Visto ieri sera Nella valle di Elah. Sono abbastanza vecchio per ricordare molto bene quella pletora di film americani dedicati al disastro del Vietnam che uscirono dalla metà degli anni Ottanta - ad un decennio e qualche spicciolo, quindi, dalla caduta di Saigon – ai primi anni Novanta. Fu un vero e proprio filone, da Stone (per ben due volte, con Platoon e Born on the 4th of july) al De Palma di Casualties of war passando per il gigantesco Kubrick di Full Metal Jacket (anche se Stanley Kubrick si stenta a classificarlo in qualsivoglia modo. Americano si, ma...) ma anche per Hamburger Hill, Gardens of stone e Good Morning Vietnam.
Che per la guerra (sporca, sporchissima) in Iraq – ancora in corso, lo ricordo a chi malauguratamente se lo fosse scordato. E si sa che a guerra del Vietnam in corso (tra il 1960, anno di arrivo dei primi consiglieri militari americani, e il 30 maggio del 1975) il cinema statunitense si occupò in sole due occasioni, in modo diretto, del conflitto: nel 1964 con Commandos in Vietnam di Marshall Thompson e nel 1968 con John Wayne che produsse e diresse The Green Berets – che per la guerra in Iraq, dicevo, sia quindi già arrivato il momento del filone? Ricordo che sono fuori in questo momento anche il Redford di Lions for lambs e il De Palma di Redacted.
Paul Haggis (grande sceneggiatore per Clint Eastwood in Million Dollar Baby, Flags of Our Fathers e Letters from Iwo Jima) è tornato alla regia, dopo il bellissimo Crash del 2004, per un film ugualmente bello e sentito, interpretato da un Tommy Lee Jones semplicemente perfetto e da una Charlize Theron in stato di grazia (una che è partita facendo la modella, come Monica Bellucci. Ma le somiglianze tra loro si fermano qui).
Il lavoro di Haggis gira attorno ad una celebre parabola del Vecchio Testamento, quella che racconta del campione dei Filistei, Golia, che ogni giorno, per quaranta giorni, nella valle di Elah, sfidò al combattimento i guerrieri israeliti. Nessuno dei soldati di re Saul ebbe il coraggio di accettare la sua sfida, tranne il giovane Davide che sfidò il gigante e lo uccise con una sassata.
Riuscì a farlo perché seppe vincere la sua paura.
Haggis racconta la storia dei tanti, troppi, giovani americani che, dopo essere andati in Iraq a combattere, sono tornati a casa feriti nell'anima, violenti, nevrotici e cambiati per sempre dall'orrore della guerra soprattutto perché vinti dalla paura. Lo fa attraverso uno schema classico, quello del thriller in ambiente militare. Solo che alla fine della detection, dopo il disvelamento, non c'è proprio nulla che sia tornato a posto. E tu sei ancora lì a chiederti chi sia il colpevole.
Poco prima dei titoli di coda vediamo Hank Deerfield/Tommy Lee Jones alzare una bandiera capovolta, un segnale che significa “siamo allo stremo, abbiamo un disperato bisogno di aiuto”.
Un'intera nazione, sembra voler dire Paul Haggis, è stata vinta dalla paura e ha disperato bisogno di “a helpin' hand”. Chi aiuterà l'America?
Che per la guerra (sporca, sporchissima) in Iraq – ancora in corso, lo ricordo a chi malauguratamente se lo fosse scordato. E si sa che a guerra del Vietnam in corso (tra il 1960, anno di arrivo dei primi consiglieri militari americani, e il 30 maggio del 1975) il cinema statunitense si occupò in sole due occasioni, in modo diretto, del conflitto: nel 1964 con Commandos in Vietnam di Marshall Thompson e nel 1968 con John Wayne che produsse e diresse The Green Berets – che per la guerra in Iraq, dicevo, sia quindi già arrivato il momento del filone? Ricordo che sono fuori in questo momento anche il Redford di Lions for lambs e il De Palma di Redacted.
Paul Haggis (grande sceneggiatore per Clint Eastwood in Million Dollar Baby, Flags of Our Fathers e Letters from Iwo Jima) è tornato alla regia, dopo il bellissimo Crash del 2004, per un film ugualmente bello e sentito, interpretato da un Tommy Lee Jones semplicemente perfetto e da una Charlize Theron in stato di grazia (una che è partita facendo la modella, come Monica Bellucci. Ma le somiglianze tra loro si fermano qui).
Il lavoro di Haggis gira attorno ad una celebre parabola del Vecchio Testamento, quella che racconta del campione dei Filistei, Golia, che ogni giorno, per quaranta giorni, nella valle di Elah, sfidò al combattimento i guerrieri israeliti. Nessuno dei soldati di re Saul ebbe il coraggio di accettare la sua sfida, tranne il giovane Davide che sfidò il gigante e lo uccise con una sassata.
Riuscì a farlo perché seppe vincere la sua paura.
Haggis racconta la storia dei tanti, troppi, giovani americani che, dopo essere andati in Iraq a combattere, sono tornati a casa feriti nell'anima, violenti, nevrotici e cambiati per sempre dall'orrore della guerra soprattutto perché vinti dalla paura. Lo fa attraverso uno schema classico, quello del thriller in ambiente militare. Solo che alla fine della detection, dopo il disvelamento, non c'è proprio nulla che sia tornato a posto. E tu sei ancora lì a chiederti chi sia il colpevole.
Poco prima dei titoli di coda vediamo Hank Deerfield/Tommy Lee Jones alzare una bandiera capovolta, un segnale che significa “siamo allo stremo, abbiamo un disperato bisogno di aiuto”.
Un'intera nazione, sembra voler dire Paul Haggis, è stata vinta dalla paura e ha disperato bisogno di “a helpin' hand”. Chi aiuterà l'America?
9 commenti:
Ho visto anch'io il film e concordo, l'ho trovato molto bello.
Una straordinaria fotografia (ottimo l'uso di colori molto freddi) e ben recitato. La Theron superba, e pensare che aveva cominciato mostrando il culo nella pubblicità del Martini (dalle nostre parti quando cominciano mostrando il culo, poi continuano con altre parti anatomiche finchè la natura e la chirurgia le sorregge).
Chi darà una mano all'America? E un paese assolutamente in grado di aiutarsi (e inguaiarsi) da solo.
Invece, chi dara una mano all'Italia?
l'america!
Come al solito?
Mi sa che (purtroppo) non è più tempo...
Bella battuta, comunque, quella di Ale.
La nostra palla di fango gira sempre più velocemente, ed il pallino del gioco fluttua come la biglia di un enorme roulette.
Chi aiuterà l'america? Nessuno.
Altro giro; altro gioco; altro vincitore.
Le jeux son fait; rien ne va plus..
Terrible!
Chi aiuterà l'America? Ma il Team America, naturalmente! Contro i F.a.g. (in italiano G.A.Y) e soprattutto Matt Damon...
Io ho capito la (straordinaria!)citazione.
Lei adesso la spieghi anche a coloro i quali non hanno avuto modo di gustarsi il CAPOLAVORO cinematografico a cui lei ha fatto riferimento in modo così simpatico.
Che fa? Mi diventa criptica come Fabio Montale, adesso?
Giusto. Un accenno da Wikipedia (che come si sa è fonte affidabile): "Team America è un film del 2004 diretto da Trey Parker, e scritto da Parker e Matt Stone, i creatori della celebre serie animata South Park.
E' un film d'animazione, ma anziché essere disegnato è recitato interamente da marionette, nello stile della nota serie televisiva inglese Thunderbirds, che è anche uno dei bersagli delle parodie di questo film. Lo stile di animazione di questo film è stato definito dai due creatori Supercrappymation (più o meno "animazione super merdosa")".
"Il Team America è un commando votato alla eliminazione del terrorismo in ogni angolo del mondo. In realtà il vero capo dei terroristi internazionali è il dittatore nord-coreano Kim Jong-il, che ha in progetto di indire una conferenza di pace alla presenza di tutti i leader mondiali per far esplodere contemporaneamente in tutto il mondo delle cariche di enorme potenza. Intanto L'opinione pubblica, aizzata dalla Gilda Attori Yankee (G.A.Y.), che fra i suoi membri include Alec Baldwin, Tim Robbins, George Clooney, Sean Penn, Liv Tyler e altri celebri attori "di sinistra", accusa il Team del degradarsi della situazione internazionale". Non si svelo la fine, ma tutto finirà nel migliore dei modi!
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