sabato 20 dicembre 2008

Una parola che mi piace

“In Campania il presidente della commissione Affari istituzionali (dell'Udeur, ndr) ha l'obbligo di dimora ed è parente di camorristi. Qualcuno gli ha mai chiesto le dimissioni? La verità è che in Campania la parola dimissioni è impronunciabile”. Così Massimo Brutti, ieri, alla direzione nazionale del famoso PD. E' di Antonio Bassolino (e ad Antonio Bassolino), ex mito della sinistra post comunista (ma post tutto, in realtà...), che Brutti parlava: è Bassolino (che non si vuole dimettere, manco per il ciufolo) il problema, per Massimo Brutti (e per W. V.).
Ma si sbaglia, il Brutti. Si sbaglia. Perché non solo in Campania la parola 'dimissioni' è ormai impronunciabile. Nel resto d'Italia è uguale e infatti non si dimette mai nessuno. Perché c'è un bel po' di gente, in giro, che si sente indispensabile? Può essere, può essere...

Io conosco un sacco di persone che fanno politica. E penso che molte di esse avrebbero fatto bene a rassegnare le dimissioni giusto un attimo prima di entrarci, in politica: per manifesta coglioneria, per ignoranza immedicabile (immedicabile in quanto orgogliosamente esibita, perché ritenuta un titolo di merito presso il popolo, o meglio presso la gente), per mancanza di senso del limite, di sobrietà, di discrezione e di umiltà. Solo che se non son buoni a dimettersi dopo aver (inevitabilmente...) combinato dei disastri, cazzo vuoi che si dimettano prima? Quindi, ma che mi arrabbio a fare, ostia? Son proprio un fesso.
E insomma, si sta parlando molto di dimissioni, in questi giorni.
Ieri Francesco Merlo, sulla solita Repubblica, in un editoriale (all'uopo intitolato Il paese senza dimissioni), ha ricordato il caso di De Gaulle, che si dimise per amor proprio: “andò via senza dare spiegazioni e perciò permise a Raymond Aron di scrivere: «E' un piacere ascoltare il silenzio di quest'uomo».

L'aneddoto lo conoscevo...



P.S.
Dimissione significa rinuncia: a una carica, a un ufficio, a un impiego. Mi viene in mente, adesso, una cosa che ha scritto Canetti: "La fierezza del rinunciare può essere stata molto grande, ma ogni cosa a cui si è rinunciato si vendica".
Ecco, magari quelli che non si dimettono (ma manco per il ciufolo...) tutto questo lo sanno benissimo (lo sanno istintivamente?) e se non si dimettono è solo perché hanno paura della vendetta di ogni cosa a cui potrebbero rinunciare dimettendosi.
Voi che ne dite?

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Io mi sono dimesso, nel mio stra-minimo, da presidente di un'associazione. Poi ho lasciato l'associazione ed ho inventato un'altra cosa che non è un'associazione.
Quando non si sa fare una cosa, è bene dimettersi e farne un'altra.
Quando non si sa fare nient'altro (o niente del tutto) è meglio non dimettersi (se si riesce a farla franca, e qui forse sarebbe il caso di ragionare sul perché in questo paese non si riesce a far dimettere chi lo danneggia).

Unknown ha detto...

Il momento forse più emozionante (e gratificante) della mia (piccola) carriera politica avvenne nel 1977. Avevo ventitre anni ed ero segretario della Federazione Giovanile Socialista di Trieste (circa 150 iscritti). Stavo nella sinistra di Riccardo Lombardi. Arrivò il congresso provinciale. La domenica mattina, dopo la mia relazione, in una riunione alcuni capicorrente del Partito (craxiani e lombardiani, tra cui l'allora potente Gianni De Michelis) pretesero che anche a livello giovanile facessimo un accordo-pateracchio con i giovani craxiani (da cui ci dividevano molte scelte strategiche di fondo). Io dissi di NO, loro insistettero, minacciarono, ordinarono. Io tornai all'assemblea, raccontai la cosa e poi mi dimisi. Uscii proprio dalla sede di via Mazzini e, incazzato e amareggiato, mi incamminai verso Ponterosso. Uno dei giovani (più giovane di me) iscritti mi rincorse e mi disse che non era giusto mollare, che bisognava opporsi, che stavo facendo una cosa sbagliata. Mi sentii un verme e tornai al congresso. Ci opponemmo ai capi "adulti" e vincemmo il Congresso.
Poi nella vita mi sono dimesso altre volte: o quando non condividevo affatto la linea oppure quando mi sentivo diretto responsabile di qualcosa di negativo. Ho sempre detestato il restare attaccati col Vinavillari alle poltrone, piccole o grandi che fossero. Ultime dimissioni: due mesi fa da direttore del mensile Konrad, dopo quattro anni (in totale accordo con l'editore e col nuovo direttore Walter Chiereghin). C'è bisogno di idee nuove, visioni nuove, gestioni nuove: non si può restar abbarbicati sempre al comando. Bassolino (in modo ambiguissimo) e la Jervolino (in modo onesto ma ir/responsabile) sono due esempi negativi. http://lucianoidefix.typepad.com/

barone von furz ha detto...

IN GALEEEEEEEEERA! IN GALEEEEEEEERA!
...ci vorrebbe Bracardi...

yodosky ha detto...

Tutto spirito di servizio. Spirito di servizio, capito?
Obbedisco.

tic. ha detto...

Più che di servizio, di servizietto...
Ma è roba da poco.
Roba di strada, non so se avete inteso.

Anonimo ha detto...

Tic hai mai pensato di farla finita con questo BLOG? ZR

tic. ha detto...

No. E perché mai?
In fondo non ha a
mai fatto del male a nessuno, il mio blog... Almeno, non mi risulta.

E poi mi consente di scrivere (qualcosa).
Chi viene qui lo fa a suo rischio e pericolo, certo.
E perciò, cazzi sua.
Non è un problema mio.

Se poi ti dispiace che io sputtani 'sti quattro coglioni di dirigenti nazionali del PD, non so proprio che farci.

yodosky ha detto...

E poi Tic dovrà pur fare qualcosa in quelle due ore al giorno in cui non facciamo sesso.

tic. ha detto...

Ehm...

Fabio Montale ha detto...

ecco perche' non risponde agli sms!!! se lo diceva prima mi incazzavo meno! daje de tacco daje de punta quant'e' bbona la sora assunta! non ha risposto neanche a quello di oggi, ma e' domenica e quindi divano e giu'....
A proposito: ZR sta per Zlatko Rudic o Zona Rossa?

Anonimo ha detto...

Guardi che non ho ricevuto nessun sms da lei, oggi.

ZR credo stia per Zio Romedio. Mio zio, ricorda?

Fabio Montale ha detto...

Alle ore 17.53 le scrivevo:
"se te son per citta' e te trovi quel libro in rinascita ciol che doman te dago i sold. Fetta de straculo"

ZR: Zeudi a-Raya

Anonimo ha detto...

Non ho ricevuto un accidente di niente, le assicuro.
Il libro è L'AUTUNNO DEL MEDIOEVO, nevvero? Martedì vedo se glielo pesco in libreria.

Sicuro di non aver chiamato 'fetta de straculo' il suo capo?
Sa com'è...

tic

P.S.
ZR? Zotico ragliante.

Fabio Montale ha detto...

"a' papa', la jervolino nun schioda, bassolino nun schioda, villari nun schioda... piu' radicati nel territorio de cosi'..."

Zoro e la festa facebook di Veltroni:
http://www.youtube.com/watch?v=dA59MxTWe6E

tic. ha detto...

Ocio a questa, ocio.
“Al posto delle tangenti la richiesta adesso è di una fidejussione politica. In un capovolgimento mostruoso delle parti, oggi è l’imprenditore che traghetta, garantisce, accompagna. Quando qui (a Napoli, n.d.r. hanno visto che la segretaria di Fioroni era stata eletta in quanto segretaria di Fioroni, per non parlare di tutte le altre candidature, hanno capito: l’unico modo di fare carriera era l’ingresso nel mondo dorato dei vip. Persino i voti, puzzando troppo , non valevano più. Certo, indispensabili a comandare qui, ma inutili, impossibili da spendere sul piano nazionale. Chi decide a Roma? Chi può mettermi in lista? Ecco Romeo, il chiavistello”.

E Romeo non è mica quello degli Aristogatti…
Ma andiamo avanti.
“Napoli è stata per anni il bancomat politico di Roma. Io c’ero il giorno in cui Clemente Mastella entrò nella stanza di Bassolino e gli mostrò il contratto, sottoscritto da Fassino, Rutelli e Chiti, secondo il quale gli toccavano per decreto due assessori. A Roma facevano gli accordi ma venivano a Napoli a riscuotere”.
Bancomat politico, sì. E mica funziona solo per Napoli (e nemmeno funziona da ieri).
“Se la monnezza ci è arrivata fino alla bocca è anche perché Bassolino doveva sempre mediare con Pecoraro Scanio e Rifondazione, altrimenti quelli mandavano all’aria il governo nazionale. E se la sanità fa schifo è anche perché De Mita serviva ai Ds, e allora gli furono dati gli ospedali di Napoli. Si sapeva cosa fosse il mastellismo in questa terra dannata, ma venne col contratto firmato a Roma”.

Venne, perché altrimenti si perdeva. Venne, perché in nome dello stato di necessità, e dell’emergenza, si può giustificare proprio tutto (volendo…). E venne perché l’intransigenza (la decenza), in fondo, è per i fessi.

Il Sindaco di Salerno De Luca?
“Secondo me è la quintessenza dei capibastone. E quel sindaco è schierato con Veltroni, ed è stato allevato da Fassino (e prima da D’Alema) come antagonista di Bassolino. Solo che De Luca, per il quale era stato richiesto l’arresto, si è salvato utilizzando l’immunità parlamentare con il consenso di tutti i vertici dei Ds, che oggi guidano il Pd. Doppia morale”.

La Iervolino? “Se Rosetta, mettiamo per ipotesi, avesse fatto la giunta di testa sua. Avesse per esempio detto: Gambale non lo voglio! Sa dopo quanti minuti sarebbe giunta una telefonata da Roma con l’ingiunzione di mettere Gambale nella poltrona a lui assegnata?”.

Infine, è mancata l’amicizia (e su ’sta cosa io sono particolarmente sensibile. Diciamo per esperienza personale…). E’ mancata l’amicizia “e un briciolo di misericordia. Veltroni all’infuori di ciò che legge sui giornali sa cos’è la Campania, cosa si fa? Ci saranno anche qui degli amministratori per bene, onesti. E se uno di questi avesse voluto chiedere un consiglio, un aiuto, a chi avrebbe dovuto chiamare. Chi in questo partito gnè-gnè?”.

Così oggi, su la Repubblica, Isaia Sales, che ha cantato come la Callas in serata di grazia.

Mi domando se c’è ancora qualcosa che si può fare, per ’sto partito gnè-gnè (bella, come definizione, no?), oppure se non sia meglio lasciar perdere.
Mah…