Lo saprete, immagino: il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da 24 soggetti (tra di essi, l'Unione delle comunità ebraiche, i valdesi, i luterani) per l'annullamento dell'ordinanza del ministro dell'Istruzione dell'ultimo governo Prodi, Giuseppe Fioroni, che prevedeva, per gli esami di maturità 2008/2009, che la frequenza dell'ora di religione cattolica concorresse all'attribuzione del credito formativo. Secondo il tribunale amministrativo, invece, i “docenti di religione cattolica” non possono partecipare “a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l'attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”.
La sentenza afferma pure che “un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico” e che lo Stato “non può conferire ad una determinata confessione una posizione dominante violando il pluralismo ideologico e religioso”.
La Conferenza Episcopale Italiana si è incazzata di brutto, naturalmente: la sentenza del Tar del Lazio sarebbe solo il frutto malato di un “bieco illuminismo”. La buttano sulla cultura, i preti: “l'insegnamento della religione cattolica non sostiene scelte individuali, ma di una componente importante di conoscenza della cultura italiana. Con buona pace dei laicisti e dei nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane” (e gli ebrei?).
L'attuale ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, ha già annunciato il suo ricorso contro la sentenza (il suo predecessore, il povero Fioroni appunto, glielo aveva chiesto da subito e alquanto perentoriamente): “Faremo ricorso al Consiglio di Stato. I principi cattolici sono patrimonio di tutti” perché “la cultura del nostro Paese è intrisa di cultura cattolica, la scuola ha il compito di trasmettere questi valori non solo religiosi ma culturali”.
Fin qui i fatti, adesso le opinioni: le mie (povere) opinioni.
L'Italia è un paese cattolico? Eccome se lo è.
E la cultura dei cattolici tosti (quelli alla Binetti o alla Fioroni) prevede, come voleva Agostino di Ippona, la subordinazione della città terrena alla Civitas Dei. E si capisce: anche se l'esistenza del cristiano deve gioco forza svolgersi nel mondo, dal mondo sarà prima o poi separata. Ma quello che accade dopo, per un cristiano, è molto più importante di ciò che è accaduto prima.
Il cristiano, da vivo, dovrà portarsi in modo da conseguire la propria salvezza ultraterrena; lo Stato e chi lo governa avranno perciò innanzitutto il compito di ridurre gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione della salvezza del singolo. Ne consegue che, nel pensiero cristiano, morale e politica procedono necessariamente divaricate perché la destinazione dell'individuo non è neanche lontana parente della destinazione della società.
Aveva ragione Jean Jacques Rousseau, altro che, quando scriveva che “il cristiano è un cattivo cittadino. Se nella società fa il suo dovere, ciò è un dato di fatto, ma non di principio, perché per il cristiano è essenziale il Paradiso”.
Perciò mi sa che non ha alcun senso incazzarsi se Fioroni o la Binetti pretendono che coloro a cui non importa un fico secco della fede cattolica operino invece secondo i dettami della fede cattolica: è nella loro natura, punto. Inutile quindi discuterci, con Fioroni e con la Binetti: si perde tempo e basta. Bisogna solo combatterli, Fioroni e la Binetti. E senza concedere nulla, perché loro non concederanno mai nulla: trattasi di gente abituata a rappresentare al proprio meglio la Verità Assoluta, il “relativista etico” che, poveretto, non è d'accordo con loro merita solo disprezzo, nella migliore delle ipotesi sussiego.
Poi.
L'Unità d'Italia - che verrà forse celebrata, nel 2011 - nasce contro il papismo: spero proprio che qualcuno si degnerà di ricordarlo, se non fa troppo schifo...
Per una settantina d'anni ci fu una divergenza radicale tra il Regno d'Italia e la Chiesa cattolica: divergenza superata solo con il Fascismo e con Benito Mussolini “uomo della Provvidenza”, e qualcosa questo vorrà pur dire, nevvero?
I liberali che fondarono lo Stato italiano, poi sconfitti dai fascisti, sono stati sempre e solo un nemico da combattere, per il Vaticano. Pio XI parlò di “disordinamenti liberali” (che altro non sono che un prodotto del “bieco illuminismo” di cui si è querelata ieri la Cei) mica per niente: mi piace un sacco ricordarlo!
La Chiesa cattolica ha sempre avversato il liberalismo. E anche se Pio XII, dopo la caduta del Fascismo, dovette convenire che la democrazia dà luogo al miglior regime possibile, ciò non toglie che - aggiunse subito dopo – essa è legittima solo se conforme alla dottrina sociale della Chiesa.
L'idea dell'Italia come di uno stato confessionale fu viva almeno fino al Concilio Vaticano II: ancora negli anni Cinquanta il cardinale Ottaviani (non un cardinale qualunque) parlava tranquillamente della Spagna di Franco come di un modello di stato cristiano.
La questione dei rapporti Stato-Chiesa, nel corso del XX secolo, andò progressivamente perdendo le sue asperità.
Il laicismo, più che l'anticlericalismo, si stemperò di molto nei primi cinquant'anni di vita della Repubblica, assumendo via via un carattere residuale. Fu soprattutto la dialettica DC-PCI a tutto sopire e troncare: dall'articolo 7 della Costituzione voluto da Palmiro Togliatti al compromesso storico berlingueriano, per intenderci.
Ma poi è arrivato il cardinale Ruini, con quella sua bella faccia da faina: a prendere atto, innanzitutto, che in questo Paese il mondo laico, prima che la Sinistra, era ormai sfiatato, infiacchito e del tutto incapace di elaborare un autonomo disegno culturale; quindi a progettare la riconquista dell'Italia - terra prediletta da Santa Romana Chiesa - alla Verità contro i disordinamenti liberali, il bieco illuminismo ed eventualmente i cattolici adulti; e infine a menare, menare, menare.
Per quanto mi riguarda, ho perfettamente compreso il messaggio.
Guerra? Guerra.
La sentenza afferma pure che “un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico” e che lo Stato “non può conferire ad una determinata confessione una posizione dominante violando il pluralismo ideologico e religioso”.
La Conferenza Episcopale Italiana si è incazzata di brutto, naturalmente: la sentenza del Tar del Lazio sarebbe solo il frutto malato di un “bieco illuminismo”. La buttano sulla cultura, i preti: “l'insegnamento della religione cattolica non sostiene scelte individuali, ma di una componente importante di conoscenza della cultura italiana. Con buona pace dei laicisti e dei nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane” (e gli ebrei?).
L'attuale ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, ha già annunciato il suo ricorso contro la sentenza (il suo predecessore, il povero Fioroni appunto, glielo aveva chiesto da subito e alquanto perentoriamente): “Faremo ricorso al Consiglio di Stato. I principi cattolici sono patrimonio di tutti” perché “la cultura del nostro Paese è intrisa di cultura cattolica, la scuola ha il compito di trasmettere questi valori non solo religiosi ma culturali”.
Fin qui i fatti, adesso le opinioni: le mie (povere) opinioni.
L'Italia è un paese cattolico? Eccome se lo è.
E la cultura dei cattolici tosti (quelli alla Binetti o alla Fioroni) prevede, come voleva Agostino di Ippona, la subordinazione della città terrena alla Civitas Dei. E si capisce: anche se l'esistenza del cristiano deve gioco forza svolgersi nel mondo, dal mondo sarà prima o poi separata. Ma quello che accade dopo, per un cristiano, è molto più importante di ciò che è accaduto prima.
Il cristiano, da vivo, dovrà portarsi in modo da conseguire la propria salvezza ultraterrena; lo Stato e chi lo governa avranno perciò innanzitutto il compito di ridurre gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione della salvezza del singolo. Ne consegue che, nel pensiero cristiano, morale e politica procedono necessariamente divaricate perché la destinazione dell'individuo non è neanche lontana parente della destinazione della società.
Aveva ragione Jean Jacques Rousseau, altro che, quando scriveva che “il cristiano è un cattivo cittadino. Se nella società fa il suo dovere, ciò è un dato di fatto, ma non di principio, perché per il cristiano è essenziale il Paradiso”.
Perciò mi sa che non ha alcun senso incazzarsi se Fioroni o la Binetti pretendono che coloro a cui non importa un fico secco della fede cattolica operino invece secondo i dettami della fede cattolica: è nella loro natura, punto. Inutile quindi discuterci, con Fioroni e con la Binetti: si perde tempo e basta. Bisogna solo combatterli, Fioroni e la Binetti. E senza concedere nulla, perché loro non concederanno mai nulla: trattasi di gente abituata a rappresentare al proprio meglio la Verità Assoluta, il “relativista etico” che, poveretto, non è d'accordo con loro merita solo disprezzo, nella migliore delle ipotesi sussiego.
Poi.
L'Unità d'Italia - che verrà forse celebrata, nel 2011 - nasce contro il papismo: spero proprio che qualcuno si degnerà di ricordarlo, se non fa troppo schifo...
Per una settantina d'anni ci fu una divergenza radicale tra il Regno d'Italia e la Chiesa cattolica: divergenza superata solo con il Fascismo e con Benito Mussolini “uomo della Provvidenza”, e qualcosa questo vorrà pur dire, nevvero?
I liberali che fondarono lo Stato italiano, poi sconfitti dai fascisti, sono stati sempre e solo un nemico da combattere, per il Vaticano. Pio XI parlò di “disordinamenti liberali” (che altro non sono che un prodotto del “bieco illuminismo” di cui si è querelata ieri la Cei) mica per niente: mi piace un sacco ricordarlo!
La Chiesa cattolica ha sempre avversato il liberalismo. E anche se Pio XII, dopo la caduta del Fascismo, dovette convenire che la democrazia dà luogo al miglior regime possibile, ciò non toglie che - aggiunse subito dopo – essa è legittima solo se conforme alla dottrina sociale della Chiesa.
L'idea dell'Italia come di uno stato confessionale fu viva almeno fino al Concilio Vaticano II: ancora negli anni Cinquanta il cardinale Ottaviani (non un cardinale qualunque) parlava tranquillamente della Spagna di Franco come di un modello di stato cristiano.
La questione dei rapporti Stato-Chiesa, nel corso del XX secolo, andò progressivamente perdendo le sue asperità.
Il laicismo, più che l'anticlericalismo, si stemperò di molto nei primi cinquant'anni di vita della Repubblica, assumendo via via un carattere residuale. Fu soprattutto la dialettica DC-PCI a tutto sopire e troncare: dall'articolo 7 della Costituzione voluto da Palmiro Togliatti al compromesso storico berlingueriano, per intenderci.
Ma poi è arrivato il cardinale Ruini, con quella sua bella faccia da faina: a prendere atto, innanzitutto, che in questo Paese il mondo laico, prima che la Sinistra, era ormai sfiatato, infiacchito e del tutto incapace di elaborare un autonomo disegno culturale; quindi a progettare la riconquista dell'Italia - terra prediletta da Santa Romana Chiesa - alla Verità contro i disordinamenti liberali, il bieco illuminismo ed eventualmente i cattolici adulti; e infine a menare, menare, menare.
Per quanto mi riguarda, ho perfettamente compreso il messaggio.
Guerra? Guerra.
7 commenti:
A costo di essere noioso, vorrei ricordare un episodio (l'ho detto e scritto cento volte). Il 21 settembre 1870, giorno dopo la gloriosa breccia di Porta Pia, a Roma entrarono i colportori. Chi erano? I valdesi che giravano l'Italia con i loro carrettini pieni di opuscoli cristiani e risorgimentali e soprattutto di Bibbie tradotte in italiano (cosa proibitissima nella Roma papalina, dove la lettura di Antico e Nuovo Testamento in italiano costituiva reato penale). E così, dal 21 settembre 1870, i valdesi introdussero nel "cuore della cristianità" le Bibbie sovversive (è vero: la parola di Dio è rivoluzionaria, non per nulla censurata dai preti).
ah quella foto... mi commuove sempre un po'.
@ Sig. Luciano: sì, e siete stati anche voi a far ricorso (tra gli altri) per i prof di religione. Insomma, adesso basta. Non se ne può più che questa Chiesa se ne sta lì, tranquilla senza rompere i gabasisi a nessuno e tutti vanno a stuzzicarla. Non mi pare corretto, ecco.
Io sono in Polonia e, figuratevi, qua non si fa che parlare di Madonna e della Madonna. E di chi la Madonna l'ha vista e di chi la vorrebbe vedere e di chi ha gia' pagato per vederla ma non sa se la vedra'.
La domanda e' sempre la stessa: perche' Madonna canta senza pretendere che gli altri smettano di pregare e invece quelli che pregano pretendono che gli altri smettano di cantare?
E se la religione restasse sempre un fattore privato e tutto il resto andasse sul... (...fa rima con borbottio)?
Sciabordio?
Pigolio?
Baluginio?
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