Finalmente il carro arrivò: e arrivò senza fare il più piccolo rumore, perché le sue ruote erano fasciate di stoppa e di cenci.
Lo tiravano dodici pariglie di ciuchini, tutti della medesima grandezza, ma di diverso pelame.
Alcuni erano bigi, altri bianchi, altri brizzolati a uso pepe e sale, e altri rigati a grandi strisce gialle e turchine.
Ma la cosa più singolare era questa: che quelle dodici pariglie, ossia quei ventiquattro ciuchini, invece di essere ferrati come tutte le altre bestie da tiro o da soma, avevano in piedi degli stivaletti da uomo di vacchetta bianca.
E il conduttore del carro?...
Figuratevi un omino più largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole, come quella d'un gatto che si raccomanda al buon cuore della padrona di casa.
Tutti i ragazzi, appena lo vedevano, ne restavano innamorati e facevano a gara nel montare sul suo carro, per essere condotti da lui in quella vera cuccagna conosciuta nella carta geografica col seducente nome di “Paese de' balocchi”.
Difatti il carro era già tutto pieno di ragazzetti fra gli otto e i dodici anni, ammonticchiati gli uni sugli altri, come tante acciughe nella salamoia. Stavano male, stavano pigiati, non potevano quasi respirare: ma nessuno diceva ohi! Nessuno si lamentava. La consolazione di sapere che fra poche ore sarebbero giunti in un paese, dove non c'erano né libri, né scuole, né maestri, li rendeva così contenti e rassegnati, che non sentivano né i disagi, né gli strapazzi, né la fame, né la sete, né il sonno.
Pinocchio è uno dei libri cruciali della nostra storia letteraria.
Un capolavoro assoluto purtroppo inchiodato - non si può dire sempre, ma si può senz'altro dire molto spesso - alla definizione di 'letteratura per ragazzi' (che è comunque una gran bella croce a cui restare inchiodati, niente da dire).
In realtà Pinocchio è anche altro: trattasi infatti di testo a doppio e triplo fondo, che si presta come pochi a interpretazioni le più diverse (ma che bella frase fatta del prispolo! Come sono creativo, oggi, eh? E mò chi mi regge?) e a molteplici approcci critici (uh, mamma mia: sempre più originale! E suona pure parecchio sensuale, quell'approcci: non trovate?) ovvero a essere usato, come tutti i grandi libri (quelli detti anche classici. Secondo Italo Calvino – ma questa l'avrete già sentita, da qualche parte: ne sono certo - il classico è quel libro “che non ha mai finito di dire quel che ha da dire” e che arriva a noi “portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture” che ha attraversato “o più semplicemente nel linguaggio e nel costume”).
Uno dei critici letterari che ha usato meglio Pinocchio, negli ultimi anni, è stato Alfonso Berardinelli: ne ha fatto una lente di ingrandimento sulla morfologia degli italiani, sul nostro carattere nazionale e sulle nostre tare eterne di popolo bambino.
Ne è uscita un'interpretazione del fenomeno Berlusconi intelligente come poche altre.
La potete trovare in Nel paese dei balocchi. La politica vista da chi non la fa, Donzelli, 2001.
Eccovene un assaggio.
Basta, non si può demonizzare un uomo così perbene come Silvio Berlusconi!
Pacato conduttore e pastore delle anime degli Italiani, lui, cari amici e concittadini, non è il Diavolo. Lui è tutt'altro. E' un personaggio che tutti voi dovreste conoscere bene: è un fondamentale personaggio di Pinocchio, su cui il nostro profeta nazionale impareggiabile, Carlo Collodi, ha già da tempo detto l'essenziale.
Ricordate l'Omino di Burro? Strano nome davvero per uno strano individuo. Sì, l'Omino di Burro è un piccolo uomo come tutti noi, non è un Grand'Uomo. E' comune e normale e medio. Soltanto è più liscio, è più roseo, più calmo, più sicuro, più bello...
Rileggete Pinocchio, cari elettori e concittadini, rileggete quel nostro classico perfetto, che è padre e madre di tutte le favole che si sono viste nel nostro così amato Paese.
Ma soprattutto andate a rileggere con l'occhio reso lucido dalle vicende presenti quel capitolo fondamentale in cui Pinocchio (il Popolo Italiano) viene portato nel Paese dei Balocchi, dove, dopo un paio di mesi beati, si sente spuntare «un bel paio d'orecchie asinine, e diventa un ciuchino, con la coda e tutto».
Bisogna notarlo e osservarlo bene, nella sua faccia, nei suoi gesti e nelle sue parole quel tale Omino di Burro, che conduce tutti nel Luminoso Futuro nel quale i giovani e i disoccupati vanno tutti a lavorare in televisione, si pagano poche tasse, si ride, ci si diverte a vedere sempre partite di calcio, perché lì, in quell'Italia, è sempre domenica, c'è sempre una luce dorata e calda, i gesti sono misurati, e un Grande Capo Buono, un vero Padre del Popolo, veglia su di noi, sia che siamo giovani, sia che siamo vecchi, oppure, come lui, di una mezza età che si promette eterna...
«Che bel paese, che bel paese, che bel paese» l'Italia in cui il dolce Omino di Burro ci porterà se saliamo sul suo carro.
Io non conosco altra storia bella come questa per illuminare le vicende presenti. «Finalmente il carro arrivò», dice Collodi (arrivò il carro di Berlusconi) «e arrivò senza fare il più piccolo rumore». E' esatto anche questo: perché il nuovo Omino di Burro (in ogni momento difficile ne compare uno in Italia, soccorrevole e suadente) è l'Uomo delle Televisioni e delle Partite di calcio: era già fra noi, abitava già stabilmente nell'anima o nell'inconscio di tutti gli italiani, modellati così nel corso di tutto il decennio dorato degli anni ottanta: quando l'Italia inventò il modo (i mille modi) di dare uno Stile alla Volgarità, fino a che nessuno o pochi si sarebbero accorti della differenza fra l'una e l'altra cosa. Così quando il carro dell'Omino di Burro è arrivato nessuno poteva credere che le sue ruote fossero così morbide e «fasciate di stoppa e di cenci» per non allarmare. Imbottiture: anche le ruote per camminare devono essere imbottite e soffici come cuscini.
E questo carro lo tiravano «dodici pariglie di ciuchini, tutti della medesima grandezza, ma di diverso pelame». E non sono proprio così tutti quei bravi asinelli che stanno aggiogati al Carro di Berlusconi e lo mandano avanti? Grande varietà (Gran Varietà) ma solo apparente: tutti lì legati insieme con la stessa mansione di tirare lo stesso carro: «Alcuni erano bigi, altri bianchi, altri brizzolati a uso pepe e sale, e altri rigati a grandi strisce gialle e turchine» (maglie da calciatori? casacche da carcerati?).
Vi sembra un insulto, vi sembra un'esagerazione parlare di persone umane come se fossero degli asinelli? No, cari lettori, non sono asinelli, lo sono diventati. Guardate bene, leggete bene: «Ma la cosa più singolare era questa: che quelle dodici pariglie, ossia quei ventiquattro ciuchini, invece di essere ferrati come tutte le altre bestie da tiro o da soma», no, non erano lavoratori che faticano, erano animali trattati bene, di lusso, perché «avevano ai piedi degli stivaletti da uomo di vacchetta bianca». Ciuchini che tirano un carro. Ma eleganti, con scarpette di lusso, costose e firmate!
Pacato conduttore e pastore delle anime degli Italiani, lui, cari amici e concittadini, non è il Diavolo. Lui è tutt'altro. E' un personaggio che tutti voi dovreste conoscere bene: è un fondamentale personaggio di Pinocchio, su cui il nostro profeta nazionale impareggiabile, Carlo Collodi, ha già da tempo detto l'essenziale.
Ricordate l'Omino di Burro? Strano nome davvero per uno strano individuo. Sì, l'Omino di Burro è un piccolo uomo come tutti noi, non è un Grand'Uomo. E' comune e normale e medio. Soltanto è più liscio, è più roseo, più calmo, più sicuro, più bello...
Rileggete Pinocchio, cari elettori e concittadini, rileggete quel nostro classico perfetto, che è padre e madre di tutte le favole che si sono viste nel nostro così amato Paese.
Ma soprattutto andate a rileggere con l'occhio reso lucido dalle vicende presenti quel capitolo fondamentale in cui Pinocchio (il Popolo Italiano) viene portato nel Paese dei Balocchi, dove, dopo un paio di mesi beati, si sente spuntare «un bel paio d'orecchie asinine, e diventa un ciuchino, con la coda e tutto».
Bisogna notarlo e osservarlo bene, nella sua faccia, nei suoi gesti e nelle sue parole quel tale Omino di Burro, che conduce tutti nel Luminoso Futuro nel quale i giovani e i disoccupati vanno tutti a lavorare in televisione, si pagano poche tasse, si ride, ci si diverte a vedere sempre partite di calcio, perché lì, in quell'Italia, è sempre domenica, c'è sempre una luce dorata e calda, i gesti sono misurati, e un Grande Capo Buono, un vero Padre del Popolo, veglia su di noi, sia che siamo giovani, sia che siamo vecchi, oppure, come lui, di una mezza età che si promette eterna...
«Che bel paese, che bel paese, che bel paese» l'Italia in cui il dolce Omino di Burro ci porterà se saliamo sul suo carro.
Io non conosco altra storia bella come questa per illuminare le vicende presenti. «Finalmente il carro arrivò», dice Collodi (arrivò il carro di Berlusconi) «e arrivò senza fare il più piccolo rumore». E' esatto anche questo: perché il nuovo Omino di Burro (in ogni momento difficile ne compare uno in Italia, soccorrevole e suadente) è l'Uomo delle Televisioni e delle Partite di calcio: era già fra noi, abitava già stabilmente nell'anima o nell'inconscio di tutti gli italiani, modellati così nel corso di tutto il decennio dorato degli anni ottanta: quando l'Italia inventò il modo (i mille modi) di dare uno Stile alla Volgarità, fino a che nessuno o pochi si sarebbero accorti della differenza fra l'una e l'altra cosa. Così quando il carro dell'Omino di Burro è arrivato nessuno poteva credere che le sue ruote fossero così morbide e «fasciate di stoppa e di cenci» per non allarmare. Imbottiture: anche le ruote per camminare devono essere imbottite e soffici come cuscini.
E questo carro lo tiravano «dodici pariglie di ciuchini, tutti della medesima grandezza, ma di diverso pelame». E non sono proprio così tutti quei bravi asinelli che stanno aggiogati al Carro di Berlusconi e lo mandano avanti? Grande varietà (Gran Varietà) ma solo apparente: tutti lì legati insieme con la stessa mansione di tirare lo stesso carro: «Alcuni erano bigi, altri bianchi, altri brizzolati a uso pepe e sale, e altri rigati a grandi strisce gialle e turchine» (maglie da calciatori? casacche da carcerati?).
Vi sembra un insulto, vi sembra un'esagerazione parlare di persone umane come se fossero degli asinelli? No, cari lettori, non sono asinelli, lo sono diventati. Guardate bene, leggete bene: «Ma la cosa più singolare era questa: che quelle dodici pariglie, ossia quei ventiquattro ciuchini, invece di essere ferrati come tutte le altre bestie da tiro o da soma», no, non erano lavoratori che faticano, erano animali trattati bene, di lusso, perché «avevano ai piedi degli stivaletti da uomo di vacchetta bianca». Ciuchini che tirano un carro. Ma eleganti, con scarpette di lusso, costose e firmate!
(...) E poi c'è Lucignolo, il turbolento Umberto Bossi, il ragazzo indisciplinato, «quella birba di Lucignolo» Bossi. Chi l'avrebbe detto? Basta una promessa dell'Omino di Burro e ogni turbolenza si acquieta: «Appena il carro si fu fermato, l'Omino si volse a Lucignolo e, con mille smorfie e mille maniere gli domandò sorridendo: “Dimmi, mio bel ragazzo, vuoi venire anche tu in quel fortunato paese?”».
«“Pazienza!” replicò Lucignolo “se non c'è posto dentro, io mi adatterò a star seduto su le stanghe del carro”. E spiccato un salto, montò a cavalcioni su le stanghe.»
Come andrà a finire? Anche questo nuovo Omino di Burro si dimostra incredibilmente suadente. Femministe scanzonate, comici cinici, operai che guardano in alto, gente che si prepara a fare il salto e ogni sorta di turbolenti individui improvvisamente ubbidiscono, perdono la testa, si riempiono di un entusiasmo da mutanti, saltano a cavalcioni sulle stanghe del carro. Ma Pinocchio?
Il popolo italiano, che all'inizio sembrava un po' riluttante, alla fine ha trovato irresistibile il richiamo dell'Omino di Burro, è salito sul carro e si è messo in viaggio per il Paese dei Balocchi e dei Miracoli Economici che non finiscono mai.
Gli inviti fatti in coro dal carro strapieno erano troppo insistenti: «Vieni via con noi e staremo allegri, vieni via con noi e staremo allegri». Quando mai un italiano, un vero italiano a simili richiami è riuscito a resistere? Quando la bugia è molto dolce, si prende il dolce e si dimentica che è una bugia.
L'Omino di Burro però non è sempre tenero come appare. Lo si capisce subito. Se succede che ci sia un asinello ribelle o poco disciplinato, possono anche succedere cose poco belle. Niente caos sul carro di Berlusconi, non ci si illuda di fare a modo proprio.
In quel tempo, in un caso di disubbidienza, avvenne questo: «(...) l'Omino non rise. Si accostò pieno di amorevolezza al ciuchino ribelle e, facendo finta di dargli un bacio, gli staccò con un morso la metà dell'orecchio destro».
Attenti, ciuchini ribelli e turbolenti che salite su quel carro o lo tirate. Attenti alle vostre orecchie...
«“Pazienza!” replicò Lucignolo “se non c'è posto dentro, io mi adatterò a star seduto su le stanghe del carro”. E spiccato un salto, montò a cavalcioni su le stanghe.»
Come andrà a finire? Anche questo nuovo Omino di Burro si dimostra incredibilmente suadente. Femministe scanzonate, comici cinici, operai che guardano in alto, gente che si prepara a fare il salto e ogni sorta di turbolenti individui improvvisamente ubbidiscono, perdono la testa, si riempiono di un entusiasmo da mutanti, saltano a cavalcioni sulle stanghe del carro. Ma Pinocchio?
Il popolo italiano, che all'inizio sembrava un po' riluttante, alla fine ha trovato irresistibile il richiamo dell'Omino di Burro, è salito sul carro e si è messo in viaggio per il Paese dei Balocchi e dei Miracoli Economici che non finiscono mai.
Gli inviti fatti in coro dal carro strapieno erano troppo insistenti: «Vieni via con noi e staremo allegri, vieni via con noi e staremo allegri». Quando mai un italiano, un vero italiano a simili richiami è riuscito a resistere? Quando la bugia è molto dolce, si prende il dolce e si dimentica che è una bugia.
L'Omino di Burro però non è sempre tenero come appare. Lo si capisce subito. Se succede che ci sia un asinello ribelle o poco disciplinato, possono anche succedere cose poco belle. Niente caos sul carro di Berlusconi, non ci si illuda di fare a modo proprio.
In quel tempo, in un caso di disubbidienza, avvenne questo: «(...) l'Omino non rise. Si accostò pieno di amorevolezza al ciuchino ribelle e, facendo finta di dargli un bacio, gli staccò con un morso la metà dell'orecchio destro».
Attenti, ciuchini ribelli e turbolenti che salite su quel carro o lo tirate. Attenti alle vostre orecchie...
Giorgio Manganelli nel suo Pinocchio: un libro parallelo (magnifica rilettura, diabolicamente rivelatoria dei doppi e tripli fondi del testo di Collodi) se n'era già accorto: l'Omino “per la foggia, la statura pare partecipare della natura vessatoria e astuta dell'adulto, e della indole serpentesca e menzognera dell'infanzia. Costui, per le notturne leggi del male, ha licenza di percorrere una strada infantile e rovinosa, anzi di esercitarvi un potere di corruttore e di perverso educatore. Forse, alle sue spalle, sta un oscuro, occhiuto committente".
E ancora: "l'Omino è l'imprenditore in grande, che raccoglie i ragazzi, li lavora, li trasforma, li porta al mercato a venderli. Secondo ogni verosimiglianza, egli è l'unico fornitore di ciuchi di quel mercato, anche se è detto esplicitamente che egli vende ciuchi dappertutto «su le fiere e sui mercati». Così «era diventato milionario».
E' possibile, a questo punto, sospettare che il Paese dei Balocchi sia stato costruito e venga amministrato dallo stesso Omino".
E ancora: "l'Omino è l'imprenditore in grande, che raccoglie i ragazzi, li lavora, li trasforma, li porta al mercato a venderli. Secondo ogni verosimiglianza, egli è l'unico fornitore di ciuchi di quel mercato, anche se è detto esplicitamente che egli vende ciuchi dappertutto «su le fiere e sui mercati». Così «era diventato milionario».
E' possibile, a questo punto, sospettare che il Paese dei Balocchi sia stato costruito e venga amministrato dallo stesso Omino".
8 commenti:
Sono tanti anni che non leggo Pinocchio (nè il Manganelli, che ho nella vecchia edizione Einaudi). E ovviamente mi hai incuriosito. Mi piacciono molto i libri e gli autori che vanno a fondo dell'italianità (Promessi sposi, Flaiano, Arbasino, Sciascia, Guareschi, De Roberto, Brancati...).
Quando ci vediamo ti faccio una proposta (ovviamente non erotica bensì "scribacchiatoria") http://lucianoidefix.typepad.com
Next week senz'altro...
But maybe pure saturday (ovvero tomorrow): forse sono a Trieste e allora ti chiamerò, Lucià.
Molto bella questa. L'Omino di Burro... è proprio lui. Il fatto è che, per non uscir di metafora, se si continua così finiremo come canta Tom Waits: Starving in the belly of a whale.
Purtroppo il mio fancazzismo forzato a Trieste mi impedisce di scrivere. Trovo geniale il parallelo. Mi permetto di suggerirne uno da me individuato: non pensate anche voi che i forzisti siano nettamente tutti di Serpeverde?
Ben detto Yodosky! E' da tempo che vado dicendo che questa dilagante atmosfera di paura e sospetto è quella che auspicata e provocata dai Mangiamorte. E si sa quanto i Serpeverde abbiano contribuito ad ingrossare le fila dei Mangiamorte, benchè non tutti tra di loro fossero davvero malvagi. Ma supponenti sì, un po' tutti, forti dei soldi delle loro famiglie di purosangue, capaci di occupare i posti chiave del potere, di deteminare l'agenda del Ministro della Magia...
Peccato che noi non abbiamo un Albus Silente dalla nostra...
Se volete collezionare "Berlusconi", lo trovate anche in "The golden boy" di Neil Gaiman (54° episodio del meraviglioso ciclo a fumetti di SANDMAN). Per la precisione è stato poi raccolto nel nono volume (LA LOCANDA ALLA FINE DEL MONDO), in Italia pubblicato dalla Magic Press.
(SANDMAN è un capolavoro letterario e grafico stratosferico, che ho letto e riletto con gusto crescente)
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