Non si sfugge all'omelia domenicale di Eugenio Scalfari. Almeno, io non riesco a sfuggirle, e ormai da anni annorum.
Oggi Scalfari scrive: "Il governo, la sua maggioranza e gran parte dei “media” cercano dal canto loro di accentuare questo processo di disfacimento dell'opposizione. In vari modi.
Uno di essi, il più frequentato, si svolge intorno alla parola “dialogo”. S'invoca il dialogo, si vuole il dialogo e se ne tesse la tela attraverso il dialogo con pezzi dell'opposizione o addirittura con singoli personaggi. «La sventurata rispose» scrive il Manzoni quando la Monaca di Monza parla con il suo amante e acconsente al rapimento di Lucia”.
Che? Ma insomma, uffa...
Non è mica andata come dice Scalfari, sapete?
Oggi Scalfari scrive: "Il governo, la sua maggioranza e gran parte dei “media” cercano dal canto loro di accentuare questo processo di disfacimento dell'opposizione. In vari modi.
Uno di essi, il più frequentato, si svolge intorno alla parola “dialogo”. S'invoca il dialogo, si vuole il dialogo e se ne tesse la tela attraverso il dialogo con pezzi dell'opposizione o addirittura con singoli personaggi. «La sventurata rispose» scrive il Manzoni quando la Monaca di Monza parla con il suo amante e acconsente al rapimento di Lucia”.
Che? Ma insomma, uffa...
Non è mica andata come dice Scalfari, sapete?
Allora, c'era «un giovine, scellerato di professione, uno de' tanti, che, in que' tempi, e co' loro sgherri, e con l'alleanze d'altri scellerati, potevano, fino a un certo segno, ridersi della forza pubblica e delle leggi. Il nostro manoscritto lo nomina Egidio, senza parlar del casato. Costui, da una sua finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qualche volta passare o girandolar lì, per ozio, allettato anzi che atterrito dai pericoli e dall'empietà dell'impresa, un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose».
Battuta epigrafica, tre parole tre. Si tratta di una delle più celebri reticenze della letteratura italiana - fa il paio con «quel giorno più non vi leggemmo avante» messo in bocca a Francesca da Rimini nel canto V dell'Inferno di Dante - e rappresenta l'inizio della storiaccia tra la Monaca e quello scellerato di Egidio.
Con il ratto di Lucia Mondella la prima risposta della sventurata al suo drudo non c'entra una mazza che sia una. Vediamo di spiegarlo meglio.
Venuto a sapere che la povera Lucia era ospite della Monaca di Monza, il malvagio e dissoluto «Don Rodrigo, intestato più che mai di venire a fine della sua bella impresa, s'era risoluto di cercare il soccorso d'un terribile uomo» per farla rapire.
Trattasi, avrete colto, dell'innominato. Che si rese graziosamente disponibile. Scrive il Manzoni: «Se il lettore si ricorda di quello sciagurato Egidio che abitava accanto al monastero dove la povera Lucia stava ricoverata, sappia ora che costui era uno de' più stretti ed intimi colleghi di scelleratezze che avesse l'innominato». Dunque Egidio chiede alla Monaca di consegnare Lucia al terribile uomo. Ancora Manzoni: «Noi abbiamo riferito come la sciagurata signora desse una volta retta alle sue parole; e il lettore può avere inteso che quella volta non fu l'ultima, non fu che un primo passo in una strada d'abbominazione e di sangue. Quella stessa voce, che aveva acquistato forza e, direi quasi, autorità dal delitto, le impose ora il sagrifizio dell'innocente che aveva in custodia. (...) La sventurata tentò tutte le strade per esimersi dall'orribile comando; tutte fuorché la sola ch'era sicura, e che le stava pur sempre aperta davanti. Il delitto è un padrone rigido e inflessibile, contro cui non divien forte se non chi se ne ribella interamente. A questo Gertrude non voleva risolversi; e ubbidì».
Così andarono le cose.
Un paio di giorni fa mi son fatto due risate a spese di un ignoto articolista de Il Giorno che aveva preso un notevole sfondone su Shakespeare, oggi mi ritrovo su la Repubblica 'sta cappella su Manzoni. Di Scalfari in persona.
E mi sento come Massimo Alfredo Giuseppe Maria Buscemi, quel tizio sempre impassibile che nella prima edizione di Quelli che il calcio (eh, si: una volta lo seguivo anch'io, il calcio) veniva ogni tanto inquadrato e interpellato: il suo compito era quello di ricordare a memoria, e sciorinare allo scelto pubblico, la storia delle carriere, con tanto di presenze e gol, di calciatori d'altri tempi.
Alla immancabile domanda di Fabio Fazio, “Ma perché lei ci dice tutto questo?”, Buscemi rispondeva, altrettanto immancabilmente, "Per la precisione!”. Così andarono le cose.
Un paio di giorni fa mi son fatto due risate a spese di un ignoto articolista de Il Giorno che aveva preso un notevole sfondone su Shakespeare, oggi mi ritrovo su la Repubblica 'sta cappella su Manzoni. Di Scalfari in persona.
E mi sento come Massimo Alfredo Giuseppe Maria Buscemi, quel tizio sempre impassibile che nella prima edizione di Quelli che il calcio (eh, si: una volta lo seguivo anch'io, il calcio) veniva ogni tanto inquadrato e interpellato: il suo compito era quello di ricordare a memoria, e sciorinare allo scelto pubblico, la storia delle carriere, con tanto di presenze e gol, di calciatori d'altri tempi.
10 commenti:
Quando ci vuole ci vuole!
Comunque a proposito di strafalcioni vorrei citare un aneddoto: era il mio primo esame di storia dell'arte classica e prima di me c'era in lista una simpatica ragazzona di Treviso.
La ricordo come fosse oggi. Il prof, infingardo, le piazzò davanti la foto di una statua classica che, se non vado errato, è detta "Torso di Michelangelo" perché il Buonarroti l'aveva studiata a fondo.
Il malefico docente, dopo aver sottoposto alla candidata la foto della suddetta opera, le rivolse quindi la domanda che tutti si aspettavano, il calco di "di che colore è il cavallo bianco di Napoleone?" ovvero "chi è l'autore del busto di Michelangelo?"
Ricordo che si trattava di un esame di storia dell'arte CLASSICA.
Potete comunque immaginare la risposta che l'ignara fanciulla diede, ingannata da suo stesso buonsenso.
Mai visto un docente così incazzato. Il poveruomo sembrava sull'orlo del collasso.
Oh, tanto per la cronaca, io la rifuggo come la peste, l'omelia di Eugenio.
Viva!
Buongiorno Tic;
hee, che ci vogliamo fare...?
La cattiva coscienza morde anche i suoi guardiani...!
Eh, io quoquo.
Vabbé, direttore, adesso...
Non faccia così, su. Una defaillance può capitare a tutti...
P.S.
Ma chi sarà mai 'sto medonzo?
Buonasera Tic;
ci siamo già sentiti sul sito di Luciano Comida
Ah, ecco...
Mi pareva un nome già sentito da qualche parte, sa?
E, a proposito del nostro comune amico: che fine ha fatto Luciano Comida?
Comincio ad essere un pochino preoccupato...
Recuperati un paio di suoi interventi sul blog di Luciano: arichapeau, mio caro...
Di nuovo buonasera tic;
troppo buono; ma sentirmi dare del lei mi mette in imbarazzo.
Luciano non sò. Lo aspettavo per il 6....
Io leggo le "prediche" (così le definisce mia moglie) di Scalfari da molti e molti anni. In realtà, seguo Repubblica con assoluta fedeltà dal primo numero del 1976 (ero un ventiduenne). La svista su Manzoni ha colpito anche me e immagino che pure l'Eugenio (nel rileggersi la domenica mattina) si sarà detto "che cazz'ho scritto?! Ma che impressione darò? Di uno che perde colpi? Di uno ignorante?"
In ogni caso, tolto lo sfondone (a scuola, durante un'interrogazione, sarebbe stato il caso di chiedere al candidato: "si spieghi meglio"), condividevo ampiamente il contenuto della predica domenicale. Anzi (essendo io valdese) del "sermone".
http://lucianoidefix.typepad.com/
Pure io, pure io condivido.
E ci mancherebbe pure.
Quanto a Manzoni, Scalfari si sarà fidato della memoria.
E' bene non fidarsi mai, della memoria.
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