La piccola città americana che si è inventato Daniel Clowes si chiama Ice Haven.Ice Haven, nell'idioma gentil suona come qualcosa del tipo 'rifugio ghiacciato', o magari 'porto ghiacciato'. Rifugio, comunque, mi pare funzioni meglio.
Nella nostra prima passeggiata per la città ci accompagna Random Wilder, un uomo che spera, col tempo, di essere celebrato come il sommo poeta di Ice Haven: “'Qui non fa poi così freddo come sembra', questo dicevano sempre quelli della generazione di mio padre per incoraggiare i visitatori riluttanti, quando ancora si parlava di espansione... Ma il nostro adorabile nome, 'rifugio ghiacciato', concepito per evocare fatati paesaggi invernali, richiamava alla mente solo cupezza e geloni”.
Daniel Clowes è nato nel Michigan (uno Stato americano molto ma molto freddo) quarantasei anni fa ed è diventato famoso con la serie a fumetti “Eightball”. E' un grandissimo disegnatore che è stato capace di conquistarsi un suo spazio ben al di là del mondo dei fumetti (o meglio, del mondo degli appassionati di fumetti). Ricordo alcune copertine di dischi da lui firmate. Ad esempio, queste due qui sotto. Le ho scelte giusto perché la musica dei Supersuckers e (soprattutto) quella dei Cheater Slicks mi garba(va)no assai. E ricordo anche l'animazione da lui realizzata per il videoclip di I don't wanna grow up versione Ramones (lo sapete che è di Tom Waits, nevvero?). Clowes, poi, pubblica regolarmente su riviste come Esquire, The New Yorker, Vogue, Time e Newsweek e dai suoi lavori a fumetti sono stati tratti due film di un certo successo: Ghost World, interpretato tra gli altri da Thora Birch, l'intrigante (per Kevin Spacey...) adolescente di American Beauty, e Art School Confidential. Un terzo film è attualmente in lavorazione.
Ice Haven (pubblicato in Italia da Coconino Press - http://www.coconinopress.com/) si colloca nella stessa tradizione letteraria (molto americana) di Our Town (in Italy “Piccola città”) di Thornton Wilder (e non credo proprio che il cognome del poeta frustrato Ransom sia Wilder per caso...). Clowes intreccia tra loro le vicende di alcuni dei suoi abitanti e le racconta con uno stile veramente molto particolare, da lui stesso definito come un blend di realismo fotografico e di astrazione tipicamente fumettistica, pieno zeppo di riferimenti agli anni Cinquanta. Alessio Trabacchini ha giustamente parlato, per Ghost World, della vera e propria ossessione di Clowes per quel decennio, “il sintomo più evidente del tentativo silenziosamente disperato di infondere personalità e consistenza, attraverso l’imitazione di un passato mitico, ai luoghi, alle persone, a se stessi”. Tutto questo vale pure per Ice Haven.
Clowes è un autore coltissimo, che racconta le sue storie imitando lo stile dei Peanuts o dei cartoons dei Flinstones mentre recupera dalla storia del ventesimo secolo americano la vicenda criminale, tetra e terribile, di Leopold e Loeb (gli assassini che cercavano il delitto perfetto...), per usarla come contraltare alla misteriosa scomparsa del suo piccolo, infelicissimo, David Goldberg.
Sono storie, magistralmente raccontate, di enormi solitudini, di frustrazioni, di amori infelici. Fa tanto, veramente tanto freddo, ad Ice Haven, insomma.
Ma io comunque vi consiglio di farci una passeggiata, magari in compagnia di Random Wilder (se riuscite a reggerlo, eh... E' logorroico più di me). Vi condurrà volentieri per i suoi marciapiedi, dove potreste imbattervi – e ve lo auguro con tutto il cuore – in Violet e Vida. Magari Wilder vi mostrerà anche il monumento (monumento naturale: siamo in America) più importante della città: una roccia, un “capolavoro d'erosione: nostro marchio e pietra miliare, noto agli indigeni come “il nostro amico” dopo che così lo battezzò il sindaco Earley nella campagna elettorale del 1916”.
Nella mia (piccola) città che si chiama Monfalcone il monumento più importante è la Rocca. Non è un monumento naturale, ma un fortilizio che ha molti secoli sulle spalle.
Negli ultimi giorni, da noi, si è parlato parecchio di presepi, sapete?
Alcuni genitori di bimbi in età da asilo hanno protestato (anzi hanno vibrantemente protestato. Anzi, no, meglio: hanno furiosamente protestato) perché nelle strutture educative frequentate dai loro piccoli mancavano i presepi. Una mamma, la signora S.S (no, non sta per Schutz Staffeln, che non crediate... Sono solo le iniziali di nome e cognome) ha (appunto) protestato infuriata (si, proprio infuriata: perché è così che lo si scrive, solitamente, sul quotidiano locale, monopolista dell'informazione nella mia beneamata città: “infuria la protesta dei cittadini”. La protesta è fatta così, d'altronde: prima esplode, poi dilaga, quindi infuria per un po' di tempo. Almeno fino al prossimo titolo del cazzo sul quotidiano locale monopolista eccetera eccetera) per stigmatizzare il mancato allestimento del presepe nell'asilo del figlio. E lo ha messo per iscritto. Sentite qua: ”Non è possibile che in uno Stato cattolico e libero come il nostro si possano permettere certe cose. E' una vergogna assoluta. Ho mandato mio figlio alla scuola materna, pur avendo la possibilità di tenerlo con me al mattino, proprio perché è giusto che impari a socializzare con gli altri bambini, ma soprattutto perché possa essere istruito e possa imparare tutto ciò che da me e solo con me non imparerebbe”. La signora infuriata ha qualche domanda da fare al Potere: “Cosa lo mando a fare a scuola? Se poi non ha la possibilità di fare la recita di Natale o se non ha la possibilità di imparare le canzoni tradizionali perché all'interno di questo asilo multi-etnico non si permette di parlare della nostra religione?”. Capito la signora , gente mia bella gente? Provo a riepilogare: “Non è possibile... In uno Stato cattolico... E' una vergogna assoluta... Cosa lo mando a fare a scuola? Asilo multi-etnico...”.
A chi si trovasse (chissà poi per quale motivo) a leggere questo post e non sapesse manco per sbaglio né cosa sia né dove si trovi Monfalcone e ignorasse pure cosa sia accaduto, negli ultimi tempi, a Monfalcone, dico solo che Monfalcone è una (piccola) città della Venezia Giulia che ospita da un secolo tondo tondo uno dei cantieri navali più grandi d'Europa. In questi anni sono arrivati a Monfalcone un sacco di immigrati a lavorare (in condizioni spesso, ehm... Come dire? Di merda? Ecco) nel cantiere navale alla costruzione delle navi da crociera più grandi del mondo (questa cosa la si sente dire spesso, dalle nostre parti, ma fra poco non sarà più tanto vera visto che parrebbe che Genova stia per farci il culo a strisce con la Genesis, una città galleggiante da 5.400 passeggeri battezzata da qualche simpaticone col nome di una delle band più invincibilmente pallose della storia del rock). Gli immigrati provengono principalmente dal Bangladesh (dove i più son, ahi ahi ahi ahi ahi, mussulmani), poi dall'Europa dell'est (e ci sono pure immigrati, generalmente disprezzatissimi, provenienti dal meridione d'Italia. Ma di questi adesso non parliamo). Alcuni di questi disgraziati, perché tali sono (perché tale è sempre chi lascia la propria terra sfigatissima in cerca di lavoro per approdare in Italia, terra invece fortunatissima: tra le altre cose, anche per aver dato i natali a Mario Borghezio), si sono tirati dietro le famiglie. Ecco perché l'asilo frequentato dal bimbo della signora S.S. è “multi-etnico”.
Sulla questione è intervenuto (e come avrebbe potuto non?) il leader locale della Lega Nord, tal F.R., che, come scrive sul quotidiano locale la signorina T.C. (prossimo premio Pulitzer, sicuro come la morte), “ha presentato un'interrogazione al sindaco (omissis) per chiedergli di segnalare la situazione al Prefetto, sollecitando altresì il Provveditore agli studi, e di rivolgere un appello a dirigenti e insegnanti delle scuole cittadine 'affinché garantiscano ai bambini la possibilità di vivere un Natale senza assurde autocensure'”. Le ultime parole sono del boss leghista medesimo, che prosegue e sentite un po': ”Forse a causa di una eccessiva e nociva presenza di dirigenti e insegnanti atei o comunque privi della sensibilità nei confronti della cultura e delle tradizioni nazionali e locali di riferimento, sempre meno scuole materne ed elementari allestiscono un presepe e tanto meno ricordano con cenni storici l'evento della Natività (la parola 'natività', lui, la pronuncia in maiuscolo, n.d.r.). Numerosi genitori si lamentano di questa ingiustizia che i loro bambini sono costretti a subire da parte di chi vorrebbe trasformare il Natale in una indefinita e anomica festa del vuoto consumismo”. No, dico: avete avvertito, si, il sublime afflato di spiritualità? E vi è piaciuta quella sulla eccessiva e nociva presenza di dirigenti e insegnanti atei?
Lasciando perdere le risposte di quel Potere (di centro-sinistra) chiamato così perentoriamente in causa dalla signora S.S., la cosa per me più interessante (perché maggiormente istruttiva) della querelle monfalconese sui presepi sono state due lettere pubblicate dal quotidiano locale monopolista eccetera.
In una il signor L.P. scrive: “Per quanto si vede in giro, penso che al peggio non c'è ancora limite. Per il futuro dovremo aspettarci che i cultori del politicamente corretto pretendano di togliere gli alberi di Natale ed i Presepi, posti nelle piazze e negli angoli dei nostri paesi. Le croci sui tetti delle chiese dovranno essere mascherate, le campane imbavagliate per non recare disturbo. I capitelli in campagna bisognerà occultarli e adornarli di graffiti”. Ma chi sarebbero questi nostrani “cultori del politicamente corretto”? E il signor L.P. prontamente risponde: “Sono i comunisti, con e senza falce, sono i cattolici adulti, sono i no global, sono i disubbidienti, sono la sinistra anticapitalista, sono gli atei, speriamo di non aver dimenticato nessuno”. E speriamo davvero, povero signor L.P. Speriamo con Lei e per Lei che non ci sia rimasto nessuno a tramare nell'ombra (ma... E i massoni? Che cosa caspita staranno facendo i massoni in questo preciso momento?).
Poi c'è una lettera vergata di suo pugno dalla signora S.S., nientemeno. La mamma infuriata - polemicamente parlando - da cui siamo partiti, si sente “in dovere di chiarire e approfondire alcune cose”. La signora Gott mit uns tiene a precisare innanzitutto una cosa: “(...) la mia lamentela nulla ha a che vedere con alcun colore politico dal quale mi dissocio in assoluto come mi dissocio da qualunque idea razzista che potrebbe aver avuto il lettore leggendo l'articolo” (sta parlando, avrete inteso, proprio dell'articolo firmato sul quotidiano locale dal futuro premio Pulitzer, signorina T.C.).
E io dico fantastico! Siamo veramente al sublime. La signora Himmler è chiaramente una di quei moderati di cui van cianciando da secoli ormai Casini, Rutelli, Pezzotta, Ricotta e Triccaballacche. Massì, dai: i moderati, quelli che qui si lavora, signor mio, e non si parla di politica (perché questo e basta son sempre stati, on my opinion, i famosi moderati italiani. Solo che a casa mia noi malmostosi li chiamiamo qualunquisti e conformisti, questi famosi moderati, e non è precisamente un complimento). E perciò le ha dato tanto, ma tanto fastidio che la Lega Nord si sia buttata a pesce sulla sua protesta. Una protesta che, pensava lei, avrebbe dovuto bastare a se stessa. E si è anche preoccupata, la cara signora S.S., che non le si potessero muovere delle volgarissime accuse di razzismo. Perché qualcuno deve averle ben spiegato, chissà quando, che il razzismo è una cosa veramente brutta. Da lasciare volentieri ai Leghisti, che son gente che è messa lì apposta per sporcarsi le mani, per togliere le castagne dal fuoco ai moderati come la buona signora S.S. che è solo una povera mamma taaaaanto in ansia per il proprio pargolo, il quale ha diritto (in quanto bambino cristiano cattolico romano, par di capire) ad una corretta educazione. E non parlatele di fratellanza, che la signora (sicuramente) legge Libero o Il Giornale, quotidiani fatti su misura per i moderati come lei e come il signor L.P., e quindi le hanno insegnato da tempo a riconoscere il politically correct, hai visto mai che le capitasse di incontrarlo: “Pensate veramente che tutti siano interessati alla fratellanza e alla pace? Io ero presente alla festa della scuola con mio figlio, e nonostante i tagli fatti a favore delle etnie extracomunitarie, ho contato solamente tre (3) genitori extracomunitari. E tutti gli altri? Forse non sono così interessati ai nostri valori di fratellanza e di integrazione. Ma noi continuiamo pure a tagliarci fuori, così gli altri sorrideranno e noi piangeremo e forse dovremmo trasferirci tutti all'estero dove magari qualcuno farà qualcosa per i bambini italiani”.
Non so se anche a voi, a questo punto, ma a me è venuta in mente una (grandissima e) famosa battuta di quell'eccezionale umorista che è stato Beppe Viola: “Razzista io? Parla lei che è negro”.
E chiudo, finalmente, con una domanda: ma cosa abbiamo fatto di male, noi italiani, per meritarci questa Vandea miserabile?
Nella nostra prima passeggiata per la città ci accompagna Random Wilder, un uomo che spera, col tempo, di essere celebrato come il sommo poeta di Ice Haven: “'Qui non fa poi così freddo come sembra', questo dicevano sempre quelli della generazione di mio padre per incoraggiare i visitatori riluttanti, quando ancora si parlava di espansione... Ma il nostro adorabile nome, 'rifugio ghiacciato', concepito per evocare fatati paesaggi invernali, richiamava alla mente solo cupezza e geloni”.
Daniel Clowes è nato nel Michigan (uno Stato americano molto ma molto freddo) quarantasei anni fa ed è diventato famoso con la serie a fumetti “Eightball”. E' un grandissimo disegnatore che è stato capace di conquistarsi un suo spazio ben al di là del mondo dei fumetti (o meglio, del mondo degli appassionati di fumetti). Ricordo alcune copertine di dischi da lui firmate. Ad esempio, queste due qui sotto. Le ho scelte giusto perché la musica dei Supersuckers e (soprattutto) quella dei Cheater Slicks mi garba(va)no assai. E ricordo anche l'animazione da lui realizzata per il videoclip di I don't wanna grow up versione Ramones (lo sapete che è di Tom Waits, nevvero?). Clowes, poi, pubblica regolarmente su riviste come Esquire, The New Yorker, Vogue, Time e Newsweek e dai suoi lavori a fumetti sono stati tratti due film di un certo successo: Ghost World, interpretato tra gli altri da Thora Birch, l'intrigante (per Kevin Spacey...) adolescente di American Beauty, e Art School Confidential. Un terzo film è attualmente in lavorazione.
Ice Haven (pubblicato in Italia da Coconino Press - http://www.coconinopress.com/) si colloca nella stessa tradizione letteraria (molto americana) di Our Town (in Italy “Piccola città”) di Thornton Wilder (e non credo proprio che il cognome del poeta frustrato Ransom sia Wilder per caso...). Clowes intreccia tra loro le vicende di alcuni dei suoi abitanti e le racconta con uno stile veramente molto particolare, da lui stesso definito come un blend di realismo fotografico e di astrazione tipicamente fumettistica, pieno zeppo di riferimenti agli anni Cinquanta. Alessio Trabacchini ha giustamente parlato, per Ghost World, della vera e propria ossessione di Clowes per quel decennio, “il sintomo più evidente del tentativo silenziosamente disperato di infondere personalità e consistenza, attraverso l’imitazione di un passato mitico, ai luoghi, alle persone, a se stessi”. Tutto questo vale pure per Ice Haven.
Clowes è un autore coltissimo, che racconta le sue storie imitando lo stile dei Peanuts o dei cartoons dei Flinstones mentre recupera dalla storia del ventesimo secolo americano la vicenda criminale, tetra e terribile, di Leopold e Loeb (gli assassini che cercavano il delitto perfetto...), per usarla come contraltare alla misteriosa scomparsa del suo piccolo, infelicissimo, David Goldberg.
Sono storie, magistralmente raccontate, di enormi solitudini, di frustrazioni, di amori infelici. Fa tanto, veramente tanto freddo, ad Ice Haven, insomma.
Ma io comunque vi consiglio di farci una passeggiata, magari in compagnia di Random Wilder (se riuscite a reggerlo, eh... E' logorroico più di me). Vi condurrà volentieri per i suoi marciapiedi, dove potreste imbattervi – e ve lo auguro con tutto il cuore – in Violet e Vida. Magari Wilder vi mostrerà anche il monumento (monumento naturale: siamo in America) più importante della città: una roccia, un “capolavoro d'erosione: nostro marchio e pietra miliare, noto agli indigeni come “il nostro amico” dopo che così lo battezzò il sindaco Earley nella campagna elettorale del 1916”.
Nella mia (piccola) città che si chiama Monfalcone il monumento più importante è la Rocca. Non è un monumento naturale, ma un fortilizio che ha molti secoli sulle spalle.
Negli ultimi giorni, da noi, si è parlato parecchio di presepi, sapete?
Alcuni genitori di bimbi in età da asilo hanno protestato (anzi hanno vibrantemente protestato. Anzi, no, meglio: hanno furiosamente protestato) perché nelle strutture educative frequentate dai loro piccoli mancavano i presepi. Una mamma, la signora S.S (no, non sta per Schutz Staffeln, che non crediate... Sono solo le iniziali di nome e cognome) ha (appunto) protestato infuriata (si, proprio infuriata: perché è così che lo si scrive, solitamente, sul quotidiano locale, monopolista dell'informazione nella mia beneamata città: “infuria la protesta dei cittadini”. La protesta è fatta così, d'altronde: prima esplode, poi dilaga, quindi infuria per un po' di tempo. Almeno fino al prossimo titolo del cazzo sul quotidiano locale monopolista eccetera eccetera) per stigmatizzare il mancato allestimento del presepe nell'asilo del figlio. E lo ha messo per iscritto. Sentite qua: ”Non è possibile che in uno Stato cattolico e libero come il nostro si possano permettere certe cose. E' una vergogna assoluta. Ho mandato mio figlio alla scuola materna, pur avendo la possibilità di tenerlo con me al mattino, proprio perché è giusto che impari a socializzare con gli altri bambini, ma soprattutto perché possa essere istruito e possa imparare tutto ciò che da me e solo con me non imparerebbe”. La signora infuriata ha qualche domanda da fare al Potere: “Cosa lo mando a fare a scuola? Se poi non ha la possibilità di fare la recita di Natale o se non ha la possibilità di imparare le canzoni tradizionali perché all'interno di questo asilo multi-etnico non si permette di parlare della nostra religione?”. Capito la signora , gente mia bella gente? Provo a riepilogare: “Non è possibile... In uno Stato cattolico... E' una vergogna assoluta... Cosa lo mando a fare a scuola? Asilo multi-etnico...”.
A chi si trovasse (chissà poi per quale motivo) a leggere questo post e non sapesse manco per sbaglio né cosa sia né dove si trovi Monfalcone e ignorasse pure cosa sia accaduto, negli ultimi tempi, a Monfalcone, dico solo che Monfalcone è una (piccola) città della Venezia Giulia che ospita da un secolo tondo tondo uno dei cantieri navali più grandi d'Europa. In questi anni sono arrivati a Monfalcone un sacco di immigrati a lavorare (in condizioni spesso, ehm... Come dire? Di merda? Ecco) nel cantiere navale alla costruzione delle navi da crociera più grandi del mondo (questa cosa la si sente dire spesso, dalle nostre parti, ma fra poco non sarà più tanto vera visto che parrebbe che Genova stia per farci il culo a strisce con la Genesis, una città galleggiante da 5.400 passeggeri battezzata da qualche simpaticone col nome di una delle band più invincibilmente pallose della storia del rock). Gli immigrati provengono principalmente dal Bangladesh (dove i più son, ahi ahi ahi ahi ahi, mussulmani), poi dall'Europa dell'est (e ci sono pure immigrati, generalmente disprezzatissimi, provenienti dal meridione d'Italia. Ma di questi adesso non parliamo). Alcuni di questi disgraziati, perché tali sono (perché tale è sempre chi lascia la propria terra sfigatissima in cerca di lavoro per approdare in Italia, terra invece fortunatissima: tra le altre cose, anche per aver dato i natali a Mario Borghezio), si sono tirati dietro le famiglie. Ecco perché l'asilo frequentato dal bimbo della signora S.S. è “multi-etnico”.
Sulla questione è intervenuto (e come avrebbe potuto non?) il leader locale della Lega Nord, tal F.R., che, come scrive sul quotidiano locale la signorina T.C. (prossimo premio Pulitzer, sicuro come la morte), “ha presentato un'interrogazione al sindaco (omissis) per chiedergli di segnalare la situazione al Prefetto, sollecitando altresì il Provveditore agli studi, e di rivolgere un appello a dirigenti e insegnanti delle scuole cittadine 'affinché garantiscano ai bambini la possibilità di vivere un Natale senza assurde autocensure'”. Le ultime parole sono del boss leghista medesimo, che prosegue e sentite un po': ”Forse a causa di una eccessiva e nociva presenza di dirigenti e insegnanti atei o comunque privi della sensibilità nei confronti della cultura e delle tradizioni nazionali e locali di riferimento, sempre meno scuole materne ed elementari allestiscono un presepe e tanto meno ricordano con cenni storici l'evento della Natività (la parola 'natività', lui, la pronuncia in maiuscolo, n.d.r.). Numerosi genitori si lamentano di questa ingiustizia che i loro bambini sono costretti a subire da parte di chi vorrebbe trasformare il Natale in una indefinita e anomica festa del vuoto consumismo”. No, dico: avete avvertito, si, il sublime afflato di spiritualità? E vi è piaciuta quella sulla eccessiva e nociva presenza di dirigenti e insegnanti atei?
Lasciando perdere le risposte di quel Potere (di centro-sinistra) chiamato così perentoriamente in causa dalla signora S.S., la cosa per me più interessante (perché maggiormente istruttiva) della querelle monfalconese sui presepi sono state due lettere pubblicate dal quotidiano locale monopolista eccetera.
In una il signor L.P. scrive: “Per quanto si vede in giro, penso che al peggio non c'è ancora limite. Per il futuro dovremo aspettarci che i cultori del politicamente corretto pretendano di togliere gli alberi di Natale ed i Presepi, posti nelle piazze e negli angoli dei nostri paesi. Le croci sui tetti delle chiese dovranno essere mascherate, le campane imbavagliate per non recare disturbo. I capitelli in campagna bisognerà occultarli e adornarli di graffiti”. Ma chi sarebbero questi nostrani “cultori del politicamente corretto”? E il signor L.P. prontamente risponde: “Sono i comunisti, con e senza falce, sono i cattolici adulti, sono i no global, sono i disubbidienti, sono la sinistra anticapitalista, sono gli atei, speriamo di non aver dimenticato nessuno”. E speriamo davvero, povero signor L.P. Speriamo con Lei e per Lei che non ci sia rimasto nessuno a tramare nell'ombra (ma... E i massoni? Che cosa caspita staranno facendo i massoni in questo preciso momento?).
Poi c'è una lettera vergata di suo pugno dalla signora S.S., nientemeno. La mamma infuriata - polemicamente parlando - da cui siamo partiti, si sente “in dovere di chiarire e approfondire alcune cose”. La signora Gott mit uns tiene a precisare innanzitutto una cosa: “(...) la mia lamentela nulla ha a che vedere con alcun colore politico dal quale mi dissocio in assoluto come mi dissocio da qualunque idea razzista che potrebbe aver avuto il lettore leggendo l'articolo” (sta parlando, avrete inteso, proprio dell'articolo firmato sul quotidiano locale dal futuro premio Pulitzer, signorina T.C.).
E io dico fantastico! Siamo veramente al sublime. La signora Himmler è chiaramente una di quei moderati di cui van cianciando da secoli ormai Casini, Rutelli, Pezzotta, Ricotta e Triccaballacche. Massì, dai: i moderati, quelli che qui si lavora, signor mio, e non si parla di politica (perché questo e basta son sempre stati, on my opinion, i famosi moderati italiani. Solo che a casa mia noi malmostosi li chiamiamo qualunquisti e conformisti, questi famosi moderati, e non è precisamente un complimento). E perciò le ha dato tanto, ma tanto fastidio che la Lega Nord si sia buttata a pesce sulla sua protesta. Una protesta che, pensava lei, avrebbe dovuto bastare a se stessa. E si è anche preoccupata, la cara signora S.S., che non le si potessero muovere delle volgarissime accuse di razzismo. Perché qualcuno deve averle ben spiegato, chissà quando, che il razzismo è una cosa veramente brutta. Da lasciare volentieri ai Leghisti, che son gente che è messa lì apposta per sporcarsi le mani, per togliere le castagne dal fuoco ai moderati come la buona signora S.S. che è solo una povera mamma taaaaanto in ansia per il proprio pargolo, il quale ha diritto (in quanto bambino cristiano cattolico romano, par di capire) ad una corretta educazione. E non parlatele di fratellanza, che la signora (sicuramente) legge Libero o Il Giornale, quotidiani fatti su misura per i moderati come lei e come il signor L.P., e quindi le hanno insegnato da tempo a riconoscere il politically correct, hai visto mai che le capitasse di incontrarlo: “Pensate veramente che tutti siano interessati alla fratellanza e alla pace? Io ero presente alla festa della scuola con mio figlio, e nonostante i tagli fatti a favore delle etnie extracomunitarie, ho contato solamente tre (3) genitori extracomunitari. E tutti gli altri? Forse non sono così interessati ai nostri valori di fratellanza e di integrazione. Ma noi continuiamo pure a tagliarci fuori, così gli altri sorrideranno e noi piangeremo e forse dovremmo trasferirci tutti all'estero dove magari qualcuno farà qualcosa per i bambini italiani”.
Non so se anche a voi, a questo punto, ma a me è venuta in mente una (grandissima e) famosa battuta di quell'eccezionale umorista che è stato Beppe Viola: “Razzista io? Parla lei che è negro”.
E chiudo, finalmente, con una domanda: ma cosa abbiamo fatto di male, noi italiani, per meritarci questa Vandea miserabile?
5 commenti:
Cosa abbiamo fatto per meritarci questa miserabile Vandea??
Il punto e’ quello che NON abbiamo fatto per meritarci un POPOLO ITALIANO invece di questa ggente!
Non abbiamo fatto i conti con la realtà, mai! Abbiamo costruito un Paese come una colonia del Piemonte e poi l’abbiamo chiamata Italia, Abbiamo tradito alleanze, nascosto i particolarismi senza estirparli. Abbiamo Perso una guerra mondiale e, senza assumerci una responsabilità collettiva di Popolo, ci siamo assolti. Non abbiamo avuto mai il coraggio di vedere le nostre differenze e di porvi, ove possibile, rimedio, e oggi non siamo certo in grado di comprendere le differenze degli altri. Io cerco di non essere xenofobo da destra! Provo a pensare che un POPOLO di 60.000 di Italiani con millenaria cultura alle spalle non puo’, non deve, avere paura di 4 bengalesi che in 200 anni di dominazione inglese non hanno mai, mai alzato la testa per dire basta. Tanto meno di 4 solveni pieni di paura che la loro lingua (minoritaria) si spazzata via in qualche decennio. E dell’Islam nessuna paura ..fanno le moschee e le facciano, non saranno mai come San Pietro.. (ammesso che i nostri uffici tecnici comunali rilascino le autorizzazioni in tempi non mediorientali) ..Ma la destra di questo paese è miserabile (come quella sinistra) spocchiosa senza essere cattiva retriva senza essere conservatrice, è una destra di puttanieri e cocainomani è una destra che ha paura!!
E questo POPOLO che è solo ggente ..si merita questa destra ..
Io non ho paura signora SS, signor LP, NON HO PAURA perché so da dove vengo e dove voglio andare.
The Grinch
Visto che questo thread e' gia' morto e mi dispiace perche' il grinch aveva delle cose da dire e da sentire, proporro' un testo dedicato alla ridente localita cantierina (almeno fino a censura):
A Monfalcon (uacciuariuariua')
i ga l'uselon (uacciuariuariua')
e le babe ga (uacciuariuariua')
la mona in man (uacciuariuariua')
tira via la man (uacciuariuariua')
metti l'uselon (uacciuariuariua')
ta quel buson (uacciuariuariua')
de Monfalcon! (uacciuariuariua')
Caspita, dimenticavo l'introduzione al simpatico motivetto:
E se a Pola
i ga l'arena
a Monfalcon
i ga l'usel, fresco e bel!
(e poi via con la strofa)
Grande, grande, grande marsigliese...
Monfalcon un buson... Eh già... Concordo in pieno.
Lo sa che Giorgio Strehler (in privato, eh...) la chiamava Monfalcul? Me l'ha testimoniato un amico comune. Fededegno assai...
Gli Italiani, che gran popolo ......
Ma quello che mi lascia ancora più sgomento è la classe politica. che vergogna per l'essere umano tanta ignoranza e stupidità.
Posta un commento