
Mi ci ritrovo pienamente, in queste parole.
Per dire, ricordo come se fosse oggi una serata del 1987 in cui io e i miei sodali Fabio M., Franco V., Stefano F. e Paolo B. ci ritrovammo a casa dei miei genitori per assistere, emozionatissimi ed eccitatissimi, alla storica intervista concessa da Fidel Castro a quella macchietta di Gianni Minà. Facevamo il tifo per Cuba, noi. Anzi, siccome devo parlare per me, io facevo il tifo per Castro.
E già che ci sono mi ricordo anche di quando facevo il tifo per l'I.R.A.: perché, vedete, una volta ero “antimperialista”, io. Perciò ritenevo che sparare ai militari inglesi e far esplodere delle automobili imbottite di Semtex in giro per l'Irlanda del Nord fossero cose sacrosante in quanto, appunto, “antimperialiste”. Per provare a giustificarmi potrei dirvi che rimasi parecchio impressionato dalla morte di Bobby Sands e degli altri nove a Long Kesh, nell'Ottantuno, e che tutto il resto venne di conseguenza, ma insomma... simpatizzavo per il terrorismo dell'I.R.A., questo è quanto: non l'ho rimosso, ahimè, non ci sono mai riuscito.
E dunque nella mia complicata adolescenza ho detto (e fatto) moltissime cazzate di cui oggi mi vergogno parecchio. Potrei raccontarvene tante altre, ma credo che quanto sopra sia già più che significativo.
Di una cosa, però, non mi sono mai pentito: di aver odiato profondamente Bettino Craxi.

E poi odiavo la nave che andava. Odiavo le grottesche piramidi di Panseca. Odiavo la pubblicità dell'Amaro Ramazzotti. Odiavo la Vanoni. Odiavo Gianni Versace.
Sì, lo odiavo ferocemente, Bettino Craxi, che fu 'garibaldino' a Sigonella, come no, e che alla fine di quella splendida garibaldinata fece scappare dall'Italia, e con tutti gli onori (ma nessuno, chissà perché, lo ricorda mai), gli assassini di un povero paraplegico ebreo.
Ho pensato tanto a Bettino Craxi, in questi ultimi giorni.
Perché è a lui, proprio a lui, che dobbiamo lo schifo indicibile che, da qualche anno in qua, abbiamo imparato a chiamare berlusconismo.


















