserto. O chissà che altro... Ma per me, così come accadde, quella fu un'esperienza trascendente.»

Forte, no? Messa giù così, mi ha ricordato l'allucinata, immensa The Last Trip To Tulsa, di Neil Young (Well I woke up in the morning/ With an arrow through my nose/ There was an indian in the corner/ Tryin' on my clothes) e un vecchio articolo di un acutissimo Alberto Crespi, pubblicato da l'Unità in occasione del cinquantesimo compleanno del grande canadese. Una roba che nella critica rock si è letta poche volte, sapete? Specialmente su un quotidiano, specialmente in Italia.

«Potremmo partire dagli indiani. Massì, diamo per scontato che l'opus youghiano è ampio e complesso, pieno di temi e di rimandi sommersi, quasi quanto l'opus junghiano (Young e Jung: battuta meno idiota di quanto possiate pensare) e scegliamo un grimaldello, fra i mille possibili, per entrarci. Il grimaldello si chiama Pocahontas

La conoscete? Sta in Rust Never Sleeps (1979) ed è «come un ponte gettato fra due epoche, due culture, due ideologie. Una ballata nel cui testo i tepee e le coperte indiane si mescolano con i taxi e le luci di Hollywood, e le cruente memorie del genocidio si incrociano con i “segni” della cultura americana moderna. Canta Neil, nell'ultima strofa: “Avrei voluto essere un trapper, avrei dato un migliaio di pelli/ per dormire con Pocahontas e capire cosa si provava/ al mattino, nei suoi campi verdi/ nella sua terra natale che noi non abbiamo mai visto/ e forse Marlon Brando si sarebbe seduto accanto al fuoco/ e avremmo parlato di Hollywood e delle belle cose che si possono affittare/ dell'Astrodrome e del primo tepee/ Marlon Brando, Pocahontas ed io”. L'opus younghiano è pieno di indiani. Dal nome del suo gruppo (Crazy Horse, Cavallo Pazzo) a quello del suo ranch (Broken Arrow, “freccia spezzata”). Dall'indiano che popola l'incubo di Last Trip To Tulsa (“...mi svegliai al mattino con una freccia che mi trapassava il naso, c'era un indiano nell'angolo che si provava i miei vestiti”) a quelli che assalgono le carovane dei pionieri in Trans Am. L'opus younghiano è anche pieno di incas e aztechi, sterminati dalla bomba atomica (Like An Inca) o più “modestamente” trucidati dai conquistadores (Cortez The Killer, uno dei suoi pezzi più belli in assoluto). Cavallo Pazzo, Pocahontas e Montezuma popolano l'opus younghiano ma provengono dall'opus junghiano. Sono archetipi. Segni di culture scomparse che interloquiscono con l'universo elettrico del rock'n'roll.»

Se capisco bene, proprio dei medesimi archetipi ha parlato Robert Redford («Fu come se fossi stato risucchiato in uno spazio atemporale»).

E... chi lo sa? Magari pure a lui piacerebbe un sacco star seduto attorno a un fuoco con Pocahontas, Marlon Brando e Neil Young a parlare di Hollywood e dell'America...



Dedicato al mio amico Luciano Comida, fan terminale di Neil Young.

giovedì 14 aprile 2011

Una recensione

Elisabetta Ambrosi, Chi ha paura di Nichi Vendola?


'STO CAZZO!!!
(un intramontabile classico dell'avanspettacolo)

martedì 12 aprile 2011

A domanda rispondiamo


Oggi ho appreso di Youcat, che poi starebbe per Youth catechism, il catechismo per i giovani.

Si tratta di un lavoro svolto da Papa Ratzinger in persona - coadiuvato dall'arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schoenborn - in vista della prossima giornata mondiale della gioventù che si terrà a Madrid dal 16 al 21 agosto.

Youcat consta di 500 rapide domande e relative brevi risposte: la fede spiegata ai ragazzi, scrive il giornale.

Mi ha colpito il passaggio sugli angeli.

Domanda: “Che cosa sono gli angeli?”

Risposta: “...sono creature puramente spirituali dotate di intelletto e di volontà; non sono corporei, non sono mortali e di norma non sono visibili”.

Perché mi ha colpito?

Ma perché le fate esistono, no? Sono creature puramente spirituali dotate di intelletto e di volontà; non sono corporee, non sono mortali e di norma non sono visibili.

E sapete che vi dico? Esistono anche gli dei dell'Olimpo: sono creature puramente spirituali dotate di intelletto e di volontà; non sono corporee, non sono mortali e di norma non sono visibili. Perciò non è il caso, adesso, che vi mettiate a scalar montagne in Grecia. Sappiate solo che gli dei dell'Olimpo sono amicissimi degli angeli, organizzano spesso dei barbecue assieme a loro e anche dei tornei di calcio a cinque.

Per finire, Jim Morrison non è morto: ne sono più che certo. Che nessuno l'abbia visto in giro dal luglio del '71 non significa proprio nulla.

E nemmeno Elvis è morto, no. Semplicemente, non è visibile. Di norma...



domenica 3 aprile 2011

VROOOOOOOOOOOOM!!!


Titolo sul giornale di ieri: «Barzelletta hard e parolacce show del premier con i sindaci Pdl». Occhiello: «Berlusconi senza freni a Palazzo Grazioli in un incontro con un gruppo di amministratori campani». Quindi la notizia sarebbe che Berlusconi racconta barzellette? No, dai. A legger bene, la notizia è che il presidente Berlusconi ha ricevuto “in veste ufficiale” (a Palazzo Grazioli, cioè a casa sua) “i sindaci delle province di Napoli, Salerno e Caserta che chiedono lo stop agli abbattimenti delle case abusive”.

Ve lo riscrivo: i sindaci delle province di Napoli, Salerno e Caserta che chiedono lo stop agli abbattimenti delle case abusive.

Ancora: i sindaci delle province di Napoli, Salerno e Caserta che chiedono lo stop agli abbattimenti delle case abusive.

Di nuovo: i sindaci delle province di Napoli, Salerno e Caserta che chiedono lo stop agli abbattimenti delle case abusive.

Un'ultima volta: i sindaci delle province di Napoli, Salerno e Caserta che chiedono lo stop agli abbattimenti delle case abusive.


Ma per fortuna adesso sta accorrendo in nostro aiuto un nuovo, italianissimo, supereroe: Luca Cordero di Montezemolo. E se nel 1994 Silvio Berlusconi, con squisita metafora calcistica, era “sceso in campo” con i suoi “azzurri” per salvarci tutti quanti dal comunismo, oggi Luca Cordero di Montezemolo scende, ovviamente, in pista “perché l'Italia è una macchina straordinaria fatta per correre, per competere e per vincere. Non possiamo più permetterci di tenerla ferma ai box per paura di una sconfitta, dobbiamo rimetterla in moto”. Vroooooooom, vrooooooooom, vroooooooooom!!!

E non è me-ra-vi-glio-so, dite, il nostro essere un popolo di sportivi?