venerdì 15 maggio 2009

Toghe rosse e disfattisti

Giancarlo Caselli ha scritto un libro, Le due guerre, perché L'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia (per i tipi di Melampo) in cui sostiene, tra le altre cose, che l'ultima sentenza di Cassazione su Giulio Andreotti (quella che ha stabilito che «i fatti risalenti a prima del 1980 sono provati e indicano una vera e propria partecipazione all'associazione mafiosa, anche se il reato è estinto per prescrizione») è stata come cancellata, nel nostro povero Paese (sempre tanto distratto, avrebbe detto Noventa).
E – occhio a questa, occhio - «anche la sinistra non è stata da meno. Una forza politica – scrive Caselli - che ha sempre fatto della “questione morale” un punto (apparentemente) fondante, non dico che della vicenda dovesse farne una bandiera, ma quanto meno discuterne. Invece l'ha a dir poco rimossa. Anna Finocchiaro, ad esempio, ha liquidato come “inutile perdita di tempo la discussione sulle vicissitudini giudiziarie del senatore Andreotti"».
Anna Finocchiaro sarebbe poi la stessa persona che “non esclude” di candidarsi, a ottobre, alla segreteria del famoso Partito democratico, come è andata a dire in giro un paio di giorni fa.
E insomma, secondo Caselli, il terrorismo fu «un fenomeno subalterno alla società» - e perciò venne sconfitto - «la mafia invece detta spesso i tempi e i modi. E lo fa attraverso un complesso sistema di rapporti e favori. Interessi reciproci con il mondo che alla mafia dovrebbe essere esterno e ostile».
La conclusione? «Il re, qualunque sia il re, non ama apparire nudo. Fra destra e sinistra vi sono differenze abissali, dietro cui c'è però un filo comune: la politica, senza distinzioni, vive di consenso. Se il consenso rischia di affievolirsi per le inchieste che disvelano “troppa” collusione con la mafia, ecco che la politica, tutta la politica, finisce più o meno consapevolmente per non accettarle più».
Tutta la politica...
L'altro giorno, da qualche parte, ho scritto che “di dire le cose da politico io non ho più voglia". Perciò un mio caro amico mi ha dato del disfattista: secondo lui qualcosa si può ancora fare, attraverso l'azione politica, contro lo schifìo che ci opprime.
Io da tempo sono affetto dalla sindrome di Cosimo Piovasco di Rondò, barone d'Ombrosa, il protagonista de Il barone rampante di Italo Calvino, quello che si rifugiò sugli alberi per tenere alla debita distanza un mondo che non gli piaceva per niente: i frequentatori più fedeli del mio povero, patetico blogghe ormai lo sanno bene...
Il punto qui (qui in talkischeap, intendo), però, è che Cosimo “visse sugli alberi”, sì, ma “amò sempre la terra”: questo almeno sta scritto su una stele che lo ricorda, nella tomba di famiglia...
In un passo di una lettera spedita nel febbraio del 1926 Gaetano Salvemini, allora esule in Francia, così scriveva alla vedova di Giacomo Matteotti: «Io attraversai, fra il 1921 e il 1924, un periodo di stanchezza fisica e di depressione morale. Detestavo i fascisti, ma non avevo fiducia negli antifascisti. Me ne stavo fra i miei libri, risoluto a non rientrare più nella politica attiva. Ma quando Lui fu ucciso, io mi sentii in parte colpevole della Sua morte. Lui aveva fatto tutto il Suo dovere: e per questo era stato ucciso. Io non avevo fatto il mio dovere: e per questo mi avevano lasciato stare. Se tutti avessimo fatto il nostro dovere, l'Italia non sarebbe stata calpestata, disonorata da una banda di assassini. Allora presi la mia decisione. Dovevo ritornare ad occupare il mio posto nella battaglia. Ed ho fatto il possibile per attenuare in me il rimorso di non avere sempre fatto il mio dovere».
Ecco, io sarò pure un disfattista ma, dall'alto degli alberi, amo sempre la terra. E cercherò, in qualche modo, di fare sempre quello che ritengo essere il mio dovere di uomo e di cittadino responsabile...
Non riesco più a comprendere, ve lo confesso, ciò che vedo ogni giorno intorno a me - un'Italia cattiva, volgare, ignorantissima, violenta - ma non mi sono ancora rassegnato, no.

4 commenti:

Fabio Montale ha detto...

Le ho dato del disfattista per come parla da non politico. Anzi, da non politico che ha fatto il politico ma ha mollato e quindi la sa lunga.
Per fare il proprio dovere in guerra non serve essere in prima linea, serve anche chi riempie le borracce e chiude bene il tappo.
Noi che viviamo la vita civile, sociale, compiamo il nostro dovere facendo bene il nostro lavoro, curandoci delle persone che abbiamo accanto.
Magari anche sollecitando una piccola analisi ad un amico, piuttosto che vedere un enorme potenziale buttato nel cesso degli atteggiamenti.
Per il resto, il mio universo non e' il Pd, non ho tessere. Si puo' tranquillamente tirare la catena su tutto, ma non ad alternativa zero. Nel deserto bisogna saper identificare acqua sporca e piscio.
Bentornato.

Unknown ha detto...

La Finocchiaro gode di buona stampa, ma io la trovo assai insidiosa per le sue innumerevoli ambiguità o (se vogliamo esser buoni) fiacchezze. Mi conforta vedere che anche una persona di valore conme Caselli la pensa così. Se la Finocchiaro (o altri politici, uomini o donne non conta, così discutibili) si candideranno alla guida del Pd, io (che non c'entro con questo partito) andrò a votare. Piuttosto per Franceschini. O per il commissario Basettoni.

Anonimo ha detto...

C'è sempre uno più puro che ti epura:
http://torino.repubblica.it/multimedia/home/5970883/1/10

Manfredi ha detto...

Ciò che mi ha deluso è ciò che già sapevo. LA Finocchiaro si è candidata alla presidenza siciliana ben sapendo che, sconfitta, sarebbe andata ugualmente in senato. Chissenefrega di sporcarsi le mani a fare opposizione a Lombardo. Ha timbrato il cartellino e se n'è andata. La stessa cosa che ha fatto Leoluca Orlando negli ultimi dieci anni.

Ditemi voi che credibilità può avere un politico simile.