sabato 28 giugno 2008

Prima lo supponevo e basta. Adesso lo so.


"Non solo mi piace la musica di Bruce, mi piace proprio lui come persona. E' un uomo che non ha mai perso la traccia delle sue radici, che sa esattamente chi è, ed è sempre stato sincero."

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Puoi immaginare quanto queste parole di Obama siano musica (ovviamente rock) per le mie orecchie. In dieci giorni mi sono visto Fogerty, Young e Springsteen. Mancava Dylan e facevo poker americano (anche se Young è canadese).
Una richiesta a te che sei ammanigliato: mi fai venire in Italia Tom Petty & the Heartbreakers? Non sono mai stato a un suo concerto e mi piacerebbe molto.
Ieri sera ero un po' malinconico: pensavo che forse mercoledì a Milano era l'ultima volta con Bruce e la E Street Band. (E com'è che invece l'ultima volta con Berlusconi non arriva mai?)
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Anonimo ha detto...

Solo i migliori...

Anonimo ha detto...

I peggio ce li teniamo, tipo Silvio o Andreotti.
Tra l'altro: avete mai notato un fatto in merito agli attentati alle personalità politiche? Quelli ai "buoni" (i due Kennedy, Olaf Palme, Martin Luther King, Gandhi, Indira Gandhi, Dalla Chiesa, Moro, la Buttho, Rabin...)riescono sempre, quelli ai "cattivi" (Hitler, Mussolini, Franco, Pinochet...) praticamente mai.
Luciano / Idefix

tic. ha detto...

Ah, Luciano...

Mi sa che non son tanto ammanigliato.
Però io son stato un pochino più fortunato di te.
Io Tom Petty l'ho visto suonare nel 1987, all'Arena di Verona.
Accompagnava Dylan, il tour si chiamava Temples in Flames.
Prima che il signor Zimmerman salisse sul palco, Petty e gli Heartbrekers suonarono per un'ora abbondante. Ricordo che c'era pure Roger McGuinn, quello dei Byrds (ma anche quello di album solisti notevolissimi come ROGER McGUINN e THE CARDIFF ROSE), che suonò, insieme a Petty, Mr Tambourine Man (ci aveva pure, McGuinn, una bella Rickenbacker, if you know what I mean...).

Tom Petty e gli Spezzacuori, mi ricordo, suonarono una versione di SHOUT degli Isley Brothers (la ricorderai in ANIMAL HOUSE: era la canzone su cui il povero Belushi e i suoi compagni di bassezze facevano gli epilettici al toga party...) di una buona decina di minuti. Immagina il pubblico...

Al basso c'era il povero Howie Epstein. Alla batteria il grande Stan Lynch.

Anonimo ha detto...

Io nel 1987 attraversavo il periodo più down della mia vita: mia figlia treenne e dunque acchiappatempo ed energie, in più piena crisi del primo matrimonio, appena cacciato (pessimo rapporto con il segretario PCI) dall'ufficio stampa CGIL e trovato per miracolo il lavoro alla Motorizzazione...Un momentaccio.
E così quel tour mi scivolò via.
Peccato.
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Anonimo ha detto...

Verissimo, Springsteen ha davvero mantenuto il legame con le sue radici ed il suo rock (un vero uragano, non scorderò mai il suo 1° concerto italiano in assoluto, a Milano) ha un forte “aggancio” sociale.
I testi di Bruce sono… abitati da un’umanità di spezzati, il cui dolore prova la fallacia dell’”american dream.”
Penso che il senso delle radici, nonché quello del legame tra le generazioni si noti soprattutto in “My hometown”, dove il protagonista ricorda i giri in auto col padre che gli ripeteva: “Questa è la tua città” ed ancora, nel rievocare gli scontri razziali del ’65, l’attuale disoccupazione ed anche nel progetto del bambino ormai adulto di lasciare la città con la moglie ed il loro bambino… Ora tocca al protagonista ripetere a suo figlio: “This is your hometown”, questa è la tua città.
Una buona lezione anche per la “nostra” sinistra, quella di non cancellare il passato e le radici…

tic. ha detto...

La nostra sinistra (ex piccisti in testa...) non ha mai saputo, secondo me, difendere le tante battaglie giuste combattute nel passato. Combattute da gente culturalmente e pure umanamente assai migliore dei suoi dirigenti attuali.

Quanto a Bruce Springsteen, mi è sempre piaciuta, in lui, la capacità di raccontare la dignità degli sconfitti, l'umanità di chi combatte ogni giorno "for a decent job and an helpin' hand".
Cito non a caso THE GHOST OF TOM JOAD per la sua forza anche letteraria, con quel richiamo 'di cuore' a John Steinbeck.
Assieme a NEBRASKA è il disco di Springsteen che preferisco.
Quelle canzoni sono elegie per la povera gente. E non mi stancherei mai di ascoltarle.

MY HOMETOWN è una canzone bellissima. Una di quelle invecchiate meglio in un disco che non è invecchiato benissimo. Il vecchio ta-pum anni Ottanta...
Per capire come avrebbe potuto suonare, hai mai sentito la versione acustica di BORN IN THE U.S.A. che c'è nel cofanetto TRACKS?
Una outtake di NEBRASKA...

Preferisco il Bruce folkster. Si sente, vero?

Anonimo ha detto...

Io preferisco il Bruce epico, quello che scrive, racconta, canta, suona e mette in scena col suo corpo e il suo volto l'epica delle vite quotidiane di gente comune: il Bruce dei concerti con la E Street Band, delle comunioni laiche con il suo pubblico.
Però QUESTO Bruce non mi piacerebbe così tanto se non ci fosse anche il Bruce spoglio e folk, attaccato alle radici hobo del New Deal.
Così come (per fare un esempio) il MIO MIO Neil Young è quello più selvaggiamente e scompostamente elettrico. Ma so benissimo che non amerei così tanto la sua parte chitarristica hendrixiana (secondo me lui è il vero erede di Jimi anche se non ne ha la tecnica), insomma non impazzirei così per i suoi assoli torrenziali e coltraniani se non sapessi che esiste anche uno Young acustico e soft. http://lucianoidefix.typepad.com