Ieri sera ho ascoltato, dopo diversi mesi, alcune canzoni degli Smashing Pumpkins. Alcune da Siamese Dream (secondo molti, il loro disco più bello), altre da Mellon Collie and the Infinite Sadness (secondo un sacco di gente, il loro lavoro più completo: la summa del loro suono – Marc Bolan schiantato sui Black Sabbath, ebbe a scrivere Alberto Campo - e del loro modo di scrivere canzoni, ci intendiamo?). Sono stati, i Pumpkins, una delle band più grandi di sempre: non solo, quindi, di quegli anni Novanta del XX secolo che li hanno visti esplodere (in tutti i sensi, purtroppo per loro e pure per noi).
Io ho amato tantissimo la scrittura di Billy Corgan e il suo incredibile talento per la melodia infallibile. E mi garbava pure, giuro, la sua vocetta un po' così... Come dire? Di gola, va bene? A volte carezzevole e sussurrante, altre volte isterica e miagolante: chi la conosce, capirà.
Nei suoi (e miei) golden days è stata LA rockstar generazionale del vostro tic: lui classe 1967 (come Cobain), io 1968.
E l'immagine che avevano, i Pumpkins: James Iha che cambiava colore di capelli in continuazione e talvolta esibiva una striscia di capelli bianchi à la Cruella De Ville e D'arcy, la bassista bionda e pallida, e Jimmy Chamberlin quel tossico del cazzo e Corgan, Corgan con i suoi sorrisetti indisponenti e l'arroganza del leader.
E insomma, ieri sera ho ascoltato '1979', da Mellon Collie... Con il testo davanti. E ho ricordato un sacco di cose, sapete? Alcune troppo personali per trovare posto in talkischeap.
Altre no e allora eccoci qua.
'1979' era un singolo perfetto. Un grande pezzo pop che parlava di quanto forte si può amare e odiare, da adolescenti. E di come ci si sente onnipotenti ( We were sure we'd never see an end to it all), e poi del vuoto, della noia (the vacant and the bored), degli amici che perdono sé stessi (Justine never knew the rules/ hung down with the freaks and the ghouls) e di correre, correre, correre: più forte di quanto si sarebbe mai sperato di poter fare (faster than the speed of sound/ faster than we thought we'd go, beneath the sound of hope).
Aveva, '1979', un videoclip bellissimo. E mi sono ricordato che Sandro Veronesi (riparliamo di lui) su quel video scrisse un pezzo molto bello pubblicato da l'Unità (L'adolescenza racchiusa in un video, giovedì 18 aprile 1996). Eccovelo qui di seguito. Spero che almeno qualcuno gradisca...
Io ho amato tantissimo la scrittura di Billy Corgan e il suo incredibile talento per la melodia infallibile. E mi garbava pure, giuro, la sua vocetta un po' così... Come dire? Di gola, va bene? A volte carezzevole e sussurrante, altre volte isterica e miagolante: chi la conosce, capirà.
Nei suoi (e miei) golden days è stata LA rockstar generazionale del vostro tic: lui classe 1967 (come Cobain), io 1968.
E l'immagine che avevano, i Pumpkins: James Iha che cambiava colore di capelli in continuazione e talvolta esibiva una striscia di capelli bianchi à la Cruella De Ville e D'arcy, la bassista bionda e pallida, e Jimmy Chamberlin quel tossico del cazzo e Corgan, Corgan con i suoi sorrisetti indisponenti e l'arroganza del leader.
E insomma, ieri sera ho ascoltato '1979', da Mellon Collie... Con il testo davanti. E ho ricordato un sacco di cose, sapete? Alcune troppo personali per trovare posto in talkischeap.
Altre no e allora eccoci qua.
'1979' era un singolo perfetto. Un grande pezzo pop che parlava di quanto forte si può amare e odiare, da adolescenti. E di come ci si sente onnipotenti ( We were sure we'd never see an end to it all), e poi del vuoto, della noia (the vacant and the bored), degli amici che perdono sé stessi (Justine never knew the rules/ hung down with the freaks and the ghouls) e di correre, correre, correre: più forte di quanto si sarebbe mai sperato di poter fare (faster than the speed of sound/ faster than we thought we'd go, beneath the sound of hope).
Aveva, '1979', un videoclip bellissimo. E mi sono ricordato che Sandro Veronesi (riparliamo di lui) su quel video scrisse un pezzo molto bello pubblicato da l'Unità (L'adolescenza racchiusa in un video, giovedì 18 aprile 1996). Eccovelo qui di seguito. Spero che almeno qualcuno gradisca...
Ogni tanto viene fatto anche qualcosa di profondo, sul tema dell'adolescenza. Ora è più difficile da intercettare, visto che l'adolescenza, prima che un mito o uno stato ormonale è diventata soprattutto un target, un sistema di vasi comunicanti che dal pozzo nero dove si riversano fiumi di merci scadenti sbocca nel pozzo di San Patrizio dal quale escono ricchezze inaudite: ma viene ancora fatto.
Quest'anno nel magma brulicante di dischi, film, romanzi, concerti e serial televisivi che spenna i ragazzi dell'Occidente (ricchi tutti, per l'industria di massa, anche quelli poveri), spicca una piccola opera di commovente profondità, oltre che di una bellezza quasi accecante. Si tratta di un videoclip, nientemeno, un prodotto cioè che di solito viene concepito, confezionato e offerto al consumo nella più stucchevole condiscendenza verso il suddetto sistema di pozzi comunicanti. Invece questo è davvero grande, e chi lo ha visto lo sa: è il video degli Smashing Pumpkins intitolato “1979”.
In quei cinque minuti scarsi, infatti, si compie il raro processo di sintesi di differenti stati di grazia, e l'effetto è quasi doloroso, da tanto è toccante. Il prodotto vero e proprio è naturalmente l'omonimo brano musicale, o meglio il disco - doppio, e già questo oggi è una rarità – che lo contiene intitolato “Mellon Collie and the Infinite Sadness”; o meglio ancora, in una strategia più propriamente industriale, è addirittura Billy Corgan stesso, leader del gruppo e vera nuova Testa Pensante della musica rock.
Tutti – brano, disco e musicista già molto belli di per sé: il video, perciò, dinanzi a un tale spargimento di bellezza, avrebbe potuto risultare sovranamente inutile, l'ennesimo medaglioncino patinato pieno di modelle smaglianti che deve semplicemente invogliare a consumare il prodotto. Invece è proprio lì che si compie l'opera.
Le immagini sotto la voce di Corgan che rievoca la sua melan-colia adolescenziale (“e non sappiamo nemmeno dove riposeranno le nostre ossa/ In polvere, suppongo/ Dimenticate e assorbite sottoterra/ La strada scandisce l'urgenza di suoni/ E come puoi vedere non c'è nessuno intorno”), sono un piccolo gioiello di cinema “doom”, che aggiorna il mito dell'adolescenza all'attuale decadenza di massa. Vi si vedono alcuni quindicenni alle prese con disparate prodezze adolescenziali (corse in macchina, rave party, irruzioni notturne in piscina, raid nei drugstore, goffi tentativi di scopata nella vasca da bagno), e non so come, non so davvero come, si capisce subito che tutto quello ci riguarda: anche se a quindici anni si faceva tutt'altro in tutt'altri posti, c'è qualcosa in quelle immagini che viene direttamente da dentro di noi.
La stessa cosa che si avverte leggendo gli adolescenti di Salinger, o vedendo film come “Rusty il selvaggio” e serial TV come “Twin Peaks”. Quel dubbio, ecco, di essere sempre stati dalla parte sbagliata, e di averla letteralmente dilapidata, l'adolescenza, in un dolore obbligatorio e insensato.
I ragazzi di “1979”, infatti, come Holden Caulfield, come James Dean – come noi -, sono irrimediabilmente perbene, e nel seguirli mentre fanno di tutto per rotolarsi nella wild side par di vedere soltanto le future vittime di un serial killer sgranate nei video amatoriali girati pochi giorni prima della tragedia - quelli che poi, nella requisitoria, chiedendo la pena di morte per l'imputato, la Pubblica Accusa definirà “ragazzi modello, stroncati nel fiore della loro età più bella”: e la giuria ci crederà, perché è vero, sono loro il modello di adolescenza dell'Occidente Evoluto, la più perversa e ricca e infelice e minacciata e assurda adolescenza di tutti i tempi; e in fondo, come dice anche Deslauriers alla fine dell'Educazione Sentimentale, quella lancinante disperazione di allora ('59, '69, '79 o '89 che sia), “è davvero la cosa più bella che ci è toccata”.
Quest'anno nel magma brulicante di dischi, film, romanzi, concerti e serial televisivi che spenna i ragazzi dell'Occidente (ricchi tutti, per l'industria di massa, anche quelli poveri), spicca una piccola opera di commovente profondità, oltre che di una bellezza quasi accecante. Si tratta di un videoclip, nientemeno, un prodotto cioè che di solito viene concepito, confezionato e offerto al consumo nella più stucchevole condiscendenza verso il suddetto sistema di pozzi comunicanti. Invece questo è davvero grande, e chi lo ha visto lo sa: è il video degli Smashing Pumpkins intitolato “1979”.
In quei cinque minuti scarsi, infatti, si compie il raro processo di sintesi di differenti stati di grazia, e l'effetto è quasi doloroso, da tanto è toccante. Il prodotto vero e proprio è naturalmente l'omonimo brano musicale, o meglio il disco - doppio, e già questo oggi è una rarità – che lo contiene intitolato “Mellon Collie and the Infinite Sadness”; o meglio ancora, in una strategia più propriamente industriale, è addirittura Billy Corgan stesso, leader del gruppo e vera nuova Testa Pensante della musica rock.
Tutti – brano, disco e musicista già molto belli di per sé: il video, perciò, dinanzi a un tale spargimento di bellezza, avrebbe potuto risultare sovranamente inutile, l'ennesimo medaglioncino patinato pieno di modelle smaglianti che deve semplicemente invogliare a consumare il prodotto. Invece è proprio lì che si compie l'opera.
Le immagini sotto la voce di Corgan che rievoca la sua melan-colia adolescenziale (“e non sappiamo nemmeno dove riposeranno le nostre ossa/ In polvere, suppongo/ Dimenticate e assorbite sottoterra/ La strada scandisce l'urgenza di suoni/ E come puoi vedere non c'è nessuno intorno”), sono un piccolo gioiello di cinema “doom”, che aggiorna il mito dell'adolescenza all'attuale decadenza di massa. Vi si vedono alcuni quindicenni alle prese con disparate prodezze adolescenziali (corse in macchina, rave party, irruzioni notturne in piscina, raid nei drugstore, goffi tentativi di scopata nella vasca da bagno), e non so come, non so davvero come, si capisce subito che tutto quello ci riguarda: anche se a quindici anni si faceva tutt'altro in tutt'altri posti, c'è qualcosa in quelle immagini che viene direttamente da dentro di noi.
La stessa cosa che si avverte leggendo gli adolescenti di Salinger, o vedendo film come “Rusty il selvaggio” e serial TV come “Twin Peaks”. Quel dubbio, ecco, di essere sempre stati dalla parte sbagliata, e di averla letteralmente dilapidata, l'adolescenza, in un dolore obbligatorio e insensato.
I ragazzi di “1979”, infatti, come Holden Caulfield, come James Dean – come noi -, sono irrimediabilmente perbene, e nel seguirli mentre fanno di tutto per rotolarsi nella wild side par di vedere soltanto le future vittime di un serial killer sgranate nei video amatoriali girati pochi giorni prima della tragedia - quelli che poi, nella requisitoria, chiedendo la pena di morte per l'imputato, la Pubblica Accusa definirà “ragazzi modello, stroncati nel fiore della loro età più bella”: e la giuria ci crederà, perché è vero, sono loro il modello di adolescenza dell'Occidente Evoluto, la più perversa e ricca e infelice e minacciata e assurda adolescenza di tutti i tempi; e in fondo, come dice anche Deslauriers alla fine dell'Educazione Sentimentale, quella lancinante disperazione di allora ('59, '69, '79 o '89 che sia), “è davvero la cosa più bella che ci è toccata”.
7 commenti:
Io l'ho ascoltato un'ora fa, mellon collie, e senza aver letto questo post. E mi sono commosso a 1979, some sempre
Perché tu sei classe 1968.
Ma io 1979.
(comunque come suono cento volte meglio Siamese Dream, sulle canzoni c'è bella lotta invece)
D'accordissimo.
Il suono di SIAMESE DREAM è migliore.
Sulle canzoni, non saprei dire...
A SIAMESE DREAM giova la concisione. Ovviamente.
Per uno speedball di Corgan & co., beh, MELLON COLLIE...
Probabilmente dipende da quando si è nati e da quando si incontra un musicista o una band.
Io sono del 1954 e attorno agli Smashing ronzo da molto tempo: li ascolto, qualcosa mi piace tantissimo, altro no. Poi li lascio. Dopo un po' ci ritorno. E via di nuovo. Insomma, è una specie di attrazione a distanza che non è mai sfociata in vero e proprio amore: mi fermo sempre qualche momento prima.
Invece con una band che per certi versi somiglia agli Smashing, e cioè gli Wilco (anche loro: leader assoluto e nervoso, grandi melodie alternate a rumorismo, epica del quotidiano, imprevedibilità, forti agganci al rock classico) di Jeff Tweedy la passione scattò immediatamente.
Per capire il perchè e il percome certa musica ci fulmini e altra no, ci vorrebbe il consulto di uno psicologo e di un musicologo
Luciano / il ringhio di idefix http://lucianoidefix.typepad.com/
Adoro i Wilco, signor Luciano.
Penso che sino una band stratosferica.
Prima o poi in talkischeap scriverò qualcosa su YANKEE HOTEL FOXTROT e su "Ashes of the american flags".
finalmente un bell' articolo su un gruppo musicale che non sia dylan o springsteen!!!...scherzo...lo dico solo x irritare quel fenomeno di Tic!!!
Ps...vi racconto un aneddoto che non c'entra niente con la musica...
ieri portavo in macchina Salvatores e mi ha raccontato che(primi anni '80) durante un giro in auto con Bisio al volante...ad un certo punto compare la paletta dei carabinieri e bisio frena tardi e si ferma a 20 metri dal posto di blocco...il carabiniere dice:" non ha visto la paletta?!" e bisio:"la paletta si ma il secchiello no!!"....risultato finale...serata passata in caserma!!!
ps...buon viaggio da barbi e eddy e fatevi sentire quando tornate...
In realtà preferisco di gran lunga " "stand inside your love" di + MACHINA the machines of God.....atmosfera cupa, melliflua e un po'lisergica.....provate anche con i Centenaire "Centenaire". mandis
a Tic, che sembra capire di buona musica, consiglio : THE NIRO "An ordinary man" EP delizioso di un bravissimo italiano ( un po'ispirato a Jeff Buckley)....PROVA ANCHE QUESTO Tic!!!! Anonimo per costrizione informatica
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