mercoledì 14 novembre 2007

Every man a King



Allora, Huey P. Long, si era detto.
Comincio da “Every man a King”.
Sentite un po': “Ev'ry man a King, ev'ry man a King/ For you can be a millionaire/ If there's something belonging to others/ There's enough for all people to share/ When it's sunny June and December too/ Or in the Winter time or Spring/ There'll be peace without end/ Ev'ry neighbor a friend/ And ev'ry man a King”. Parola di Huey P. Long detto Kingfish. E parole scritte di suo pugno: “ogni uomo (o, meglio, l'uomo qualunque?) può esser Re, ogni uomo/ Tu puoi essere milionario/ Per qualcosa che appartiene solo agli altri/ C'è abbastanza da spartire fra tutta la gente/ eccetera eccetera eccetera...”.
Era nato nel 1893. Riuscì a diventare Governatore della Lousiana, da Democratico, nel 1928, e rimase governatore fino al 1932. Nelle elezioni presidenziali di quell'anno sostenne Franklin D. Roosevelt e divenne senatore. Già nel giugno dell'anno successivo ruppe col presidente in carica: sembra gli fosse passato per la testa (non era tipo che si poneva limiti) di correre lui per la Presidenza degli Stati Uniti.
Uomo del popolo (con il popolo, per il popolo), astuto, energico, estremamente coriaceo e vendicativo , divenne in Louisiana immensamente popolare.
Nel 1934 si inventò lo SHARE OUR WEALTH PROGRAM - il cui motto era, appunto, “Every man a King” - che proponeva, in piena Grande Depressione, delle misure radicali per la redistribuzione della ricchezza: secondo Long era necessario tassare i grandi patrimoni per arginare la povertà e il crimine che erano stati originati dalla crisi economica del 1929. Ogni famiglia doveva avere "enough for a home, an automobile, a radio and the ordinary conveniences." Quando gli scettici misero in dubbio l'efficacia del suo piano sostenendo che nessun livello di tassazione avrebbe mai potuto finanziare le sue promesse, Huey P. Long replicò che i numeri non significavano nulla dato che lui stava semplicemente seguendo la legge del Signore.
Da governatore, mister Kingfish riuscì a realizzare un controllo pressoché totale sulla società della Louisiana. I suoi oppositori ebbero buon gioco, decisamente, ad accusarlo di tendenze dittatoriali. Long non si scomponeva. Nei suoi comizi, sudato, rosso in volto, con in mano una Bibbia, li chiamava insetti, pidocchi, vili calunniatori. E si autodefiniva 'l'uomo della verità'.
Richard D. White, jr., uno studioso americano specialista in storia delle pubbliche amministrazioni, nel suo libro “Kingfish. The reign of Huey P. Long” ha scritto che Long da Governatore della Louisiana “costruì strade e scuole, fornì libri ed aiutò i poveri molto più di quanto sembrava economicamente possibile fare. Quando decideva che qualcosa era importante, trovava un modo per renderla possibile”. Il punto è che cercava di realizzarla con ogni mezzo necessario. Insomma, senza star lì a perder tempo riflettendo più di tanto sui mezzi, sui fini, su ciò che è morale in politica e su ciò che non lo è. Ci siamo capiti, si? “Durante il suo regno – è ancora White a parlare – assunse un controllo completo, capillare, di uno stato americano, come mai è riuscito a qualsiasi politico, prima e dopo di lui”. Long padroneggiava ogni aspetto del governo dello Stato e usò "tutti i trucchi della politica per assumere lavoratori a carico del bilancio dello stato”, dalle segretarie negli uffici governativi agli stradini. Mentiva, ingannava, imbrogliava, non si faceva scrupolo alcuno ad usare la sua influenza politica sui giornalisti (e sulle testate...) che erano critici con lui, adoperava la polizia locale come una forza armata personale e arrivò persino a dichiarare la legge marziale in alcune città che non volevano piegarsi ai suoi desiderata. Com'era il titolo di quel magnifico libro di Gerhard Ritter, uno dei testi più importanti che siano stati scritti nel Novecento sull'essenza della politica e sul germe di violenza e prevaricazione che al potere è connaturato? “Il volto demoniaco del potere”? Ecco.
All'apice della sua popolarità, Long subì un attentato nell'ingresso del Campidoglio di Baton Rouge, l'otto settembre 1935. Morì due giorni dopo. Le sue ultime parole? “Dio, non farmi morire. Ci sono così tante cose che devo ancora fare”.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

In un suo brano "Lindbergh" Woody Guthrie ricorda un'altra luminosa figura del populismo americano: padre Charles Coughlin.
"Yonder comes father Coughlin, wearin' the silver chain, Cash on his stomach and Hitler on the brain". Così cantava Guthrie in un brano dove si dichiarava a favore dell'intervento statunitense nella seconda guerra mondiale (che distanza tra il cantore dell'America degli ultimi e la nostra immaginaria sinistra, pronta a difendere talebani, hezbollah e integralisti vari). Coughlin ebbe un percorso politico non lontano da quello di Long. Prima sostenitore di Roosevelt e del New Deal, poi suo strenuo avversario, il prete cattolico di origine irlandese, attraverso le sue trasmissioni radiofoniche seguite da milioni di americani, fu per anni il paladino del più feroce anticomunismo, dell'antisemitismo (con tutto il corollario delle teorie del complotto demo-pluto-giudaico-massonico) e dell'isolazionismo che guardava in modo benevolo a Hitler e Mussolini.
Alla fine le trasmissioni radio furono soppresse dall'amministrazione Roosevelt e, su pressioni di quest'ultima, il reverendo venne spostato dal vescovo di Detroit a reggere una parrocchia di campagna.
Tutto questo per ricordare come con Long, Coughlin, il Ku Klux Klan che a metà degli anni venti poteva contare su almeno quattro milioni di aderenti, gli Stati Uniti furono grandemente esposti al virus del fascismo. Eppure, quella società, quel paese che ancora qualcuno dalle nostre parti individua come "l'impero del male" riusci a restarne immune. Cosicchè negli stessi anni nei quali il nostro paese era diretto da Mussolini, i Savoia e (last but no least) il Vaticano, gli Stati Uniti avevano Roosevelt, il New Deal e una vera separazione tra stato e chiesa.
E' utile ricordarselo ogni qualvolta troviamo scritto il memorabile "Yankee go home".

tic. ha detto...

La nostra sinistra immaginaria adora prostrarsi davanti a dittatori repellenti (e nient'affatto immaginari, ma non lo sa (non sa un sacco di cose, in realtà).
Il caso di quella canaglia di Fidel Castro è tristemente emblematico.
Le cose che dalle parte di Rifondazione e dei Comunisti italiani si dicono di quella schifezza di Chavez, invece pure.
La democrazia va difesa in Italia. Per Cuba e il Venezuela ci sono un sacco di distinguo da far valere. Triste (specialmente se si pensa, e per chi pensa, che la democrazia sia un valore a prescindere. Alla facciaccia del relativismo. Ho conosciuto gente di sinistra che mi ha detto, GIURO: "Prima bisogna mangiare. Non si mangiano i valori". Intendevano dire che i medici sono più importanti dei diritti umani, a Cuba. E ovunque, in fondo. A me pare un atteggiamento da filistei).

Un po' di autoritarismo a certi cazzoni starebbe proprio bene.

Anonimo ha detto...

E si. Facciamolo un bel dibattito su Cuba, magari coinvolgendo qualche "barbudo" di casa nostra.
Certo, i medici sono importanti. Anche quando somministrano a forza gli ormoni agli omosessuali in carcere. O no?

Anonimo ha detto...

Una delle mie passoni sono i manifesti politici.
Recentemente ne ho visti due. In entrambi campeggia lo stesso slogan: "Più stato, meno mercato". Diverso, invece, lo sfondo; in uno cameggia una fiamma con la dicitura "Fiamma Tricolore", nell'altro una falce e un martello con la scritta "Comunisti Italiani".
C'entra qualcosa nel discorso sul populismo? C'entra, c'entra.

tic. ha detto...

Eccome se c'entra, caro il mio filosofo cinico...

Anonimo ha detto...

Un'ultima provocazione per oggi.
Ci sono due organizzazioni; entrambe eleggono in una riunione segreta il loro capo. Entrambe sono dotate di succursali estere che devono obbedire alla sede centrale. Entrambe hanno le loro ricorrenze stabilite dove si celebrano i capi con slogan e immagini. Entrambe hanno dei tribunali dove gli adepti vengono giudicati per ciò che pensano. Entrambe hanno degli aderenti che quando le abbandonano mantengono gli stessi meccanismi di comportamento. Entrambe hanno delle splendide scuole dove allevano i migliori dirigenti. Entrambe raccontano storie palesemente in contrasto con la realtà e, comunque, mai verificabili. Entrambe si accapigliano con organizzazioni consimili su sottili dispute e su concreti interessi. Entrambe promuovendo, libertà, progresso e benessere hanno, quasi sempre, prodotto schiavitù, regresso e miseria.
C'è una differenza: una è ancora in vita, l'altra si è spenta nel 1991.
Quali sono?

Anonimo ha detto...
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tic. ha detto...

Bella sta cosina su Chiesa cattolica e Comunismo. Mi auguro che qualche comunista ancora in servizio legga. E non si scandalizzi, ma rida...
Ne conosco uno che potrebbe farsi una risata. E' un vecchio sodale e amico. Sta con i leggendari Comunisti Italiani, quelli di O. e di Sgorbio (ve lo ricordate, Sgorbio, si?).
In genere, comunque, i comunisti difettano in via assoluta di senso dell'umorismo...

Anonimo ha detto...

Una è sicuramente Tana delle Tigri, ma l'altra?

Anonimo ha detto...

Bravo Tic. Risposta esatta.
E' vero comunisti e cattolici difettano di senso dell'umorismo, del resto quando si crede nella vita eterna e nell'uomo nuovo non c'è un cazzo da ridere.
Speriamo che questa tana delle tigri non prenda troppo piede...