lunedì 30 giugno 2008

Cicale

Ieri sera ho ripreso in mano un libriccino che uscì nel 1996 per l'editore Donzelli.
Si intitolava Liberista? Liberale ed era firmato da Mario Deaglio.

Cercavo una citazione e alla fine l'ho trovata.
Ad un certo punto l'autore riflette sulle cause dell'enorme debito pubblico italiano (ce l'avete ben presente, la famosa Montagna del Debito Pubblico, nevvero?) e non fa sconti a nessuno: né ai politici né al famoso popolo.
Qualche esempio.
Per quarant'anni i nostri politici furbissimi hanno venduto e gli elettori (furbissimi pure loro, va detto) "entusiasticamente" (entusiasticamente...) comprato "non solo posti e redditi immediati ma anche promesse di scatti di carriera e di redditi pensionistici in anni e decenni a venire, creando un vero e proprio debito occulto dello Stato". Il nostro sistema è divenuto "la favola d'Europa", ad esempio con quelle pensioni baby che consentivano ai dipendenti dell'amministrazione pubblica di "godere, fin da un'età molto giovane, di un'autentica rendita vitalizia, di rilevante ammontare, con pochissimi anni di lavoro effettivo". La "situazione attuale" (quella del 1996, anno di uscita del libro di Deaglio, ma pure quella di oggi, ahinoi...) può (deve?) essere considerata "come il risultato di una sorta di gigantesca distribuzione nazionale delle spoglie della crescita economica presente e futura, sotto la regia della classe politica". I meccanismi di distribuzione "hanno però continuato ad operare anche quando la crescita si è arrestata senza che i politici, e tanto meno l'opinione pubblica, ne prendessero coscienza".
E tic a questo punto si domanda: ma che cos'è l'opinione pubblica, nel nostro Paese? Meglio: si può parlare, seriamente, dell'esistenza di un'opinione pubblica in Italia?
Ma proseguiamo con Mario Deaglio.
Dal deterioramento della finanza pubblica "la generalità degli italiani ha tratto privatamente beneficio e proprio alla generalità degli italiani, e non già a qualche elemento esterno, ne deve esser fatta risalire la causa principale".
Privato contro pubblico, porci comodi e cazzi propri (il particulare di Guicciardini nella vulgata un po' vulgaris di tic) contro l'interesse generale: è la nostra storia nazionale, siamo noi, vero?


"La grande attenzione rivolta a Tangentopoli (...), intesa come una grande saga di politici concussori e corrotti, con un contorno di "faccendieri" e imprenditori corruttori e concussi" ha solo rafforzato negli italiani, secondo Deaglio, la convinzione che "i guai di finanza pubblica siano da attribuire a una causa esterna ai normali cittadini, i quali sarebbero semplicemente vittime del dissesto, e quindi parti lese". In questo senso, Tangentopoli ha non solo ritardato ma addirittura rimosso "la presa di coscienza della realtà dello scambio politico del Paese" e "ha costituito una sorta di alibi nazionale: nell'esplosione del debito pubblico, in realtà, non è scritta solo la storia di una classe politica", ma quella di tutti gli italiani i quali, "direttamente o indirettamente, ne hanno beneficiato".
L'elevatissimo tasso di risparmio delle famiglie italiane è andato molto volentieri ad impiegarsi in titoli del debito pubblico "coprendo, per lungo tempo e senza troppa difficoltà, il crescente fabbisogno del Tesoro. Si è risolto così per decenni il problema del disavanzo mediante l'accumulazione di un debito pubblico di proporzioni enormi, in quanto si contraevano debiti nuovi per pagare gli interessi sui debiti vecchi".
Perché la classe politica ha tollerato e alimentato questo stato di cose?
Un po' per incompetenza, un po' "per un'errata lettura dell'evoluzione economica e cioè nella speranza che tornassero le condizioni di rapido sviluppo che avevano caratterizzato il sistema fino al 1973 e che avevano consentito - insieme a un rapidissimo incremento della produttività - di recuperare con l'aumento del gettito le maggiori spese effettuate".

Ci fu chi, come Guido Carli, seppe misurare "tutta la portata del baratro", ma non si oppose, o non riuscì ad opporsi a sufficienza elaborando proposte per la riduzione del nostro debito pubblico. Nel suo Cinquant'anni di vita italiana, citato da Deaglio, Carli scrisse: "Quando nel corso degli anni ottanta discutevamo di questi argomenti in Senato, era impossibile non avere una sensazione di frustrazione per il disinteresse e poi per l'ostilità che tali proposte incontravano".
Altri, scrive ancora Mario Deaglio, "accettarono la situazione con rassegnato fatalismo. Altri ancora (ed è questa la citazione che mi girava in testa ieri sera e che sono andato a recuperare per buttar giù questo post, n.d.r.) furono semplicemente miopi: di fronte all'osservazione che la pensione alle casalinghe avrebbe dissestato il sistema entro il 2023, si dice che il relatore della legge abbia esclamato: "Ci penserà il legislatore del 2023!". Questa risposta, vera o falsa che sia, sintetizza un atteggiamento generalizzato tra i politici non solo della maggioranza ma anche dell'opposizione, diffusissimo inoltre nel mondo sindacale e nell'opinione pubblica (qualunque cosa essa sia, n.d.r.). La scarsa conoscenza dei meccanismi economico-finanziari si accompagnava alla convinzione che "queste cose si aggiustano sempre" e che l'aggiustamento sarebbe stato senz'altro indolore".

Per non dimenticare mai.
E, a proposito: viva l'Italia!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Faccio notare che era meglio nda che ndr. Non nota del redattore, nate dell'autore.

Blaaaah! (boccaccia per Tic)

Anonimo ha detto...

Ho scritto nate!
Volevo dire nota.
Maledetti codici.

tic. ha detto...

Autore a me?
Badi a come parla, sa?