giovedì 9 ottobre 2008

Domande impertinenti


In Italia si diventa insegnante di religione (anzi, di “religione cattolica”: perché questo sta scritto sulla pagella di un ragazzino della scuola media) se lo decide un vescovo.
Problema: la direttiva comunitaria del 2000, quella contro la discriminazione, afferma che un lavoratore non può essere discriminato per ragioni “fondate sulla religione”.
In più, la Dichiarazione universale dell'ONU, richiamata dal Trattato di Maastricht e dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo, afferma che bisogna garantire a tutti parità di trattamento a prescindere dalla confessione religiosa.
I radicali hanno fatto presente tutto ciò alla Commissione europea.
Sostengono inoltre che nel nostro Paese ci sia diversità di trattamento tra i professori di religione e quelli delle altre materie: infatti, chi insegna religione (religione cattolica...) se ne può sbattere tranquillamente dei corsi di abilitazione all'insegnamento e pure di quella precarietà che molti insegnanti, in Italia, conoscono bene.
Ad un insegnante di religione (religione cattolica...) basta solo ottenere la nomina del suo vescovo di riferimento...
E ci sarebbe pure dell'altro, da aggiungere, ma fermiamoci qui.
L'Unione Europea non può tollerare, dicono i seguaci di Marco Pannella, tale trattamento privilegiato e pare (pare...) che le loro argomentazioni abbiano fatto breccia, in qualche modo, tra gli odiatissimi (dalla Destra italiana) burocrati (che se non sono massoni, han da essere ebrei senz'altro) di Bruxelles.
Perciò la direzione generale Affari sociali e pari opportunità della Commissione ha chiesto una serie di informazioni al governo italiano.
Titolo di ieri de la Repubblica “Assunti in base alla fede, l'Italia spieghi”.
E voglio proprio vedere, come la spiegheranno.

6 commenti:

Tina ha detto...

Non ho capito benissimo credo... Si contesta il fatto che in pratica gli insegnanti di religione siano scelti più per conoscenze che non per meriti/bravura, oppure che non tutti possano diventare insegnanti di religione in quanto non cattolici?
Credo che la giusta interpretazione sia la prima,ma mi è venuto un dubbio e non vorrei capire male :)

tic. ha detto...

Entrambe le cose, vale.

Si contesta che degli insegnanti che operano nella scuola pubblica siano scelti da un vescovo.
E si contesta pure (ma questo non l'ho scritto) il fatto che un non cattolico, rebus sic stantibus, non potrebbe mai, in una scuola della Repubblica, insegnare religione.

Infatti, semper rebus sic stantibus, mica si insegna 'religione' (come fenomeno culturale, fatto sociale o quel che pare a te), nelle scuole della Repubblica, ma 'religione cattolica'.
Posso testimoniare che questo sta scritto (ovvero 'religione cattolica') sulle pagelle dei miei bimbi delle scuole medie (che non si chiamano più così, però. Ma ci capiamo, vero?).

Colpa del Concordato.
Di Mussolini e di Bettino Craxi.

Anonimo ha detto...

Quando durante la costituente si discusse del concordato tra l'Italia e la chiesa cattolica solo una sparuta minoranza di socialisti (Nenni in testa), liberali e azionisti si oppose al suo mantenimento.
Prevalsero i democristiani grazie al decisivo contributo del PCI e di Togliatti in particolare.
Così ci tenemmo il vecchio concordato fascista, poi aggiornato da Craxi.

Si sa, nei momenti di difficoltà le diverse chiese si danno una mano.

Un tanto per la precisione. come diceva qualcuno.

Unknown ha detto...

A costo di risultare monototono, vorrei ribadire una cosa:
le parole "cattolico" e "cristiano" NON sono sinonimi. Anche se (soprattutto nell'Italia papalina) vengono usate con superficialità. Io sono cristiano (però non cattolico, bensì protestante, valdese per la precisione). E ribadisco pure un altro fatto: in materia di laicità, sessualità, diritti civili, eccetera, valdesi e cattolici sono distanti (per usare un termine biblico) "sette volte sette". E tra queste differenze c'è anche la questione dell'insegnamento della religioni (delle religioni) e soprattutto il nodo degli incostituzionali finanziamenti pubblici alle scuole confessionali.
http://lucianoidefix.typepad.com/

Anonimo ha detto...

Caro Tic, sfondi porte aperte! Sono anni che mi batto sulla questione, che tocca direttamente la mia famiglia, oltre ad essere un oltraggio alla laicità dello Stato. E, nonostante le ricerche fatte, le documentazioni prodotte e numerosissimi colloqui, sono ferma al punto di partenza. L'insegnamento dell'IRC sembra intoccabile, tanto che alla scuola media (per semplificare) di mia figlia, mi hanno chiesto di decidere se farle fare un'ora in più di italiano, passando dalle 29 alle 30 ore curricolari, ma non si sono neanche sognati di proporre l'ora di italiano come curricolare sin da subito e lasciare all'IRC il ruolo di trentesima, a quel punto sì davvero opzionale! E non parliamo neppure di cosa è previsto per l'attività alternativa, che in teoria lo Stato garantisce per i "non avvalentesi", del fatto che nel comodato gratuito entrano i libri per l'IRC (facoltativa) ma non, ad es. quelli di seconda lingua straniera (obbligatoria). Floris sostiene addirittura che gli insegnanti di IRC, oltre ad essere scelti dalla Curia, ma stipendiati dallo Stato, una volta assunti non possono essere da questo licenziati; pertanto, se la Curia dovesse ritenerli non più adatti all'insegnamento dell'IRC, dovrebbero comunque essere impiegati dallo Stato in altra disciplina. Dice anche che sin da subito guadagnano di più di un qualsiasi altro docente: che sia vero? Ah, nel frattempo in Parlamento giace una proposta di legge trasversale che chiede di commutare l'IRC in storia delle religioni. Ferma ormai da non so quanti anni...

Anonimo ha detto...

Cuius regio, eius religio.
E' un principio un po' datato ma che ha sempre una sua attualità, a ben guardare.
Perchè, sebbene i confini dello stato pontificio siano leggermente variati dal 20 settembre 1870, a me non sembra che, nelle questioni sostanziali almeno, sia cambiato tutto 'sto granchè.