mercoledì 26 novembre 2008

C'è chi può e chi non può


Il presidente della Conferenza episcopale spagnola, cardinale Antonio Maria Rouco Varela, dice che “a volte è necessario saper dimenticare”. Il suo bersaglio è Luis Rodrìguez Zapatero, colpevole di aver voluto riaprire vecchie ferite con quella legge sulla “Memoria storica” che promuove e favorisce la ricerca dei resti delle migliaia di desaparecidos del Franchismo e la rimozione di tutte le lapidi e i monumenti dedicati al Caudillo ancora presenti in Spagna (insieme al riconoscimento della nullità delle sentenze emanate dai tribunali della Spagna di Franco e al risarcimento delle vittime della dittatura).
La Conferenza episcopale la pensa in maniera opposta: scurdammoce o' passato, cari fratelli, perché solo così sarà possibile ottenere “un'autentica e sana purificazione della memoria”. E i giovani, ah, i giovani... Sono sempre al centro dei pensieri della Chiesa, i giovani. Che vanno liberati “dagli ostacoli del passato, senza gravarli dei vecchi litigi e rancori”. Zapatero è colpevole di ostacolare la riconciliazione nazionale: la sua politica scriteriata rischia di “dar adito a scontri che potrebbero finire per essere violenti”.
Che ne penso io? Mah, vediamo...
Innanzitutto, mi pare molto convincente quanto sostenuto dal filosofo israeliano Avishai Margalit, secondo cui “indugiare nel passato, per una democrazia, è irrazionale quanto piangere sul latte versato”. Un regime democratico, infatti, “non fonda la propria legittimità sul passato remoto, ma sulle elezioni presenti”.
E, sempre per parlare di israeliani, qui si può senz'altro ricordare che fu il governo presieduto da David Ben Gurion nel 1952 a siglare una pace definitiva con la Germania del cancelliere Adenauer, sfidando l'opposizione feroce della destra guidata da Menachem Begin: a soli sette anni dalla Shoah.
Tanti secoli fa uno storico greco che si chiamava Plutarco disse che la politica è quella tal cosa che serve a togliere all'odio il suo carattere eterno: in questo modo, nel discorso pubblico, il passato viene subordinato al presente. L'esatto contrario di quello che porta a fare l'idolatria della memoria, che invece subordina il presente al passato.
Evidentemente a Ben Gurion non importava nulla dell'idolatria della memoria e invece molto della politica.
Secondo Margalit, l'elaborazione della memoria (e dell'oblio) può avere un effetto benefico: vietare ai contemporanei di rivivere, sotto forma di rancore, le sofferenze inflitte ai loro antenati. Si ha il dovere di ricordare, ma non il dovere di odiare e una comunità non dovrebbe mai cercare nel passato la chiave del proprio futuro: se la memoria diventa un'ossessione, il rischio che si corre è quello di riproporre come attuali dei torti subiti da qualcuno nel passato.
Tutto molto bello, tutto molto giusto, tutto molto saggio, nevvero? Senonché io penso che il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, presidente della Conferenza episcopale spagnola, sia una spudoratissima faccia di bronzo. Ha avuto buon gioco a ricordarglielo il numero due del Psoe, José Blanco: “Mi sorprende che chi sta promuovendo canonizzazioni in relazione a persone di quell'epoca (quella della guerra civil, n.d.r.), ora faccia appello all'oblio e al perdono. Non si può cancellare la memoria del nostro paese e alcuni soffrono di amnesia in funzione del fatto che gli convenga o meno”.
A proposito delle canonizzazioni di cui parla Blanco, ricordo solo che il 28 ottobre 2007 c'erano circa 40.000 persone, in Piazza San Pietro, a seguire la cerimonia per la beatificazione di 498 'martiri' spagnoli uccisi negli anni 1934, 1936 e 1937. A presiedere il rito il cardinale Josè Saraiva Martins, delegato dal Papa, che celebrò il rito in castigliano. In Piazza San Pietro c'era anche una delegazione del governo spagnolo, guidata dal ministro degli Esteri Miguel Angel Moratinos accompagnato dall'ambasciatore di Madrid presso la Santa Sede, Francisco Vazquez, e dal direttore generale degli Affari religiosi, Mercedes Rico. Ancora, tra i presenti c'erano i rappresentanti di alcuni governi autonomi della Spagna, tra gli altri quello della Catalogna: 146 dei 'martiri', infatti, furono uccisi nell'arcidiocesi di Barcellona.
I "martiri" caduti durante la Guerra civile spagnola, disse allora il cardinale Saraiva Martins, si sono "comportati da buoni cristiani e hanno offerto la loro vita gridando: viva Cristo Re". Si trattava di preti, monache e religiose ma anche di laici. "Tutti - ha ricordato il Prefetto della Congregazione per le cause dei santi - sono chiamati alla santità, tutti senza eccezioni come ha dichiarato il Concilio Vaticano II".
Il cardinale, nel suo discorso, citò più volte l'altissimo magistero di Benedetto XVI e in particolare ricordò che "essere cristiani coerenti impone di non inibirsi di fronte al dovere di dare il proprio contributo al bene comune e di modellare la società sempre secondo giustizia, difendendo, in un dialogo forgiato dalla carità, le nostre convinzioni sulla dignità della persona, sulla vita dal concepimento fino alla morte naturale, sulla famiglia fondata sull'unione matrimoniale unica e indissolubile tra un uomo e una donna e sul dovere primario dei genitori all'educazione dei figli".
I nuovi beati spagnoli vennero ricordati successivamente anche dal Papa durante la celebrazione dell'Angelus: "I 498 martiri uccisi in Spagna negli anni Trenta del secolo scorso sono uomini e donne diversi per età, vocazione e condizione sociale, che hanno pagato con la vita la loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa", disse Benedetto XVI.
"La contemporanea iscrizione nell'albo dei beati di un così gran numero di martiri - sostenne ancora il Pontefice - dimostra che la suprema testimonianza del sangue non è un'eccezione riservata soltanto ad alcuni individui, ma un'eventualità realistica per l'intero Popolo cristiano".
Capite, 'sti signori, che bei tipini sono? Rimproverano Zapatero perché vuole ricordare la guerra civile e le vittime di Franco e però loro ricordano cosa gli pare, come gli pare, quanto gli pare e quando gli pare.
Una volta mi capitò di litigare con un sanfedista del cazzo (uno dei tanti cattolici sedicenti perseguitati nel nostro disgraziatissimo Paese) su 'sta storia delle beatificazioni a raffica di religiosi che ci lasciarono la pelle, poveracci, nella guerra civile spagnola. Ad un certo punto gli chiesi, a brutto muso, se sapeva per quale idea di Spagna avessero combattuto i franchisti. Per spiegarglielo feci qualche esempio, che adesso ripropongo a voi.
Trovate tutto in Paul Preston, La guerra civile spagnola. 1936-1938.



Millàn Astray, direttore della propaganda, incitava i suoi collaboratori a minacciare di morte i giornalisti stranieri. Uno dei suoi luogotenenti era Luis Bolìn, l'uomo che aveva contribuito a organizzare il volo di Franco dalle Isole Canarie al Marocco e che sarebbe in seguito diventato famoso per avere tentato con ogni mezzo di dimostrare che il bombardamento di Guernica era un'invenzione. Un altro era il famigerato capitano Gonzalo de Aguilera, conte di Alba y Yeltes, cui era affidato il compito di illustrare la posizione franchista agli ospiti stranieri. Peter Kemp, un inglese arruolatosi nell'esercito franchista, era convinto che il conte facesse più male che bene alla causa:


Per quanto fosse un amico leale, un critico impavido e un compagno stimolante, mi chiedo a volte se le sue qualità fossero davvero adatte al compito che gli era stato assegnato di presentare la causa nazionalista a importanti personalità straniere. A un distinto visitatore inglese aveva per esempio detto che il giorno in cui era scoppiata la guerra civile egli aveva allineato i braccianti della sua tenuta, ne aveva scelti sei e li aveva fucilati davanti agli altri. «Pour encourager les autres, ovviamente». Aveva idee originali sulle cause fondamentali della guerra civile. Secondo lui, la principale era stata l'introduzione del sistema fognario.

Il capitano Aguilera spiegò la sua teoria sui danni provocati dalle fognature a Charles Foltz, corrispondente della Associated Press, che così riferiva:

Le fogne sono state la causa di tutti i nostri mali. Le masse di questo paese non sono come le vostre in America e neppure come quelle britanniche. Sono bestie da soma. Non servono a nulla se non come schiavi e sono felici solo se usate come schiavi. Ma noi, le persone decenti, abbiamo commesso l'errore di dare loro case moderne nelle città dove abbiamo le nostre fabbriche. Queste città le abbiamo dotate di fognature, fognature che si estendono fino ai quartieri operai. Non soddisfatti dell'operato di Dio, noi ne ostacoliamo la volontà. La conseguenza è che il numero degli schiavi aumenta. Se non ci fossero fogne a Madrid, Barcellona e Bilbao, tutti questi capi dei rossi sarebbero morti in fasce invece di aizzare la plebaglia a spargere sangue spagnolo, di quello buono. Quando sarà finita la guerra, distruggeremo le fogne. Il miglior sistema di controllo delle nascite per la Spagna è quello voluto da Dio. Le fogne sono un lusso che va riservato a chi ne è degno, alla élite della Spagna, non alla schiatta degli schiavi.

A Peter Kemp il conte confidò che i nazionalisti avevano commesso un errore imperdonabile non fucilando tutti i lustrascarpe di Spagna. «Mio caro, è una cosa logica! Un tizio che si accovaccia sulle ginocchia per lucidarti le scarpe al caffè o per strada non può che essere comunista, e allora perché non fucilarlo su due piedi e non pensarci più? Che bisogno c'è del processo? Il mestiere che fa è la prova della sua colpevolezza.»


Ecco. Forse non tutti i franchisti combatterono per questa merda, ma moltissimi, tra i seguaci del Caudillo, senz'altro sì.
Non saprei dire come la pensasse il Cristo Re.
Di certo, essendo un re, Cristo non era repubblicano.





8 commenti:

luciano.comida ha detto...

Come sempre, bel post, ampio e ricco. Riporto qui quanto ho scritto sul mio blog: è il mio parere (di laico, credente valdese) sullo steso tema.
A mio avviso, i simboli religiosi andrebbero tolti dagli spazi pubblici. Per tanti motivi. Riguardo alla croce e al crocifisso, ne dico soltanto uno: il crocifisso rappresenta Gesù, il Figlio di Dio, ucciso dal potere politico alleato al potere religioso. E allora utilizzare il crocifisso come simbolo ideologico è una forzatura se non addirittura una bestemmia. Ma è sbagliato anche cercare di tramutarlo in un ideale di fraternità. Chi lo adotta come simbolo della propria fede dovrebbe sapere che il crocifisso richiama la grazia di Dio, ma per altri (non credenti) può essere un simbolo negativo (che ad esempio ricorda le crociate). La grazia di Dio non si attacca ai muri degli edifici pubblici: la si vive e la si predica. Se ci si crede.
Ultima cosa (che non c'entra): se mi dai una chiamata, ti racconto un paio di cose di Konrad. Perchè non ti chiamo io? Semplice: perchè sono un fesso e non trovo il tuo numero di telefono.

alessandro perrone ha detto...

Dal sito l'Unità.it

Undicietrenta: Diamo a Gramsci quel che è di Gramsci
di Roberto Cotroneo

Ieri il propenitenziere emerito del Vaticano, Monsignor Luigi De Magistris, nel corso di una conferenza stampa a Roma, ha affrontato la vicenda di un eventuale riavvicinamento alla religione cattolica di Antonio Gramsci, pochi giorni prima di morire. De Magistris sostiene che Antonio Gramsci morì chiedendo i sacramenti, e baciò un’immagine della Madonna con il bambino, che le suore portavano ai malati nella clinica romana dove ha finito i suoi giorni. Naturalmente non abbiamo nessuna prova storica e nessun documento che confermi questa tesi. Non ci sono lettere di familiari, non ci sono i rapporti della polizia, e c’è invece la volontà - allora più che mai non cattolica - di Antonio Gramsci di farsi cremare.

E allora perché, a distanza di 71 anni, questa uscita sorprendente? Sarebbe logica e spiegabile se fossero stati trovati dei documenti, delle lettere, una testimonianza sepolta da qualche parte che avallasse questa tesi. E invece nulla, voci, debolezze, paure delle ultime ore di vita, forse. Ma nulla che riapra questa storia. Eppure queste operazioni dubbie e discutibili sono la norma. Oggi è Gramsci, ieri fu Benedetto Croce. La coscienza laica e liberale di Croce si trasformò in una conversione, nel privato come sempre, mai nelle opere. Il marxismo innovativo di Gramsci, la sua forza intellettuale, la sua grandezza etica, la sua laicità, che si ritrovano in ogni pagina dei “Quaderni del carcere” e in ogni riga che Gramsci ha scritto, si stemperano ora in una immaginetta portata da una suora, e addirittura nei sacramenti.

Ha importanza? Se anche fosse vero non sarebbe certo uno scandalo. Ma in realtà c’è qualcosa di piccolo in tutto questo, qualcosa che non piace. È un’egemonia rovesciata quella che De Magistris esercita. L’idea che un uomo non si giudica per quello che pensa e quello che ha scritto, ma si giudica da tentennamenti privati, da piccole paure affiorate nei momenti ultimi, quando si è deboli, quando il mistero della vita ti appare tremendo e totalmente insolubile. E poco importa se Gramsci era incrollabilmente marxista e comunista, laico e ateo, e Benedetto Croca un liberale, un laico, un non credente: soprattutto poco importa che entrambi abbiano costruito con i loro libri, mattone per mattone, due filosofie della storia che mai hanno lasciato spazio a una simpatia neppure vaga per il cattolicesimo, o al conforto della fede.

Se lo avessero fatto avrebbero avuto vite diverse, avrebbero scritto opere diverse e non sarebbero stati quello che ancora sono. Ovvero i due più grandi filosofi italiani del secolo scorso. Raccontare, senza prove storiche, di immaginette e conversione è qualcosa che porta ad altro, è un disinnesco, come si potrebbe chiamarlo, è l’idea che poi alla fede ci arrivano tutti alla fine dei loro giorni, che quel passaggio è obbligato. È solo propaganda di cui non si sentiva per nulla il bisogno. Una propaganda buona per i fantasmi anticomunisti degli anni Cinquanta, che oggi appare stucchevole e fuori luogo.
26 Nov 2008

alessandro perrone ha detto...

Sull'argomento, è interessante l'intervista rilasciata da Cremagnani, coautore con Deaglio del documentario: "L'ultima crociata", rilasciata ad Arcoiris TV,(.....opss...altermondisti sul sito di Tic?), dal titolo: "Beppe Cremagnani: La memoria dei nipoti per non dimenticare"
all'indirizzo:
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=8960

diogene ha detto...

Non sapevo che anche tu avresti scritto di Spagna. Oddio, io in realtà ho scritto di Trieste. E' impressionante vedere come la Spagna di oggi è più lontana da Franco di quanto noi lo siamo da Mussolini.

Ma la chiesa non avrebbe potuto occuparsi di Gramsci quando era vivo, invece di tormentarlo da morto.

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
yodosky ha detto...

Comunque, caro Alessandro P., la propaganda di cui lei scrive sul suo commento ha fatto perfettamente centro: ieri un tale notoriamente di destra a me noto mi si è presentato a far ironie sulla convesione dei Gramsci.
Vedete come funziona. Facile facile.

Anonimo ha detto...

Non so come interpretare questa cosa.
Generalmente si dice che la Mafia, quando non fa parlare di sé, è più forte che mai. Penso che per la Sacra Romana Chiesa si possa fare un'analoga considerazione.
La realtà è che la laicizzazione della società continua a galoppare, e quello che resta alle gerarchie vaticane è solo un mucchio di falsi credenti che professano per puro tornaconto.
Certo, hanno ancora in mano leve economiche e politiche potenti, ma il consenso (non parliamo di fede, che quella abita in altri lidi) è sempre meno.

Zimisce ha detto...

si beh, non crediate che la spagna sia poi così avanti in fatto di franchismo, a parte il governo Zapatero la società è ancora un bel po' indietro...

un giorno sì e l'altro pure si scoprono fosse comuni con centinaia e a volte migliaia di morti e su EL PAIS finiscono in oscuri trafiletti in miliardesima pagina. EL PAIS, non EL MUNDO.

nella grande cattedrale di Granada ogni anno si celebra una messa in onore di don Francisco.

e per strada i fanatici del generalissimo camminano ancora a testa alta. uno dei miei aneddoti preferiti:

io e il mio coinquilino andiamo in farmacia perché lui ha una tosse allucinante e dobbiam farci dare un qualcosa di potente. Usciamo dalla farmacia e un attacco di tosse lo scuote. Passa di lì un vecchietto curvo, con i baffetti. Sente il giovane debosciato che tossisce, ci guarda si mette a imitare la tosse, come a darci dei debolucci. Perché lui sì che è un macho.

Io gli mostro un certo qual dito della mano e gli dico "mira el dedo, francisco franco."

è un tabù, capite, non è che lo si tiri in ballo ad ogni angolo di strada, il generalissimo. Ha chinato il capo e se n'è andato senza dire una parola, il figlio di troia.

era solo un vecchietto? Sì, ma pure un grandissimo stronzo. No pasaran.