In questi giorni me so' sparato in circolo quel migliaio di volte un grandissimo disco di Tom Petty and the Heartbreakers, Damn the Torpedoes!, a.D. 1979.
Evidentemente ready to grow young again, come direbbe Bruce Springsteen, mi son sentito di nuovo, da qualche parte tra il cuore e il piloro, le sedici primavere che c'avevo quando l'ascoltai per la prima volta: correva l'anno Millenovecentottantaquattro e io ero un adolescente parecchio problematico e coglione innamorato perso di Raffaella, che non mi cagava manco di striscio, e del rock'n'roll, che invece mi contraccambiò da subito salvandomi così la vita e questa vi giuro che non è solo una citazione di Lou Reed.
E insomma, sixteen once again, il voster semper voster tic, e la cosa non dovrebbe stupirvi manco per ipotesi datosi che il rock'n'roll ha smesso da decenni di essere la musica di chi è giovane per diventare la musica di chi vuole sentircisi, giovane: almeno una volta ogni tanto...
Il titolo del capolavoro in questione (perché di capolavoro trattasi, forse si sarà intuìto...) suona un po' scaramantico e un po' gettiamo il cuore oltre l'ostacolo, alla garibaldina. Ehm, alla yankee...
Sono parole che l'ammiraglio David Glasgow Farragut pronunciò il 5 di agosto del 1864 nel corso della battaglia di Mobile Bay. Evidentemente ready to grow young again, come direbbe Bruce Springsteen, mi son sentito di nuovo, da qualche parte tra il cuore e il piloro, le sedici primavere che c'avevo quando l'ascoltai per la prima volta: correva l'anno Millenovecentottantaquattro e io ero un adolescente parecchio problematico e coglione innamorato perso di Raffaella, che non mi cagava manco di striscio, e del rock'n'roll, che invece mi contraccambiò da subito salvandomi così la vita e questa vi giuro che non è solo una citazione di Lou Reed.
E insomma, sixteen once again, il voster semper voster tic, e la cosa non dovrebbe stupirvi manco per ipotesi datosi che il rock'n'roll ha smesso da decenni di essere la musica di chi è giovane per diventare la musica di chi vuole sentircisi, giovane: almeno una volta ogni tanto...
Il titolo del capolavoro in questione (perché di capolavoro trattasi, forse si sarà intuìto...) suona un po' scaramantico e un po' gettiamo il cuore oltre l'ostacolo, alla garibaldina. Ehm, alla yankee...
Mobile, Alabama, era l'ultimo grande porto della Confederazione sudista sul Golfo del Messico. La baia su cui sorge era allora piena di torpedoes, mine navali. Farragut ordinò un primo attacco. Quando l'USS Tecumseh incrociò una mina e colò a picco, le altre navi cominciarono a indietreggiare. Fu allora che, dal suo punto di osservazione sull'USS Hartford, David Glasgow Farragut berciò attraverso un megafono: “What's the trouble?”. Dall'USS Brooklyn gli risposero immediatamente: “Torpedoes!” e lui, di rimando: “Damn the torpedoes!”, al diavolo le mine, avanti a tutta forza!
I nordisti vinsero, ovviamente.
Damn the Torpedoes!
Che, se ci pensate, è proprio un grande titolo, per the difficult third album: un sacco di gente è lì, pronta a massacrarti – mò vediamo se è un bluff, 'sto Petty, vediamo - e tu invece avanti, avanti, avanti, fanculo the torpedoes, perché sai che è con questo disco che te la giochi tutta.
Bé, a trent'anni di distanza dalla sua uscita 'sta roba suona ancora da dio. Non è invecchiata manco per niente, capite? Un classico assoluto del Rock americano che inizia con un inno, Refugee, e finisce con la più bella canzone che John Fogerty non ha mai scritto, Louisiana Rain. In mezzo, brani power pop definitivi (Century City e What are you doin' in my life?), springsteenismi assortiti (Even the losers e Don't do me like that – e d'altra parte Darkness on the Edge of Town, ovvero la definizione del canone del Boss rocker, era uscito solo l'anno prima) e il solito Byrds-touch (Here comes my girl) che del prelibatissimo bouquet Petty è, fin dagli inizi, uno degli elementi costitutivi.
Che altro?
Ah, sì: gli Heartbreakers... Una band da favola, a cominciare da quell'immenso stilista delle tastiere che si chiama Benmont Tench.
E poi la produzione, la migliore di sempre per Jimmy Iovine: un suono muscolare, raffinatissimo ma per niente laccato.
La pianto qui epperò potrei continuare per ore, a parlarvi della musica di Tom Petty.
La volete sapere una cosa? A quarant'anni, quasi quarantuno ormai, posso dire che aveva proprio ragione, il vecchio Bob Seger: rock'n'roll never forgets.
Il rock'n'roll non si dimentica mai.
Ostia, se è vero.
Che, se ci pensate, è proprio un grande titolo, per the difficult third album: un sacco di gente è lì, pronta a massacrarti – mò vediamo se è un bluff, 'sto Petty, vediamo - e tu invece avanti, avanti, avanti, fanculo the torpedoes, perché sai che è con questo disco che te la giochi tutta.
Bé, a trent'anni di distanza dalla sua uscita 'sta roba suona ancora da dio. Non è invecchiata manco per niente, capite? Un classico assoluto del Rock americano che inizia con un inno, Refugee, e finisce con la più bella canzone che John Fogerty non ha mai scritto, Louisiana Rain. In mezzo, brani power pop definitivi (Century City e What are you doin' in my life?), springsteenismi assortiti (Even the losers e Don't do me like that – e d'altra parte Darkness on the Edge of Town, ovvero la definizione del canone del Boss rocker, era uscito solo l'anno prima) e il solito Byrds-touch (Here comes my girl) che del prelibatissimo bouquet Petty è, fin dagli inizi, uno degli elementi costitutivi.
Che altro?
Ah, sì: gli Heartbreakers... Una band da favola, a cominciare da quell'immenso stilista delle tastiere che si chiama Benmont Tench.
E poi la produzione, la migliore di sempre per Jimmy Iovine: un suono muscolare, raffinatissimo ma per niente laccato.
La pianto qui epperò potrei continuare per ore, a parlarvi della musica di Tom Petty.
La volete sapere una cosa? A quarant'anni, quasi quarantuno ormai, posso dire che aveva proprio ragione, il vecchio Bob Seger: rock'n'roll never forgets.
Il rock'n'roll non si dimentica mai.
Ostia, se è vero.
P.S.
Tra l'altro, li ho visti dal vivo a Verona un giorno di settembre del 1987, Tom Petty and the Heartbreakers: accompagnavano Bob Dylan, il tour era il Temples in Flames. Al basso c'era il povero Howie Epstein che aveva preso il posto di Ron Blair, titolare in Damn the Torpedoes!
Erano una vera e propria macchina da guerra, e non sto esagerando: ricordo che eseguirono una cover di Shout! degli Isley Brothers, prima che Dylan arrivasse sul palco: la fecero durare una decina di minuti.
Venne giù l'Arena...
Tra l'altro, li ho visti dal vivo a Verona un giorno di settembre del 1987, Tom Petty and the Heartbreakers: accompagnavano Bob Dylan, il tour era il Temples in Flames. Al basso c'era il povero Howie Epstein che aveva preso il posto di Ron Blair, titolare in Damn the Torpedoes!
Erano una vera e propria macchina da guerra, e non sto esagerando: ricordo che eseguirono una cover di Shout! degli Isley Brothers, prima che Dylan arrivasse sul palco: la fecero durare una decina di minuti.
Venne giù l'Arena...
6 commenti:
Io sono più vecchio di te.
Nel 1981 avevo ventisette anni.
E in un negozio di dischi di Trieste vidi questa copertina:
http://www.misspiggylunchbox.com/wp-content/uploads/2008/07/hardpromises400.jpg
Chi era 'sto tizio?
Tom Petty.
Mai sentito.
Però quella foto mi stuzzicava.
Beccava un omino che stava facendo più o meno la stessa cosa che stavo facendo io in quel momento. Come facevo a resistere? Insomma, comprai il disco.
Lo portai a casa, lo misi sul piatto.
E wham!!!
Mi innamorai per sempre di Tom Petty e del suo rock.
Rimpiango di non averlo mai visto dal vivo.
Nell'87, quando venne in Italia con Dylan (altro che per un motivo o per l'altro m'è sempre sfuggito come un'anguilla montaliana), attraversavo un momento complicato e difficile della mia vita. E i concerti a cui potevo andare erano rarissimi.
Ma Petty resta uno dei rocker che più mi fanno pompare il cuore.
(E che lui, così bruttino, abbia avuto una love story non la bellissima e vaporosa Stevie Nicks aggiunge giustizia al mondo)
La frase finale del precedente commento conteneva un refuso.
La versione corretta è:
(E che lui, così bruttino, abbia avuto una love story con la bellissima e vaporosa Stevie Nicks aggiunge giustizia al mondo)
Sig. Luciano, spesso le donne si prendono uomini brutti. La vera giustizia sarebbe il contrario: donna brutta e uomo bellissimo. Non succede praticamente mai, ha notato?
Si sbaglia di grosso.
Le donne possono essere brutte e vecchie. Gli uomini mai. Sono sempre particolari o comunque affascinanti.
Brizzolati, si dice. Brizzolati.
Tic, ultimamente stai parlando di musicisti che mi piacciono. Un mese o due fa (praticamente prima di smettere di scrivere per un po' sul blog) stavo trastullandomi su youtube incerta se mettere un video degli eels o di tom petty.
Ironia della sorte, ho scelto però di non scegliere e ho spento il pc.
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