Mi prendo qualche riga per consigliare, a quelli di voi che amano il cinema, un'opera davvero straordinaria uscita in DVD (due DVD, in realtà: dopo vi spiego perché) nel 2006 (ma io me la sò accattata solo un paio di mesi fa): trattasi della storica intervista di Volker Schlöndorff a Billy Wilder.
Che posso dire, di Wilder?Che è stato uno dei più grandi narratori popolari del XX secolo, innanzitutto.
A testimoniarlo Double Indemnity (La fiamma del peccato, 1944); The Lost Weekend (Giorni perduti, 1945); Sunset Boulevard (Viale del tramonto, 1950); Ace in the Hole (L'asso nella manica, 1951); Sabrina (Id., 1954); The Seven Year Itch (Quando la moglie è in vacanza, 1955); Some Like It Hot (A qualcuno piace caldo, 1959); The Apartment (L'appartamento, 1960); Irma la douce (Irma la dolce, 1963); The Fortune Cookie (Non per soldi... ma per denaro, 1966); The Private Life of Sherlock Holmes (La vita privata di Sherlock Holmes, 1970): ho citato alcune delle pietre angolari (o delle colonne portanti: fate un po' vobis...) del mio immaginario personale, ora me ne rendo conto.
Ma milioni di persone, oltre al sottoscritto, portano nel cuore questi film (e magari hanno avuto la vita cambiata per sempre, da questi film: proprio come è capitato a me) e un motivo ci sarà, ostia. Se il crimine non paga (in Italia paga quasi sempre, in realtà: ma fatemela passare), nemmeno lo snobismo programmatico paga, sapete? E allora condividiamo, umane genti, che condividere è tanto bello (in fondo in fondo...) e qualcosa, forse, resterà.Billy Wilder (uno di quelli che hanno fatto il Cinema. Punto) si racconta a Schlöndorff per quasi tre ore, con verve impagabile e intelligenza che incanta.
Aveva cominciato a lavorare per Ernst Lubitsch (ebreo come lui, e questo non è un dettaglio senza importanza, vi assicuro: mi piacerebbe soffermarmici un po', ma non posso. Vi rimando perciò a quel libro meraviglioso che è Non solo Woody Allen. La tradizione ebraica nel cinema americano, di Guido Fink) - un cineasta per cui la precisione e l'eleganza (qualità del tutto fuori moda, nel nostro tempo, vero?) erano una religione - e riconosceva l'influsso di Lubitsch sulle proprie opere senza alcun problema: su una parete del suo studio spiccava la frase “How would Lubitsch do it?" (come l'avrebbe girata, Lubitsch?), in caratteri corsivi vergati da Saul Steinberg.
“Vi sono tanti modi di piazzare la macchina da presa e in realtà ce n'è soltanto uno”, sosteneva Lubitsch: e il modo giusto, naturalmente, era il suo, quello di un regista sempre ligio alla regola aurea che si era dato: economicità e concentrazione, nello sguardo come nel racconto.Dal suo maestro Billy Wilder aveva imparato a parlare per immagini: la sua scrittura perciò era sempre chiarissima, con inquadrature e sequenze senza alcun fronzolo e piani assai eloquenti nella loro assoluta precisione comunicativa.
Arte, senza la presunzione e la sicumera dell'artista. Arte, e se potesse sentirmi Billy Wilder si farebbe senz'altro una bella risata alla facciaccia mia.
Il DVD con l'intervista al maestro lo trovate in un cofanetto Feltrinelli che regala (perché, ad un prezzo di 18,90 euro, di regalo si può senz'altro parlare) un altro DVD (con La fiamma del peccato, non so se rendo...) e pure un libro, Samuel and Billy, con contributi di François Truffaut, Goffredo Fofi, Alessandro Cappabianca, Bruno Fornara, Leonardo Gandini e Guido Fink (tratto dal grande libro di cui vi parlavo prima).
Fate di tutto per averlo, Billy, ma come hai fatto?, se (torno a dire) siete di quelli che amano il cinema. Ci trovate aneddoti gustosissimi, retroscena, Jack Lemmon, William Holden, Marilyn, Gloria Swanson, Erich Von Stroheim, Ray Milland, Edward G. Robinson, Audrey Hepburn, il noir, la migliore commedia, le dark ladies, la critica ferocissima all'industria cinematografica e al capitalismo tout court (eh, sì: mica basta un Citto Maselli qualsiasi, per la critica al capitalismo), gli Oscar e la bellezza. Insomma, l'età d'oro di Hollywood. Al suo meglio.

Immenso, Rocco. Immenso davvero.

La Conferenza episcopale la pensa in maniera opposta: scurdammoce o' passato, cari fratelli, perché solo così sarà possibile ottenere “un'autentica e sana purificazione della memoria”. E i giovani, ah, i giovani... Sono sempre al centro dei pensieri della Chiesa, i giovani. Che vanno liberati “dagli ostacoli del passato, senza gravarli dei vecchi litigi e rancori”. Zapatero è colpevole di ostacolare la riconciliazione nazionale: la sua politica scriteriata rischia di “dar adito a scontri che potrebbero finire per essere violenti”.
Innanzitutto, mi pare molto convincente quanto sostenuto dal filosofo israeliano Avishai Margalit, secondo cui “indugiare nel passato, per una democrazia, è irrazionale quanto piangere sul latte versato”. Un regime democratico, infatti, “non fonda la propria legittimità sul passato remoto, ma sulle elezioni presenti”.
Secondo Margalit, l'elaborazione della memoria (e dell'oblio) può avere un effetto benefico: vietare ai contemporanei di rivivere, sotto forma di rancore, le sofferenze inflitte ai loro antenati. Si ha il dovere di ricordare, ma non il dovere di odiare e una comunità non dovrebbe mai cercare nel passato la chiave del proprio futuro: se la memoria diventa un'ossessione, il rischio che si corre è quello di riproporre come attuali dei torti subiti da qualcuno nel passato.
A proposito delle canonizzazioni di cui parla Blanco, ricordo solo che il 28 ottobre 2007 c'erano circa 40.000 persone, in Piazza San Pietro, a seguire la cerimonia per la beatificazione di 498 'martiri' spagnoli uccisi negli anni 1934, 1936 e 1937. A presiedere il rito il cardinale Josè Saraiva Martins, delegato dal Papa, che celebrò il rito in castigliano. In Piazza San Pietro c'era anche una delegazione del governo spagnolo, guidata dal ministro degli Esteri Miguel Angel Moratinos accompagnato dall'ambasciatore di Madrid presso la Santa Sede, Francisco Vazquez, e dal direttore generale degli Affari religiosi, Mercedes Rico. Ancora, tra i presenti c'erano i rappresentanti di alcuni governi autonomi della Spagna, tra gli altri quello della Catalogna: 146 dei 'martiri', infatti, furono uccisi nell'arcidiocesi di Barcellona.
Il cardinale, nel suo discorso, citò più volte l'altissimo magistero di Benedetto XVI e in particolare ricordò che "essere cristiani coerenti impone di non inibirsi di fronte al dovere di dare il proprio contributo al bene comune e di modellare la società sempre secondo giustizia, difendendo, in un dialogo forgiato dalla carità, le nostre convinzioni sulla dignità della persona, sulla vita dal concepimento fino alla morte naturale, sulla famiglia fondata sull'unione matrimoniale unica e indissolubile tra un uomo e una donna e sul dovere primario dei genitori all'educazione dei figli".
Capite, 'sti signori, che bei tipini sono? Rimproverano Zapatero perché vuole ricordare la guerra civile e le vittime di Franco e però loro ricordano cosa gli pare, come gli pare, quanto gli pare e quando gli pare.
Millàn Astray, direttore della propaganda, incitava i suoi collaboratori a minacciare di morte i giornalisti stranieri. Uno dei suoi luogotenenti era Luis Bolìn, l'uomo che aveva contribuito a organizzare il volo di Franco dalle Isole Canarie al Marocco e che sarebbe in seguito diventato famoso per avere tentato con ogni mezzo di dimostrare che il bombardamento di Guernica era un'invenzione. Un altro era il famigerato capitano Gonzalo de Aguilera, conte di Alba y Yeltes, cui era affidato il compito di illustrare la posizione franchista agli ospiti stranieri. Peter Kemp, un inglese arruolatosi nell'esercito franchista, era convinto che il conte facesse più male che bene alla causa:
Ieri il pio Casini (coccolatissimo da un bel po' di bella gente del famoso Partito Democratico: e non solo dagli innumerevoli democristiani del famoso Partito Democratico, che non crediate...) ha dichiarato che “la laicità dello Stato è un principio troppo serio per essere ridicolizzato, come è avvenuto in Spagna”.
Sono letteralmente impazzito per le copertine dei dischi in mostra.



Ecco allora i black face minstrels alla Jim Crow e i battelli sul Mississippi by the light of the moon, i suonatori di banjo e le enormi balie nere, gli afroamericani dalla grande bocca, dalle grosse labbra e dagli occhi sgranati tra stereotipi caricaturali e storie di ordinario razzismo a cavallo tra Ottocento e Novecento.
E poi gli incroci tra pittura e jazz, da Stuart Davis a Winold Reiss, da Miguel Covarrubias a Archibald J. Motley Jr (suo il Getting Religion, quadro in blue che ha incantato me ed E.), da Reginald Marsh a quel grande cantore dell'America che fu Thomas Hart Benton. E poi Henri Matisse, Piet Mondrian, Elaine De Kooning, George Grosz e mi fermo qui giusto perché devo.


(nella foto, il gruppo dirigente del PD. A sinistra, con i baffi, D'Alema)
P.S.
Lo stabilimento Eaton di Monfalcone produce valvole per motori endotermici (a scoppio), sia di scarico che d’aspirazione. La lavorazione si compone di una trentina di passaggi o traguardi di lavoro, ad alta cadenza temporale e precisione, per una produzione giornaliera, su tre turni, di 100.000 valvole teoriche, al netto dello scarto e della ripassatura che si mangia, più o meno, il 5% della produzione. I clienti di Eaton sono FIAT, Volkwagen, PSA (Renault, Peugeot, Citroen), in passato pure Honda, Ford e Toyota.



Tutto questo per dire che c'è poco altro da dire: noi italiani siamo un popolo bambino dall'anima prepotentemente mammista. Tutto il nostro amore va alla mamma, una mamma pur che sia (sto parafrasando: se non ve ne siete accorti, date un'occhiata a un certo post qui sotto).
Io ne ho conosciuti moltissimi, di bambini-mostri (e ho conosciuto pure moltissimi vecchi che avrebbero dovuto essere ammazzati da bambini), figli incolpevoli – povere, povere creature - di genitori-mostri che furono anch'essi, ai loro tempi, dei bambini-mostri: tiranni prepotenti e impuniti, trattati come principi fin dalla culla, mai contrastati in niente, sempre giustificati e perdonati da mamme ferocissime: le erinni mostruose, implacabili, del nostro magnifico carattere nazionale.
P.S.



Al primo posto, A Change Is Gonna Come di Sam Cooke.
Al secondo posto, People Get Ready, degli Impressions.
Al terzo posto, bé, Say It Loud – I'm Black And I'm Proud, del Godfather of Soul.
Al quarto posto, Woody Guthrie.
Al quinto posto, Chimes Of Freedom di Bob Dylan.
P.S.