sabato 12 dicembre 2009

Per Giuseppe e Licia Pinelli

Il 12 dicembre, nel 1969, cade di venerdì.
Su Milano il cielo è plumbeo.
Alle 16 e 30 del pomeriggio ci sono ancora dei clienti nella sede Banca dell'Agricoltura, in Piazza Fontana.
Alle 16 e 37 scoppia una bomba, 7 chili di tritolo.
Muoiono in 17, i feriti sono 88.

Lo stesso pomeriggio, a Roma, scoppiano altre tre bombe: due all'Altare della Patria, una nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro, in Via San Basilio. I feriti sono 16.
Una quinta bomba viene rinvenuta inesplosa a Milano, in Piazza della Scala, nei locali della Banca Commerciale.
Dall'allora capitale morale il prefetto Libero Mazza, poco dopo la strage, telegrafa al Presidente del Consiglio dei ministri, Mariano Rumor: “L'ipotesi attendibile che deve formularsi indirizza le indagini verso gruppi anarcoidi”.
In quattro giorni vengono fermati, soltanto nel capoluogo lombardo, 84 fra anarchici e militanti dell'estrema sinistra.

Giuseppe Pinelli, 41 anni, frenatore delle Ferrovie dello Stato nella stazione di Porta Garibaldi, anarchico, viene convocato in questura la sera stessa della strage.
Ci arriva in motorino.
Comincia a morire il 12 dicembre 1969, Pino Pinelli, anarchico.
A interrogarlo iniziano subito. Tre giorni dopo, lunedì 15, si trova ancora lì, in questura: non gli è stata contestata alcuna imputazione precisa, ma non viene rilasciato. Durante gli interrogatori, racconteranno poi, faceva dei disegni per le sue due bambine.
L'ultimo interrogatorio ha inizio lunedì sera.
Mi telefonarono dalla questura verso le nove e mezzo, dieci, per chiedermi il libretto ferroviario di mio marito, quello dove sono segnati i viaggi. Dopo dieci minuti ho ritelefonato per dire che l'avevo trovato e se potevo andarlo a portare. Intanto, ho chiesto notizie di Pino e mi hanno risposto che era in questura dove stava molto bene. Mi avevano detto che avrebbero mandato qualcuno da me a ritirare il libretto. Verso le undici è arrivato un brigadiere. All'una meno dieci sono arrivati i giornalisti per avvisarmi che mio marito era caduto da una finestra del quarto piano della questura. Eravamo in casa io e le bambine piccole. C'era anche mia suocera. Tutte e due ci siamo mosse verso il telefono per chiamare la questura, per chiedere se era vero. Non ci volevamo rendere conto che le cose fossero andate così. Chiamiamo, io dico: «Sono arrivati due giornalisti, mi hanno detto che mio marito è caduto dal quarto piano della questura. Perché non siamo state avvisate?». Mi è stato risposto: «Non avevamo tempo».
Così la moglie di Giuseppe Pinelli, Licia.
Chi le risponde in quella bella maniera è il commissario Luigi Calabresi: «Ma sa, signora, abbiamo molto da fare».
Calabresi è il poliziotto che a Milano coordina l'ufficio politico della questura. Giuseppe Pinelli esce dalla questura, tre giorni dopo esserci entrato, proprio da una finestra dell'ufficio politico.

Lui che esce e io che lo inseguo per portargli il cappotto, noi due persone di mezz'età che hanno due figlie, che ridono e scherzano. Poi lui va in questura...
Questa è l'ultima immagine che Licia Pinelli ha di suo marito.
Sette mesi fa il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l'ha invitata al Quirinale e in quell'occasione ha parlato di «rispetto e omaggio per la figura di un innocente, Giuseppe Pinelli, che fu vittima due volte, prima di pesantissimi e infondati sospetti, poi di un'improvvisa assurda fine».
Vedete, io potrò dimenticare tutto, di Giorgio Napolitano, ma non mi dimenticherò mai di queste parole.
Licia Pinelli non ha mai ottenuto un processo per la morte di suo marito: ci sono state solo istruttorie.
Licia Pinelli non ha mai smesso, in quarant'anni, di cercare la verità.
Giuseppe Pinelli, marito di Licia, padre di due bambine piccole, uomo buono, persona per bene, ferroviere, anarchico, è la vittima numero 18 della strage di Piazza Fontana.
Voglio sperare che le istituzioni si ricordino, in questi giorni di commemorazioni, di portare un fiore pure sulla sua tomba.

8 commenti:

yodosky ha detto...

"Il colpevole di piazza Fontana è Pietro Valpreda".
Bruno Vespa (allora cronista al Tg1)

Quando si dice il processo breve...

(peraltro due giorni fa Radio1 ha dedicato una puntata alla strage, facendo risentire spezzoni del Tg di quel giorno. Dimenticandosi, purtroppo, quello di Vespa. Anvedi che sfiga)

tic ha detto...

Il tg con Vespa che già E' il Bruno Vespa democristian-infame che abbiamo imparato a conoscere mi pare però che risalga al giorno in cui arrestarono Pietro Valpreda. Non il 12 dicembre, ma il 16, se non erro: "Pietro Valpreda E' un colpevole!".
L'inizio della una fulminante carriera di una bella ..... fumante (la mettete voi, la parolina che manca?)

yodosky ha detto...

Sì, vi diamo anche un indizio: cinque lettere.

Anonimo ha detto...

vespa fà schifo (e me lo ha sempre fatto).
Untuoso, falsamente equilibrato ed anche sporco manovratore.

Anonimo ha detto...

bella la trasmissione su radio1 di venerdì.
Amo la radio, radiorai, putroppo anche lì la stanno infarcendo di regime: non sopporto Forbice(da anni), antipaticissimo e Dell'Arti

Anonimo ha detto...

vi posto il link per il podcast di radio anch'io della puntata di venerdì:
http://www.radio.rai.it/radio1/radioanchio/

http://www.radio.rai.it/player/player.cfm?Q_CANALE=http://www.radio.rai.it/radio1/radioanchio/archivio_2009/audio/radioanchio2009_12_11.ram

Zimisce ha detto...

quoto al 100% la tua frase su napolitano. magari niente, ma quelle parole sì. a sinistra si fece un gran can can su quella storia il comportamento di licia pinelli non doveva lasciare spazio a dubbio alcuno.

detto questo, come giustamente dici, c'è molto lavoro da fare. un sacco di pozzi intasati all'italiana in cui scavare. e naturalizzati giapponesi da andare a prendere per il collo e sbattere in gattabuia.

è una storia, questa, che ogni volta che ci penso mi viene un groppo in gola.

yodosky ha detto...

Forbice c'è ancoraaa?!?!? Insopportabile, maleducato e ignorante come un tacco di frate. Quando telefonava un ascoltatore che non era d'accordo con lui gli dava del cretino. Impagabile.