mercoledì 23 aprile 2008

La versione di Perry

Oggi su la Repubblica, intervista allo storico britannico Perry Anderson, professore alla UCLA ed ex direttore della New Left Review.
Sta per uscire anche da noi, per i tipi di Baldini Castoldi Dalai, il suo ultimo libro, Spectrum, in cui il professore prova ad analizzare - con quello che egli stesso definisce realismo senza compromessi“la portata di una sconfitta storica, quella della sinistra nel Ventesimo secolo” cercando di “guardare al sistema che ha vinto in modo lucido”.
Quello che mi ha colpito, nell'intervista, è questo succinto (ma fulminante) compendio della storia italiana della seconda metà del XX secolo.
Sentite un po'.

“Come storico mi è impossibile non guardare senza una certa nostalgia alla prima repubblica, nata dalla Resistenza: un sistema politico ricco e sofisticato, con grandi partiti sia della destra che della sinistra, alti livelli di partecipazione, anni di inventiva e successo economico, una cultura straordinariamente dinamica; basta pensare al cinema italiano di quel periodo.

La svolta negativa avviene a metà degli anni Settanta con il compromesso storico e le sue conseguenze: il terrorismo, il conformismo, la strana carriera di Bettino Craxi in grado di bloccare la vita politica con un piccolo partito, e poi a seguire la corruzione e la criminalità.
Oggi, dopo 16 anni di Seconda Repubblica, possiamo veramente dire che le cose siano – politicamente, economicamente, giuridicamente, intellettualmente - migliori?
Adesso c'è l'Italia che vuole diventare un “paese normale”, slogan di D'Alema e altri, cioè simile agli Stati Uniti o alla Gran Bretagna. Ma chi ha inventato il termine normalizzazione? Breznev con la Cecoslovacchia. Quella ovviamente era una normalità alla sovietica, ma perché l'Italia dovrebbe diventare un simulacro mediocre degli Stati Uniti?
Invece di una vera ambizione si mostra un complesso di inferiorità. Una sindrome che si è ostentata anche nella campagna elettorale con gli shows che Berlusconi ha adottato da Reagan e gli slogan che Veltroni ha ereditato da Obama, con una mancanza di immaginazione desolante. Naturalmente questa Repubblica, dove l'identità collettiva si è ridotta più o meno al campo di calcio, non è tutta l'Italia. Speriamo che la sua vita sia breve”.

Ora, non posso dire di condividere tutto quello che Anderson ha affermato, però...
Che gli anni Settanta del Novecento, dopo il loro momento iniziale (quella che Paul Ginsborg ha chiamato l'epoca dell'azione collettiva), siano stati un periodo davvero orrendo a me pare un'idea assai condivisibile. Purtroppo non siamo in molti, mi sembra, a pensarlo. Specialmente a sinistra.
Ma considerate: estremismo politico come fenomeno di massa, politicizzazione grottesca di amplissime zone della società (ad esempio l'Università), violenza di piazza, terrorismo, rivendicazionismo sindacale oltranzista e ci sarebbe un sacco di altro sconcio da ricordare ma mi fermo volentieri.
Che poi gli anni del boom economico sarebbero stati invece una sorta di age d'or, per il nostro povero Paese, mi pare lo avesse detto anche Walter V. in campagna elettorale. E se lo dice Walter nostro, beh, forse possiamo pure perdonargliela, quella desolante mancanza d'immaginazione che l'impietoso professor Anderson gli imputa.

E, ehm, delle parole che il nostro spende su Craxi e sulla sua "strana carriera" che ne pensate? E di quelle sull'identità collettiva della Repubblica "ridotta più o meno al campo di calcio"?
Sia come sia, secondo me vale la pena, ogni tanto, di chiedere ad uno straniero come ci vede, come gli sembriamo, noi italiche genti.
Si, vale la pena. Nonostante tutto. Nonostante la pena...

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Essenso nato nel 1954, io negli anni Settanta entrai come sedicenne e ne uscii come ventiseienne. In mezzo finii il liceo, feci un pezzo di Università, conobbi ragazze e con alcune ci andai a letto, scrissi poesie e racconti e articoli, divenni tifoso del Toro e vinsi uno scudetto nel 1976, divenni segretario dei giovani socialisti di Trieste, mi innamorai del cinema di Brian De Palma e dei romanzi di Philip Dick, vidi Mohammed Alì battere George Foreman, fischiai Craxi, manifestai contro le BR e contro la DC, rischiai di predner botte dai fascisti e dal servizio d'ordine della CGIL e dagli autonomi, feci un sacco di lavori, lavorai come funzionario al PSI, impazzii con l'assolo di chitarra elettrica di Neil Young in Like a hurricane. Però su tutto c'era la cappa plumbea del terrorismo e della violenza politica.
un brutto decennio, anche se ero giovane. http://lucianoidefix.typepad.com/

Anonimo ha detto...

Essendo nata nel 1966 a Trieste, negli anni Settanta ci entrai come quattrenne golosa della pasta al burro del "nasilo" (si, perché io andavo “in nasilo”) e ci uscii come quattordicenne alta più del lecito brufolosa e con l'apparecchio ai denti.
In mezzo, ricordi di telegiornali con Tito Stagno con quelle cravatte formato bavaglio e parole sparse qua e la come Fontana, Loggia, Curcio, Freda, Ho Chi Min, Saigon, Lauda e Andretti, derby Juve (Scirea Causio Furino Gentile Zoff Cuccureddu Bettega) Toro (Graziani Pulici Sala C. Sala P. Castellini Zaccarelli Pecci)
Ricordo immagini in bianco e nero di cortei, striscioni e sempre un sacco di gente lì a pigiarsi in piazza, specie "in quei giorni", tra il 25 aprile e il primo maggio. Il concertone ancora non si faceva.
Sirene mute di tante auto della polizia il giorno del sequestro Moro e un'aria strana della quale mi accorgevo per la prima volta. Più tesa.
Ricordo quando di passava il confine per andare “in Jugo”(slavia) e i dinari avvoltolati nella carta igienica e nascosti nel reggiseno di mamma. E si cambiava mondo. Noi avevamo il “lasciapassare” (io no, ancora, all’epoca) e gli amici di Milano, no e non ha mai ben capito se faceva figo o ghettizzato, posto che non era un problema per me. La natura negli anni settanta in Istria, in maniera molto egoistica, è una cosa che sono contenta di aver visto.
Nell’age d’or ho avuto la mia adolescenza. Anni in cui ho ballato Ramaya e Afric Simone mi sembrava un cantante.
Anche dopo ho ballato Ramaya, a dirla proprio tutta, e forse l’uomo tigre e il barone se ne ricordano ancora.
Io ero un’adolescente secondo tutti i crismi e, in quegli anni di plastica che furono gli anni Ottanta mi sono divertita in quella maniera totale, idiota, scontata, imbecille e saccente che era il mio modo di essere adolescente, tra chili di Topexan e letture di Dolly.
Un giorno, anni dopo, un collega d’università che, guarda caso, è anche il padrone di casa di questo salotto, mi fece vedere una vignetta di Altan (credo) che mi fece fare un subitaneo conto con quegli anni appena passati: dopo il freddo degli anni di piombo, godiamoci il calduccio di questi anni di merda

Onestamente? Mi sono divertita a scrivere questa cagatella e un piiiiiiccolo piiiiicolo amarcord forse (no, togliamo il forse) stava per prendermi la mano. D’altra parte, l’etichetta recita “spunti di riflessione”.
Ma continuerò a casa mia. Non mi piace fare soliloqui in casa d’altri.

Zimisce ha detto...

Sugli anni '70 temo di esser troppo recente per poter parlare.
L'impressione derivata dai racconti familiari è di un periodo di relativo benessere ma di politica di merda e di una sinistra impegnata nella ripetizione degli slogan del '68.
E di gente che non voleva andare in piazza quando hanno ucciso Moro perché, alla fin fine, le BR son compagni.
Il peso di quegli anni la mia generazione (nati a fine '70 primi '80) la vive ancora oggi, con l'incapacità di pensare a qualcosa di nuovo e nostro: alle manifestazioni del movimento no global (che pure ho amato con tutto me stesso) vedevi e vedi ancor oggi gli stessi vestiti, gli stessi capelli, basette, striscioni, bandiere. Idee, cazzo. Idee che magari negli anni '70 avevano ancora un perché, ma che noi oggi ci portiamo addosso come un peso morto.
Sarà perché, come canta M. Agnelli "non si esce vivi dagli anni '80".

Ecco, non so se quello che ho scritto ha un senso ma mi è uscito dal cuore.

Condivido invece le parole di Anderson sull'americanizzazione della nostra politica. Si tratta di un fenomeno dovuto non a oscuri progetti di Washington ma al nostro provincialismo.
Si pensi quel che si vuole degli USA ma son ben diversi da noi, e questo prenderli sempre a modello fa molto periferia dell'impero. A tal proposito Tacito:

"[il proconsole Agrippa] Volle che i figli dei capi fossero educati nelle arti liberali, mostrando di apprezzare più le doti naturali dei Britanni che l'applicazione dei Galli, sicché quanti prima di allora rifiutavano la lingua di Roma, adesso aspiravano all'eloquenza. Di conseguenza cominciò anche a essere considerato un onore vestire nella nostra foggia e si diffuse l'uso della toga. Poco alla volta si arrivò a cedere al fascino dei vizi, alle raffinatezze dei portici, dei bagni, dei conviti. Nella loro inesperienza chiamavano tutto questo civiltà, mentre non era che un aspetto del loro asservimento."

La differenza è che i Romani han conquistato i Britanni e gli han costruito le terme.
Noi le terme già ce le abbiamo eppure siam così babbei da colonizzarci da soli. Gratis.

Anonimo ha detto...

Chissà chi è, questa triestina del '66. E chissà (nel derby Toro-Juve) da quale parte sta.
Comunque, un saluto (granata: visto che una vita in bianconero rischia di essere un po' grigia)
http://lucianoidefix.typepad.com/

Anonimo ha detto...

Io sono nato nel 68 e per me gli anni 70 sono l'infanzia, quindi un bel periodo... anche perchè vivevo in una periferia ricca di una città ricca...
Quella città adesso è nel precipizio più pieno.. e mi viene da pensare che oltre all'ignoranza degli italiani mie concittadini in quel precipizio abbia contato tutto quello che ha scritto lo storico..
Per me comunque le BR non sono mai stati compagni.. ma semplici assassini, anzi non tanto semplici..
Che la sinistra sia specializzata nell'autodistruzione non è una novità.. ma forse stavolta, come ai tempi del fascimo, si è esagerato..
Inoltre vorrei far presente che il piano di rinascita democratica(do you remember Licius Gellus) si è realizzato..
V.

Fabio Montale ha detto...

Belli questi post. Avete detto tutto voi, ed io, che sono un 67, non ho visto molto meno di anonimo 66 o molto piu' di vladimiro 68.
Esule triestino dal 75 ricordo pero' la differenza tra Trieste e Monfalcone di quei tempi. Dietro la mia nuova casa c'era la stalla con le mucche, oggi e' quasi centro. C'erano campi di mais e il primo maggio venivo svegliato dal corteo di trattori con le bandiere rosse che si facevano benedire da don Lucio.
Conoscevo tutti i sentieri di Aris che facevo in bici, stando attento a non incontrare la banda di via 24 Maggio (Baba, Bicio, Yoghi, Gallos, Pino, Schila), ne' quella di via Trieste ne' Gino Nistri pericolosissimo (almeno nella nostra fantasia).
Pero' e' vero che quelli erano anni di passioni, in un senso e nell'altro.

Io il derby (per anni ho pensato che il 'derby' fosse esclusivamente Juve-Toro) lo vivevo bianconero. Grazie nonno.
(Luciano ha sicuramente conosciuto almeno un mio zio - Gio Vent - e un mio ex 'suocero' - Luc ..olk -)

Anonimo ha detto...

Sì: ho conosciuto.
Li ho riconosciuti dai brandelli di nomi e cognomi che hai lasciato nel commento. Però non riesco a identificare te...
Dunque...se il secondo è un tuo ex-suocero, vuo dire che tu hai sposato la figlia di...e dunque tu saresti...Dopo chiedo lumi a mia moglie.
Comunque, un saluto http://lucianoidefix.typepad.com/

tic. ha detto...

Non ha sposato la figlia, era il solo il fidanzato della figlia, 'sto impunito d'un marsigliese...

Fabio Montale ha detto...

Effettivamente ho frequentato casa ..olk per quattro cinque anni. Il capofamiglia mi e' stato descritto come un grande socialista profondamente disponibile nel suo mondo. Io per molto tempo ne avevo conosciuto solo i piedi che facevano capolino da oltre il divano da dove rimbombava anche un "salve!" di saluto. Oggi e' sepolto sul carso sloveno.
Un saluto anche a te Luciano.