Allora: camper.
Avete colto, si? Scusate, eh, se son stato un po' didascalico...
La prima volta che ebbi modo di ascoltarli fu nel lontano 1985, l'ultima è stata qualche ora fa.
E' uscita da poco una loro antologia, Popular Songs of Great Enduring Strenght and Beauty, che contiene esattamente quello che il titolo promette: canzoni di grande e duratura forza e bellezza.
Cinque gli album firmati dai Camper Van Beethoven in quei terribili anni Ottanta dai quali – anche grazie a loro, perdio! Anche grazie a loro – io sono riuscito ad uscire vivo. Il loro capolavoro - forse non il loro disco più fresco ed entusiasmante, ma senz'altro quello più maturo - si intitola Our Beloved Revolutionary Sweetheart, uscì giusto vent'anni or sono e per il ventenne tic fu una folgorazione (voi non potete avere idea del magone che mi sovrasta, in questo momento... Aiuto!).
Ha detto bene Gianluca Testani sull'ultimo numero del Mucchio: “di tutta la musica incisa in quel decennio di straordinari neo-qualcosa e pessime sonorità, quella dei Camper è tra le poche invecchiate bene. Uh, benissimo”.
Che musica facevano? Beh, che vi posso dire, come posso spiegare? Vediamo un po'... Ecco, trovato! Mi faccio aiutare da Tom Waits.
“C'è (...) un posto dove la Nigeria confina con la Louisiana, ci sono cose nella musica che accadono spontaneamente e così ti sposti verso luoghi con i quali non avevi connessioni. Se suoni un certo ritmo e ti muovi un poco, quel ritmo può diventare un valzer dei Carpazi, ti spingi ancora più in là e ottieni un'altra traiettoria. La musica crea una propria geografia”.
I Camper Van Beethoven abitavano (e abitano... Si sono riformati da qualche annetto, hanno inciso qualcosa di nuovo e girano parecchio) quel posto di cui parla Waits, una terra di paesaggi sonori continuamente cangianti, dall'hardcore punk (perché era gente che veniva dal punk e sempre sia benedetto, il punk. Nel loro primo disco c'è una versione country – sic - di Wasted dei Black Flag...) ad una psichedelia alla Grateful Dead o alla primi (fossero stati gli ultimi...) Pink Floyd (una cover di Interstellar Overdrive, nel loro secondo lavoro) passando per l'hillbilly, la musica tex-mex, lo ska e il rock-steady, il folk dell'Est europeo e del Medio Oriente, i raga indiani e il rock'n'roll, la polka e il garage rock, il surf e il cajun: tutto questo centrifugato da una creatività ed un sense of humor incredibili. Per darvi solo un'idea dello spiritello che animava e anima questo incredibile minstrel show surrealista, eccovi qualche titolo di canzone da Popular Songs...: The Day That Lassie Went To The Moon, Border Ska (che è proprio uno ska suonato come potrebbe farlo qualcuno dalle parti del confine tra il Messico e gli States), Take The Skinheads Bowling (per lungo tempo al primo posto, in my private hit parade), Pictures Of Matchstick Men (una cover, ostia di un'ostia, degli Status Quo!), ZZ Top Goes To Egypt (...), Sad Lovers' Waltz (che è proprio un bel valzerone. Da bovari innamorati). E ci metto anche (ma non hanno trovato posto nell'antologia, ahimé) la leggendaria Mao Reminisces About His Days In Southern China. E poi Yanqui Go Home. E poi Joe Stalin's Cadillac. E poi Colonel Bermudez. E poi i cosacchi del Don che arrivano al galoppo sulle note di Vladivostock e di Balalaika Gap. E poi Torquoise Jewelry. E poi mi fermo, o rischio di mettercele un po' tutte.
Queste magnifiche canzoni - che in tre minuti tre vi portano dagli Appalachi al Bosforo passando per la Giamaica - riuscivano a sposare steel guitar e organetti sghembi, balalaika e banjo, mandolini e violino (che, suonato da un grandissimo musicista che si chiama Jonathan Segel, era un po' il perno di tutto 'sto mis mas), elettrico e acustico, hard e folk: e, chissà come, erano tutte unioni che funzionavano alla grande.
Faccio chiudere a Testani, che è uomo d'onore: “La gente comune non riesce manco a pensarle certe cose, figuriamoci farle. Il giorno che Lassie andò sulla luna. Ma dai. Vent'anni fa potevi entrare in un negozio e portarti via un disco grosso così fatto da gente grossa così. Poi dice che uno fatica a entusiasmarsi per l'ultima sensation indie del 2008”.
Se potete comprare un solo cd, quest'anno, date retta a tic: accattàtevi questo.
4 commenti:
sicuramente da provare! MORRISSEY
p.s. : anni '80:molto buoni anche i MORPHINE!
sicuramente da provare! MORRISSEY
p.s. : anni '80:molto buoni anche i MORPHINE!
volevo dire anni '90: I MORPHINE intendo!!!!
sugli anni '80 potrei spaziare. butto lì : i BIG COUNTRY con la memorabile in a big coubtry
MORRISSEY
Mi piacevano un sacco, i Morphine...
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