C'è una quinta dimensione, oltre a quelle che l'uomo già conosce.
É senza limiti come l'infinito, e senza tempo come l'eternità: è la regione intermedia tra la luce e l'oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l'oscuro baratro dell'ignoto e le vette luminose del sapere.
É la regione dell'immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà.
É senza limiti come l'infinito, e senza tempo come l'eternità: è la regione intermedia tra la luce e l'oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l'oscuro baratro dell'ignoto e le vette luminose del sapere.
É la regione dell'immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà.
Leggete un po' cosa ha scritto Antonio Socci su Libero di ieri, mercoledì 10 dicembre (ringrazio mia moglie per la segnalazione).
Il titolo in prima pagina: Pansa rivela: «Ora ho bisogno di Dio». Il titolo a pagina 28: Pansa rompe un altro tabù «E ora ho bisogno di Lui».
E son cose ghiotte.
Giampaolo Pansa non finisce mai di stupire. E' appena uscito “Tracce” (il mensile di Comunione e liberazione) dove si trova una sua commovente confessione personale sul Natale. Prende spunto da due citazioni di Benedetto XVI e di don Luigi Giussani, la cui frase, scrive Pansa, «va dritto al cuore, non solo all'intelligenza. Mi ci ritrovo tantissimo, come mio modo di essere».
Prima Pansa ha rievocato la sua infanzia, quando faceva il chierichetto. Poi è venuto al suo presente di grande giornalista laico. Confida: «Oggi, la sera, quando vado a dormire, con mia moglie preghiamo i nostri genitori». Diverse volte, negli anni scorsi, Giampaolo mi ha raccontato questo suo gesto di religiosità laica, compiuto da non credente. Da sempre i popoli hanno sentito i propri avi come intermediari col Mistero. Stavolta però, su “Tracce”, Pansa ha aggiunto qualcosa di più e di stupefacente. Dice che con sua moglie parla di Dio, «ma non di un Dio anziano, col barbone. No, di un Dio bambino, buono tenero. Penso a Dio con quelle fattezze, perché mi sembra più disposto a perdonare le mie sciocchezze, i miei peccati».
Già qui Pansa coglie, istintivamente, il cuore del cristianesimo. E aggiunge: «Ho sempre pensato che ci fosse il nulla dopo la morte. Ora ne sono sempre meno convinto. Preferirei che ci fosse il famoso giudizio».
E ancora: «Natale è Dio che viene sulla terra, ma che resta perennemente bambino, che è buono». Ricordando quando faceva il presepio da piccolo, con la sorella, rammenta la tenerezza per quel fanciullo che nasceva da profugo, a quel freddo. Poi spiega: «Ecco, io sono rimasto a quel bambino lì, in quella capanna. Il Papa parla di ragione e ragionevolezza. Beh, io forse non sono un “uomo ragionevole”. Lavoro molto con il cuore, con il mio bisogno. Non so se questa parabola mi porterà ad essere credente. Ma se dovessi riscoprire Dio credo che sarei guidato da quel bambino, dal Dio di Natale, dal Dio della nascita. E sarei spinto dal bisogno che ho di Lui. Lo avverto in un modo prepotente, soprattutto la sera, dopo aver lavorato tutta la giornata. Ho bisogno di Lui. Anche soltanto dieci anni fa non ci pensavo».
Confesso di essere ammutolito a queste parole. Pansa ci ha abituato al suo anticonformismo, alla sua totale libertà intellettuale: sia quella che traspare dai suoi articoli (dove dice sempre verità scomode), sia quella drammatica dei suoi libri storici con i quali ha demolito una retorica cinquantennale che esigeva omertà sul mare di sangue del nostro passato. Ma oggi la sua libertà morale supera l'ultimo tabù, quello che, nella società dei salotti senza tabù, nessuno mai osa violare: mettere il proprio cuore a nudo, confessare francamente l'immensa domanda di cui siamo fatti, lo struggente bisogno di perdono e di amore che “siamo”. E il “bisogno di Lui” che abbiamo, come dice Pansa. E' rarissimo, soprattutto fra gli intellettuali, trovare un coraggio così.
Prima Pansa ha rievocato la sua infanzia, quando faceva il chierichetto. Poi è venuto al suo presente di grande giornalista laico. Confida: «Oggi, la sera, quando vado a dormire, con mia moglie preghiamo i nostri genitori». Diverse volte, negli anni scorsi, Giampaolo mi ha raccontato questo suo gesto di religiosità laica, compiuto da non credente. Da sempre i popoli hanno sentito i propri avi come intermediari col Mistero. Stavolta però, su “Tracce”, Pansa ha aggiunto qualcosa di più e di stupefacente. Dice che con sua moglie parla di Dio, «ma non di un Dio anziano, col barbone. No, di un Dio bambino, buono tenero. Penso a Dio con quelle fattezze, perché mi sembra più disposto a perdonare le mie sciocchezze, i miei peccati».
Già qui Pansa coglie, istintivamente, il cuore del cristianesimo. E aggiunge: «Ho sempre pensato che ci fosse il nulla dopo la morte. Ora ne sono sempre meno convinto. Preferirei che ci fosse il famoso giudizio».
E ancora: «Natale è Dio che viene sulla terra, ma che resta perennemente bambino, che è buono». Ricordando quando faceva il presepio da piccolo, con la sorella, rammenta la tenerezza per quel fanciullo che nasceva da profugo, a quel freddo. Poi spiega: «Ecco, io sono rimasto a quel bambino lì, in quella capanna. Il Papa parla di ragione e ragionevolezza. Beh, io forse non sono un “uomo ragionevole”. Lavoro molto con il cuore, con il mio bisogno. Non so se questa parabola mi porterà ad essere credente. Ma se dovessi riscoprire Dio credo che sarei guidato da quel bambino, dal Dio di Natale, dal Dio della nascita. E sarei spinto dal bisogno che ho di Lui. Lo avverto in un modo prepotente, soprattutto la sera, dopo aver lavorato tutta la giornata. Ho bisogno di Lui. Anche soltanto dieci anni fa non ci pensavo».
Confesso di essere ammutolito a queste parole. Pansa ci ha abituato al suo anticonformismo, alla sua totale libertà intellettuale: sia quella che traspare dai suoi articoli (dove dice sempre verità scomode), sia quella drammatica dei suoi libri storici con i quali ha demolito una retorica cinquantennale che esigeva omertà sul mare di sangue del nostro passato. Ma oggi la sua libertà morale supera l'ultimo tabù, quello che, nella società dei salotti senza tabù, nessuno mai osa violare: mettere il proprio cuore a nudo, confessare francamente l'immensa domanda di cui siamo fatti, lo struggente bisogno di perdono e di amore che “siamo”. E il “bisogno di Lui” che abbiamo, come dice Pansa. E' rarissimo, soprattutto fra gli intellettuali, trovare un coraggio così.
E fermiamoci qui, che può senz'altro bastare.
In effetti è rarissimo (soprattutto tra gli intellettuali?) trovare il coraggio per dire certe puttanate. Ma Pansa, si sa, è un uomo molto coraggioso. E pure Antonio Socci – uno che ammutolisce davanti all'anticonformismo e alla totale libertà intellettuale del Pansa demolitore di retoriche muffite e di tabù che nessuno mai osa violare – è un uomo molto coraggioso: ostia, se lo è! Ci vuole infatti un sacco di coraggio a scrivere che bisognerebbe “confessare francamente l'immensa domanda di cui siamo fatti, lo struggente bisogno di perdono e di amore che “siamo” (sic: virgolettato, n.d.r.)”.
Chiudo ringraziando entrambi - il demolitore di retoriche cinquantennali e di tabù da "società dei salotti senza tabù" (?) e il mistico Socci, sopraffatto dal Mistero - per avermi fatto sganasciare come non capitava da anni.
A Pansa, intellettuale scomodo, voglio pure regalare (così, tanto per sdebitarmi) un'idea per il suo prossimo romanzo (che sarà senz'altro un bestseller, come no: con tutti gli anticonformisti che ci sono, in Italia, non mancheranno di certo i lettori a un anticonformista scomodo come lui): che qualcuno gliela faccia avere, please.
In effetti è rarissimo (soprattutto tra gli intellettuali?) trovare il coraggio per dire certe puttanate. Ma Pansa, si sa, è un uomo molto coraggioso. E pure Antonio Socci – uno che ammutolisce davanti all'anticonformismo e alla totale libertà intellettuale del Pansa demolitore di retoriche muffite e di tabù che nessuno mai osa violare – è un uomo molto coraggioso: ostia, se lo è! Ci vuole infatti un sacco di coraggio a scrivere che bisognerebbe “confessare francamente l'immensa domanda di cui siamo fatti, lo struggente bisogno di perdono e di amore che “siamo” (sic: virgolettato, n.d.r.)”.
Chiudo ringraziando entrambi - il demolitore di retoriche cinquantennali e di tabù da "società dei salotti senza tabù" (?) e il mistico Socci, sopraffatto dal Mistero - per avermi fatto sganasciare come non capitava da anni.
A Pansa, intellettuale scomodo, voglio pure regalare (così, tanto per sdebitarmi) un'idea per il suo prossimo romanzo (che sarà senz'altro un bestseller, come no: con tutti gli anticonformisti che ci sono, in Italia, non mancheranno di certo i lettori a un anticonformista scomodo come lui): che qualcuno gliela faccia avere, please.
Siamo in un paesino delle Langhe, nei primi mesi del 1944. Un partigiano comunista serial killer semina la tragedia tra i residenti macellando a colpi di piccozza ben sette bambini, tutti figli di militi della Guardia Nazionale Repubblicana. Sarà don Simone, il buon prete del luogo, a fermare la sua furia assassina (in quale modo, lo deciderà Giampaolo Pansa) e a consegnarlo alla giustizia (e quindi al plotone d'esecuzione). Due anni dopo la fine della guerra il serial killer, incredibilimente considerato un martire della Resistenza, sarà vendicato dai suoi compagni (ex) partigiani, che spareranno al prete. L'infame delitto rimarrà avvolto da un manto di omertà per ben cinquant'anni, fino a quando un giornalista coraggioso, scomodo, anticonformista (nato a Casale Monferrato nel 1935) non riuscirà a scoprire chi ha ucciso il povero don Simone.
16 commenti:
scusate, ma quando vedo SOCCI mi tocco gli zebedei! sul resto non so che dire, sono sbigottito (appunto)leggo, apprendo e butto oltre la schiena. LIAM l'irlandese
...e dire che quel Pansa m'era simpatico e per anni ho letto con quasi interesse i suoi articoli pungenti sull'Espresso (ha avuto ragione sul Veltroni che porta sfiga!!)...ora, con quella faccia lì manca solo che vada su canale 5 a fare pubblicità del TOPEXAN e poi ilo cerchio le bel che chiuso. ORDINET
circa l'ouverture, in merito ai rapporti dimensionali, consiglio FLATLANDIA, che al Tic non sarà certo sfuggito....LIAM l'irlandese
"Metteteci Dio
sul banco degli imputati
metteteci Dio
e giudicate anche lui
con noi
e difendetelo voi
buoni cristiani.
Portatemi Dio
lo voglio vedere
portatemi Dio
gli devo parlare
gli voglio raccontare
di una vita che ho vissuto
e che non ho capito
a cosa è servito
che cos'è cambiato
anzi
adesso cosa ho guadagnato
adesso voglio esser pagato
Portatemi Dio"...E ALLORA PORTATEGLI DIO....LIAM
per oggi basta! ciao
pansa... qualche tempo fa l'ho sentito dire che, essendo anarcoindividualista, sarebbe andato a scrivere per il riformista.
e su questa, o sono anarcoindividualista io o lo è lui.
quanto alla sua convinzione sempre maggiore dell'esistenza di un'altra vita dopo la morte... beh, si dice queste convinzioni sian spesso inversamente proporzionali al numero di anni che separano dalla fatidica soglia.
è un po' un agire da coglioni. non è che uno dovrebbe pensare alla morte solo quando invecchia, non si sa mai per chi suona la campana... e allora tanto vale evitare di esser superstiziosi. a novanta come a quindici anni.
per concludere rispondo a liam con altri versi adatti...
Millenni di Patto millenni di Legge millenni d'Osservanza
millenni di Croce per nuove Alleanze millenni nel Nome di Dio
millenni di sangue versato a concime
millenni di imperi e regimi millenni di regni di dio
millenni di Parole Sante millenni nel Nome di Dio
che non so dire
Generatore
che pare amare ogni ingiustizia in faccia al sole
troppi tiranni in terra, in cielo
Millenni di Patto millenni di Legge millenni d'Osservanza
millenni di Croce per nuove Alleanze millenni nel Nome di Dio
millenni di sangue versato a concime
millenni di imperi e regimi millenni di regni di dio
millenni di Parole Sante millenni nel Nome di Dio
millenni di regni di dio
Millennio del signore, sesto
o secondo che finisce
o secondo che avanza
Urlo da lama
Santa Mattanza
non sono scrupoloso al riguardo di dio
è a nostra immagine e somiglianza
non sono scrupoloso al riguardo di dio
è a nostra immagine e somiglia a noi
ps
sul mundus imaginalis in realtà ci sarebbe molto da dire, ma fin che c'è in giro socci tocca tacere.
Leggendo le dolci parole di Pansa ho vomitato come L'esorcista.
Emergenza. Chiamate Socci.
Comunque a parte Pansa che, voglio dire, ha il diritto come altri di dire la sua, ma vi rendete conto che Socci è (si definisce) giornalista? Non solo: dirige una scuola di giornalismo. Dopo essere stato trombato alla grande con Excalibur.
Domando al Barone se a suo parere non sia la stessa frequentata da un noto "giornalista di strada" di nostra comune conoscenza....
Triste notare come queste riflessioni giungano sempre durante la vecchiaia e non prima, ammesso che Pansa creda davvero a quello che dice
...ho riflettuto molto cara yodosky sull'essere trombato alla grande con Excalibur e devo dire che la medesima locuzione era l'augurio che rivolgevo al buon socci...non con excalibur però, pensavo al mercato africano di cui tic è certo esperto.
Socci non lo sopporto. E' questa sua aria da cattolico con certezze che non sopporto. Mi piacciono le persone che hanno dubbi e si fanno domande le trovo più interessanti. Non sopporto quell'aria da chitarrista da canonica o gruppo parrocchiale(l'unico che tromba in un gruppo parrocchiale, secondo me, non so perchè ho avuto sempre questa convinzione sicuramente errata...), da illuminato dalla parola di dio e perciò in grado di far la morale a tutti. Un Santoro che puzza d'incenso.
Rigurdo al noto giornalista di strada, se quella può esser stata la scuola, credo che l'allievo abbia superato il maestro...tanto per dire quanto stimo socci...
Barone, lei centra il problema. Facevo giustappunto ieri notare a Tic l'abbigliamento tipico del buon Socci. Maglione blu o nero e camicetta bianca che spunta solo per un quadratino sul davanti del collo. Evidente richiamo all'abito talare. Pietoso.
nonostante l'attuale questione morale all'interno del PD rispetto comunque il BARONE e il Suo rispettabilissimo conflitto interiore... prima o poi potrà anche Lui costituirsi, o confessarsi, se vorrà! ALBERT (the)KING
...non mi confesso da una vita caro(o forse a buon prezzo...)ANONIMO e non lo faro nonostante il suo invito: il mio conflitto interiore(se mai c'è stato) s'è già risolto a sfavore del vaticano...e non da oggi...se invece di firmarsi con nomi di comodo palesasse la sua condizione magari potremmo discuterne più amabilmente ( o meno)...così mi sento preso per il culo (e scusi il francesismo...)
...faccio notare che la parola d'entrata è SESSA...prima o poi comparirà PETA o FORMAGGIA... e mi sentirò grandemente gratificato.
O BARONE, SUVVIA:
....allora se non vuole o suole confessarsi si costituisca davanti a un TRIBUNALE CANONICO, magari. quanto ai nomi di comodo direi che anche il Suo pseudonimo Barone von Furz non è tanto distante da ALBERT (THE) KING (postelegrafonico di anni 37!)...sul resto: mancia!
PRECISAZIONE:
lungi da me offederLa...non stia sempre sulla difensiva... sono le regole del BLOG..se Tic le cambierà mi/ci adegueremo; oggi sono queste che Le piacciano o meno.Cordialmente Suo amatissimo ALBERT.
...sono abituato alla servitù della gleba, capirà che queste regole non possono piacermi...faccia uno sforzo...
e non capisco perchè debba per forza confessarmi. chi è lei che me lo vorrebbe imporre? dio? ma non lo sa che in questi giorni dovrebbe essere sotto le capanne tra buoi ed asinelli(non dico scorreggianti perchè potrei esser tacciato ahimè di blasfemia...) e non sulle pagine dei blog?
Barone, il suo tocco è sempre inconfondibile....
posto un commento solo per segnalare che la parola d'ingresso è PENALI...a buon intenditor...non aggiungo altro
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