Leggendo Pigrizia di Gilbert Hernandez mi sono ricordato de I fiori blu di Raymond Queneau...
Mai letto?
Mi permetto di consigliarvelo (trust in tic, trust in tic...). Se (pure voi) non avete la fortuna di poter leggere in francese (che sarebbe il massimo, per Queneau), poco male: per I fiori blu c'è la splendida (ormai classica, direi) traduzione di Italo Calvino disponibile.
Secondo un apologo cinese, Chuang-tzé sogna di essere una farfalla; ma come possiamo essere sicuri del fatto che non sia la farfalla a sognare di essere Chuang-tzé (che sogna di essere una farfalla)?
E nel romanzo di Queneau non si comprende se è il Duca d'Auge (un tizio che compare nella Storia - con la maiuscola - ogni 175 anni) che sogna di essere Cidrolin o Cidrolin (un ex carcerato mite e scioperatissimo che abita in un barcone ormeggiato sulla Senna e passa le sue giornate a bere pernod e a ridipingere una staccionata sulla quale, ogni notte, qualcuno scrive delle cose che qui non sarebbe bello ripetere) a sognare di essere il Duca d'Auge.
Così, in Pigrizia, alla fine, uno non capisce se ha assistito al sogno di Miguel Serra o a quello di Lita Garcia (o forse è stato Romeo a sognare entrambi?). Il racconto è narrato due volte, e la seconda volta gli avvenimenti sono completamente ribaltati e i personaggi assumono ruoli del tutto diversi.
Siamo in una cittadina della California meridionale, uno di quei posti dove gli adulti, scrive l'autore Gilbert Hernandez, “sentono di poter crescere i figli più piccoli in relativa pace e sicurezza”. Solo che poi non sanno vedere, “stentano ad accorgersi che i figli adolescenti soffriranno di noia e di una bassa autostima esistenziale talvolta in maniera estrema”. Figli come Joely Jones, studentessa modello che non aveva mai dato preoccupazioni a nessuno “fino al giorno in cui portò a scuola una pistola e cercò di uccidere il suo insegnante di economia domestica. In seguito Joely si impiccò in prigione”. Il povero Kevin Maynard, invece, saltò giù dal tetto della palestra della scuola “perché non era riuscito a entrare nella squadra di pallacanestro. Si ruppe l'osso del collo. Lasciò una breve lettera suicida appuntata al cadavere del cane di famiglia. Aveva ucciso il cane che aveva tanto amato”. E infine i due gemelli Luton, “che fecero un patto suicida tra fratello e sorella. Si schiantarono con la famigliare a cento all'ora contro la stazione polizia nell'ora di punta”.
Miguel e Lita (Miguel o Lita?) per sfuggire alla depressione e al senso di impotenza decidono (si: decidono) di entrare in coma, un coma che è trasparente metafora di “un'altra vita in un altro mondo. Altrettanto reale di quello in cui viviamo tutti”. E nel mondo del coma si può volare, maledizione: mica come qui.
A colpire (e commuovere: sinceramente) è la grazia con cui in Pigrizia vengono mescolati onirismo e realismo, finissime intuizioni psicologiche e magia, leggende e misteri, amore e rock'n'roll.
Sono anni (eh, si... Sta invecchiando, il tic) che Gilbert Hernandez e suo fratello Jaime (Los Hernandez Brothers!) occupano un posto d'onore nel mio immaginario.
Conobbi le loro tavole sulla vecchia (e benemerita) rivista Comic Art, che negli anni Ottanta (da cui - ma questo forse già l'ho scritto, da qualche parte – ce l'ho fatta, pensate un po', ad uscire vivo) pubblicava le storie del loro Love&Rockets: in modo un po' disordinato, a dire il vero.Io ci sono cresciuto, con Maggie, Hopey, Pipo, Maricela, Luba e quel loro mondo (post-moderno? Brrrrr... E sia! Ma sappiate che mi vergogno da morire, per averlo scritto) che, come ha scritto Carter Scholz, “ha veri supereroi, mostri, razzi, robot, mutanti e tutta quanta quella popolare spazzatura con cui siamo cresciuti”. E “proprio dietro l'orizzonte potrebbero esserci i Fantastici Quattro a combattere con il Dottor Destino, ma nella vignetta che abbiamo davanti, Maggie e Hopey sono preoccupate per i soldi o per la birra o per qualche non corrisposto amore o per qualche vendetta”. Un mondo del futuro che, allo stesso tempo, era la California dei MIEI anni Ottanta (e pure dei MIEI Novanta. E, forse, oltre...): quella del punk rock urlato a pieni polmoni, quella cantata dagli X (We're desperate...), dagli Adolescents (Kids of the Black Hole),dai Social Distortion (Telling them), dagli Youth Brigade, dai Black Flag, dai Descendents, dai... E mi vengono in mente pure (e non potete avere idea della nostalgia) quelle band di punk chicano (si, chicano: proprio come los hermanos Hernandez e quasi tutti i loro personaggi) che proprio da una tavola di Love & Rockets sembravano essere uscite, come i Plugz di Tito Larriva e Charlie Quintanao gli Zeros di Javier Escovedo, da Chula Vista: “the Mexican Ramones”, secondo qualche bello spirito.
La California filmata da Penelope Spheeris, o magari (e probabilmente è più calzante) quella che Alex Cox ha raccontato in Repo Man (chi se lo ricorda?).
I fratelli Hernandez sono dei talenti pazzeschi: due frullatori impazziti di suoni e visioni; due sociologi molto seri ma nient'affatto seriosi; due critici del costume attenti come pochi a quanto accade nel mondo giovanile, e sensibilissimi.
L'uno completa l'altro. Gilbert, che da giovane assomigliava un bel po' al tizio ritratto qui sotto, di se stesso parla in questo modo:
“Il mio stile è un più intenso di quello di Jaime, probabilmente perché la mia tecnica è più limitata di quella di mio fratello. Jaime ha un segno abbastanza delicato o naturale, e quando disegna una donna attraente non ha problemi... la si nota subito, è estremamente realistica. Io, invece, devo esagerare con il tratto per raggiungere lo stesso effetto e le mie storie sembrano più stilizzate. Il rovescio della medaglia è che se lui esagera un po' la vignetta diventa immediatamente umoristica, mentre io non corro questo rischio e posso essere estremo quanto voglio senza inficiare i temi della storia”.
Tutto vero, tutto vero.
Pigrizia è un bel modo per iniziare a fare la sua conoscenza. Poi fiondatevi su Love&Rockets, così conoscerete pure su hermano Jaime. E' cosa buona e giusta.
Mai letto?
Mi permetto di consigliarvelo (trust in tic, trust in tic...). Se (pure voi) non avete la fortuna di poter leggere in francese (che sarebbe il massimo, per Queneau), poco male: per I fiori blu c'è la splendida (ormai classica, direi) traduzione di Italo Calvino disponibile.
Secondo un apologo cinese, Chuang-tzé sogna di essere una farfalla; ma come possiamo essere sicuri del fatto che non sia la farfalla a sognare di essere Chuang-tzé (che sogna di essere una farfalla)?
E nel romanzo di Queneau non si comprende se è il Duca d'Auge (un tizio che compare nella Storia - con la maiuscola - ogni 175 anni) che sogna di essere Cidrolin o Cidrolin (un ex carcerato mite e scioperatissimo che abita in un barcone ormeggiato sulla Senna e passa le sue giornate a bere pernod e a ridipingere una staccionata sulla quale, ogni notte, qualcuno scrive delle cose che qui non sarebbe bello ripetere) a sognare di essere il Duca d'Auge.
Così, in Pigrizia, alla fine, uno non capisce se ha assistito al sogno di Miguel Serra o a quello di Lita Garcia (o forse è stato Romeo a sognare entrambi?). Il racconto è narrato due volte, e la seconda volta gli avvenimenti sono completamente ribaltati e i personaggi assumono ruoli del tutto diversi.
Siamo in una cittadina della California meridionale, uno di quei posti dove gli adulti, scrive l'autore Gilbert Hernandez, “sentono di poter crescere i figli più piccoli in relativa pace e sicurezza”. Solo che poi non sanno vedere, “stentano ad accorgersi che i figli adolescenti soffriranno di noia e di una bassa autostima esistenziale talvolta in maniera estrema”. Figli come Joely Jones, studentessa modello che non aveva mai dato preoccupazioni a nessuno “fino al giorno in cui portò a scuola una pistola e cercò di uccidere il suo insegnante di economia domestica. In seguito Joely si impiccò in prigione”. Il povero Kevin Maynard, invece, saltò giù dal tetto della palestra della scuola “perché non era riuscito a entrare nella squadra di pallacanestro. Si ruppe l'osso del collo. Lasciò una breve lettera suicida appuntata al cadavere del cane di famiglia. Aveva ucciso il cane che aveva tanto amato”. E infine i due gemelli Luton, “che fecero un patto suicida tra fratello e sorella. Si schiantarono con la famigliare a cento all'ora contro la stazione polizia nell'ora di punta”.
Miguel e Lita (Miguel o Lita?) per sfuggire alla depressione e al senso di impotenza decidono (si: decidono) di entrare in coma, un coma che è trasparente metafora di “un'altra vita in un altro mondo. Altrettanto reale di quello in cui viviamo tutti”. E nel mondo del coma si può volare, maledizione: mica come qui.
A colpire (e commuovere: sinceramente) è la grazia con cui in Pigrizia vengono mescolati onirismo e realismo, finissime intuizioni psicologiche e magia, leggende e misteri, amore e rock'n'roll.
Sono anni (eh, si... Sta invecchiando, il tic) che Gilbert Hernandez e suo fratello Jaime (Los Hernandez Brothers!) occupano un posto d'onore nel mio immaginario.
Conobbi le loro tavole sulla vecchia (e benemerita) rivista Comic Art, che negli anni Ottanta (da cui - ma questo forse già l'ho scritto, da qualche parte – ce l'ho fatta, pensate un po', ad uscire vivo) pubblicava le storie del loro Love&Rockets: in modo un po' disordinato, a dire il vero.Io ci sono cresciuto, con Maggie, Hopey, Pipo, Maricela, Luba e quel loro mondo (post-moderno? Brrrrr... E sia! Ma sappiate che mi vergogno da morire, per averlo scritto) che, come ha scritto Carter Scholz, “ha veri supereroi, mostri, razzi, robot, mutanti e tutta quanta quella popolare spazzatura con cui siamo cresciuti”. E “proprio dietro l'orizzonte potrebbero esserci i Fantastici Quattro a combattere con il Dottor Destino, ma nella vignetta che abbiamo davanti, Maggie e Hopey sono preoccupate per i soldi o per la birra o per qualche non corrisposto amore o per qualche vendetta”. Un mondo del futuro che, allo stesso tempo, era la California dei MIEI anni Ottanta (e pure dei MIEI Novanta. E, forse, oltre...): quella del punk rock urlato a pieni polmoni, quella cantata dagli X (We're desperate...), dagli Adolescents (Kids of the Black Hole),dai Social Distortion (Telling them), dagli Youth Brigade, dai Black Flag, dai Descendents, dai... E mi vengono in mente pure (e non potete avere idea della nostalgia) quelle band di punk chicano (si, chicano: proprio come los hermanos Hernandez e quasi tutti i loro personaggi) che proprio da una tavola di Love & Rockets sembravano essere uscite, come i Plugz di Tito Larriva e Charlie Quintanao gli Zeros di Javier Escovedo, da Chula Vista: “the Mexican Ramones”, secondo qualche bello spirito.
La California filmata da Penelope Spheeris, o magari (e probabilmente è più calzante) quella che Alex Cox ha raccontato in Repo Man (chi se lo ricorda?).
I fratelli Hernandez sono dei talenti pazzeschi: due frullatori impazziti di suoni e visioni; due sociologi molto seri ma nient'affatto seriosi; due critici del costume attenti come pochi a quanto accade nel mondo giovanile, e sensibilissimi.
L'uno completa l'altro. Gilbert, che da giovane assomigliava un bel po' al tizio ritratto qui sotto, di se stesso parla in questo modo:
“Il mio stile è un più intenso di quello di Jaime, probabilmente perché la mia tecnica è più limitata di quella di mio fratello. Jaime ha un segno abbastanza delicato o naturale, e quando disegna una donna attraente non ha problemi... la si nota subito, è estremamente realistica. Io, invece, devo esagerare con il tratto per raggiungere lo stesso effetto e le mie storie sembrano più stilizzate. Il rovescio della medaglia è che se lui esagera un po' la vignetta diventa immediatamente umoristica, mentre io non corro questo rischio e posso essere estremo quanto voglio senza inficiare i temi della storia”.
Tutto vero, tutto vero.
Pigrizia è un bel modo per iniziare a fare la sua conoscenza. Poi fiondatevi su Love&Rockets, così conoscerete pure su hermano Jaime. E' cosa buona e giusta.
2 commenti:
Ha provato a chiedere un parere al Grande Capo Sioux Estiqaatsi?
Ah ah ah!
Marsigliese del piffero!
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