La prima volta che ascoltai Randy Newman cantare fu nel lontano 1983. Era appena uscito il suo “Trouble in Paradise”. Lo acquistai in vinile (credo che allora nemmeno sapessi cosa fosse un compact disc). Costava, mi ricordo, tra le 17.000 e le 18.000 lire.
Io ero davvero molto giovane e le canzoni di Randy Newman molto adult-oriented. Nel senso che non era roba per teenager.
Quel lp mi piacque davvero molto, in ogni caso. C'era l'epidermicità del singolo "I love L.A." a trascinare. E il duetto con Paul Simon in "The blues". E "My life is good", con Newman che immagina uno sganasciante passaggio di consegne (Bruce Springsteen gli dice “Rand, I'm tired. How would you like to be the Boss for awhile?”. E lui di rimando: “Well, yeah. Blow, Big Man, blow” e via cazzeggiando).
Ad amare veramente la musica (sublime) e le parole di Randy Newman ci sono però arrivato più tardi. Parecchio più tardi. Ero già all'università quando acquistai (in compact disc) “Little criminals”, un gioiello pubblicato nel 1977. Capii allora quanto era spiazzante, straniante e urticante la poetica di questo straordinario autore di canzoni. Bastarono le prime parole di "Short people", la canzone che inaugura “Little criminals”: “Quelli bassi di statura non c'è motivo che campino”. Perché loro, i piccoletti, possono solo avere “dirty little minds” e perciò io non ce li voglio mica, i tappi, intorno a me. Correttezza politica? Ovviamente sconosciuta.
E non capisci mai, con Randy Newman, se c'è o ci fa. E' un reazionario terrificante o ha solo deciso di vestire i panni, per lo spazio di una canzone, di un reazionario terrificante? Ma dove siamo? Ad un raduno del Ku Klux Klan? E a far che? A inorridire? Ad applaudire?
Prendete "Sail away", la canzone che da' il titolo al suo disco del '72: è una nave negriera quella che fa vela verso la baia di Charleston, dopo aver varcato “the mighty ocean”. E ti porterà in America, “little wog” (negretto...), dove non ci sono leoni o serpenti mamba, ma solo dolci angurie e torte da mangiare. Perciò salta a bordo (!): io ti prometto che sarai felice come una scimmia su un albero pieno di scimmie come te, perché è davvero una GRAN cosa essere americani. Beh? Come va?
Peccato che nessuna mia parola possa rendere la bellezza della musica. Tanto per darvi un'idea, in Randy Newman ci trovate il rag e Gershwin, Sinatra e Tin Pan Alley, l'old time music e il blues. Il tutto con orchestrazioni sopraffine. E, sempre, una poppeggiante, imperturbabile, cantabilità.
Ho scritto tutto ciò per introdurvi a "Rednecks", la canzone che inaugura “Good old boys”, 1974.
Rednecks, letteralmente “colli rossi” (per il sole): contadini del sud degli States (ma contadini in generale, dai...).
“Parliamo in un modo veramente divertente, da queste parti/ beviamo troppo e ridiamo troppo forte/ e siamo troppo fessi per farcela in qualunque città del Nord/ ma noi almeno i negri li facciamo stare al loro posto...”. Pronti per il ritornello? In coro: “We're Rednecks, We're Rednecks/ and... non distinguiamo un buco di culo da un buco per terra/ We're Rednecks, We're Rednecks/ e i negri li facciamo stare al loro posto”.
Ascoltando, ridi. Ridi e non capisci bene se Newman stia sfottendo a sangue un tragico burino sudista o se invece lo stia interpretando. Perché alla fine questo povero bifolco ignorante, significativamente rappresentato mentre fa su e giù per Atlanta con le sue belle scarpe di alligatore o si sfonda di birra ogni fine settimana ai barbecue, una sua perspicacia ce l'ha. Ad esempio quando osserva, en passant, che, sicuro, “il Nord ha liberato il negro” e il negro adesso è libero: "libero di essere messo in gabbia ad Harlem, New York City” e nel South-Side di Chicago (e pure nel West-Side...) e ad Hough, Cleveland e pure ad East St. Louis e a Roxbury, Boston. "He's free to be put in a cage...".
Notevole, nevvero? Immaginate ora le polemiche che Randy Newman è riuscito a scatenare nel corso della sua carriera...
“Good old boys” è un piccolo capolavoro. Un concept-album (come si dice) che ha per tema riti e miti del profondo Sud degli States. In appena dodici canzoni Newman riesce a dipingere un affresco magistrale. Divertentissimo, causticissimo e a tratti (ad esempio in “Louisiana 1927”) incredibilmente commovente.
In “Kingfish” viene evocata la figura di Huey P. Long, governatore della Louisiana dal 1928 al 1932 e senatore dal 1932 al 1935. E Newman coverizza anche “Every man a king”, canzonetta scritta proprio da Long. Ma di quel bel tipo di Long dirò... E al momento mi fermo qui.
7 commenti:
E no caro Tic; non puoi buttare lì la luminosa figura di Huey P. Long senza dire altro, lasciandoci in attesa di qualche elemosina dalla tua monumentale cultura.
Long, detto Kingfish, governatore della Louisiana e senatore, rappresentò negli anni trenta il populismo statunitense, dove assieme a una retorica radicale si annidava una feroce ostilità alle politiche di Roosevelt.
La sua figura venne ricordata in un libro del premio Pulitzer Robert Warren, dal titolo "Tutti gli uomini del re" e da due film dallo stesso titolo. Uno del 1949 diretto da Robert Rosse e l'altro del 2006 da Steven Zailan con uno straordinario Sean Penn.
Bisognerà discuterne; nel frattempo, a proposito di populismo e redneck, ti posto il pezzo del tenutario di un blog che, accortosi di aver subito un'incursione informatica, pontifica su libertà e web.
Eccolo: "Così sono entrati!
Anche questo ci deve far riflettere. Vengo adesso dal COMPA di Bologna e sono sempre più convinto che ci voglia un codice etico del WEB, anche perchè questo è l’unico sistema per mantenere libero il WEB.
In ogni caso è un onore essere violato. Anche Wikipedia lo è costantemente da parte dei poteri forti.
La Web generation riuscirà a resistere? Bella domanda.
Violare un sito è un atto illiberale.
Se poi è commessa contro una persona, allora è un atto fascista, perchè il suo scopo è intimidire. Non di destra, ma fascista, perchè le cose non sempre coincidono.
Del resto è sempre un atto vigliacco, da persone che per prime non hanno rispetto di se stesse (oppure si ritengono falliti) prima di non averlo di altri.
Non lo sopravaluto ma neppure lo lascio correre".
A ogni epoca il suo Long.
A breve (massimo un paio di giorni) parlerò del film del grandissimo Robert Rossen, "All the king's men". Uno dei più grandi film politici del cinema americano.
Quanto al delirio da Lei inviatomi, non so ben che dire.
Wikipedia violata DAI POTERI FORTI?
La WEB GENERATION? Ma di che parla? E, soprattutto, in che lingua? E, visto che ci siamo, A CHI?
Questo mi interessa: chi può prender sul serio roba simile? E' serio, il tizio, quando scrive?
E, più importante di tutto: gli hanno violato il blog? E che gli hanno fatto? Si è capito?
Ah, si... Un'altra cosa, caro filosofo cinico: non credo che il tizio in questione sia un Long. Credo invece sia molto ma molto short.
Egregio Tic,
Come non riesci a cogliere l'incredibile prosa. Pensa al racconto di Gogol "Il diario di un pazzo", non ti pare che stiamo raggiungendo vertici assoluti della letteratura?
Bisogna far conoscere,diffondere, pubblicare questo genio.
Un nuovo autore, una nuova letterature e, soprattutto, una nuova lingua.
Beh non si è appena deciso di applicare il bilinguismo a Gorizia e provincia? Ecco i risultati...
Ammazza, ahò!
Ma quanto lo amate, sto povero, triste, solo, solissimo Sbirulino di provincia?
Ma quanto parte male, sto Partito Democratico?
Ma quanto porta male, sto Partito Democratico?
Ma che caspita di classe dirigente ha, sto Partito Democratico?
Ma quanto corrono, i nuovi dirigenti (qualcuno però viene da lontano, come Sbirulino nostro) del Partito Democratico (parlerò presto delle corse a perdifiato verso il futuro di questi homines novi - non tutti novi, repetita iuvant - e pure delle donne - perché dovreste vedere le donne del Partito Democratico, che corse: che fame! - e lo farò raccontandovi di un grande romanzo, PERCHE' CORRE SAMMY? di Budd Schulberg, Sellerio edizioni)?
Sono sicuri che correre basti, a far politica?
Importa ancora a qualcuno, della politica?
Qualcuno ha letto il libro che Roberto Weber ha da poco pubblicato per Einaudi e che parla di corridori e corse (che sintonia, il Weber, con lo spirito del tempo, come lo chiamava Hegel che ci aveva confidenza. Eh?)?
E infine (visto che continuo a non capire): che cazzo è sta Web Generation?
Continuerà a resistere? Bella domanda.
http://kyuzo.altervista.org
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